Infrastrutture di telecomunicazione e regolamentazione comunale
di Fulvio ALBANESE Dopo la Sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 2003 con la quale è stato dichiarato illegittimo con effetti ex art. 136 della Costituzione il Decreto Legislativo n. 198/2002 (cosiddetto Decreto Gasparri), non sono più possibili le installazioni degli impianti di telefonia mobile, in deroga a leggi e regolamenti comunali.

La Consulta è andata oltre, e con le successive pronunce: 307 del 7 ottobre 2003, 308 del 7 ottobre 2003, 324 del 29 ottobre 2003, e 331 del 7 novembre 2003 ha ribadito che la Legge 36/2001 è la norma di riferimento principale in tema di esposizione ai campi elettromagnetici.

Riprende perciò piena efficacia il comma 6 dell’articolo 8 della legge del 22 febbraio 2001, n. 36 Legge quadro sulla esposizione delle popolazioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, che prevede: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.”

Ad onor del vero la giurisprudenza ha più volte riconosciuto ai Comuni anche prima della entrata in vigore della L. 36/2001, il potere di adottare regolamenti al fine di individuare specifiche zone dove posizionare impianti, e dettare norme per regolamentarne l’installazione, ammesso che tale regolamentazione sia finalizzata al corretto uso del territorio ed alla minimizzazione della esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. (cfr. Tar Veneto sez. II 14/06/2000 n. 1010, – Tar Lombardia sez. I 21/11/2000 Ord. n. 3765, – Tar Puglia sez. I Ord. 08/11/2001 n. 1392, – Tar Sicilia sez. III, 24/10/2001 n. 2007, – Tar Abruzzo 23/01/2002 n. 170, – Tar Lazio sez. II 25/01/2002 n. 678, – Tar Veneto sez. II 04/02/2002 n. 347, - Tar Umbria 12/05/2003 n. 333 - Tar Emilia-Romagna Parma 20/11/2003 n.658 –– Consiglio di Stato sez. VI 03/06/2002 n. 3098, - Consiglio di Stato sez. VI 10/02/2003 n. 673 - Consiglio di Stato sez. VI 27/05/2003 n. 2945, - Consiglio di Stato sez. VI 06/06/2003 n. 3171).
Non dimentichiamo infine che il novellato articolo 117 della Costituzione prevede al comma 6 potestà regolamentare per i Comuni in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

La rinnovata facoltà regolamentare dei comuni non ha comunque vita facile, infatti l’entrata in vigore del D.Lgs. 1° agosto 2003, n. 259 “Codice delle comunicazioni elettroniche” e della Legge n.5/2004, quasi contemporanea alla Sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2003, crea incertezza sulla reale possibilità dei comuni in tema di localizzazione degli impianti. Inoltre le disposizioni contenute nel D.P.R. 380/2001 T.U. dell’edilizia circa i titoli necessari all’installazione (Permesso di costruire) in contrasto con quanto previsto nel D.Lgs. 259/2003, (Autorizzazione e D.I.A.) complica ulteriormente la questione.
E’importante comunque ricordare che il D.Lgs. 259/2003, e la Legge n.5/2004 non contengono deroghe a leggi o regolamenti comunali.

Una prima interpretazione chiarificatrice del quadro normativo del dopo-Gasparri è data dal TAR Puglia, con l’Ordinanza n. 949 del 18/12/2003: “L’installazione d’impianti di telefonia mobile da parte dei vari gestori non può prescindere da una compiuta definizione in via generale della pianificazione localizzativa, la quale a sua volta presuppone una collaborativa partecipazione da parte dei gestori medesimi”. Una sentenza importante a conferma del potere dei comuni in materia di localizzazione degli impianti ai sensi del comma 6 dell’articolo 8 della legge 36/2001.

Si ridefinisce in tal modo un “potere di regolamentazione localizzativa” in base al quale il comune può intervenire per gestire le installazioni sul proprio territorio, al fine di minimizzare l’esposizione al campo elettromagnetico, successivamente precisata dal Tar Parma con l’Ordinanza 27 gennaio 2004 n. 29: “Va respinta la domanda cautelare che il gestore di telefonia avanzi avverso la pronuncia di un comune che neghi la possibilita’ di realizzare una stazione radio base, qualora il provvedimento comunale sia emesso con riferimento alla presenza di ricettori sensibili ed al fine di perseguire obiettivi di qualità affinche’ il valore di campo elettrico del nuovo impianto o dell’impianto preesistente sia il più vicino possibile al valore complessivo degli impianti già in funzione in zona. In particolare, il gestore del nuovo impianto, nel caso di superamento di detti valori stabiliti localmente, deve necessariamente dimostrare sia l’impossibilità di una diversa localizzazione dell’impianto, sia che il progetto da autorizzare abbia adottato, compatibilmente con la qualità del servizio da erogare, le migliori soluzioni in riferimento alle migliori tecnologie disponibili per minimizzare l’esposizione al campo elettromagnetico in corrispondenza dei ricettori sensibili”.

