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Sez. 3, Sentenza n. 20124 del 29/04/2004 (Cc. 25/03/2004 n.00397 ) Rv. 228455
Presidente: Vitalone C. Estensore: Teresi A. Imputato: Testa. P.M. Passacantando G. (Conf.)
(Rigetta, Trib.riesame Rovigo, 27 novembre 2003).
DEMANIO - Demanio marittimo - Reati di cui agli artt. 54, 55 e 1161 cod. nav. - Configurabilità . Necessaria preventivo esaurimento del procedimento amministrativo di delimitazione - Esclusione - Fondamento.
CON MOTIVAZIONE

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Massima Fonte CED Cassazione

In tema di demanio, ai fini della configurabilità dei reati di cui agli artt. 54, 55 e 1161 cod. nav. (occupazione di demanio ed esecuzione di opere nella fascia di rispetto in assenza di autorizzazione) non è necessaria la definizione del procedimento amministrativo di delimitazione del suolo demaniale marittimo, atteso che tale procedimento, disciplinato dall'art. 32 cod. nav., ha carattere ricognitivo e non costitutivo della demanialità.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. VITALONE Claudio - Presidente - del 25/03/2004
Dott. DE MAIO Guido - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 397
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 02951/2004
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Testa Sergio Luigi, nato a Pioltello il 19.05.1961;
avverso l'ordinanza del Tribunale di Rovigo in data 27.11.2003 che ha rigettato l'istanza di riesame proposta avverso il decreto di sequestro preventivo delle aree site nella laguna di Caleri, di fatto in godimento della Nuova Pesca, s.c. a r. l., disposto dal GIP in data 7.11.2003;
Visti gli atti, l'ordinanza denunciata ed il ricorso;
Sentita nella Camera di Consiglio la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;
Sentito il P.M. nella persona del P.G., Dott. Passacantando Guglielmo, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
OSSERVA
Con ordinanza 27.11.2003 il Tribunale di Rovigo rigettava l'istanza di riesame proposta da Testa Sergio Luigi, quale legale rappresentante della s. c. a r. l. Nuova Pesca, indagato per il reato di cui all'art. 1161 cod. navigazione, avverso il decreto di sequestro preventivo di aree site nella laguna di Caleri, soggette a vincolo paesaggistico, disposto dal GIP in data 7.11.2003. Rilevava il Tribunale che le aree, di proprietà della Fondazione Pio legato Muttoni e da questa concesse in locazione alla suddetta società per l'esercizio della molluschicoltura, delimitate con l'infissione di pali e l'apposizione di tabelle con le diciture proprietà privata e divieto di pesca presentavano evidenti caratteristiche di demanialità ai sensi dell'art. 28 lett. b) codice della navigazione perché rientranti nella laguna di Caleri comunicante col mare.
Trattandosi di demanio necessario erano privi di effetto eventuali diritti di godimento dei privati.
Le aree, in passato terre paludose di proprietà privata, si erano trasformate in vere e proprie lagune con tutte le caratteristiche morfologiche del demanio marittimo, ancorché risultanti catastalmente di proprietà privata.
Inoltre, la laguna di Caleri è ampiamente utilizzata, in base a concessioni rilasciate dalla Provincia, previa acquisizione del parere favorevole dell'organo competente, per l'occupazione di spazio acqueo demaniale, per l'esercizio della molluschicoltura. Affermava conseguentemente il Tribunale la natura demaniale, ai sensi degli art. 822, comma 1, codice civile e 28 codice navigazione, delle zone in questione sia per la loro morfologia sia per l'immediata ed oggettiva destinazione agli usi pubblici, quali la pesca e la molluschicoltura.
Riteneva ininfluente l'attuale pendenza della procedura di delimitazione di cui all'art. 32 cod. navig. perché di natura ricognitiva e dichiarativa della demanialità ed affermava che la sussistenza di accordi di diritto privato, come di atti amministrativi di occupazione d'urgenza e di espropriazione, che presuppongono la natura non demaniale del bene che ne è oggetto, non sono sol per questo dimostrativi della natura privata dell'area, donde la sussistenza sia del fumus del reato ipotizzato non essendo emerso che il Testa fosse titolare di una concessione demaniale sia del periculum poiché la libera disponibilità delle aree in sequestro da parte dell'indagato, esercente attività imprenditoriale di molluschicoltura, comporta una prognosi positiva circa la volontaria protrazione dell'offesa arrecata ai beni giuridici tutelati (l'uso pubblico dei beni e il rispetto dei vincoli ambientali).
