La valutazione d’incidenza ex art. 5 del D.P.R. 357/1997 come parere obbligatorio, preventivo e vincolante.
di Fulvio Albanese
1. La direttiva 92/43/CEE e le pronunce della Corte di Giustizia. – 1.1 Valutazione d’incidenza: esclusione del prelievo di acqua, e dei piani regolatori. – 1.2 Valutazione d’incidenza di piani e progetti realizzati all’esterno dei siti Natura 2000. - 1.3 Valutazione d’incidenza ed effetto cumulativo dei progetti singolarmente esclusi. – 2. Il D.P.R. 357/1997 e la giurisprudenza amministrativa. - 3. Valutazione d’incidenza e nulla osta ex art. 13 L. 394/1991. - 4. Conclusioni.
1. La direttiva 92/43/CEE e le pronunce della Corte di Giustizia.
La direttiva 92/43/CEE (nota come direttiva habitat), ha come finalità principale la tutela della biodiversità presente nel territorio della Comunità Europea. A tale scopo è stata prevista la realizzazione della Rete Natura 2000, costituita da Zone Speciali di Conservazione (ZSC) previste dalla stessa direttiva, e da Zone di Protezione Speciale (ZPS) istituite dalla direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici.
Nel nostro paese fanno parte di Rete Natura 2000 in attesa della definitiva designazione delle Zone Speciali di Conservazione: i proposti Siti di Interesse Comunitario, pSIC (individuati dalle regioni o dalle province autonome, e verificati dalla Commissione i pSIC entrano in elenco comunitario e diventano Siti di Importanza Comunitaria (SIC), entro sei anni dall’iscrizione lo stato membro istituisce la Zona di Protezione Speciale ZSC), le aree classificate come Siti di Importanza Comunitaria (SIC), e le Zone di Protezione Speciale (ZPS).
In tali siti devono essere applicate dagli stati membri specifiche misure di conservazione, necessarie al mantenimento o al ripristino degli habitat naturali e alla tutela delle specie per cui il sito è stato designato anche mediante la predisposizione di specifici piani di gestione.
La direttiva habitat prescrive tassativamente all’articolo 6 comma 3 “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo”.
La procedura di Valutazione di incidenza obbligatoria preventiva e come vedremo più avanti, vincolante, si può giustamente considerare un’applicazione diretta dell'articolo 174 del Trattato d’istituzione della Comunità Europea (oggi Unione Europea) che stabilisce come obiettivo essenziale da perseguire prioritariamente da tutti gli stati membri per la conservazione della biodiversità, la salvaguardia, la protezione e il miglioramento della qualità dell'ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali della flora e della fauna selvatiche.
Gli stati della Comunità entro due anni dalla notifica (articolo 23) avrebbero dovuto adottare disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative per conformarsi alle disposizioni della direttiva, senza travisarne il contenuto finalizzato, come già detto di azioni mirate alla conservazione della biodiversità.
La Commissione europea organo esecutivo dell'Unione Europea nonché responsabile dell'attuazione degli atti legislativi dell’Unione ha lavorato non poco per garantire il corretto recepimento della direttiva in parola, arrivando più volte a deferire alcuni stati inadempienti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Questo sistematico impegno della Corte (la cui funzione è garantire che la legislazione dell’UE sia interpretata e applicata in modo uniforme in tutti i paesi dell’Unione) oltre ad assicurare una fedele trasposizione della direttiva nell’ordinamento nazionale, ha fornito con le sentenze emesse, elementi utili per la corretta applicazione della stessa.
Vediamo alcuni importanti pronunciamenti attinenti il presente lavoro.
Inizierei dalla causa C-324/01 del 5 dicembre 2002, Commissione delle Comunità europee contro il Regno del Belgio, perché chiarisce come deve essere recepita una direttiva, nel caso specifico la 92/43/CEE: “A tale riguardo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, ciascuno degli Stati membri destinatari di una direttiva ha l'obbligo di adottare, nell'ambito del proprio ordinamento giuridico nazionale, tutti i provvedimenti necessari a garantire la piena efficacia della direttiva, conformemente allo scopo che essa persegue (v., in particolare, sentenze 17 giugno 1999, causa C-336/97, Commissione/Italia, Racc. pag. I-3771, punto 19; 8 marzo 2001, causa C-97/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I-2053, punto 9, e 7 maggio 2002, causa C-478/99, Commissione/Svezia, Racc. pag. I-4147, punto 15)”.
Per il presente lavoro è fondamentale la sentenza del 7 settembre 2004 causa C-127/02, domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell'art. 234 CE («Direttiva 92/43/CEE — Conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche — Nozioni di “piano” o di “progetto” — Valutazione dell'incidenza di taluni piani o progetti sul sito protetto»).
Sul punto la Corte di Lussemburgo statuisce: (…) “l'art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva 91/43, deve essere interpretato nel senso che qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito forma oggetto di un'opportuna valutazione delle sue incidenze sul medesimo con riferimento agli obiettivi di conservazione di tale sito, quando non possa essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che esso, da solo o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudica significativamente il detto sito.
