Cass. Sez. III n. 25310 del 4 luglio 2022 (CC 11 mag 2022)
Pres. Rosi Est. Gai Ric. Trenta ed altri
Urbanistica.Lottizzazione abusiva mediante frazionamento predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di più edifici aventi natura e destinazione residenziale
Integra il reato di lottizzazione abusiva il frazionamento e la predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di più edifici aventi natura e destinazione residenziale, in quanto trattasi di attività edificatoria fittiziamente connessa alla coltivazione ed allo sfruttamento produttivo del fondo ed incompatibile con l'originaria vocazione dell'area e la qualifica di imprenditore agricolo o bracciante agricolo non è da sola sufficiente per escludere la legittimità dell'intervento edilizio poiché ciò che effettivamente rileva è la esistenza di un effettiva relazione diretta tra edificio e conduzione del fondo, con la conseguenza che il possesso di tali qualifiche è indifferente allorquando un terreno agricolo venga frazionato e predisposto alla realizzazione di più edifici aventi destinazione residenziale snaturandone la originaria vocazione agricola in quanto l'attività edificatoria è solo fittiziamente connessa alla coltivazione ed allo sfruttamento produttivo del fondo
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale di Lecce, in funzione di giudice del riesame, ha rigettato il riesame avverso l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Lecce, di sequestro preventivo di manufatti destinati ad immobili residenziali e relative pertinenze, meglio descritti nel provvedimento applicativo, in relazione ad indagini relative ai reati di cui all’art. 30 d.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001 e art. 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004, confermando i presupposti del fumus commissi delicti di lottizzazione abusiva e di costruzione abusiva in zona paesaggistica vincolata e il periculum in mora.
Il Tribunale ha confermato il fumus dei reati ipotizzati e, segnatamente, ha rilevato, in primo luogo, che a seguito di sopralluogo e di attività ispettiva svolta dalla P.G., era stata accertata la realizzazione di interventi edilizi, da parte degli indagati Trenta Raffaela e Trenta Pietro, sulle particelle di loro proprietà (trattasi della par. 125 con intervento identificato al n. 2 nel capo di incolpazione quanto a Trenta Raffaela e partt. 64 e 65 con interventi n. 3 e 4 quanto a Trenta Pietro) con difformità essenziali rispetto ai titoli da loro conseguiti, e che in ragione dell’entità delle discrasie rilevate, tra quanto realizzato e quanto assentito dai titoli abilitativi, era sufficiente a ipotizzare il fumus dei reati di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001 e art. 181 comma 1 del d.lvo n. 42 del 2004 e a giustificare il provvedimento di sequestro.
Il Tribunale ha ritenuto sussistente anche il fumus commissi delicti del reato di lottizzazione abusiva, nella specie di lottizzazione mista, essendo stato accertato che le particelle, su cui insistono gli immobili realizzati dagli indagati, erano frutto di frazionamento con successiva cessione di lotti di terreno, originariamente ben più grandi, non giustificato dalla divisione ereditaria, anche a soggetti estranei alla famiglia Trenta, che i titoli edilizi ottenuti per la realizzazione di immobili residenziali necessari per la conduzione del fondo era smentita alla luce degli accertamenti aerografici che attestavano lo stato di abbandono dei fondi, non essendo in atto alcun tipo di coltura, che con riferimento all’intervento edilizio del Trenta Pietro, era stata realizzata una recinzione interna posta tra l’edificio di civile abitazione e il deposito attrezzi, sicchè l’abitazione era del tutto disarticolata rispetto alla conduzione del fondo, che il Trenta Pietro aveva anche realizzato un ulteriore intervento edilizio (immobile residenziale e deposito attrezzi agricoli) in favore del figlio Davide che non possedeva i requisiti per essere qualificato quale imprenditore agricolo, che in considerazione delle caratteristiche costruttive gli interventi edilizi non erano qualificabili quali case rurali bensì villette di campagna. Sulla scorta di tali accertamenti in punto di fatto, il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus del reato di lottizzazione abusiva in quanto l’attività edificatoria era stata realizzata in violazione delle disposizioni del Piano generale del Comune di Vernole che, con riguardo alla disciplina che regolava tutte le particelle su cui insistono gli immobili realizzati, classificate come “Zone E3 – Agricole produttive di interesse paesaggistico ed ambientale”, disciplinate dall’art. 38 delle NTA secondo cui le disposizioni previste per le zone E1 possono, con le particolari limitazioni, essere estese alle zone E3 -, non consentiva quanto realizzato, determinando una trasformazione di un terreno agricolo a destinazione residenziale in modo incompatibile con la sua vocazione di sfruttamento produttivo del fondo, anche in presenza della qualifica di imprenditore agricolo degli indagati, in quanto non era stata fornita idonea dimostrazione che gli edifici costruiti fossero necessari al fini della conduzione del fondo a prescindere dalla formale qualifica di imprenditore agricolo.
