Corte di Giustizia (Grande Sezione)14 febbraio 2012
«Rinvio pregiudiziale – Convenzione di Aarhus –Direttiva 2003/4/CE – Accesso alle informazioni in materia ambientale – Organismi o istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze legislative – Riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche – Condizione secondo la quale tale riservatezza deve essere prevista dal diritto »

Nella causa C‑204/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 234 CE, dal Bundesverwaltungsgericht (Germania), con decisione 30 aprile 2009, pervenuta in cancelleria l’8 giugno 2009, nel procedimento

Flachglas Torgau GmbH

contro

Bundesrepublik Deutschland,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.‑C. Bonichot (relatore), J. Malenovský e U. Lõhmus, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, M. Ilešič, E. Levits, A. Ó Caoimh, L. Bay Larsen e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1° settembre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Flachglas Torgau GmbH, da S. Altenschmidt e M. Langner, Rechtsanwälte,

–        per il governo tedesco, da M. Lumma e T. Henze, in qualità di agenti,

–        per la Commissione europea, da P. Oliver e B. Schima, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 22 giugno 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2 e 4 della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41, pag. 26).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra la Flachglas Torgau GmbH (in prosieguo: la «Flachglas Torgau») e la Bundesrepublik Deutschland (Repubblica federale di Germania) in merito al rigetto da parte di quest’ultima della domanda, presentata dalla Flachglas Torgau, di accesso a informazioni relative alla legge sul piano di assegnazione delle quote di emissione di gas a effetto serra per il periodo di assegnazione 2005‑2007 (Gesetz über den nationalen Zuteilungsplan für Treibhausgas Emissionsberechtigungen in der Zuteilungsperiode 2005 bis 2007; in prosieguo: il «Zuteilungsgesetz 2007»).

Contesto normativo

Il diritto internazionale

3 La convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale è stata sottoscritta il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: la «convenzione di Aarhus»).

4 L’articolo 2, paragrafo 2, di tale convenzione definisce la nozione di «autorità pubblica» nei seguenti termini:

« “autorità pubblica”:

a)      l’amministrazione pubblica a livello nazionale, regionale o ad altro livello;

b)      le persone fisiche o giuridiche che, in base al diritto nazionale, esercitano funzioni amministrative pubbliche, ivi compresi compiti, attività o servizi specifici aventi attinenza con l’ambiente;

(...)

La presente definizione non comprende gli organi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo».

5 L’articolo 4, paragrafo 1, di tale convenzione prevede che, fatte salve determinate riserve e condizioni, ciascuna parte deve provvedere affinché, nel quadro della legislazione nazionale, le autorità pubbliche mettano a disposizione del pubblico le informazioni ambientali loro richieste.

6 L’articolo 4, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus dispone quanto segue:

«Una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta, qualora la divulgazione di tali informazioni possa pregiudicare:

a)      la segretezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche, ove sia prevista dal diritto nazionale;

(...)

I motivi di diniego di cui sopra devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni nonché dell’eventuale attinenza delle informazioni con le emissioni nell’ambiente».

7 L’articolo 8 di detta convenzione, rubricato «Partecipazione del pubblico all’elaborazione di regolamenti di attuazione e/o strumenti normativi giuridicamente vincolanti di applicazione generale», prevede quanto segue:

«Ciascuna Parte si sforza di promuovere, in una fase adeguata e quando tutte le alternative sono ancora praticabili, l’effettiva partecipazione del pubblico all’elaborazione, ad opera delle autorità pubbliche, di regolamenti di attuazione e altre norme giuridicamente vincolanti di applicazione generale che possano avere effetti significativi sull’ambiente. (...)

(...)».

8 La dichiarazione della Comunità europea relativa a talune disposizioni specifiche ai sensi della direttiva 2003/4, allegata alla decisione 2005/370, enuncia quanto segue:

«In relazione all’articolo 9 della convenzione di Aarhus, la Comunità europea invita le parti della convenzione a prendere atto dell’articolo 2, paragrafo 2, e dell’articolo 6 della direttiva [2003/4]. Tali disposizioni danno agli Stati membri della Comunità europea la possibilità, in casi eccezionali e a condizioni strettamente specificate, di escludere istituzioni e organismi determinati dalle norme sulle procedure di ricorso in relazione alle decisioni sulle richieste di informazione.