Ai sensi dell'art. 6, n. 3, prima frase, della direttiva 92/43, quando un piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione di un sito rischia di compromettere gli obiettivi di conservazione dello stesso, esso deve essere considerato idoneo a pregiudicare significativamente tale sito. La valutazione del detto rischio deve essere effettuata in particolare alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da un tale piano o progetto.
Ai sensi dell'art. 6, n. 3, della direttiva 92/43, un'opportuna valutazione delle incidenze sul sito interessato del piano o progetto implica che, prima dell'approvazione di questo, devono essere identificati, tenuto conto delle migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano o progetto che possono, da soli o in combinazione con altri piani o progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione di tale sito. Le autorità nazionali competenti, tenuto conto dell'opportuna valutazione delle incidenze dell’attività da svolgere sul sito interessato con riferimento agli obiettivi di conservazione di quest'ultimo, autorizzano questa attività solo a condizione di aver acquisito la certezza che essa sia priva di effetti pregiudizievoli per l'integrità del detto sito. Ciò avviene quando non sussista alcun dubbio ragionevole da un punto di vista scientifico quanto all'assenza di tali effetti”.
Il recepimento della direttiva habitat nel nostro paese non è stato immediato e corretto, infatti con atto depositato nella cancelleria della Corte il 17 aprile 2002, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare la Repubblica italiana non adempiente, avendo adottato una normativa, il D.P.R. 357/1997 relativo alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, che esclude dall'ambito di applicazione delle norme relative alla valutazione dell'incidenza sull'ambiente i progetti suscettibili di avere significative incidenze sui siti di importanza comunitaria diversi da quelli elencati nella normativa italiana di recepimento delle direttive sulla valutazione di impatto ambientale. Inoltre la norma non prevede per le zone di protezione speciale l'obbligo di adottare opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, e non contiene misure di conservazione di cui all'art. 6, n. 2, di tale direttiva per i siti di cui all'art. 5, n. 1, della medesima direttiva. La Corte di Giustizia con la sentenza C-143/02 del 20 marzo 2003 condanna l’Italia per attuazione incompleta.
Per superare la condanna viene approvato il D.P.R. 12 marzo 2003 n. 120, che integra e modifica il D.P.R. 357/1997. Nelle modifiche apportate il nostro paese sottopone a preventiva Valutazione di incidenza tutti i piani, i progetti e gli interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nelle zone speciali di conservazione, nei siti di importanza comunitaria e nei proposti siti di importanza comunitaria.
Veniamo adesso all’oggetto del presente lavoro ovvero l’obbligo di sottoporre preventivamente alla procedura di valutazione d’incidenza qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito medesimo, articolo 6 comma 3 della direttiva.
Su questo specifico e fondamentale vincolo c’è stata da parte di alcuni stati membri una manifesta ostilità esplicitata con il tentativo di non inserire nella norma nazionale di riferimento l’obbligo di Valutazione di incidenza per alcune tipologie di piano o progetti. Al punto che la Commissione è stata costretta ad intervenire ripetutamente fino a deferire gli stati inadempienti dinanzi alla Corte di Giustizia.
Come abbiamo visto la Corte il 20 marzo 2003 ha censurato l’Italia per incompleto recepimento (causa C-143/02), e nella sentenza si statuisce un concetto di fondamentale importanza: “(…) L'art. 6, n. 3, della direttiva habitat non permette di escludere dal suo campo di applicazione progetti non direttamente connessi e necessari alla gestione del sito, qualora essi possano avere incidenze significative su tale sito. L'art. 7 della stessa direttiva prevede segnatamente che l'art. 6, n. 2, di quest'ultima si applichi alle zone di protezione speciale designate ai sensi della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1). L'art 5 della direttiva habitat dispone a sua volta che, durante il periodo di concertazione bilaterale tra lo Stato membro e la Commissione e in attesa di una decisione del Consiglio, il sito di cui si tratta deve essere sottoposto al regime di protezione previsto all'art. 6, n. 2, della direttiva stessa”.
1.1 Valutazione d’incidenza: esclusione del prelievo di acqua e dei piani regolatori.
Il tentativo del Regno Unito e dell’Irlanda del Nord di sottrarre alla valutazione d’incidenza i piani ed i progetti di prelievo di acqua e i piani regolatori, è stato condannato dalla Corte di Giustizia, il 20 ottobre 2005 Causa C‑6/04 (Commissione delle Comunità europee contro Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Inadempimento, Direttiva 92/43/CEE Conservazione degli habitat naturali e seminaturali Fauna e Flora selvatiche).
Secondo la Commissione, nessuna disposizione di diritto interno del Regno Unito prevede che le autorizzazioni al prelievo di acqua rilasciate in applicazione del capitolo II, sezione II, della legge del 1991 sulle risorse idriche (Water Resources Act 1991) debbano rispettare l’obbligo, stabilito dall’art. 6, n. 3, della direttiva habitat, di tener conto delle incidenze significative che il prelievo di acqua può produrre sui siti appartenenti ad una ZSC. Siffatte disposizioni mancherebbero anche per quanto riguarda l’Irlanda del Nord e Gibilterra. I prelievi di acqua idonei ad incidere significativamente sulle ZSC non sarebbero quindi né totalmente inclusi, né correttamente disciplinati dalle misure di recepimento vigenti nel Regno Unito.