Proponeva ricorso per Cassazione l'indagato denunciando violazione degli art. 822 e 831 cod. civ. e 28 cod. navig., del concordato lateranense, delle leggi n. 206 e 222 del 1985 poiché, le aree occupate dalla società sulla base di contratto di affitto con la Fondazione Pio legato Mattoni, erano beni di natura ecclesiastica e non potevano fare parte del demanio statale.
Il bene era stato acquistato secondo validi atti civili fin dal 1873;
era stato oggetto di esproprio, di occupazioni d'urgenza e di servitù in favore dell'ENEL; era catastalmente intestato alla Fondazione che è un Ente ecclesiastico, il cui statuto è stato approvato con regio decreto 19.05.1889, successivamente modificato. Lo stesso ha natura ecclesiastica, anche se non adibito al culto, perché il lucro derivante dall'affitto è destinato a fini religiosi, quali il sostentamento del clero, come da statuto, sicché non può essere acquisito dallo Stato per intervenuta demanialità, specie quando a ciò si pervenga a causa di interventi a difesa del territorio eseguiti dalla P.A..
Deduceva, altresì, che violazione di legge in ordine ritenuta configurabilità del reato di cui all'art. 1161 cod. nav. poiché era stato affermato che le aree possiedono le caratteristiche morfologiche del demanio marittimo senza neppure specificarle. Le aree sequestrate costituiscono una piccola parte della ed. laguna di Caleri, che, secondo la prodotta relazione del funzionario della Regione del Veneto, comprende aree, dette Valli, che non sono in contatto col mare, mentre in altre le acque del mare sono libere di espandersi per tutto l'anno.
Nella specie non era stato accertato in quale delle due categorie rientrassero le aree sequestrate considerato pure che il vigile Piacentini e la Capitaneria di porto avevano menzionato la difficoltà di stabilire la natura delle aree della laguna di Caleri, la maggior parte delle quali era di proprietà privata; che un precedente giurisprudenziale aveva riconosciuto la proprietà privata di un'area similare e contigua; che le aree sequestrate erano state interessate da provvedimenti amministrativi di occupazione d'urgenza e di espropriazione.
Inoltre, la pendenza del procedimento di delimitazione ex art. 32 cod. navigazione porta ad escludere che, fino a quando vi è una situazione di obiettiva incertezza, la pubblica autorità possa esercitare i propri poteri sull'area, specie quando risultanze documentali significative provino che la stessa ha carattere privato e quando i caratteri morfologici della demanialità siano acquisiti progressivamente, sicché non può affermarsi che l'acquisizione di tali caratteri si sia sicuramente perfezionata.
Con l'ultimo motivo il ricorrente denunciava "violazione del diritto di proprietà sancito dall'art. 42 Cost. e dall'art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo" alla stregua dell'obiettiva incertezza sulla sussistenza delle caratteristiche di demanialità delle aree in questione e dell'illegittimità del provvedimento ablativo perché non previsto dalla legge; perché la privazione della libertà non era concretamente volta al perseguimento di una causa di pubblica utilità e perché il provvedimento privativo della proprietà non era proporzionato al fine di pubblica utilità perseguito. Il provvedimento di sequestro incide non solo sulla proprietà, ma anche sull'affittuario, privato del diritto di raccogliere i molluschi coltivati.
Chiedeva l'annullamento dell'ordinanza.
1. Sostiene il ricorrente, col primo motivo, che l'area sequestrata, di proprietà della Fondazione Pio legato Muttoni ed alla stessa catastalmente intestato, è un bene avente natura ecclesiastica, anche se non adibito al culto, perché il lucro derivante dall'affitto è destinato a fini religiosi, quali il sostentamento del clero, come da statuto, sicché non può essere acquisito dallo Stato per intervenuta demanialità.