Poiché la gran parte dei lavori non era ancora ultimata, il tribunale ha ritenuto altresì sussistente il pericolo in mora e la confiscabilità delle opere abusive e dei terreni lottizzati.
2. Avverso l’ordinanza gli indagati hanno proposto, a mezzo del difensore, separati ricorsi per cassazione.
2.1. L’avv. Cannoletta nell’interesse di Trenta Raffaela deduce, con un unico e articolato motivo, la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’art. 30 d.P.R. n. 380 del 2001.
Secondo la ricorrente il tribunale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il fumus del reato di lottizzazione, peraltro ritenuta in termini “più sfumati”, non avendo correttamente applicato la disposizione dell’art. 53 delle NTA del PUG del Comune di Vernole secondo il quale nelle zone E1 sono consentite sempre in funzione delle finalità agricole dell’area le abitazioni, che quelle realizzate dall’indagata erano funzionali per l’appunto alla conduzione del fondo, non essendo corrispondente al vero che a seguito di frazionamento vi era stata la cessione dei fondi a soggetti estranei alla famiglia, che i fondi fossero in stato di abbandono, che, infine, le caratteristiche costruttive erano compatibili con quanto realizzabile nella zona, che tutti gli interventi realizzati nella zona, compresi quelli dei coniugi Pariti/Cannoletta, erano separati e slegati tra loro con affaccio diretto sulla provinciale n. 142 distanti gli uni dagli altri e privi di opere di urbanizzazione che possa in prospettiva accumunarli o raggrupparli. Sarebbe esclusa, secondo la ricorrente, sia la lottizzazione cartolare che quella materiale non essendosi verificato alcuna trasformazione urbanistica in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici così da ledere la prerogativa della programmazione urbanistica in capo agli enti territoriali. Infine, avrebbe omesso di considerare, il tribunale, la qualifica di imprenditore agricolo in capo alla ricorrente e la disponibilità di costosi mezzi meccanici impiegati nella conduzione del fondo, in un contesto nel quale un fabbricato rurale asservito al fondo ben può prevedere caratteristiche costruttive del tipo di quelle realizzate.
2.2. L’avv. Galante nell’interesse di Trenta Paolo deduce con un unico motivo di ricorso, la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’art. 30 d.P.R. n. 380 del 2001, art. 9 L.R.6/1979 e 321 cod.proc.pen., assenza di fumus commissi delicti. Secondo il ricorrente lo stesso Tribunale avrebbe ammesso l’insussistenza di una attività diretta alla trasformazione urbanistica del territorio là dove, dopo avere ripercorso gli elementi di fumus con riguardo ai reati di costruzione abusiva e di violazione paesaggistica, avrebbe ritenuta più sfumata la sussistenza del fumus del reato di lottizzazione abusiva. Secondo il ricorrente non vi sarebbe stato alcun frazionamento di terreni con cessione di lotti a terzi, che le proprietà ricavate dal frazionamento sarebbero estese nella misura di circa 25 ettari, che le costruzioni realizzate, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, sarebbero necessarie per la conduzione del fondo a mente dell’art 9 della legge regionale n. 6/1979, art. 9, erroneamente il tribunale avrebbe ritenuto che i fondi non fossero coltivati, non avendo indagato il medesimo tribunale, in ordine al piano di sviluppo dell’azienda agricola allegato all’istanza di riesame che sarebbe rilevante per ravvisare il requisito della “necessità” sussistente nel caso concreto. In assenza di fumus del reato di lottizzazione abusiva, residuerebbero unicamente le rilevate difformità che potrebbero essere facilmente eliminabili.
Infine, quanto al ritenuto periculum in mora, ravvisato nella necessità di evitare che le costruzioni fossero completate, varrebbe unicamente per le costruzioni in corso d’opera e non per quelle già terminate per le quali l’utilizzazione a fini agricoli sarebbe consentita.
3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono inammissibili per la proposizione di motivi non consentiti nel presente giudizio.
