La Riforma Madia e il silenzio assenso in materia di tutela del patrimonio culturale (tempestivamente all’indomani dell’approvazione del piano paesaggistico della Toscana)
di Massimo GRISANTI
Il 28 agosto 2015 entrerà in vigore la legge 7 agosto 2015, n. 124 (pubblicata in G.U. n. 187 del 13/8/2015) intitolata “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, già meglio nota come <Riforma Madia>.
Suscitano interesse le disposizioni racchiuse nell’art. 3 che introducono il nuovo art. 17-bis alla legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo:
Art. 17-bis
(Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici)
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Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente. Il termine è interrotto qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso. In tal caso, l'assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.
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Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.
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Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche. In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente. Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.
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Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi.
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Da più parti si sono levate voci denuncianti la portata devastante di tali disposizioni in materia di tutela paesaggistica, temendo che siano idonee a porre nel nulla i valori costituzionali nel procedimento di autorizzazione ex art. 146 del Codice.
A sommesso avviso dello scrivente, le nuove norme non hanno niente di pericoloso, bensì, come sovente accade, è la loro applicazione ad esserla.
Aventi come destinatarie i centri di amministrazione attiva, le nuove disposizioni si applicano non solo ai provvedimenti semplicemente amministrativi, ma anche a quelli di carattere normativo, come gli strumenti di pianificazione urbanistica, ma, ovviamente, limitatamente ai piani attuativi di strumenti generali.
Infatti, non bisogna dimenticare che ai sensi dell’art. 1 della legge n. 241/1990 l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge, in primis dalla Costituzione che impone allo Stato la tutela del patrimonio culturale.
Pertanto, è evidente che – anche allo scopo di non sottrarre, del tutto inammissibilmente, le valutazioni discrezionali amministrative al sindacato del Giudice – il presupposto per l’applicazione del neo art. 17-bis al procedimento di autorizzazione paesaggistica è costituito dall’esistenza di una cornice, validamente approvata ex art. 28 RD 1357/1940 nell’ambito di formazione del piano regolatore generale, di criteri di utilizzazione del patrimonio culturale, obbligatoriamente da rispettare, che costituisce il livello minimo essenziale della tutela paesaggistica.
Si ritiene che il parere vincolante del soprintendente ex art. 146 D.Lgs. n. 42/2004 non sia un atto di amministrazione attiva sul mero progetto edilizio (come ha affermato TAR Campania, SA, 9/7/2015, n. 1565), bensì, ai sensi dell’art. 5, co. 6, del Codice, ha una valenza di “governo del territorio in chiave paesaggistica” in attesa che gli strumenti urbanistici generali comunali si conformino ai piani paesaggistici ex art. 143 e 145 e alla specifica disciplina ex artt. 140 e 141-bis del Codice.
Tanto è vero che le disposizioni dell’art. 146 del Codice inerenti il parere vincolante del soprintendente:
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sono entrate in vigore ex art. 159 solamente alla scadenza del termine, più volte prorogato, assegnato alle regioni per adeguare i loro piani paesaggistici ai contenuti dell’art. 143 (v. art. 156);
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cessano di avere efficacia all’esito dell’adeguamento degli strumenti urbanistici alla pianificazione paesaggistica e alla specifica disciplina ex artt. 140 e 141-bis, di talché il parere trasmuta in azione consultiva propria.
Pertanto, se il parere del soprintendente trasmuta da vincolante a meramente obbligatorio (come ordinariamente lo sono tutti gli atti consultivi e, quindi, disattendibile previo idonea motivazione da parte dell’amministrazione procedente) solo all’indomani della formazione della disciplina di valorizzazione e di conservazione del patrimonio culturale, ne sovviene che non ha fondamento il ragionamento che porta ad ancorare il parere vincolante ad una co-decisione di merito del progetto edilizio.
In realtà, il parere vincolante del soprintendente, essenzialmente nei comuni ove gli strumenti urbanistici generali sono stati “approvati” senza l’intesa e il nulla osta ministeriale ex art. 28 RD n. 1357/1940, ha natura di micro-pianificazione paesaggistica e di atto integrativo dell’efficacia dei piani regolatori (assumendo, finanche, caratteri di sanatoria della pianificazione comunale).
In conclusione, si ritiene che le disposizioni del nuovo art. 17-bis della legge n. 241/1990 siano inapplicabili ai casi in cui si operi in Comuni privi di strumenti urbanistici generali approvati ai sensi dell’art. 28 del R.D. 1357/1940, in quanto è inesistente il presupposto della condivisa (tra Stato, Regione e Comune) cornice generale dei criteri di utilizzazione dei beni paesaggistici.
Un elemento essenziale (tale cornice) per non cadere nella tutela episodica dei beni paesaggistici, la cui assenza rende impossibile il sindacato sul silenzio assenso, atteso che, in tal caso, il Giudice non avrebbe il metro di raffronto per l’accertamento della rispondenza del progetto edilizio agli atti generali di pianificazione territoriale aventi valenza paesaggistica di cui ne costituirebbe attuazione e, di conseguenza, per statuire la corretta formazione della ficto iuris provvedimentale.
Senza contare, infine, che l’applicazione del silenzio assenso al parere vincolante del soprintendente finirebbe per costituire – nei casi in cui le regioni si siano dotate del piano paesaggistico – un parcellizzato e atipico, e perciò inammissibile, accertamento di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al PPR a parziale implicita (e nuovamente inammissibile, trattandosi di norma di grande riforma economico sociale) modifica dell’art. 145 del Codice del patrimonio culturale che, così, non sarebbe più ostativo – nei fatti e con la complicità di soprintendenti allineati ai potenti politici di turno – per la realizzazione di opere costituenti attuazione di previsioni urbanistiche contrastanti con i PPR.
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Scritto il 23/08/2015