L'assunto è infondato poiché i beni degli enti ecclesiastici, in quanto non diversamente previsto, sono soggetti alle ordinarie norme civilistiche (art. 831 cod. civ.).
Nella specie, il bene non è destinato all'esercizio del culto cattolico (che non può essere sottratto alla sua destinazione fino a quando la stessa non sia cessata), sicché è attratto dalla normativa civilistica, essendo infondata la contraria argomentazione difensiva che richiama lo statuto dell'Ente per inferirne, non soltanto che i proventi derivanti dall'affitto, per impieghi di carattere industriale/commerciale delle aree, sono destinati a finalità religiose (il sostentamento del clero), ma anche che la natura religiosa della fondazione trasmigri anche sul bene "che non può essere demaniale".
Tale asserzione contrasta col disposto dell'art. 831 cod. civ. che non prevede alcuna limitazione all'assoggettabilità dei beni ecclesiastici al regime civilistico se non in forza di leggi speciali di deroga.
Però quelle richiamate in ricorso non attengono alla fattispecie in esame, relativa a un bene, appartenente ad un ente ecclesiastico ed oggetto di negozio civilistitico, che non può sfuggire alla regola generale, neppure sotto il profilo di valutatone della sopravvenuta demanialità, sol perché destinato a finalità religiose, donde la piena operatività della normativa di cui agli art. 822 e 831 cod civ.
2. I requisiti richiesti per la legittima adozione del sequestro preventivo sono esclusivamente la corrispondenza tra fattispecie astratta e fattispecie reale, alla stregua di un controllo sommario, e la concretezza ed attualità dell'esigenza di prevenzione. Le misure cautelari reali, infatti, vanno disposte tutte le volte che un bene sia suscettibile di essere oggetto o strumento per aggravare e protrarre le conseguenze del reato ipotizzato: la disponibilità delle cose sequestrate può fare presumere che l'indagato possa proseguire nel reato o nei reati.
In tale ipotesi l'obbligo della motivazione è assolto quando il giudice accerti che l'esigenza di prevenzione sia attuale e concreta. Pertanto non può essere censurata l'ordinanza impugnata che ha ritenuto, alla stregua dei rilevanti elementi acquisiti, che è astrattamente configurabile la fattispecie criminosa ipotizzata e prevista dall'art. 1161 del codice della navigazione, essendo stato correttamente ritenuto che le aree acque in sequestro appartengono al pubblico demanio e che l'indagato ne sia occupante sine titulo perché privo della necessaria concessione.
I beni appartenenti al demanio marittimo sono disciplinati dai principi generali contenuti nel codice civile e dalle norme del codice della navigazione le quali prevedono che in esso rientrano le lagune e i bacini di acqua salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare.
Quindi, ove si accerti che un bene rientra nell'elenco tassativo previsto dalle suddette norme, lo stesso rientra sicuramente nel demanio pubblico necessario non occorrendo ricorrere, nei casi dubbi, ai criteri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui per qualificare un'area rivierasca come demaniale o meno deve verificarsi se l'area è normalmente coperta dalle mareggiate ordinarie; se, anche se non sottoposta a mareggiate ordinarie sia stata in antico sommersa e tuttora utilizzabile per uso marino; se, comunque, il bene sia necessariamente adibito ad usi attinenti alla navigazione (Cass. SU, 3.05.1971, n. 1272).
Dunque, la demanialità deriva dalle caratteristiche intrinseche del bene, e cioè da una situazione di fatto, sicché, se esso è compreso nelle categorie previste dall'art. 28 del cod. nav. e sia adibito ad usi attinenti alla navigazione, rientra nel demanio marittimo anche in mancanza di un esplicito atto di destinazione. Nella specie, il Tribunale, nell'ambito ristretto del presente procedimento incidentale, si è attenuto al suddetto principio avendo riconosciuto natura demaniale al bene in sequestro sia per la sua attuale morfologia, riconducibile alla nozione di laguna, sia per l'immediata ed oggettiva destinazione dello stesso agli usi pubblici del mare.
