Cass. Sez. III n. 20071 del 29 maggio 2025 (UP 15 mag 2025)
Pres. Ramacci Rel. Noviello Ric. PG in proc. Pagana
Beni ambientali.Nozione di superfici utili

Tra gli interventi che il legislatore non consente di qualificare neppure ex post - cioè alla luce della concreta valutazione del loro effettivo impatto - come compatibili con l'ambiente, è inclusa la creazione di "superfici utili". Se è vero che il legislatore non fornisce, contestualmente, una definizione del concetto di "superfici utili" in modo espresso, va precisato che alla luce della ratio normativa di preservazione dello status quo ambientale e mediante, altresì, una logica contestualizzazione - in quanto ogni concetto giuridico è pragmaticamente relativo al contesto in cui opera -, il suo significato è agevolmente identificabile in una immutazione stabile dell'assetto territoriale, attuata a discapito della vincolata conformazione originaria, dalla quale nettamente prescinde, non integrandone alcuna specie di manutenzione. Cosicché, la nozione di superficie utile, va individuata, in mancanza di specifica definizione, con riferimento alla finalità della disposizione che la contempla e, per quanto riguarda la disciplina paesaggistica, va individuata considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio tale da determinare una compromissione  ambientale. Né occorre, peraltro, accertare che la "superficie utile" realizzata, per essere qualificabile come tale, debba inferire un concreto pregiudizio all'assetto territoriale in cui viene inserita, poiché il concetto deve essere rapportato alla natura del reato di cui circoscrive la sanatoria postuma, e il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1, è un reato di pericolo.

RITENUTO IN FATTO 

    1. Con sentenza di cui in epigrafe, il tribunale di Perugia dichiarava non doversi procedere nei confronti di Pagana Giancarlo e Enzo per i reati edilizi e paesaggistici loro ascritti, perché estinti per effetto della spontanea rimessione in pristino dell'area oggetto di costruzione abusiva quanto al manufatto di mq. 60 di cui alle particelle 199 - 200 e per intervenuta sanatoria quanto alle restanti opere abusive. 

    2. Avverso la predetta sentenza il Procuratore Generale della Corte di appello di Perugia ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di impugnazione. 

    3. Si contesta, con il primo, il vizio di violazione di legge contestando la ritenuta estinzione per rimessione in pristino anche in ordine al reato edilizio non sussistendo per tale contravvenzione una tale causa di estinzione del reato, ossia l'intervenuta demolizione spontanea, valevole a date condizioni, in concreto pure insussistenti, solo per il reato paesaggistico ex art. 181 quinquies del Dlgs. 42/04. Aggiunge che per tutti gli abusi edilizi non sarebbe neppure intervenuto permesso di costruire in sanatoria, non essendo stato depositato in atti alcun provvedimento in tal senso. Ma solo l'accertamento di compatibilità paesaggistica che sarebbe meramente prodromico al rilascio di un permesso di costruire in sanatoria. Permesso in sanatoria comunque non rilasciabile atteso che l'opera di 60 mq. insisterebbe su area inedificabile come attestato con ordinanza comunale di rimessione in pristino del 30.9.2021. 

    4. Con il secondo motivo deduce la contraddittorietà della motivazione atteso che la stessa contrasterebbe con l'assenza in atti di ogni sanatoria. E si aggiunge nell'ultima parte del motivo, la censura anche in relazione ai reati paesaggistici, rilevandosi come neppure sussisterebbe il presupposto estintivo dei medesimi, posto che l'unica forma estintiva prevista per legge al riguardo, , quale la spontanea rimessione in pristino, non presenterebbe i necessari requisiti atteso che sarebbe avvenuta dopo la adozione del provvedimento amministrativo ingiuntivo dell'ordine di rimessione in pristino. 

CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il ricorso è fondato. Quanto alla ritenuta estinzione del reato paesaggistico nonché edilizio, inerente il manufatto di 60 mq., in ragione della relativa demolizione da parte degli imputati, come contestata dal ricorrente alla luce della complessiva valutazione del primo e secondo motivo, deve ribadirsi preliminarmente che la fattispecie ripristinatoria di cui all'art. 181 comma 1 quinquies del Dlgs. 42/04 configura una causa estintiva del solo reato paesaggistico, e solo a date condizioni appresso illustrate. 
Dunque, va evidenziato, innanzitutto, che la mera demolizione dell'opera abusiva, quand'anche realizzata nei termini di legge ex art. 181 comma 1 quinquies citato, (insussistenti alla luce di quanto di seguito indicato) non estingue comunque il reato edilizio, le cui cause normative di estinzione sono altre (sanatoria ex artt. 36 e 36 bis del DPR 380/01 e condono). Quanto al profilo paesaggistico, questa Corte ha già da tempo avuto modo di precisare sia che in tema di tutela penale del paesaggio l'art. 181 quinquies del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 definisce una speciale causa estintiva del solo reato paesaggistico, sia che essa è subordinata al fatto che la rimessione in pristino, da parte dell'autore dell'abuso, sia spontanea e non eseguita coattivamente su impulso dell'autorità amministrativa (Sez. 3, n. 3064 del 05/12/2007 Ud.  (dep. 21/01/2008) Rv. 238628 - 01). A tale ultimo riguardo si è altresì precisato, quanto alla necessaria spontaneità del ripristino, che in tema di tutela penale del paesaggio, anche la condanna non irrevocabile (nella specie irrogata in primo grado) preclude l'operatività della causa di estinzione del reato della rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo prevista dall'art. 181, comma primo quinquies, del D.Lgs. 12 gennaio 2004, n. 42 (Sez. 3, Sentenza n. 37140 del 10/04/2013 Ud.  (dep. 10/09/2013 ) Rv. 257680 - 01) e che la speciale causa estintiva prevista dall'art. 181, comma 1-quinquies, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, richiede generalmente un "quid pluris" rispetto alla mera demolizione delle opere abusive, in quanto, avendo funzione premiale, opera solo ove sia effettuato il tempestivo recupero dell'area sottoposta a vincolo, idoneo a farle riacquistare il precedente aspetto esteriore e l'originario pregio estetico (Sez. 3, n. 18070 del 20/01/2022 Ud.  (dep. 06/05/2022 ) Rv. 283132 - 01). E' dunque fondato, e riscontrato dalla stessa sentenza, il ricorso, sui punti prima citati, quanto alla insussistente estinzione sia del reato paesaggistico che edilizio commesso mediante la realizzazione del manufatto di 60 mq., atteso che dalla stessa risulta che il manufatto di 60 mq. sarebbe stato demolito "in ottemperanza all'ordinanza del Comune di Perugia n. 22 del 30.9.2021"" e quindi, per quanto sopra rilevato, non spontaneamente e, piuttosto,  successivamente a un impulso dell'autorità.  

