Cass. Sez. III sent.10968 del 29
marzo 2006 (ud. 9 febbraio 2006)
Pres. Lupo Est. Petti Ric. Piccinini
Rifiuti – Immissione occasionale e abbandono di rifiuti.
Il problema della rilevanza penale dell’immissione occasionale diretta si pone
solo per le acque reflue non costituenti rifiuti. Invero il D.Lv. 258-2000
escludendo dal concetto di scarico le immissioni occasionali, non ha inteso
assolutamente stabilire che sarebbe lecita l’immissione occasionale di rifiuti
liquidi o semiliquidi nelle acque superficiali effettuata tramite condotta.
Allorché non sia applicabile la disciplina specifica perle materie oggetto di
scarico si riespande quella generale sui rifiuti la quale con l’articolo 14
prevede una norma di chiusura vietando l’abbandono di rifiuti sul suolo e nel
sottosuolo nonché l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere nelle acque
superficiali o sotterranee
In fatto
Con
sentenza del l9 novembre del 2003, il tribunale di Forlì, condannava Piccinini
Vittorio alla pena di € 7000,00 di ammenda oltre al pagamento delle spese
processuali, quale responsabile del reato di cui all'articolo 5l comma secondo
del decreto legislative n. 22 del l997, per avere, nella qualità di titolare
dello scarico e di responsabile e legale rappresentante della società AVI,
omettendo di dare immediata comunicazione alla provincia di Forli della rottura
del depuratore interne al macello della società, provocato l 'immissione nel
Rio dell' Acqua e nel flume Savio, zone sottoposte a tutela paesaggistica, dei
fanghi prodotti dal depuratore. Fatto commesso dal 28 al 30 settembre del 200l
In località Molino di Cesena.
Nella
sentenza impugnata il fatto è ricostruito nella maniera seguente.
Il
depuratore dell'AVICOOP, società cooperativa a responsabilità limitata,
produceva mediamente circa 60.000 chilogrammi di fanghi i quali, dopo essere
stati annotati sugli appositi registri di carico e scarico dei rifiuti, erano
avviati allo smaltimento mediante autobotti. Il 28 settembre del 200l si verificò
la rottura del pozzetto dell'impianto di depurazione che conduceva le acque
reflue dalla zona di filtrazione alla vasca di equalizzazione. In quel
frangente, onde evitare la tracimazione dalla vasca di filtrazione del liquame,
questo fu immesso direttamente nella vasca di ossidazione, che costituiva la
terza ed ultima fase del ciclo di depurazione, saltando in tale modo le prime
due fasi di equalizzazione e prenitrificazione. L'immissione diretta del liquame
all'interno della vasca di ossidazione aveva provocato un'abbondante produzione
di nitrati che poi erano pervenuti nelle due vasche di sedimentazione dove
l'azoto gassoso, liberato dalla denitrificazione, aveva fatto salire i fanghi in
superficie e quindi li aveva spinti fino allo scarico.
Tanto
premesso in fatto, il tribunale a fondamento della decisione osservava che i
fanghi costituiscono rifiuti e che alla fattispecie in questione era applicabile
la disciplina sui rifiuti e non quella sugli scarichi di cui al decreto
legislativo n. l52 del l999 perché si era interrotto il nesso di collegamento
diretto tra la fonte di produzione del liquame ed il corpo recettore; che
pertanto non era applicabile la tesi difensiva in forza della quale, trattandosi
di sversamento occasionale, il fatto non era sanzionabile; che sussisteva la
colpa dell'imputato il quale aveva agito con palese imprudenza avendo effettuato
manovre che avevano comportato un anomalo funzionamento dell'impianto di
depurazione con conseguente sversamento dei fanghi.
Ricorre
per cassazione l'imputato per mezzo del suo difensore sulla base di un unico
articolato motivo.
In diritto
Con
l'unico motivo il difensore lamenta la violazione della norma incriminatrice
perché la fattispecie in esame è regolata dal decreto legislativo n. l52 del
l999 e non dal decreto Ronchi. Assume che il decreto legislativo n. l52 del l999
distingue tra scarico di acque reflue industriali ed immissione occasionale e
non prevede alcuna sanzione penale per l’immissione occasionale di acque
reflue, come già statuito da questa corte in casi analoghi. Di conseguenza il
proprio assistito dovrebbe essere assolto dall’imputazione ascrittagli perché
il fatto non è previsto come reato.
Il
ricorso è infondato perchè il fatto è stato legittimamente inquadrato nella
previsione criminosa di cui all'articolo 5l comma secondo decreto Ronchi.
