Cass. Sez. III Sent. 28517 del 18 luglio 2007 (Ud.29 mag. 2007)
Pres. Postiglione Est. Petti Ric. Marzano.
Urbanistica. Opere realizzate in totale difformità rispetto al permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo paesaggistico - Tipologie di abusi sanabili - Individuazione.

In tema di condono edilizio in zona vincolata paesaggisticamente, dalla disciplina dettata dall'art. 32, commi 26 e 27, D.L. 30 settembre 2003, n. 269 in combinato disposto con gli artt. 32 e 33 L. 28 febbraio 1985, n. 47, come sostituiti dalla L. n. 326 del 2003 di conversione del cit. D.L. n.269, discende che sono sicuramente sanabili le tipologie di abuso riconducibili ai nn. 4, 5 e 6 (manutenzione, restauro e risanamento conservativo, previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo) laddove, per le altre tipologie di abuso, la sanabilità è subordinata alle seguenti condizioni: a) che le opere siano state realizzate prima dell'imposizione del vincolo; b) che le stesse siano sostanzialmente conformi agli strumenti urbanistici; c) che le difformità consistano esclusivamente in quelle analiticamente indicate nell'art. 32 L. n. 47 del 1985.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 29/05/2007
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere - SENTENZA
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - N. 1642
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 45781/2006
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di Marzano Giuseppe, nato a Melissano il 11 marzo del 1933;
avverso la sentenza della corte d'appello di Lecce del 5 giugno del 2006;
udita la relazione svolta del consigliere dott. Ciro Petti;
sentito il sostituto procuratore generale in persona del dott. Angelo Di Popolo, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito l'avv. Giovanni Bellisario, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
Letti il ricorso e la sentenza denunciata.
OSSERVA IN FATTO
Con sentenza pronunciata in data 12.7.05 dal Tribunale di Lecce - sezione distaccata di Tricase - Marzano Giuseppe è stato ritenuto responsabile di due violazioni del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. C) (capo A:) per avere effettuato, nella qualità di proprietario e committente dei lavori, interventi edilizi - consistiti nella realizzazione di un immobile per civile abitazione della superficie coperta pari a mq. 93,09 circa - in totale difformità rispetto alla concessione edilizia assentita in zona sottoposta a vincolo paesaggistico; nonché (capo B:) per aver effettuato, nella qualità di proprietario e committente dei lavori, interventi edilizi consistiti nella realizzazione, adiacente al manufatto di cui al capo a), di un locale da adibire a rimessa della superficie coperta di mq. 36,08 in assenza del prescritto permesso di costruire ed in zona sottoposta a vincolo paesaggistico; in Salve il 2.3.04 e, in concorso d'attenuanti generiche e con la continuazione, è stato condannato alla pena di mesi due e gg. 10 d'arresto ed Euro 23.000,00 d'ammenda - sospesa alle condizioni di legge -, oltre al pagamento delle spese processuali ed alla sanzione accessoria della demolizione delle opere abusive, cui veniva subordinato il beneficio della sospensione condizionale.
Rilevava il primo Giudice come dalle acquisizioni processuali (esame dei testi, fra cui i verbalizzanti, rilievi fotografici, documenti prodotti), fosse pacificamente emersa la realizzazione, da parte dell'imputato, delle opere sopra indicate, alcune in totale difformità dal permesso di costruire, altre in assenza del detto permesso ed in zona sottoposta a vincolo paesaggistico; che, di conseguenza, assolutamente pacifica doveva ritenersi la commissione dei reati a lui ascritti, dovendo, altresì, essere disattesa la richiesta di sospensione del procedimento, per avere il Marzano presentato dichiarazione di interesse alla definizione dell'illecito edilizio ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art 32, commi 25 e ss., convertito nella L. n. 326 del 2003, non rientrando gli abusi fra quelli suscettibili di condono, perché ricadenti in zona vincolata. La corte territoriale,adita su impugnazione dell'interessato, con sentenza del 5 giugno del 2006, rigettava l'appello osservando che legittimamente il tribunale aveva respinto l'istanza di sospensione del processo trattandosi di opere non condonabili perché nelle zone vincolate, a norma dell'art. 32, comma 26, lett. a), sono condonabili i soli abusi minori, quali restauro, manutenzione straordinaria e risanamento conservativo che sul punto non esplicava alcun effetto la sentenza della corte costituzionale n. 196 del 2004; che l'ordine di demolizione non poteva essere revocato perché conseguiva ex lege ad un pronuncia di condanna.
Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato sulla base di un unico articolato mezzo d'annullamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l'unico motivo d'annullamento il ricorrente deduce la violazione della L. n. 326 del 2003, art. 32, commi 26 e 27, nonché mancanza di motivazione sul punto Assume che il legislatore ha voluto suscettibili di sanatoria le tipologie di abuso da 1 a 3 sull'intero territorio nazionale,ad eccezione solo di quelli insistenti su monumenti nazionali o su beni culturali di particolare rilevanza nonché le tipologie da 4 e 6 realizzate su immobili di
ineficabilità relativa riservando alle Regioni la scelta di sottoporre a sanatoria le tipologie di abusi minori sulle aree non soggette a vincoli di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 32. In definitiva il Legislatore ha voluto distinguere la competenza statale, come tale riservata ad abusi maggiori, da quella regionale che si riferisce ai soli abusi minori realizzati su aree non soggette a vincoli con l'effetto che l'indicazione degli abusi minori meritevoli di sanatoria nell'ambito delle zone vincolate L. n. 47 del 1985, ex art. 32 è stata necessaria al fine di attrarre alla competenza statale anche gli abusi minori di maggiore rilevanza come quelli ricadenti in zone vincolate. In definitiva secondo il ricorrente anche nelle zone vincolate sarebbero sanabili le tipologie di abuso di cui ai nn. da 1 a 3, fatta eccezione per quelli realizzati su beni dichiarati monumento nazionale o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ovvero ricadenti in zone ad inedificabilità assoluta. Sostiene che tale interpretazione sarebbe stata avallata dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 196 del 2004 e 49 del 2006 e sarebbe stata recepita dalla Regione Puglia con la L. n. 28 del 2003, e L. 19 del 2004, oltre che da varie altre leggi regionali e da tribunali amministrativi.
Il ricorso va respinto perché infondato
Secondo l'orientamento consolidato di questa sezione, non sono suscettibili di sanatoria ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 32, convertito nella L. n. 326 del 2003, le nuove costruzioni residenziali realizzate in assenza di titolo abilitativo edilizio in zone soggette a vincolo imposto prima della costruzione a tutela degli interessi paesaggistici (cfr tra le più recenti 6431 del 2007;
12577 del 2005;38694 del 2004).
Il detto art. 32, comma 26 dispone, infatti, che: "Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1:
a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lett. e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui alla Legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 32;
b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 32 in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data d'entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio".
Secondo il tenore letterale della norma, nell'intero territorio nazionale non soggetto a vincolo, sono sanabili le tipologie d' abuso rientranti nei numeri 1, 2, e 3 fatta eccezione per le opere di cui al comma 27, lett. e) ossia per le opere realizzate su immobili dichiarati monumenti nazionali con provvedimento avente forza di legge o dichiarati d'interesse particolarmente rilevante ai sensi del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, artt 6 e 7 (lett. a) parte prima del comma 26); quelle di cui ai numeri 4, 5 e 6 solo in virtù della L.R., (lett. b), comma 26). Nelle zone vincolate, in base alla seconda parte della lett. a) solo quelle di cui alle tipologie di abuso di cui ai nn. 4, 5 e 6.