Infatti, le aree in questione, fin dagli anni '50 sommerse dal mare, sono state vivificate con la creazione di canali e la conseguente formazione di piccoli isolotti artificiali che sono sommersi dall'acqua marina, per via della marea, almeno una volta l'anno, e rientrano nella laguna di Caleri che e' viva perché comunicante con il mare.
Inoltre, tali aree consentono la navigazione d'imbarcazioni (cfr. copia del decreto di occupazione d'urgenza "per lavori di sistemazione delle strutture di attracco e ricovero natanti per la pesca professionale" del Comune di Rosolina 26.11.2003 relativo a parte dell'area lagunare intestata alla ditta Pio legato Muttoni) e le loro acque sono suscettibili di sfruttamento economico attraverso l'esercizio della molluschicoltura e della pesca, consentendo di tal modo attività del tutto simili a quelle che possono essere esercitate in mare aperto (cfr. Cass. Civ. sez. 1^, n. 1330/1999 del 16 febbraio 1999, RV. 523271: "l'uso pubblico dei bacini salsi o salmastri deve essere ravvisato tutte le volte che essi, per la loro conformazione ed estensione, consentano l'esercizio di attività economiche del tutto simili a quelle che possono svolgersi in mare aperto, come la pesca e la molluschicoltura che costituiscono indubbia espressione di una utilizzazione immediata e diretta ... del tutto identica a quella cui può adempiere il mare").
È quindi infondato il rilievo difensivo secondo cui il Tribunale non abbia descritto le caratteristiche morfologiche delle aree sequestrate che, invece, sono state specificate con la puntualizzazione che la laguna in cui sono situate comunica col mare, mentre sono irrilevanti le altre considerazione relative ad asserite difficoltà di stabilire la natura delle aree della laguna di Caleri, la maggior parte delle quali sarebbero di proprietà privata; ad un precedente giurisprudenziale aveva riconosciuto la proprietà privata di un'area similare e contigua ed al fatto che le aree suddette siano state interessate da provvedimenti amministrativi di occupazione d'urgenza e di espropriazione, poiché tali atti non ne dimostrano la natura privata.
Ne consegue che il bene de quo, quale res extra commercium, non può essere oggetto di rapporti patrimoniali privati, ne' può essere posseduto da terzi o occupato senza la prescritta concessione. È infondata anche la censura secondo cui la pendenza del procedimento di delimitazione ex art. 32 codice della navigazione porta ad escludere che, fino a quando vi è una situazione di obiettiva incertezza e quando i caratteri morfologici della demanialità siano acquisiti progressivamente, sicché non può dirsi che l'acquisizione di tali caratteri si sia sicuramente perfezionata, la pubblica autorità possa esercitare i propri poteri sull'area, poiché "in tema di demanio, ai fini della configurabilità dei reati di cui agli art. 54, 55 e 1161 cod nav. (occupazione di demanio ed esecuzione di opere in assenza di autorizzazione) non è necessaria l'esatta delimitazione del suolo demaniale marittimo, atteso che il procedimento amministrativo di delimitazione, disciplinato dall'art. 32 codice navigazione, ha carattere ricognitivo e non costitutivo della demanialità" (Cass. Sez. 3^ n. 21386 2002, Salerno, RV. 221971).
Oltre al fumus esattamente è stata ritenuta l'esigenza, concreta ed attuale, di prevenzione con specifico riferimento alla concreta possibilità che la libera disponibilità della cosa (la società Nuova Pesca svolge attività di itticoltura) possa agevolare la prosecuzione della condotta criminosa con valutazioni di merito ineccepibili sotto il profilo logico- giuridico e non contrastanti con il principio di effettività causale, che connota il nesso tra disponibilità della cosa e sua inequivocabile destinazione alla commissione del reato.
3. Anche l'ultimo motivo è infondato poiché la misura cautelare reale non viola alcuno dei parametri della Convenzione europea richiamata in ricorso ed è stata adottata per effetto dell'obiettiva sussistenza dei caratteri della demanialità.
Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 25 giugno 2003. Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2004