    2. Riguardo agli altri due manufatti che secondo la sentenza impugnata riguarderebbero reati, edilizi e paesaggistici, estinti per intervenuta sanatoria, egualmente il ricorso, secondo il quale non vi sarebbe sanatoria alcuna in ordine  a tali manufatti, appare fondato. Dalla sentenza - come pure sostenuto in ricorso - si rileva che l'istruttoria avrebbe fatto emergere l'avvio di pratiche finalizzate alla ""sanatoria" di altre due opere edilizie di 35 mq. e di 16 mq. e che al riguardo, in particolare, vi sarebbero state "richieste di sanatoria presentate dagli odierni imputati ai sensi dell'art. 167 del Dlgs. 42/04 ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica  della tettoia e dell'opera pertinenziale di 35 mq." seguite da "documentazione attestante gli accertamenti di compatibilità paesaggistica rilasciati dal Comune". Alla luce di tali provvedimenti, emerge con chiarezza che è fondata la tesi in ricorso, circa la assenza, innanzitutto,  di ogni sanatoria edilizia, nella specie necessariamente ex art. 36 DPR 380/01 alla luce della tipologia delle opere e della contestazione riguardanti interventi sine titulo. Infatti si parla solo di meri provvedimenti sopravvenuti di compatibilità paesaggistica, per cui nessuna estinzione di reati edilizi emerge in ragione di tali ultimi atti, a partire dalla assenza di un sopravvenuto permesso di costruire, necessario ex art. 36 DPR 380/01. In proposito, occorre ricordare che quanto ai requisiti del menzionato articolo 36, la sanatoria ivi prevista può essere ottenuta quando l'opera eseguita in assenza del permesso sia conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati o non in contrasto con quelli adottati, tanto al momento della realizzazione dell'opera, quanto al momento della presentazione della domanda. Sulla richiesta di sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale deve pronunciarsi - con adeguata motivazione - entro sessanta giorni, trascorsi inutilmente i quali la domanda si intende respinta. L'istanza è subordinata, inoltre, al pagamento di una somma a titolo di obiezione, secondo le modalità descritte nello stesso articolo. In base a quanto espressamente disposto dall'articolo 45, il rilascio della sanatoria «estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti», con esclusione, quindi, di altri reati eventualmente concorrenti.
A ciò si aggiunga, con riferimento alla circostanza della sussistenza, nel caso di specie, di area vincolata paesaggisticamente, che, come anche di recente affermato dalla Suprema Corte, essendo la possibilità di una autorizzazione paesaggistica postuma espressamente esclusa dalla legge - ad eccezione dei casi, tassativamente individuati dall'art. 167, commi 4 e 5, relativi agli "abusi minori" e di quelli di cui alla novella ex art. 36 bis del DPR 380/01 - tale preclusione, considerato che l'autorizzazione paesaggistica è correlata strettamente al rilascio del permesso di costruire, impedisce anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell'art. 36 D.P.R. 380/01, ove l'opera abusiva insista, lo si ripete, in area di rilievo paesaggistico; e l'eventuale emissione della predetta autorizzazione paesaggistica in spregio a tale principio di esclusione, oltre a non produrre alcun effetto estintivo dei reati nel quadro del citato art. 36, non impedisce neppure l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino (in motivazione Cass. Sez. III n. 544 del 11 gennaio 2023; Sez. 3, n. 190 del 12/11/2020 - dep. 07/01/2021, Rv. 281131 - 01).
Si tratta di un orientamento che questo collegio intende ribadire (Sez. 3, n. 5750 del 02/02/2023, Pmt, Rv. 284314 - 01). In proposito, a sostegno dello stesso si osserva, per la migliore comprensione della tematica, quanto segue: in caso di abusi in area vincolata, il reato ex art. 44 lett. c) DPR 380/01 richiede l'assenza del titolo edilizio e della autorizzazione paesaggistica e, in caso di rilascio, prima dell'edificazione, del solo permesso di costruire, in assenza comunque della autorizzazione paesaggistica, tale ultima circostanza determina l'inefficacia del titolo edilizio rilasciato, il quale, in altri termini, non è in grado, in tale peculiare caso, di spiegare di per sé alcun effetto giuridico, nemmeno nel limitato ambito del solo profilo edilizio che, nella fattispecie in esame, è strettamente connesso, lo si ripete, al profilo paesaggistico. Consegue che nel caso, ulteriore, ma certamente correlato sotto il profilo della logica giuridica, di avvio, in presenza di opera abusiva già realizzata, di una procedura di sanatoria ex art. 36 del DPR 380/01, in zona vincolata, il rilascio postumo del permesso di costruire, in assenza di autorizzazione paesaggistica (la quale ultima, per quanto prima osservato non può adottarsi legittimamente in via successiva al fatto, salvo casi eccezionali) non può sanare neppure il limitato profilo urbanistico dell'intervento già posto in essere. Pena, in caso contrario, il paradosso (inammissibile) per cui, in caso di rilascio, ab origine, ovvero prima dell'edificazione poi contestata, di un permesso di costruire tuttavia non accompagnato dalla preventiva autorizzazione paesaggistica, ricorrerebbero, come è stabilmente acclarato, tanto il reato ex art. 44 lett. c) del DPR 380/01 che il reato paesaggistico ex art. 181 del Dlgs. 42/04. Mentre, nel caso certamente più grave, in cui si costruisca già senza alcun previo titolo, neppure edilizio, e tuttavia si ottenga, solo successivamente, il solo permesso di costruire, si verrebbe quantomeno a "sanare" il reato edilizio ex art. 44 lett. c) citato.