La sentenza della corte costituzionale n. 196 del 2004, richiamata dal ricorrente, ha dichiarato però l'illegittima costituzionale della norma proprio con riferimento alla dell'art. 32, comma 26, lett. b) nella parte in cui, incongruamente, non concedeva alle regioni la possibilità di determinare le condizioni e le modalità per l'ammissibilità della sanatoria per tutte le tipologie di abuso. Invero, secondo la versione originaria del testo normativo, sembrava che le regioni potessero legiferare solo in ordine agli abusi minori e nelle aree non vincolate Ora a seguito della pronuncia d'illegittimità costituzionale possono legiferare, nel rispetto dei principi della legge statale, su tutte le tipologie di abuso. Ciò premesso, il comma 27 elenca tutta una serie di fattispecie per le quali il condono non è possibile. Tra le fattispecie escluse, per quanto rileva in questo caso, alla lett. d) esclude le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di Leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali, qualora istituiti prima dell'esecuzione di dette opere in assenza o in difformità dal titolo abilitativo e non conformi alle norme urbanistiche ed alla prescrizioni degli strumenti urbanistici. L'art. 27 si riferisce sia ai vincoli di inedificabilità assoluta (ad esempio vincolo ferroviario, aereo, e idraulico) che ai vincoli di inedificabilità relativa (ad esempio vincolo paesaggistico). La norma anzidetta esordisce tuttavia facendo salvo "quanto previsto dalla L. n. 47 del 1985, artt 32 e 33". La norma chiave per risolvere il problema, quindi, è quella contenuta dalla L. n. 47 del 1985, art. 32, che è richiamata anche dalla parte seconda della L. n. 326 del 2006, comma 26, lett. a). La L. n. 47 del 1985, comma 26, lett. a) nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla Legge sul condono n. 326 del 2003, art. 32, comma 43, esordisce però facendo salve le fattispecie di cui all'art. 33 ossia le opere non suscettibili di sanatoria perché ricadenti nelle zone vincolate indicate nell'articolo medesimo, tra le quali quelle sottoposte a vincoli ambientali, paesistici, storici. Anche l'art. 33 si riferisce sia ai vincoli di inedificabilità assoluta che a quelli di inedificabilità relativa. L'art. 32, dopo avere richiamato le esclusioni di cui all'art 33, comma 1 afferma che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Al comma 2 stabilisce poi le condizioni per ottenere la sanatoria nelle zone vincolate precisando anzitutto che possono ottenere la sanatoria le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione alle condizioni elencate nella norma. L'art. 32 quindi ammette la sanatoria nelle zone vincolate per tipologie di abusi diversi da quelli di cui ai nn. 4, 5 e 6 a condizione però che si tratti di vincoli di inedificabilità imposti dopo che l'opera è stata realizzata e che le difformità siano quelle indicate dalla norma stessa ossia:
a) difformità dalla L. n. 64 del 1974 e dal testo unico quando però possono essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell'art. 35;
b) difformità dalle norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici o spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni di varianti di recupero di cui al capo 3^;
c) difformità dalle norme del D.M. 1 aprile del 1068, n. 1404 relative alle distanze minime di rispetto stradale in materia di edificazione fuori dei centri urbani e dalla L. 13 giugno 1991, n. 190, artt 16, 17 e 18, e successive modificazioni (quest'ultimo richiamo è erroneo perché la L. n. 191 del 1990 conta solo cinque articoli per cui il rinvio deve intendersi riferito agli articoli del D.Lgs. n. 285 del 1992 con cui è stato approvato il nuovo codice stradale in esecuzione della delega contenuta nella L. n. 191 del 1990), sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico.
La L. n. 47 del 1985, art. 32 come risultante dalle modifiche apportate con la L. n. 326 del 2003 si riferisce quindi alla condonabilità delle opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo. Le esclusioni di cui all'art 27, lett. d) sono invece quelle realizzate dopo l'imposizione del vincolo.
Dalla combinata lettura dei commi 26 e 27 della L. n. 326 del 2006, art. 32 e dal rinvio alle esclusioni previste dalla L. n. 47 del 1985, artt 32 e 33, come sostituiti dalla medesima L. n. 326 del 2003, si può trarre il principio più volte ribadito da questa corte che nelle zone vincolate sono sanabili solo le tipologie di abuso riconducibili ai nn. 4,5,6 (manutenzione, restauro e risanamento conservativo previo parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela). Le altre tipologie di abuso sono sanabili nelle zone vincolate a condizione che le opere siano state realizzate prima dell'imposizione del vincolo, siano sostanzialmente conformi agli strumenti urbanistici e le difformità consistano esclusivamente in quelle analiticamente indicate nella L. n. 47 del 1985, art. 32 e successive modificazioni.