Pertanto, la ratifica da parte della Comunità europea della convenzione di Aarhus abbraccia qualsiasi riserva da parte di uno Stato membro della Comunità europea nella misura in cui siffatta riserva sia compatibile con l’articolo 2, paragrafo 2, e con l’articolo 6 della direttiva [2003/4]».

Il diritto dell’Unione

9 I considerando primo, quinto, undicesimo e sedicesimo della direttiva 2003/4 enunciano quanto segue:

«1)      Un rafforzamento dell’accesso del pubblico all’informazione ambientale e la diffusione di tale informazione contribuiscono a sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali, a favorire il libero scambio di opinioni, ad una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia e, infine, a migliorare l’ambiente.

(...)

5)      (...) Le disposizioni di diritto comunitario devono essere compatibili con [la convenzione di Aarhus] in vista della sua conclusione da parte della Comunità europea».

(...)

11)      Per tener conto del principio di cui all’articolo 6 del trattato, vale a dire che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente dovrebbero essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni comunitarie, la definizione di autorità pubbliche dovrebbe essere estesa in modo da comprendere il governo e ogni altra pubblica amministrazione a livello nazionale, regionale o locale, aventi o no responsabilità specifiche per l’ambiente. La definizione dovrebbe peraltro essere estesa fino ad includere altre persone o organismi che assolvono funzioni di pubblica amministrazione connesse con l’ambiente, ai sensi del diritto nazionale, nonché altre persone o organismi che agiscono sotto il loro controllo e aventi responsabilità o funzioni pubbliche connesse con l’ambiente.

(...)

16)      Il diritto all’informazione implica che la divulgazione dell’informazione sia ritenuta un principio generale e che alle autorità pubbliche sia consentito respingere una richiesta di informazione ambientale in casi specifici e chiaramente definiti. I motivi di rifiuto dovrebbero essere dunque interpretati restrittivamente in modo da ponderare l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgare. (...)»

10 L’articolo 1 di tale direttiva definisce i suoi obiettivi come segue:

«Gli obiettivi della presente direttiva sono i seguenti:

a)      garantire il diritto di accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base nonché modalità pratiche per il suo esercizio;

b)       garantire che l’informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell’informazione ambientale. A tal fine è promosso l’uso, in particolare, delle tecnologie di telecomunicazione e/o delle tecnologie elettroniche, se disponibili».

11 L’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/4 definisce la nozione di «informazione ambientale» ai sensi di tale direttiva nel modo seguente:

«“informazione ambientale”: qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente:

a)      lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi;

b)      fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a);

c)      le misure (comprese quelle amministrative) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui alle lettere a) e b), nonché le misure o attività intese a proteggere i suddetti elementi;

d)      le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale;

e)      le analisi costi-benefici ed altre analisi e ipotesi economiche usate nell’ambito delle misure e attività di cui alla lettera c); e

f)      lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, ove pertinente, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale nella misura in cui sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lettere b) e c)».

12 L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4 definisce la nozione di «autorità pubblica» come segue:

«“autorità pubblica”:

a)      governo o ogni altra amministrazione pubblica, compresi gli organi consultivi pubblici, a livello nazionale, regionale o locale;

(...)

Gli Stati membri possono stabilire che questa definizione non comprende gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali o legislative. Se alla data di adozione della presente direttiva nessuna disposizione costituzionale prevede procedure di riesame ai sensi dell’articolo 6, gli Stati membri possono escludere detti organismi o istituzioni da tale definizione».

13 L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse».

14 Dopo l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/4, che consente agli Stati membri di disporre che una richiesta di informazione ambientale sia respinta in taluni casi, anche l’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva concede detta facoltà agli Stati membri nei termini seguenti:

«Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:

a)      alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche qualora essa sia prevista dal diritto;

(...)

I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente.

(...)».

15 L’articolo 6 della direttiva 2003/4, rubricato «Accesso alla giustizia», impone agli Stati membri di provvedere affinché qualsiasi richiedente il quale reputi che la sua richiesta di informazioni ambientali sia stata ignorata o infondatamente respinta, non abbia ricevuto una risposta adeguata o non sia stata trattata, possa presentare un ricorso amministrativo o giurisdizionale contro gli atti o le omissioni della pubblica autorità interessata.