La Commissione sostiene inoltre che la normativa vigente nel Regno Unito non impone chiaramente l’obbligo di assoggettare i piani regolatori ad un’adeguata valutazione della loro incidenza sulle ZSC, in conformità all’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat.
Il Regno Unito nella causa in esame ammette che i piani regolatori possono essere considerati piani e progetti ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat, ma contesta che essi possano produrre un effetto significativo sui siti tutelati in virtù della medesima. Esso sostiene che i detti piani non consentono, di per sé, la realizzazione di un programma determinato e che, di conseguenza, solo una successiva autorizzazione potrebbe danneggiare siffatti siti. Ad avviso dello Stato membro, è sufficiente assoggettare solo tale autorizzazione alla procedura prevista per i piani ed i progetti. A questo riguardo occorre ricordare che la Corte ha già statuito che l’art. 6, n. 3, della direttiva habitat subordina il requisito di un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste poiché non può essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che il detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito (v., in questo senso, sentenza 7 settembre 2004, causa C-127/02, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, Racc. pag. I-7405, punti 43 e 44).
1.2 Valutazione d’incidenza piani e progetti realizzati all’esterno dei siti Natura 2000.
Altro problema importante e ripetutamente affrontato nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo riguarda l’assoggettamento alla procedura di valutazione d’incidenza di piani e progetti realizzati all’esterno dei siti di Rete Natura 2000. Tale problematica viene ampiamente chiarita nella sentenza 10 gennaio 2006 causa C‑98/03 (Inadempimento di uno Stato - Direttiva 92/43/CEE - Conservazione degli habitat naturali - Flora e fauna selvatiche - Valutazione dell’incidenza di taluni progetti sul sito protetto - Tutela delle specie): “La Commissione contesta alla Repubblica federale di Germania la trasposizione incompleta nel suo diritto nazionale dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva nei limiti in cui la definizione di «progetto» è applicabile ai progetti realizzati all’esterno delle ZSC è troppo restrittiva ed esclude dall’obbligo di valutazione dell’incidenza taluni interventi ed altre attività potenzialmente nocivi per i siti protetti.
Sul punto la Corte ha gia dichiarato che l’obbligo di un’opportuna valutazione dell’impatto di un piano o di un progetto è subordinato alla condizione che sussista una probabilità o un rischio che esso incida significativamente sul sito interessato. Orbene, tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste poiché non si può escludere, sulla base di elementi obiettivi, che il suddetto piano o progetto incida significativamente sul sito interessato (v. sentenza 20 ottobre 2005, causa C‑6/04, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑9017, punto 54).
La Commissione fa valere che la norma nazionale tedesca non traspone correttamente l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva nei limiti in cui l’autorizzazione degli impianti fonte di emissioni va esclusa soltanto quando ci si deve attendere a che queste ultime tocchino direttamente una ZSC situata nella stessa zona dove tali impianti vengono gestiti. Ne deriverebbe che gli effetti nocivi provocati all’esterno di una zona siffatta non sarebbero, viceversa, presi in considerazione in violazione delle suddette disposizioni della direttiva.
Occorre inoltre rilevare che, nei limiti in cui, l’autorizzazione degli impianti fonte di emissioni viene esclusa solo qualora risulti che le stesse possono incidere in modo particolare su un sito protetto ubicato nella loro zona di influenza, quegli impianti le cui emissioni toccano un sito protetto ubicato all’esterno di una zona siffatta possono essere autorizzate senza prendere in considerazione gli effetti di tali emissioni sul sito medesimo.
Va al riguardo constatato che il sistema istituito dalla normativa tedesca, nella parte in cui ha per oggetto le emissioni all’interno di una zona di influenza come definita in circolari tecniche in funzione, segnatamente, di criteri generali legati agli impianti, non risulta tale da garantire il rispetto dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva.
Orbene, in assenza di criteri scientificamente provati, che il governo tedesco non ha menzionato e che permetterebbero di escludere a priori che le emissioni toccanti un sito protetto ubicato all’esterno della zona di influenza dell’impianto interessato possono avere un’incidenza significativa su tale sito, il sistema posto in essere dal diritto nazionale nel settore in questione non è comunque idoneo a garantire che i progetti o piani relativi ad impianti fonte di emissioni che incidono su siti protetti all’esterno della zona di influenza delle medesime non lederanno l’integrità dei siti interessati, ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva. Va quindi constatato che l’art. 6, n. 3, della direttiva non è stato correttamente trasposto.
