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Sez. 3, Sentenza n. 11556 del 21/02/2006 Ud. (dep. 31/03/2006 ) Rv. 233565
Presidente: Lupo E. Estensore: Ianniello A. Relatore: Ianniello A. Imputato: Davito Bava. P.M. Izzo G. (Conf.)
(Rigetta, Gip Trib. Torino, 25 Febbraio 2005)
REATI CONTRO L'INCOLUMITÀ PUBBLICA - CONTRAVVENZIONI - GETTO PERICOLOSO DI COSE - Emissioni di gas, vapori e fumi - Odori molesti - Reato di cui all'art. 674 cod. pen. - Configurabilità - Condizioni.

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 674 cod. pen., emissione di gas, vapori e fumi atti a molestare le persone, nei casi in cui non sia stata richiesta l'autorizzazione, la cui assenza non determina automaticamente la integrazione del reato, deve farsi riferimento al criterio della stretta tollerabilità e non a quello della normale tollerabilità previsto dall'art. 844 cod. civ.. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto integrato il reato per la emissione di odori prodotti dallo stallaggio di animali e dal deposito delle loro deiezioni).

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 21/02/2006
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 299
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 039786/2005
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) DAVITO BAVA GIOVANNI PIETRO N. IL 28/07/1954;
avverso SENTENZA del 25/02/2005 GIP TRIBUNALE di TORINO;
visti gli atti, la sentenza ed il procedimento;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. IANNIELLO ANTONIO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. Izzo che ha concluso per: rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 25 febbraio 2005, il G.I.P. presso il Tribunale di Torino, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna e successivo giudizio abbreviato, ha condannato Davito Bava Giovanni Pietro alla pena di Euro 200,00 di ammenda, riconoscendolo colpevole del reato di cui all'art. 674 c.p., per avere provocato, quale proprietario di fabbricati e manufatti adibiti abusivamente (per mancanza del parere igienico sanitario favorevole a tale uso, del resto non consentito dalle norme urbanistiche e quindi a seguito di un unilaterale cambio di destinazione d'uso dei bassi fabbricati di sua proprietà, senza concessione edilizia e situati in zona che non ammette la destinazione rurale) all'allevamento e al ricovero di bovini, l'emissione di gas dall'odore di stallatico, prodotto dallo stallaggio degli animali e dal deposito delle loro deiezioni, in luoghi privati ma di comune o di altrui uso, vale a dire nei vani scale e nei locali di civile abitazione delle case limitrofe, site in strada Ponte Picca n. 1, Case Pioletti nn. 4, 5, 6 e 17 nel Comune di Corio (TO), molestando e offendendo gli occupanti di tali abitazioni. Dal 1988 al 4.2.2002.
Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione l'imputato personalmente, deducendo l'erronea applicazione dell'art. 674 c.p., per aver ricondotto l'odore di stallatico alla nozione di gas, vapori e fumo, considerati dalla norma incriminatrice.
Deduce inoltre che il giudice ha errato nel ritenere che il reato in questione sia ipotizzabile anche quando le emissioni non superino i limiti di normale tollerabilità, non motivando in ordine alla intensità dell'odore; infatti la norma richiede che le emissioni avvengano in ispregio alla normativa vigente. Del resto anche art. 844 c.c. parla di superamento della normale tollerabilità e non di qualsiasi immissione di fumo, calore etc., per cui il diritto penale non potrebbe considerare più gravemente fatti che per il diritto civile non costituiscono illecito.
Con un ulteriore motivo di ricorso, la difesa dell'imputato censura la sentenza impugnata per la motivazione ritenuta apparente in ordine alla penale responsabilità dell'imputato, affermata sulla base di mere ipotesi non sufficientemente riscontrate.
Con memoria contenente motivi nuovi ai sensi dell'art. 585 c.p.p., comma 4, la difesa dell'imputato sviluppa ulteriormente gli argomenti svolti a sostegno delle censure mosse alla sentenza impugnata. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso non appare fondato.
Con un primo motivo la difesa del ricorrente censura l'equiparazione fatta dalla sentenza impugnata tra odore di stallatico e gas, al fine di ricondurre le emissioni del primo alla fattispecie di cui alla seconda parte dell'art. 674 c.p., riferita esclusivamente alle emissioni di gas, vapori e fumo atti a creare molestia alle persone. Al riguardo, va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 14 gennaio 2000 n. 407) riconduce l'emissione di odori molesti alla fattispecie considerata. Del resto, la percezione di un determinato odore costituisce il risultato della liberazione da una determinata materia (nel caso in esame le deiezioni animali) di prodotti volatili, come tali percepibili anche all'olfatto e definibili, secondo il linguaggio comune, anche come gas. Con un secondo e un terzo motivo, il ricorrente lamenta la mancata motivazione della sentenza impugnata quanto al superamento della normale tollerabilità degli odori denunciati e quanto alla valutazione delle prove poste a base dell'affermazione della colpevolezza dell'imputato.