Il diritto nazionale

16 La legge sull’informazione ambientale (Umweltinformationsgesetz), del 22 dicembre 2004 (BGBl. 2004 I, pag. 3704), ha trasposto nel diritto tedesco la direttiva 2003/4.

17 L’articolo 2, paragrafo 1, di detta legge dispone che:

«Gli organi tenuti a rilasciare informazioni sono:

1.      il governo e gli altri organi della pubblica amministrazione (...). Non fanno parte degli organi soggetti all’obbligo di informazione

a)      le supreme autorità federali, qualora intervengano nell’ambito della legislazione o della formulazione di disposizioni regolamentari (...)».

18 Per quanto riguarda l’eccezione legata alla riservatezza delle deliberazioni, l’articolo 8, paragrafo 1, di detta legge enuncia:

«Qualora la divulgazione delle informazioni rechi pregiudizio:

(...)

2)      alla riservatezza delle deliberazioni di autorità tenute all’obbligo di informazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1,

(...)

la domanda deve essere respinta, salvo il caso che il prevalente interesse pubblico giustifichi la divulgazione (...)».

19 La legge sul procedimento amministrativo non contenzioso (Verwaltungsverfahrensgesetz), del 23 gennaio 2003 (BGBl. 2003 I, pag. 102) dispone, all’articolo 28, paragrafo 1:

«Prima dell’adozione di un atto amministrativo che incide sui diritti di un interessato, quest’ultimo deve avere la possibilità di esprimersi sui fatti alla base della decisione».

20 L’articolo 29 di tale legge così prevede:

«1) L’autorità amministrativa deve consentire alle parti interessate di avere accesso agli atti relativi al procedimento, qualora la conoscenza di tali atti sia necessaria per far valere o difendere i loro interessi giuridici. Fino alla chiusura del procedimento amministrativo, la prima frase non si applica né ai progetti di decisioni, né ai lavori direttamente connessi alla loro preparazione (...)

(2) L’autorità amministrativa non è tenuta a consentire l’accesso agli atti, qualora esso pregiudichi il regolare adempimento dei suoi compiti, qualora la divulgazione del contenuto degli atti arrechi pregiudizio agli interessi della federazione o di un Land, oppure qualora i fatti debbano essere mantenuti segreti in forza di una legge o della loro natura, in particolare in ragione dei legittimi interessi delle parti interessate o di terzi.

(...)».

21 L’articolo 68, paragrafo 1, di tale legge, riguardante le udienze dinanzi ad un’autorità amministrativa, nell’ambito di un procedimento amministrativo, enuncia:

«L’udienza non è aperta al pubblico. Vi possono partecipare rappresentanti dell’organo di sorveglianza e persone impiegate presso l’amministrazione per svolgervi una formazione. Il presidente dell’udienza può consentire la presenza di altre persone, qualora nessuno degli interessati vi si opponga».

Causa principale e questioni pregiudiziali

22 La Flachglas Torgau desidera ottenere informazioni sulle condizioni in cui l’Umweltbundesamt (Agenzia federale per l’ambiente), che è l’autorità responsabile per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra, ha adottato alcune decisioni di assegnazione delle suddette quote nel periodo 2005‑2007.

23 A tale scopo, la Flachglas Torgau ha chiesto al Bundesministerium für Umwelt, Naturschutz und Reaktorsicherheit (ministero federale per l’ambiente, per la protezione della natura e per la sicurezza nucleare; in prosieguo: il «Bundesministerium für Umwelt») di trasmetterle informazioni relative sia al procedimento legislativo nell’ambito del quale è stato adottato il Zuteilungsgesetz 2007 sia all’attuazione di detta legge. Essa ha chiesto in particolare l’accesso ad alcune note e pareri interni di tale ministero nonché ad elementi della corrispondenza, inclusa quella elettronica, scambiata dal medesimo con l’Umweltbundesamt.