1.3 Valutazione d’incidenza ed effetto cumulativo dei progetti singolarmente esclusi.
Nella sentenza del 13 dicembre 2007 causa C‑418/04 avente ad oggetto il ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto dalla Commissione contro l’Irlanda, viene affrontata la problematica relativa all’effetto cumulativo dei progetti, che sottratti singolarmente dalla procedura di valutazione d’incidenza, se considerati complessivamente possono avere un impatto significativo sui siti della Rete Natura 2000.
Preliminarmente la Corte ribadisce che l’accuratezza della trasposizione della direttiva nell’ordinamento nazionale, è particolarmente importante a proposito della direttiva uccelli, in quanto la gestione del patrimonio comune è affidata, per il loro territorio, ai rispettivi Stati membri (v. sentenze 8 luglio 1987, causa 262/85, Commissione/Italia, Racc. pag. 3073, punto 9, e 7 dicembre 2000, causa C‑38/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑10941, punto 53).
Quanto al recepimento e all’applicazione dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat la Commissione fa valere che l’Irlanda non ha correttamente trasposto né applicato l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat, infatti la normativa interna non contiene disposizioni volte a garantire che i piani, a differenza di taluni progetti, siano valutati conformemente all’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat.. La Commissione ritiene inoltre che l’Irlanda non controlli sistematicamente che i piani ed i progetti suscettibili di incidere in modo significativo sulle ZPS, individualmente o congiuntamente con altri piani e progetti, siano assoggettati ad un’adeguata previa valutazione, come statuito dalla giurisprudenza: la mancata presa in considerazione dell’effetto cumulativo dei progetti comporta in pratica che la totalità dei progetti d’un certo tipo può venire sottratta all’obbligo di valutazione mentre, presi insieme, tali progetti possono avere un notevole impatto ambientale (v., per analogia, sentenza 21 settembre 1999, causa C‑392/96, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑5901, punto 76).
2. Il D.P.R. 357/1997 e la giurisprudenza amministrativa.
La valutazione d’incidenza nel nostro paese è disciplinata dall’art. 5 del D.P.R. 357/1997 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, come modificato dal Decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n.120 “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, concernente attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche”.
Analizziamo nel dettaglio l’articolo 5 del DPR 357/1997: il primo comma obbliga gli enti nella loro funzione di programmazione e pianificazione a considerare complessivamente il territorio con le peculiarità e le valenze ambientali da conservare e/o ripristinare dei siti di Rete Natura 2000:
1. “Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione”.
Sul punto statuisce il T.A.R. Toscana sez. II del 25 maggio 2009 n. 888: “ L’ambito oggettivo di applicazione del D.P.R. n. 357/97 (come modificato dal D.P.R. 120/03), recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, è costituito dai c.d. siti di importanza comunitaria (SIC), vale a dire quei siti che, secondo la definizione datane dallo stesso D.P.R., nella o nelle regioni biogeografiche cui appartengono contribuiscono in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di “habitat” naturale o di una specie in uno stato di conservazione soddisfacente e che possono, inoltre, contribuire in modo significativo alla coerenza della rete ecologica europea denominata "Natura 2000"; nonché dai c.d. “proposti SIC” (pSIC), siti individuati dalle regioni e province autonome, trasmessi dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio alla Commissione europea, ma non ancora inseriti negli elenchi definitivi dei siti selezionati dalla Commissione europea, e dalle zone speciali di conservazione (ZSC), siti di importanza comunitaria designati in base all'articolo 3 co. 2 del regolamento sopra citato, in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato”. (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, del 11 giugno 2004, n. 5840; T.A.R. Calabria, sez. I, del 1 ottobre 2007, n. 1420).
Il successivo comma 2 vincola all’espletamento della procedura di valutazione d’incidenza tutti i piani e loro varianti al fine di prevenire effetti che possono compromettere l’integrità e la conservazione del sito Natura 2000, (tali piani sono inoltre sottoposti alla procedura di VAS Valutazione ambientale Strategica ai sensi dell’art. 6 comma 2 lettera b) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”):
2. “I proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico-venatori e le loro varianti, predispongono, secondo i contenuti di cui all'allegato G, uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano puo' avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle province autonome competenti”.
Il Tar Calabria sez. I°, con la sentenza n. 1420 del 1 ottobre 2007 ribadisce l’assoluta necessità della valutazione d’incidenza: “La giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europea, sulla scorta di quanto previsto dalla direttiva 92/43, sottolinea che deve essere sottoposto a valutazione d’incidenza qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito, ma che possa avere incidenze significative sullo stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso. La stessa giurisprudenza precisa, in proposito, che requisito di base della valutazione è che il piano o progetto sia idoneo a pregiudicare significativamente il sito interessato e che, in considerazione del principio di precauzione, tale pregiudizio sussiste in tutti i casi in cui non può essere escluso, sulla base di elementi obiettivi, che il suddetto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato (Corte di Giustizia CE, Sez. II, 10 gennaio 2006 n. 98; id., 29 gennaio 2004 n. 209). Su posizioni analoghe si è attestata la giurisprudenza nazionale, che, pur affermando che anche la semplice probabilità di un pregiudizio per l’integrità e la conservazione del sito è sufficiente a far concludere in senso negativo la valutazione di incidenza, ha, comunque, rilevato che le incidenze sul sito, per essere giuridicamente rilevanti, devono essere significative (cfr. ex multis: Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 luglio 2005 n. 3917;- Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 maggio 2006 n. 5328)”.