Va anzitutto ricordato che, in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l'art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimità̀ soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge. Secondo le Sezioni Unite (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710; ), nella nozione di "violazione di legge" rientrano, in particolare, gli "errores in iudicando" o "in procedendo", ma anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal Giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093), parimenti si è precisato che l'omesso esame di punti decisivi per l'accertamento del fatto, sui quali è stata fondata l'emissione del provvedimento di sequestro, si traduce in una violazione di legge per mancanza di motivazione censurabile con ricorso per cassazione (Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Baronio, Rv. 264011). Non è consentita la deduzione del vizio di motivazione, deducibile con l’autonoma disposizione di cui all’art. 606 lett. e) cod.proc.pen.
Tutto ciò premesso, a tale novero di vizio appartengono i vizi dedotti dai ricorrenti, pur diversamente articolati, in quanto entrambi i ricorsi mirano a censura la motivazione e a richiedere una rivalutazione del merito non consentita.
Il provvedimento impugnato risulta sorretto da congrua motivazione, e per nulla apparente, e corretto in diritto in relazione alla sussistenza del fumus commissi delicti del reato di lottizzazione abusiva (non viene censurato il fumus dei reati di costruzioni abusiva in zona vincolata e il reato paesaggistico) là dove ha argomentato, sulla scorta degli accertamenti di PG non qui rivisitabili, che gli indagati avevano realizzato, in forza di titoli abilitativi illegittimi, una trasformazione dei fondi mediante la realizzazione di immobili di civile abitazione sulle particelle indicate nel capo di incolpazione provvisoria, previo frazionamento, con successiva cessione, di lotti di terreno originariamente ben più ampi, non giustificate da divisione ereditaria, in violazione delle disposizioni del P.U.G. del Comune di Vernole che tenuto conto delle disposizioni per l’edificazione della zona E3 -Agricole produttive di interesse paesaggistico ed ambientale -, disciplinate dall’art. 38.1. delle NTA, che prevede l’applicazione delle disposizioni previste per le zone E1, con particolari limitazioni, anche alla zona E3, e che per le zone E1 l’edificazione è consentita in funzione agricola dell’area, senza dimostrazione che la realizzazione degli immobili fosse necessaria per la conduzione dei fondi, risultando, per contro, smentita la vocazione della finalità necessaria per gli interventi, sulla scorta del materiale probatorio, dalla circostanza che i fondi non erano coltivati, essendo entrambi in stato di abbandono, che, quanto all’intervento n. 4 di Trenta Pietro, oltre alla realizzazione di un immobile residenziale e deposito attrezzi per il figlio Daniele, privo della qualità di imprenditore agricolo, era stata realizzata una recinzione tra il fabbricato di civile abitazione e il deposito attrezzi, in violazione del titolo edilizio che non la prevedeva, recinzione dimostrativa che l’immobile non era funzionale alla condizione del fondo, che, inoltre, sempre con riguardo all’intervento n. 4, era stata realizzato anche un giardino finemente recintato in pietra con siepe ornamentale.
Tale decisione, sorretta da congrua motivazione, è corretta in diritto posto che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, integra il reato di lottizzazione abusiva il frazionamento e la predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di più edifici aventi natura e destinazione residenziale, in quanto trattasi di attività edificatoria fittiziamente connessa alla coltivazione ed allo sfruttamento produttivo del fondo ed incompatibile con l'originaria vocazione dell'area e la qualifica di imprenditore agricolo o bracciante agricolo non è da sola sufficiente per escludere la legittimità dell'intervento edilizio poiché ciò che effettivamente rileva è la esistenza di un effettiva relazione diretta tra edificio e conduzione del fondo, con la conseguenza che il possesso di tali qualifiche è indifferente allorquando un terreno agricolo venga frazionato e predisposto alla realizzazione di più edifici aventi destinazione residenziale snaturandone la originaria vocazione agricola in quanto l'attività edificatoria è solo fittiziamente connessa alla coltivazione ed allo sfruttamento produttivo del fondo (Sez. 3, n. 15605 del 31/03/2011, Manco, Rv. 250151 – 01).
Nel censurare tale decisione i ricorrenti contestano l’affermazione che i campi non erano coltivati, l’avvenuta cessione di fondi, a seguito di frazionamento, a soggetti estranei, allegano che le caratteristiche costruttive degli immobili erano compatibili con una vocazione alla conduzione dei fondi, tenuto conto dell’esistenza di depositi per attrezzi agricoli, nonché il possesso della qualifica di imprenditore agricolo; si tratta di doglianze che attaccano la motivazione che, in quanto presente e non meramente apparente, non è consentita dedurre nei procedimenti in materia cautelare reale.
6. - I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso l’11/05/2022