24 Il Bundesministerium für Umwelt non ha accolto tale richiesta ritenendo, da una parte, quanto alle informazioni relative al procedimento legislativo, di essere esentato dall’obbligo di comunicazione delle medesime a causa della sua partecipazione a tale procedimento, e, dall’altra, quanto alle informazioni relative all’attuazione del Zuteilungsgesetz 2007, che le medesime fossero coperte dalla riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche.

25 Il Verwaltungsgericht Berlin ha parzialmente accolto il ricorso proposto dalla Flachglas Torgau avverso tale decisione di diniego. Adito in appello, l’Oberverwaltungsgericht Berlin-Brandenburg ha dichiarato che correttamente il Bundesministerium für Umwelt si era avvalso della sua partecipazione al procedimento legislativo, ma che esso non poteva invocare la riservatezza delle deliberazioni come motivo di diniego di comunicazione delle informazioni richieste senza esporre in modo circostanziato le ragioni per cui la loro divulgazione avrebbe effettivamente arrecato pregiudizio alle medesime.

26 Sia la Flachglas Torgau sia il Bundesministerium für Umwelt hanno presentato un ricorso per cassazione («Revision») avverso tale decisione dinanzi al Bundesverwaltungsgericht, nell’ambito del quale detta società fa valere che la decisione di diniego controversa è contraria al diritto dell’Unione. Essa sostiene in particolare che il diritto dell’Unione non consente al legislatore nazionale di sottrarre i ministeri che agiscono nell’ambito del procedimento legislativo all’obbligo di informazione in materia ambientale e che, ad ogni modo, tale deroga deve esaurirsi con la promulgazione della legge di cui trattasi.

27 La Flachglas Torgau deduce peraltro che la tutela della riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche non poteva essere invocata dal Bundesministerium für Umwelt poiché il diritto dell’Unione impone che una tale tutela sia prevista espressamente da una disposizione di diritto nazionale specifica, distinta dal diritto generale relativo all’informazione in materia ambientale.

28 A tal proposito, il Bundesverwaltungsgericht considera che, qualora un tale obbligo risulti effettivamente dal diritto dell’Unione, occorre determinare se un principio generale del diritto non scritto secondo cui i procedimenti amministrativi delle autorità pubbliche non sono pubblici, come quello previsto dal diritto nazionale, risponda a tale esigenza.

29 In tale contesto il Bundesverwaltungsgericht ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)      Se l’articolo 2, [punto 2, secondo comma, prima frase] della direttiva [2003/4] debba essere interpretato nel senso che agiscono nell’esercizio di competenze legislative solo gli organismi o le istituzioni ai quali, secondo l’ordinamento nazionale, spetta la decisione finale (vincolante) nel procedimento legislativo, oppure nel senso che agiscono nell’esercizio di competenze legislative anche gli organismi o le istituzioni ai quali, secondo l’ordinamento nazionale, spettano competenze e diritti di partecipazione nell’ambito del procedimento legislativo, in particolare il potere di proporre progetti di legge e la facoltà di presentare pareri riguardanti progetti di legge.

b)       Se gli Stati membri possano prevedere che la nozione di autorità pubblica non comprende gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali o legislative solo qualora, alla data di adozione della direttiva [2003/4], nessuna disposizione costituzionale prevedeva procedure di riesame ai sensi dell’articolo 6 [di detta direttiva]

c)       Se gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze legislative non siano compresi nella nozione di autorità pubblica solo per il periodo che termina con la chiusura del procedimento legislativo.

2)      a)      Se la riservatezza delle deliberazioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, [primo comma] lettera a), della direttiva [2003/4] sia prevista dal diritto nel caso in cui la norma nazionale adottata per trasporre la direttiva [2003/4] disponga in generale che la richiesta di informazione ambientale debba essere respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio alla riservatezza delle deliberazioni dell’organo tenuto al rilascio dell’informazione, o se sia necessaria a tal fine un’apposita norma di legge che disponga la riservatezza delle deliberazioni.

b)       Se la riservatezza delle deliberazioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, [primo comma], lettera a), della direttiva [2003/4] sia prevista dal diritto qualora dall’ordinamento nazionale risulti un generale principio giuridico non scritto secondo cui i procedimenti amministrativi delle autorità pubbliche non sono aperti al pubblico».