Quanto al caso, qui di specifico interesse, del sopravvenire del solo nulla osta paesaggistico rispetto ad opera abusiva in zona vincolata, va osservato che la tipologia delle opere su cui tale nulla osta può sopravvenire, ovvero interventi di norma marginali, essenzialmente non richiedenti sul piano edilizio il permesso di costruire (cfr. l’elenco appresso riportato ex art. 181 comma 1  ter e 167 del Dlgs. 42/04), fa sì che già solo per la tipologia degli interventi non si pone tendenzialmente una problematica di sanatoria ex art. 36 citato di opere abusive in zona vincolata. In quanto, lo si ripete, i tipi di opere abusive in area vincolata integranti reati ex art. 44 lett. c) DPR 380/01 si sottraggono alla previsione di cui all’art. 181 comma 1 ter citato e appresso riportato, in ordine ad eventuali nulla osta sopravvenuti.   
Vanno poi formulate talune precisazioni circa la ratio e il conseguente ambito di operatività dei casi eccezionali di rilascio postumo di autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell'art. 181 comma 1 ter del Dlgs. 42/04, secondo il quale "ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 167, qualora l'autorità amministrativa competente accerti la compatibilità paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma 1 non si applica:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3   del  decreto  del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.
Deve specificarsi, con particolare riferimento ai caso concreto e quindi al tema della sussistenza o meno, a fronte di un manufatto di 35 mq. e di una tettoia di 16 mq., di superfici utili ex art. 181 comma 1 ter citato, lett. a), che tra gli interventi che il legislatore non consente di qualificare neppure ex post - cioè alla luce della concreta valutazione del loro effettivo impatto - come compatibili con l'ambiente, è inclusa la creazione di "superfici utili". Se è vero che il legislatore non fornisce, contestualmente, una definizione del concetto di "superfici utili" in modo espresso, questa Suprema Corte ha precisato (cfr. in motivazione Sez. 3, n. 44189 del 19/09/2013 Rv. 257527 - 01) che alla luce della ratio normativa di preservazione dello status quo ambientale e mediante, altresì, una logica contestualizzazione - in quanto ogni concetto giuridico è pragmaticamente relativo al contesto in cui opera -, il suo significato è agevolmente identificabile in una immutazione stabile dell'assetto territoriale, attuata a discapito della vincolata conformazione originaria, dalla quale nettamente prescinde, non integrandone alcuna specie di manutenzione. Cosicchè, la nozione di superficie utile, va "individuata, in mancanza di specifica definizione, con riferimento alla finalità della disposizione che la contempla e, per quanto riguarda la disciplina paesaggistica, (va individuata ndr) ... considerando l'impatto dell'intervento sull'originario assetto paesaggistico del territorio" tale da "determinare una compromissione  ambientale" (cfr. Cass. sez. 3, 29 novembre 2011-13 gennaio 2012 n. 889). Nè occorre, peraltro, accertare che la "superficie utile" realizzata, per essere qualificabile come tale, debba inferire un concreto pregiudizio all'assetto territoriale in cui viene inserita, poiché il concetto deve essere rapportato alla natura del reato di cui circoscrive la sanatoria postuma, e il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1, è un reato di pericolo (Cass. sez. 3, 20 ottobre 2009-22 gennaio 2010 n. 2903; Cass. sez. 6, 3 aprile 2006 n. 19733).
I rilievi da ultimo esposti, in uno con la già rilevata assenza di una spontanea demolizione di opere abusive secondo legge (art. 181 cit.), evidenziano, da una parte, che a rigore non sussiste alcun tipo di sanatoria neppure dei reati paesaggistici consumati attraverso i due manufatti di 35mq. e 16 mq. prima citati, come tale erroneamente ritenuta esistente dal giudice ; dall'altra, che il giudizio di compatibilità paesaggistica espresso dall'organo comunale rispetto a tali ultimi due manufatti, appare in netto contrasto con i requisiti tecnico normativi prima specificati, così da potere integrare a buon diritto un ipotesi di falsità, nel quadro di una illegittimo esercizio del potere di discrezionalità tecnica degli organi comunali. 

    3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la sentenza impugnata debba essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Perugia in diversa persona fisica. 

P.Q.M.

annulla la sentenza con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Perugia in diversa persona fisica. 


Così deciso in Roma, il 15 maggio 2025.