Il comma 3 sottopone alla valutazione d’incidenza qualsiasi intervento da realizzare che non sia di gestione conservativa del sito di Natura 2000, anche se non ricompresso nel sito stesso, ma sia localizzato in un’area relativamente prossima al sito stesso:
3. “I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell'allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi”.
Il T.A.R. Veneto sez. III° con la sentenza del 18 dicembre 2007 n. 4027, puntualizza: “Il vigente art. 5 del d.P.R. 357/97 stabilisce al III° comma, che i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell’allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul sito.
La norma chiaramente non pone alcun limite particolare, oltre al fatto che l’incidenza deve essere “significativa”: non è cioè affatto richiesto che l’intervento in questione sia inscritto nel sito, e non possa essere invece semplicemente destinato ad un’area relativamente prossima a quello, considerato anche il suo contenuto. D’altro canto, la richiesta di uno studio d’incidenza ha, per l’appunto, la finalità di stabilire se l’intervento abbia in concreto un effetto significativo, ed eventualmente quale: non se ne presuppone invece ex ante l’esistenza. (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, sentenza del 2 aprile 2009, n. 785)”.
Il comma 4 prevede un’unica procedura nel caso sia necessaria anche la valutazione di impatto ambientale (VIA); nel caso specifico, è comunque indispensabile valutare gli effetti diretti e indiretti dell’intervento nel sito Natura 2000 ovvero in un area relativamente prossima al sito stesso:
4. “Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 7 settembre 1996, e successive modificazioni ed integrazioni, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza e' ricompressa nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilita' del progetto con le finalita' conservative previste dal presente regolamento, facendo riferimento agli indirizzi di cui all'allegato G”.
Il Consiglio di Stato sez. VI, con la Decisione n.6832 del 11 luglio 2006 ribadisce l’assoluta necessità di valutare l’impatto dell’intervento con le misure di conservazione del sito Natura 2000: “Come già rilevato dalla Sezione in altre occasioni, per i progetti da assoggettare a procedura di valutazione di impatto ambientale, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, la valutazione di incidenza è ricompresa nell'ambito della predetta procedura di V.I.A., che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati (cfr. Cons. Stato, VI, n. 1102/2005)”.
I commi 5, 6, e 7, riguardano aspetti procedurali che fissano, anche con l’intervento della regione ovvero degli enti locali se subdelegati, le modalità di presentazione della valutazione d’incidenza, di partecipazione del pubblico, e di coinvolgimento degli enti parco:
5. “Ai fini della valutazione di incidenza dei piani e degli interventi di cui ai commi da 1 a 4, le regioni e le province autonome, per quanto di propria competenza, definiscono le modalita' di presentazione dei relativi studi, individuano le autorita' competenti alla verifica degli stessi, da effettuarsi secondo gli indirizzi di cui all'allegato G, i tempi per l'effettuazione della medesima verifica, nonche' le modalita' di partecipazione alle procedure nel caso di piani interregionali”.
6. “Fino alla individuazione dei tempi per l'effettuazione della verifica di cui al comma 5, le autorita' di cui ai commi 2 e 5 effettuano la verifica stessa entro sessanta giorni dal ricevimento dello studio di cui ai commi 2, 3 e 4 e possono chiedere una sola volta integrazioni dello stesso ovvero possono indicare prescrizioni alle quali il proponente deve attenersi. Nel caso in cui le predette autorita' chiedano integrazioni dello studio, il termine per la valutazione di incidenza decorre nuovamente dalla data in cui le integrazioni pervengono alle autorita' medesime”.
7. “La valutazione di incidenza di piani o di interventi che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione ricadenti, interamente o parzialmente, in un'area naturale protetta nazionale, come definita dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e' effettuata sentito l'ente di gestione dell'area stessa”.
Il comma 8 è molto importante perché stabilisce che la Valutazione di incidenza è un parere preventivo e pertanto deve essere acquisito, dal soggetto proponente, prima dell’approvazione del piano, ovvero prima dell’autorizzazione alla realizzazione di progetti o interventi:
8. “L'autorita' competente al rilascio dell'approvazione definitiva del piano o dell'intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalita' di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi”.
Il comma 9 considera il caso in cui, nonostante sia stata valutata l'incidenza negativa sul sito, l’intervento si debba fare per motivi di rilevante interesse pubblico:
9. “Qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l'intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete "Natura 2000" e ne danno comunicazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per le finalita' di cui all'articolo 13”.