Sulle questioni pregiudiziali

30 In via preliminare, occorre ricordare che, divenendo parte della convenzione di Aarhus, l’Unione europea si è impegnata a garantire, nella sfera di applicazione del diritto dell’Unione, l’accesso, in linea di principio, alle informazioni ambientali detenute dalla pubblica amministrazione (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Ville de Lyon, C‑524/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35).

31 Con l’adozione della direttiva 2003/4, il legislatore dell’Unione ha inteso garantire la compatibilità del diritto dell’Unione con tale convenzione in vista della sua conclusione da parte della Comunità prevedendo un regime generale volto a garantire che ogni persona fisica o giuridica di uno Stato membro possieda il diritto di accesso alle informazioni ambientali detenute dalla pubblica amministrazione o per conto di essa, senza che tale persona sia obbligata a far valere un interesse (v., in tal senso, sentenza Ville de Lyon, citata, punto 36).

32 Occorre inoltre sottolineare che il diritto di accesso garantito dalla direttiva 2003/4 si applica solo ove le informazioni richieste rientrino nelle prescrizioni relative all’accesso del pubblico previste da tale direttiva, circostanza che presuppone in particolare che esse costituiscano «informazioni ambientali» ai sensi dell’articolo 2, punto 1, di detta direttiva, cosa che, nel procedimento principale, spetta al giudice del rinvio verificare.

Sulla prima questione, sub a) e b)

33 Con la sua prima questione, sub a) e b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4, debba essere interpretato nel senso che la facoltà concessa da tale disposizione agli Stati membri di non considerare autorità pubbliche «gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze (...) legislative» possa applicarsi anche ai ministeri, in quanto partecipino al procedimento legislativo, in particolare mediante la presentazione di progetti di legge o di pareri, e se tale facoltà sia, inoltre, subordinata all’osservanza delle condizioni enunciate all’articolo 2, punto 2, secondo comma, seconda frase, di tale direttiva.

34 In via preliminare, occorre rilevare che, come emerge dalla decisione di rinvio nonché dalle osservazioni scritte e orali trasmesse alla Corte, tale questione si riferisce solo al procedimento legislativo propriamente detto e non a quello atto a sfociare nell’adozione di una norma di rango inferiore ad una legge.

35 Occorre peraltro respingere l’argomento della Flachglas Torgau, relativo al documento pubblicato nel 2000 dalla Commissione economica per l’Europa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, intitolato «La convenzione di Aarhus, guida all’applicazione». La Flachglas Torgau fa riferimento a tal proposito alle precisazioni contenute in tale documento, secondo cui «[d]ato che la partecipazione delle autorità pubbliche all’elaborazione di regolamenti, leggi e atti normativi è espressamente coperta [dall’articolo 8 della convenzione di Aarhus], è logico concludere che la [convenzione di Aarhus] non considera dette attività come esercizio di “competenze legislative”. Pertanto, le autorità dell’esecutivo che intraprendono tali attività sono autorità pubbliche ai sensi della [convenzione di Aarhus] ».

36 Oltre al fatto che tale documento non può fornire un’interpretazione vincolante della convenzione di Aahrus, l’articolo 8 di tale convenzione cui esso si riferisce non menziona, ad ogni modo, esplicitamente la partecipazione delle autorità pubbliche all’elaborazione di «leggi», per cui dalla sua formulazione non può essere tratta un’interpretazione come quella adottata dal citato documento.

37 Secondo una costante giurisprudenza, dalla necessità di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione, la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa in questione (v., in particolare, sentenza del 9 settembre 2003, Monsanto Agricoltura Italia e a., C‑236/01, Racc. pag. I‑8105, punto 72).

38 Peraltro, l’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4, che consente agli Stati membri di derogare al regime generale previsto da detta direttiva, non può essere interpretato nel senso di estendere i suoi effetti oltre quanto è necessario per assicurare la protezione degli interessi che esso mira a garantire e la portata delle deroghe da esso previste deve essere determinata tenendo conto delle finalità di tale direttiva (v., per analogia, sentenza del 17 giugno 1998, Mecklenburg, C‑321/96, Racc. pag. I‑3809, punto 25).

39 Per quanto riguarda le finalità della direttiva 2003/4, l’articolo 1 della medesima precisa in particolare che essa mira a garantire il diritto di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche e a far sì che tali informazioni siano d’ufficio rese progressivamente disponibili e diffuse presso il pubblico.