In proposito va premesso che il reato in esame costituisce un reato di pericolo, essendo sufficiente per la sua realizzazione l'attitudine dell'emissione di gas etc. ad offendere o molestare le persone (Cass. 21 marzo 1998 n. 3531), laddove per molestia deve intendersi la situazione di disturbo della tranquillità e della quiete, con impatto negativo sulle normali attività della persona (Cass. 22 gennaio 1996 n. 678).
L'antigiuridicità penale dell'emissione molesta consegue poi al fatto che questa avvenga unici casi non consentiti dalla legge". Al riguardo, costituisce giurisprudenza da ultimo prevalente di questa Corte, quantomeno a partire dal 2000, l'affermazione secondo la quale laddove esistano precisi limiti tabellari di tollerabilità delle emissioni (come nel caso della normativa speciale in materia ambientale, con riferimento all'inquinamento atmosferico, a quello idrico o a quello elettromagnetico), si presumono consentite quelle che abbiano le caratteristiche qualitative e quantitative ammesse dal legislatore speciale; nel caso invece in cui non esista una specifica valutazione normativa operata preventivamente, la valutazione di tollerabilità consentita andrà operata alla luce dei principi che ispirano le specifiche leggi di settore (Cass. 18 giugno 2004 n. 38297).
Sul piano considerato, questa Corte ha affermato, per quanto qui interessa, che il parametro di legalità in parola deve individuarsi nel contenuto del provvedimento amministrativo di autorizzazione all'esercizio di una determinata attività e nei casi in cui non sia richiesta l'autorizzazione, si deve aver riguardo al criterio della stretta tollerabilità e non a quello della normale tollerabilità di cui all'art. 844 cod. civ. (Cass. 26 maggio 2005 n. 19898), anch'esso comunque condizionato, come quello della normale tollerabilità, dalla situazione ambientale e dalle altre circostanze che caratterizzano l'emissione molesta.
Nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata che l'attività esercitata dall'imputato e che ha dato luogo all'emissione contestata (ricovero di bovini) era abusiva, per difetto del parere igienico sanitario favorevole a tale uso e soprattutto perché esclusa dalle norme urbanistiche.
Il che può non significare ancora che si tratti di attività il cui divieto incida direttamente anche agli effetti considerati dall'art. 674 c.p., ma costituisce comunque circostanza idonea ad evidenziare che nella località in questione l'attitudine offensiva di emissioni derivanti dall'allevamento e ricovero di animali deve ritenersi massima, proprio perché la disciplina della zona non ammette destinazioni rurali, con le connesse possibili emissioni moleste. Risulta inoltre dalla sentenza che da anni alcuni cittadini residenti in abitazioni vicine al luogo in cui l'imputato svolgeva attività di allevamento del bestiame avevano segnalato al Comune e alla locale A.S.L. la presenza di tale allevamento recante disturbo alla quiete pubblica per la presenza di insetti e odori di stallatico. A seguito di un ultimo esposto, la A.S.L. n. 6 aveva effettuato due sopralluoghi, rilevando in una delle due occasioni la presenza degli animali nei locali di proprietà dell'imputato e riferendo che dall'allevamento si sprigionava un odore di stallatico facilmente percepibile anche dai fabbricati limitrofi ubicati a pochi metri di distanza.
La sentenza omette effettivamente, come rilevato dal ricorrente, di precisare se le emissioni determinavano una molestia esorbitante i limiti di tollerabilità e non esamina alcune testimonianze riferite dalla difesa a sostegno del mancato superamento di tale limite. Peraltro, a giudizio del collegio, l'avvenuto superamento del limite può agevolmente essere desunto proprio da tutte le circostanze evidenziate dalla sentenza e sopra riferite, dal carattere abusivo delle attività da cui originava l'emissione di odori, alle reiterate denunce e segnalazioni da parte dei vicini di casa e fino agli accertamenti compiuti dalla A.S.L. di Ciriè; mentre, a fronte delle circostanze rilevate, è stato implicitamente ritenuto dal giudice di merito non significativo di un disturbo solo occasionale, come dedotto dal ricorrente, il fatto che in uno dei due sopralluoghi i locali adibiti a stalla erano vuoti, perché gli animali erano al pascolo e correttamente non sono state prese in considerazione le generiche affermazioni di un testimone riportate nel ricorso, secondo le quali questi da ultimo avvertirebbe meno la presenza degli odori e convivrebbe con la problematica.
Così integrato l'apparato argomentativo della sentenza impugnata, non costituente vizio di motivazione della stessa, il ricorso va ritenuto infondato e va respinto, con le conseguenze di cui all'art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2006.
Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2006