Il T.A.R. Sardegna, sez. II, con la sentenza del 9 giugno 2009, n. 921, conferma la fattibilità di esprimere parere di valutazione di incidenza negativo, e la conseguente impossibilità di realizzazione dell’intervento, a meno che sia considerato di rilevante interesse pubblico: “La disposizione di cui all’art. 5 comma 9 del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 è univoco nell’ammettere la possibilità che il procedimento di valutazione dell’incidenza si concluda in senso negativo per il proponente, con un’unica eccezione nel caso che “il piano o l'intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica”: solo in quest’ultima evenienza, il legislatore prevede che il procedimento debba comunque terminare con l’autorizzazione dell’intervento proposto. Tale conclusione trova conferma in un prevalente orientamento della giurisprudenza, secondo cui il giudizio di incidenza ambientale ben può avere esito negativo, laddove l’Amministrazione ritenga, sulla base degli elementi in suo possesso, che nessuna misura di mitigazione sia oggettivamente in grado di attenuare in modo soddisfacente le criticità accertate (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 luglio 2005, n. 3917; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 1 ottobre 2007, n. 1420)”.
Il comma 10 contempla il caso in cui sia stata valutata l'incidenza negativa, nel sito sia presente un tipo di habitat prioritario, o una o più specie prioritarie. In questa circostanza l’intervento può essere realizzato esclusivamente se destinato alla tutela della la salute dell’uomo, alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza ambientale:
10. “Qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari, il piano o l'intervento di cui sia stata valutata l'incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, puo' essere realizzato soltanto con riferimento ad esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l'ambiente, ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”.
Il T.A.R del Trentino-Alto Adige, sez. Autonoma Bolzano, 8 Giugno 2006, con la sentenza n. 254, si è recentemente espresso in tal senso: “Un progetto può essere approvato nonostante il parere sull’incidenza negativa solamente quando non esistono soluzioni alternative e quando deve essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi i motivi di natura sociale o economica. Se poi, nel sito si trovano un tipo di Habitat prioritario naturale o una specie prioritaria possono essere adottate soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente”.
3. Valutazione d’incidenza e nulla-osta ex art. 13 L. 394 del 1991.
Molto spesso i confini di aree appartenenti a Natura 2000 coincidono in tutto o in parte con quelli di aree protette istituite ai sensi della Legge 6 dicembre 1991 n.394 “Legge quadro sulle aree protette”; per realizzare un piano, un progetto o un intervento si deve quindi preventivamente acquisire sia il nulla osta del parco che il parere di valutazione di incidenza. E’ importante ricordare che le aree di Natura 2000 (ZPS e ZSC) sono aree protette ai sensi della Delibera 2 dicembre 1996 del Comitato per le aree naturali protette (art. 2 e 3 della L. 394/1991), modificata dalla Delibera 26 marzo 2008 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, che ha introdotto per le stesse il regime di protezione previsto dal D.P.R. 357/1997, dal decreto del Ministero dell'Ambiente 17 marzo 2007 e dei relativi provvedimenti regionali di recepimento ed attuazione, e dalle linee guida del 3 dicembre 2002 per la gestione dei siti Natura 2000 del Ministero dell’Ambiente.
Cercheremo ora di stabilire qual è l’ordine cronologico e gerarchico tra questi due istituti finalizzati alla tutela degli habitat, delle specie, del patrimonio naturale e della biodiversità presente nelle aree protette.
Il parco in sede di rilascio del nulla osta ex art. 13 della L. 394/1991 verifica la compatibilità di un intervento proposto al piano e al regolamento se approvati, ovvero alle misure di salvaguardia stabilite nella legge d’istituzione dell’area protetta. In altre parole il nulla osta deve garantire che l’intervento da realizzare nell’area protetta non pregiudichi il patrimonio ambientale del paese (“La tutela dell'ambiente, preordinata alla salvaguardia dell'habitat nel quale l'uomo vive, è imposta da precetti costituzionali ed assurge a valore primario ed assoluto quale espressione della personalità individuale e sociale”, cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 21 settembre 2006, n. 5552, - Consiglio Stato , sez. VI, 12 febbraio 2008, n. 1109), come prescritto dall’articolo 1 della L. 394/1991: la presente legge in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali, detta principi fondamentali per l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese.
Il nulla osta del parco ex art. 13 L. 394/1991 pertanto si può considerare il punto terminale di contatto tra esigenze superiori di protezione naturalistica-ambientale e attività economiche e sociali (Di Plinio), e possiede caratteristiche di assenso procedimentale necessario (Giannini) obbligatorio e vincolante (Di Plinio, Fonderico).
In sintesi il parco rilascia il nulla osta come provvedimento finale e omnicomprensivo.
La valutazione di incidenza verifica che un piano, un progetto o un intervento non direttamente connesso e necessario alla gestione di un sito di Natura 2000 non pregiudichi l’integrità del sito stesso, in applicazione del principio di precauzione (Summit della Terra, Rio de Janeiro giugno 1992). La valutazione di incidenza dunque, si può ritenere uno strumento essenziale dell’acquis comunitario inteso come insieme dei diritti e degli obblighi giuridici che accomunano e vincolano gli stati membri dell'Unione Europea in materia di tutela della biodiversità.