40 Emerge tanto dalla convenzione di Aarhus stessa quanto dalla direttiva 2003/4, che ha lo scopo di attuare tale convenzione nel diritto dell’Unione, che riferendosi alle «autorità pubbliche» i loro autori hanno inteso designare le autorità amministrative poiché, all’interno degli Stati, sono queste che abitualmente si trovano a detenere, nell’esercizio delle loro funzioni, informazioni ambientali.

41 Peraltro, la convenzione di Aarhus, al suo articolo 2, paragrafo 2, dispone esplicitamente che l’espressione «autorità pubbliche» da essa utilizzata «non comprende gli organi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo», senza restrizione alcuna.

42 Conformemente a detta disposizione, l’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4, da parte sua, autorizza espressamente gli Stati membri ad escludere dall’ambito delle autorità pubbliche gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali o legislative.

43 L’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4 ha lo scopo di consentire agli Stati membri di stabilire le regole idonee ad assicurare il corretto svolgimento del procedimento di adozione delle leggi tenendo conto del fatto che, nei diversi Stati membri, l’informazione dei cittadini è, di regola, sufficientemente assicurata nell’ambito del procedimento legislativo.

44 A tal riguardo, si può peraltro rilevare che il legislatore dell’Unione prende in considerazione la specificità degli organi legislativi e giurisdizionali degli Stati membri. Ad esempio, nel diverso contesto delle regole riguardanti la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, la direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985 (GU L 175, pag. 40), esclude dall’obbligo di valutazione i progetti adottati nei dettagli mediante un atto legislativo nazionale specifico, quando gli obiettivi della direttiva, incluso quello della disponibilità di informazioni, vengono raggiunti tramite un procedimento legislativo (v., segnatamente, in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2011, Boxus e a., da C‑128/09 a C‑131/09, C‑134/09 e C‑135/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 36).

45 È vero che, come rileva il giudice del rinvio, l’articolo 2, punto 2, secondo comma, seconda frase, della direttiva 2003/4 prevede che gli Stati membri possano escludere i suddetti organismi o istituzioni ove, alla data di adozione di tale direttiva, le loro disposizioni costituzionali non prevedano procedure di riesame ai sensi dell’articolo 6 della stessa direttiva.

46 Tuttavia, tale disposizione era destinata a disciplinare il caso particolare di talune autorità nazionali, segnatamente di autorità che agiscono nell’esercizio di competenze amministrative, le cui decisioni, alla data di adozione della direttiva 2003/4, non potevano, secondo il diritto nazionale in vigore in taluni Stati membri, essere oggetto di ricorsi conformi ai requisiti della medesima.

47 Tale interpretazione è corroborata dalla dichiarazione della Comunità europea concernente talune disposizioni della direttiva 2003/4.

48 Questa disposizione non ha quindi né per oggetto né per effetto la limitazione della facoltà degli Stati membri di escludere dal campo di applicazione di tale direttiva gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze legislative, facoltà che, peraltro, è prevista senza restrizione alcuna dalla convenzione di Aarhus stessa.

49 Tali considerazioni conducono pertanto ad adottare un’interpretazione funzionale della nozione di «organismi o istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze (...) legislative», secondo cui possono essere considerati come rientranti in tale definizione, ai sensi e per gli effetti della direttiva 2003/4, i ministeri che, in forza del diritto nazionale, hanno il compito di preparare progetti di legge, di presentarli al Parlamento e di partecipare al procedimento legislativo, segnatamente mediante la formulazione di pareri.

50 Un’impostazione funzionale siffatta è ancor più giustificata considerato che il procedimento legislativo può differire in modo non trascurabile nei diversi Stati membri e che occorre pertanto adottare un’interpretazione che assicuri in questi ultimi un’applicazione uniforme della direttiva 2003/4.

51 Alla luce di quanto precede, occorre di conseguenza rispondere alla prima questione, sub a) e b), dichiarando che l’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la facoltà concessa da tale disposizione agli Stati membri di non considerare come autorità pubbliche gli «organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze (...) legislative» può applicarsi ai ministeri in quanto essi partecipino al procedimento legislativo, segnatamente mediante la presentazione di progetti di legge o di pareri, e che tale facoltà non è subordinata all’osservanza delle condizioni enunciate all’articolo 2, punto 2, secondo comma, seconda frase, di tale direttiva.