Anche se viene ormai ampiamente riconosciuta ai comuni la possibilità di gestire e programmare per minimizzare l’esposizione ai campi elettromagnetici (compatibilmente con una sufficiente copertura del servizio), l’installazione degli impianti di telecomunicazione sul proprio territorio, rimane l’altra importante questione da derimere per le amministrazioni comunali: quale titolo abilitativo occorre per installare impianti di telecomunicazione: Permesso di costruire, Autorizzazione, Denuncia Inizio Attività (D.I.A.).

Diverse e contrastanti sono le pronunce della giustizia amministrativa su questo dilemma.
Alcune sostengono la necessità del permesso di costruire: Tar Veneto del 08/01/2004 n. 1 “Ciò premesso, va osservato che è giurisprudenza costante, anche di questa Sezione, che gli impianti radio base debbano essere sorretti – sotto il profilo urbanistico - da concessione edilizia (ora: permesso di costruire) e non da semplice autorizzazione. Ciò risulta anche più vero, dopo che la Corte Costituzionale ha annullato la normativa che consentiva la realizzazione di tali impianti con mera autorizzazione”. (cfr. Tar Veneto del 14/01/2004 n. 145).

Altre invece riconoscono al Codice delle comunicazioni elettroniche una sufficiente valenza edilizia ed una prevalenza sul D.P.R. 380/2001 T.U. dell’edilizia: Tar Veneto, 3/12/2004, n. 4234, “L’autorizzazione rilasciata ex art. 87 del d. lgs. 259/03, tenuto conto della specialità della normativa recata dal codice delle comunicazioni elettroniche, ha anche valenza edilizia, essendo onere dell’amministrazione comunale, nel perseguimento dell’esigenza di semplificazione amministrativa indicata dallo stesso art. 87 (comma 9), svolgere all’interno del procedimento anche la necessaria fase istruttoria inerente al giudizio di conformità urbanistica del progetto presentato, con assorbimento, quindi, del permesso di costruire”.
Oppure Tar Puglia Bari, 18/10/2004, n. 4570 “Devono ritenersi invalide, per contrasto con le prescrizioni di rango nazionale (art. 87, c. III, D. Lvo. n. 259/03), le determinazioni comunali, sia regolamentari che provvedimentali, che impongono l'assoggettabilità dell’installazione di impianti di telefonia mobile a permesso di costruire, anziché a dichiarazione di inizio attività”.

Di fronte a queste diverse interpretazioni, significativa è l’Ordinanza del Tar Lazio n. 16332 del 16 dicembre 2004 che solleva dubbi di costituzionalità degli articoli 87 e 88 del D.Lgs. n.259/2003, ricostruendo nel dettaglio le differenze e le specifiche sfere di competenza del D.P.R. 380/2001 e del Codice delle comunicazioni elettroniche, ribadendo tra l’altro: “E’ dunque ammesso che i Comuni adottino misure programmatorie integrative per la localizzazione degli impianti di cui si discute, in modo tale da minimizzare l’esposizione dei cittadini residenti ai campi elettromagnetici, ma anche in un’ottica di ottimale disciplina d’uso del territorio” (cfr. Cons. St., sez. VI, 3.6.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274; 10.2.2003, n. 673; 26.8.2003, n. 4841).

Nell’Ordinanza viene puntualmente evidenziato che il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 T.U. dell’Edilizia, predisposto con specifico riferimento a detta disciplina urbanistica, individua due soli titoli abilitativi: Permesso di costruire e D.I.A., quest’ultima definita come denuncia legittimante per interventi edilizi minori puntualmente identificati. Il nuovo Testo Unico dell’edilizia elimina pertanto dall’ordinamento il binomio Concessione/ Autorizzazione edilizia, ed inserisce espressamente tra gli "interventi di nuova costruzione", e come tali assoggettati a Permesso di costruire ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 dello stesso D.P.R., “gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune”, nonché “l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione”.

Il Codice delle Comunicazioni nel riproporre come titolo abilitativo l’Autorizzazione appare dunque in contrasto e subordinato al D.P.R. 380/2001, perchè non opera quella “espressa abrogazione di tutte le norme incompatibili”, che l’art. 41, comma 2, lettera d) della legge delega n. 166/2002 (in base alla quale è stato emanato il D.Lgs 2959/2003) impone formalmente.

Appare pertanto debole l’ipotesi di assorbimento nel D.Lgs. n.259/2003 delle disposizioni urbanistico-edilizie del D.P.R. n.380/2001 concernenti l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione.


Fulvio Albanese