Quindi, il nulla osta del parco deve essere emanato a posteriori ed includere integralmente le prescrizioni del parere di valutazione di incidenza, e nel caso quest’ultima sia negativa, il nulla osta non può che essere negativo. Se così non fosse, ci troveremmo di fronte ad una violazione del primato del diritto comunitario, come argomenta la Corte di Giustizia, con la pronuncia 9 settembre 2003, n.198: “il principio del primato del diritto comunitario esige che sia disapplicata qualsiasi disposizione della legislazione nazionale in contrasto con una norma comunitaria, indipendentemente dal fatto che sia anteriore o posteriore a quest’ultima. Tale obbligo di disapplicazione incombe non solo al giudice nazionale, ma anche a tutti gli organi dello Stato, comprese le autorità amministrative, il che implica, ove necessario, l’obbligo di adottare tutti i provvedimenti necessari per agevolare la piena efficacia del diritto comunitario”. (Cfr. ex multis: Consiglio di Stato sez. IV, n. 579 del 2005; - Consiglio di Stato sez. VI, del 20 gennaio 2009, n. 249; - Consiglio di Stato, n. 1125 del 25 febbraio 2009; - Consiglio di Stato, n. 5271 del 31 ottobre 2005, - Consiglio di Stato, n. 7884 del 27 dicembre 2006, - Consiglio di Stato, n. 1054 del 23 febbraio 2009).
Sul punto possiamo trovare conforto dalla sentenza del Tar Lazio, Roma sez. II del 10 maggio 2006, n. 9192 che censura un nulla osta dell’ente parco rilasciato favorevolmente senza aver prima effettuato una istruttoria comprensiva della valutazione d’incidenza: “(…) Ne consegue non solo, che l’Ente parco aveva l’obbligo di pronunciarsi (così come ha fatto) già sul progetto di massima proposto dal Comune per realizzare (completare) impianti sciistici in area protetta, ma, anche, che ai fini del predetto nullaosta il medesimo Ente parco non poteva prescindere, ai sensi degli artt. 9 e 97 della Costituzione, da un’adeguata istruttoria degli interessi naturalistici coinvolti, istruttoria da effettuare in conformità alle prescrizioni dell’ordinamento comunitario e nazionale che prevedono, per tale fattispecie, l’effettuazione della valutazione di incidenza. (…)
Al riguardo, occorre ricordare la prevalenza delle disposizioni comunitarie della direttiva 92/43/CEE su ogni eventuale prescrizione nazionale difforme, che dovrebbe, pertanto, essere sottoposta in via incidentale al giudizio della Corte di Giustizia, ovvero dovrebbe essere direttamente disapplicata dall’Amministrazione e dal giudice nazionale, ove contrastante con prescrizioni dell’Unione europea immediatamente cogenti.
Tuttavia, per quanto d’interesse, in disparte ogni considerazione circa la compatibilità comunitaria della modifica regolamentare del D.P.R. n. 120/2003, che unifica la valutazione d’incidenza e la V.I.A. (che pur hanno discipline comunitarie specifiche), nella fattispecie in esame ciò che rileva è la sopra accertata violazione, da parte dell’Ente parco, dell’obbligo, direttamente imposto dalla normativa comunitaria e nazionale, di effettuare una istruttoria comprensiva della valutazione d’incidenza prima di pronunciarsi favorevolmente, in sede di nullaosta paesistico, su di un intervento programmato che incide su una zona di protezione speciale sottoposta alla sua tutela.”
4. Conclusioni:
1. Qualsiasi piano e sua variante, progetto, o attività da realizzare all’interno o in prossimità dei siti Natura 2000 non direttamente connessi e necessari alla sua gestione ma che possa avere incidenze significative su tali siti, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e attività, deve essere sottoposto a preventiva Valutazione d’incidenza, tenendo conto degli specifici obiettivi di conservazione dei siti medesimi. (cfr. ex multis Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenze cause: C‑392/96 del 21 settembre 1999; - C-324/01 del 5 dicembre 2002; - C-143/02 del 20 marzo 2003; - C-127/02 del 7settembre 2004; - C‑6/04, del 20 ottobre 2005; - C‑98/03 del 10 gennaio 2006: - C-209/04 del 26 marzo 2006; - C-239/04 del 26 settembre 2006; - C-179/06 del 4 settembre 2007; - C-304/05 del 20 settembre 2007; - C‑418/04 del 13 dicembre 2007); (cfr. ex multis: Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 luglio 2005 n. 3917;- Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 maggio 2006 n. 5328; Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 giugno 2006 n. 5333 - Consiglio di Stato, sez. VI, del 11 giugno 2004, n. 5840;- T.A.R. Calabria sez. I°, n. 1420 del 1 ottobre 2007; - T.A.R. Sardegna, sez .II, del 9 giugno 2009, n. 921; - T.A.R. Toscana sez. II del 25 maggio 2009 n. 888; - T.A.R. Veneto sez. III° del 18 dicembre 2007 n. 4027; - T.A.R. Friuli Venezia Giulia del 18 giugno 2004, n. 429; - T.A.R. Puglia, Bari sez. II del 28 agosto 2003 n. 3603).