Sulla prima questione, sub c)

52 Con la sua prima questione, sub c), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4 debba essere interpretato nel senso che la facoltà concessa da detta disposizione agli Stati membri di non considerare come autorità pubbliche gli organismi e le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze legislative non può più essere esercitata una volta completato il procedimento legislativo di cui trattasi.

53 Occorre rilevare che né la direttiva 2003/4 né la convenzione di Aarhus forniscono indicazioni su tale punto.

54 Si deve rispondere a tale questione tenuto conto dell’oggetto della disposizione di cui trattasi, la quale, come è stato precisato al punto 43 della presente sentenza, trova giustificazione nella necessità di consentire agli Stati membri di assicurare il buon funzionamento del procedimento legislativo come previsto dalle regole costituzionali nazionali.

55 Se è vero che mettere a disposizione informazioni ambientali nell’ambito del procedimento legislativo, alle condizioni previste all’articolo 3 della direttiva 2003/4, può ostacolare il buono svolgimento di tale procedimento, ciò non vale più, in linea di principio, una volta che detto procedimento sia concluso. Del resto, i documenti relativi al medesimo e, in particolare, le relazioni parlamentari sono generalmente accessibili al pubblico.

56 Ciò considerato, sebbene, al fine di preservare l’effetto utile dell’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4, occorra adottare una nozione ampia di procedimento legislativo, comprendente le diverse tappe di tale procedimento sino alla promulgazione della legge eventualmente adottata in tale contesto, una proroga della deroga al principio, posto all’articolo 1 di detta direttiva, del diritto di accesso alle informazioni ambientali al di là della conclusione del detto procedimento non appare invece giustificata.

57 Ciò vale a maggior ragione in quanto, come l’avvocato generale ha rilevato ai paragrafi 77 e 78 delle sue conclusioni, tale limitazione della facoltà di deroga prevista all’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4 alla sola durata del procedimento legislativo fa salva la possibilità per l’istituzione o l’organismo che vi ha partecipato di rifiutare la trasmissione di informazioni ambientali per motivi diversi e in particolare di avvalersi eventualmente di una delle eccezioni previste all’articolo 4 di tale direttiva.

58 Tenuto conto di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione, sub c), dichiarando che l’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la facoltà concessa da tale disposizione agli Stati membri di non considerare come autorità pubbliche gli organismi e le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze legislative non può più essere esercitata una volta concluso il procedimento legislativo di cui trattasi.

Sulla seconda questione, sub a) e b)

59 Con la sua seconda questione, sub a) e b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2003/4 debba essere interpretato nel senso che la condizione secondo cui la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche deve essere prevista dal diritto possa essere considerata soddisfatta allorché esiste, nel diritto nazionale dello Stato membro interessato, una disposizione come quella di cui trattasi nel procedimento principale che prevede, in maniera generale, che la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche costituisca un motivo di diniego di accesso a informazioni ambientali detenute da tali autorità, o se detta condizione imponga l’adozione di disposizioni specifiche sulla riservatezza di tali deliberazioni. In tale ultima ipotesi, il giudice del rinvio chiede parimenti alla Corte di precisare se un principio generale del diritto, come quello esistente nel diritto tedesco, in virtù del quale i procedimenti amministrativi delle autorità pubbliche non sono pubblici, soddisfi tali requisiti.

60 Secondo una giurisprudenza costante, anche se è indispensabile che la situazione giuridica derivante dalle misure nazionali di trasposizione di una direttiva sia sufficientemente precisa e chiara da permettere ai singoli interessati di conoscere l’ampiezza dei loro diritti e obblighi, ciò non toglie che gli Stati membri, secondo la formulazione stessa dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, possano scegliere la forma e i mezzi di attuazione delle direttive che meglio permettono di garantire il risultato che queste ultime perseguono e che da tale disposizione risulti che la trasposizione nel diritto interno di una direttiva non richiede necessariamente un’azione legislativa in ciascuno Stato membro.