Tale interpretazione, ancorché restrittiva degli abusi condonabili, posto che la maggior parte del territorio italiano è vincolata, è tuttavia conforme alla lettera della legge, come sopra evidenziato, ed alla volontà del legislatore. Invero, nella Relazione governativa al D.L. n. 269 del 2003, si legge "... è fissata la tipologia di opere assolutamente insanabili tra le quali si evidenziano ... quelle realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio nelle aree sottoposte ai vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici, ambientali e paesistici ... Per gli interventi di minore rilevanza (restauro e risanamento conservativo) si ammette la possibilità di ottenere la sanatoria edilizia negli immobili soggetti a vincolo previo parere favorevole da parte dell'autorità preposta alla tutela".
La Regione Puglia ha disciplinato la materia del condono con due leggi: L. n. 28 del 2003, la L. n. 19 del 2004. Quest'ultima è stata deliberata a seguito della parziale pronuncia d'illegittimità costituzionale dell'art. 32, comma 26, lett. b). Con la L. n. 19 del 2004 per effetto dell'abrogazione della L. n. 28 del 2003, art. 2 in Puglia è stata ripristinata la possibilità di sottoporre a sanatoria gli abusi minori
anche nelle zone vincolate. In definitiva per quanto rileva in questa fattispecie la normativa regionale è conforme a quella statale. La sentenza della corte costituzionale n. 49 del 2006 non ha rilevanza nella fattispecie in esame perché non ha affermato principi diversi da quelli enunciati in questa decisione Essa in particolare ha dichiarato l'illegittimità di alcune leggi regionali, che non riguardano la Puglia, o perché sono state adottate oltre il termine di quattro mesi dall'entrata in vigore del D.L. n. 168 del 2004, convertito nella L. n. 191 del 2004, o perché si erano in alcuni casi ampliati gli interventi ammessi alla sanatoria. Anzi la Corte costituzionale con la decisione anzidetta ha ribadito il principio che spetta al legislatore statale determinare, non solo tutto ciò che attiene alla dimensione penalistica del condono, ma anche la potestà d'individuare la portata massima del condono,attraverso le definizioni sia delle opere abusive non suscettibili di sanatoria, sia del limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili, sia delle volumetrie massime sanabili.
Trattandosi di opera non condonabile in base al D.L. citato convertito nella L. n. 326 del 2003, era inutile sospendere il processo. Invero,in tema di reati edilizi, la presentazione dell'istanza di condono, non esclude automaticamente la potestà del giudice ordinario di conoscere della vicenda, ma consente la possibilità di sospendere il processo in attesa di definizione della procedura di condono della L. n. 47 del 1985, ex art 38 richiamato sul punto dalla L. n. 326 del 2003, art. 32. L'effetto sospensivo non si verifica però automaticamente, per la semplice presentazione della domanda in sede amministrativa, bensì soltanto in esito agli accertamenti consentiti al giudice ordinario, consistenti nella verifica che le opere edilizie siano state completate entro il termine fissato dalla legge sul condono; che l'immobile non superi la volumetria prevista dalla legge e che l'intervento sia astrattamente condonabile. L'esito negativo dell'indicato esame determina la persistenza del potere funzionale del giudice di verificare la legittimità dei comportamenti, indipendentemente dall'esito della procedura amministrativa. (cfr per tutte Cass. 3762 del 2000;38694 del 2004, 21679 del 2004, Sez. un 24 novembre 1999 n. 22 ric. Sadini). Legittimamente quindi i giudici del merito hanno respinto l'istanza di sospensione.
P.Q.M.
LA CORTE
Letto l'art. 616 c.p.p.;
RIGETTA il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2007.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2007