2. In forza del principio di precauzione ex articolo 174, paragrafo 2, del Trattato istitutivo dell’Unione Europea, la semplice probabilità di un pregiudizio per l’integrità e la conservazione di un sito di Natura 2000 è sufficiente a far concludere in senso negativo la valutazione di incidenza. Rimane comunque da ricordare che eventuali incidenze negative sul sito devono essere significative. La sentenza della Corte di giustizia del 7 settembre 2004 (C-127/02) attribuisce esplicita valenza normativa al carattere significativo o meno dell’incidenza ambientale, identificato con il rischio di compromissione degli obiettivi di conservazione del sito, con ciò demandando alle autorità nazionali competenti la valutazione di questa soglia minima di incidenza e, al contempo, ai giudici nazionali il sindacato sul rispetto dei limiti alla discrezionalità imposti dalla direttiva in questione (cfr. ex multis: Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 giugno 2005 n. 3917; - Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 maggio 2006 n. 5328; - T.A.R. Calabria sez. I°, n. 1420 del 1 ottobre 2007; - T.A.R. Sardegna, sez .II, del 9 giugno 2009, n. 921).
3. Nel caso in cui il procedimento di valutazione dell’incidenza si concluda in senso negativo, il piano o sua variante, il progetto o l'intervento può essere realizzato unicamente per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica.
La giurisprudenza ha ritenuto di non rilevante interesse pubblico i seguenti progetti :
a) Realizzazione di cassa di colmata destinata a raccogliere il materiale scavato a seguito dei lavori di dragaggio nel porto di Monfalcone (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 5 maggio 2006 n. 5328).
b) Ampliamento di una struttura alberghiera, consistente in un nuovo fabbricato pari a circa mq. 600, con 700/800 presenze giornaliere, per un totale di 80.000 in tutto il periodo della stagione turistica, con impianto di fitodepurazione, camminamenti vari, pertinenze, e parcheggi (cfr. T.A.R. Sardegna, sez .II del 9 giugno 2009, n. 921).
c) Costruzione di una casa rurale da destinare a residenza agricola del conduttore del fondo, con conseguente sottrazione di territorio dall’habitat protetto per trasformazione e coltivazione agricola. (cfr. Tar Puglia Bari sez III del 28 novembre 2007 N. 152).
4. Nel caso in cui il procedimento di valutazione dell’incidenza si concluda in senso negativo, il piano o sua variante, il progetto o l'intervento può essere realizzato unicamente per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica. Se poi nel sito si trovano un tipo di Habitat prioritario naturale o una specie prioritaria, possono essere realizzati interventi connessi con la salute dell’uomo, la sicurezza pubblica o relativi a esigenze di primaria importanza per l’ambiente.
La giurisprudenza ha ritenuto non realizzabili i seguenti progetti:
a) Costruzione nel Comune di Saturno (Bolzano) di una strade forestale con le seguenti caratteristiche: primo tratto larghezza di 3,5 metri per una lunghezza di metri 1901, secondo tratto larghezza pari a metri 2,5 per altri 1105 metri, per ulteriori metri 998 di una larghezza di metri 2,50. Un’opera viaria con utilizzo di per sé alquanto ristretto dal punto di vista dei veicoli ammessi alla circolazione. L’impatto dei veicoli circolanti, verrebbero ulteriormente ridotte attraverso una apposita disciplina della circolazione stradale sulla nuova trattorabile, conforme agli obiettivi di conservazione ambientale del sito “Natura 2000”. (cfr. T.R.G.A. Sez. Autonoma Bolzano, 8 Giugno 2006, n. 254).
b) Realizzazione di uno spazio attrezzato destinato a giochi per bambini, interamente costituito da attrezzature di agevole rimozione, nel Comune di Gallipoli. Il sito protetto sarebbe minacciato dall’inevitabile calpestio che i clienti produrrebbero, clienti ai quali sarebbe peraltro molto difficile impedire, concretamente, i naturali sconfinamenti in aree diverse rispetto a quelle, spoglie, nelle quali è prevista l’installazione del gazebo, delle pedane e dei giochi. (cfr. Tar Puglia Lecce del 6 febbraio 2008 n. 1480).
c) Costruzione di una strada di collegamento della malga “Kofleralm” nel “Parco Naturale Vedrette di Ries”, per l’allacciamento di un’alpe funzionale alla coltivazione del bosco per i dipendenti del settore forestale della pubblica amministrazione della Provincia Autonoma di Bolzano. La costruzione della strada richiederebbe, per il superamento del dislivello altitudinale, la costruzione di 7 tornanti in una zona naturale intatta, del tutto indisturbata; nell’ambito boschivo la costruzione di una strada comporterebbe un’apertura del patrimonio forestale ed una rottura degli Habitat esistenti; inoltre avrebbe effetti di isolamento e causerebbe problemi di trasformazione in isole, per quanto riguarda le specie e gli Habitat tutelati che si trovano nel sito. (cfr. T.R.G.A. Sez. Autonoma Bolzano, 26 maggio 2004, n. 377).