61 Tuttavia, benché la trasposizione di una direttiva non richieda una formale riproduzione delle sue disposizioni in una norma di legge espressa e specifica, posto che per la trasposizione di una direttiva può essere sufficiente, a seconda del suo contenuto, un contesto normativo generale (v., segnatamente, sentenze del 23 maggio 1985, Commissione/Germania, 29/84, Racc. pag. 1661, punti 22 e 23; del 9 settembre 1999, Commissione/Germania, C‑217/97, Racc. pag. I‑5087, punti 31 e 32, nonché del 26 giugno 2003, Commissione/Francia, C‑233/00, Racc. pag. I‑6625, punto 76), occorre rilevare che, mediante la precisazione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2003/4, secondo cui la tutela della riservatezza delle deliberazioni pubbliche deve essere «prevista dal diritto», condizione che corrisponde al requisito previsto all’articolo 4, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, ai sensi del quale la segretezza delle deliberazioni deve essere «prevista dal diritto nazionale», il legislatore dell’Unione ha chiaramente voluto che nel diritto nazionale esista una regola esplicita la cui portata sia esattamente determinata e non solo un contesto giuridico generale.

62 Tale precisazione non può invece essere interpretata nel senso che essa impone che tutte le condizioni di attuazione di tale motivo di diniego di accesso a informazioni ambientali siano determinate in dettaglio, poiché, per loro stessa natura, le decisioni da prendere in tale campo sono strettamente dipendenti dal contesto concreto in cui sono adottate e presuppongono la valutazione della natura dei documenti di cui trattasi e della fase del procedimento amministrativo in cui la domanda di informazioni è formulata (v., per analogia, sentenza Commissione/Francia, cit., punti 81 e 82).

63 Tuttavia, è necessario che le autorità pubbliche non possano determinare unilateralmente le circostanze in cui può essere opposta la riservatezza di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2003/4, il che implica segnatamente che il diritto nazionale stabilisca chiaramente la portata della nozione di «deliberazioni» delle autorità pubbliche prevista da tale disposizione, che rinvia alle fasi finali del processo decisionale delle autorità pubbliche.

64 Infine e in ogni caso, il requisito secondo cui la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubblica deve essere prevista dal diritto fa salvi gli altri obblighi imposti all’articolo 4 della direttiva 2003/4 e segnatamente dell’obbligo per l’autorità pubblica interessata di procedere per ciascun caso particolare ad una ponderazione degli interessi contrapposti (v., a tal proposito, sentenza del 16 dicembre 2010, Stichting Natuur en Milieu e a., C‑266/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 58).

65 Ciò considerato, occorre rispondere alla seconda questione, sub a) e b), dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la condizione ivi enunciata, secondo cui la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche deve essere prevista dal diritto, può essere considerata soddisfatta allorché esiste, nel diritto nazionale dello Stato membro interessato, una norma che dispone, in modo generale, che la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche costituisce un motivo di diniego di accesso a informazioni ambientali detenute da tali autorità, purché il diritto nazionale determini chiaramente la nozione di deliberazione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.

Sulle spese

66 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che la facoltà concessa da tale disposizione agli Stati membri di non considerare come autorità pubbliche «gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze (...) legislative» può applicarsi ai ministeri in quanto essi partecipino al procedimento legislativo, segnatamente mediante la presentazione di progetti di legge o di pareri, e che tale facoltà non è subordinata all’osservanza delle condizioni enunciate all’articolo 2, punto 2, secondo comma, seconda frase, di tale direttiva.

2)      L’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la facoltà concessa da tale disposizione agli Stati membri di non considerare come autorità pubbliche gli organismi e le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze legislative non può più essere esercitata una volta concluso il procedimento legislativo di cui trattasi.

3)      L’articolo 4, paragrafo 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la condizione ivi enunciata, secondo cui la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche deve essere prevista dal diritto, può essere considerata soddisfatta allorché esiste, nel diritto nazionale dello Stato membro interessato, una norma che dispone, in modo generale, che la riservatezza delle deliberazioni delle autorità pubbliche costituisce un motivo di diniego di accesso a informazioni ambientali detenute da tali autorità, purché il diritto nazionale determini chiaramente la nozione di deliberazione, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.

Firme