Prima
di entrare nel vivo dell'argomento, è opportuno richiamare brevemente le
soluzioni elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza per individuare la
linea di confine tra l'applicazione della disciplina sui rifiuti e quella sulle
acque di scarico, al fine di individuare e definire l’immissione occasionale e
stabilire se essa sia o no sanzionabile penalmente.
Il
problema non è nuovo. Esso si era già posto sotto la vigenza della legge Merli
per individuare la disciplina applicabile allo scarico cosiddetto indiretto
ossia alle immissioni di reflui nel corpo recettore effettuate con mezzi e
modalità diversi dalla "condotta", giacché lo scarico indiretto era
ricompresso nella generale definizione di "scarico" di cui
all'articolo l comma l - lettera a) della legge n 3l9 del l976 e non era escluso
esplicitamente dal campo d'applicazione del D.P.R. n 9l5 del l982 sui rifiuti.
Invero l'articolo 2 al comma l del D.P.R. n 9l5 del l982, nel dare la nozione di
"rifiuto", faceva riferimento a "qualsiasi sostanza ed oggetto
ivi comprese le sostanze acquose a base liquida e semiliquida" ed al comma
sesto faceva salva la legge Merli per quanto concerneva la disciplina dello
smaltimento dei liquami e dei fanghi, purché non tossici, nelle acque, sui
suolo e nel sottosuolo usando in sostanza il termine smaltimento come sinonimo
di scarico. D'altro canto la legge n. 3l9 del l976, all’articolo 2 lettera e)
nn 2 e 3, estendeva la propria disciplina allo "smaltimento dei liquami sui
suolo" nonché a quello " dei fanghi residuati dai cicli di
lavorazione e dai processi di depurazione", senza tuttavia chiarire il
significato del termine smaltimento. L'utilizzazione con significato
sostanzialmente equivalente dei termini smaltimento e scarico nell'ambito delle
leggi anzidette ha dato luogo a contrasti interpretativi sia in dottrina che in
giurisprudenza, risolti a livello giurisprudenziale dal noto intervento delle
Sezioni unite di questa Corte del 27 ottobre del l995, Forina, con cui si è
disposto che il D.P.R. n. 9l5 del l982 disciplinava tutte le singole operazioni
di smaltimento dei rifiuti con esclusione di quelle fasi concernenti i rifiuti
liquidi attinenti allo scarico e riconducibili alla disciplina della legge
Merli, con l’unica eccezione dei fanghi e liquami tossici e nocivi che erano
sotto ogni profilo regolati dal D.P.R. n. 9l5 del l982.
Due
anni dopo la pronuncia delle Sezioni unite interveniva il decreto Ronchi che
abrogava il D.P.R. n. 9l5 del l982 ed il problema della linea di demarcazione
tra la disciplina sulle acque e quella sui rifiuti si è posto nuovamente giacché
l’art. 8, comma l, lett. e) del decreto l.vo del 5 febbraio del l997 n. 22
dispone che «sono esclusi dal campo di applicazione del presente decreto... in
quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge... le acque di scarico,
esclusi i rifiuti allo stato liquido». Si è aperta, quindi, una nuova fase di
approfondimento che ha trovato un primo punto fermo nella decisione di questa
corte del 23 maggio l997, Bacchi, la quale ha concluso per una sostanziale
continuità della normativa, affermando che "la linea di discrimine tra le
due normative risiede ancora nella nozione di "scarico"; infatti, la
locuzione, "acque di scarico" è da ritenersi sinonimo di
"scarichi", intesi quali sostanze liquide o comunque convogliabili nei
corpi ricettori in condotta, mentre l'esclusione del rifiuti allo stato liquido
serve per ribadire la pregressa distinzione fra le varie fasi dello smaltimento
dei rifiuti; permane dunque quale criterio discretivo quello secondo cui i due
distinti regimi giuridici possono trovare applicazione, ciascuno nel proprio
ambito, anche per i medesimi tipi di reflui e possono talora regolare fasi
diverse della medesima operazione...» Alla stessa conclusione di sostanziale
continuità perveniva anche la Corte costituzionale con la sentenza dell'8-20
maggio l998, la quale precisava, con riferimento ai rapporti tra normativa sui
rifiuti e legge n. 3l9 che decreto legislativo 5 febbraio l997 n. 22, pur
abrogando esplicitamente il D.P.R. 9l5 del l982, ne aveva mantenuto la stessa
impostazione rispetto alla regolamentazione degli scarichi idrici, posto che,
all'art. 8, lett. e) ricomprende espressamente nel proprio ambito disciplinare,
distinguendoli dalle «acque di scarico », i « rifiuti allo stato liquido»,
usando proprio gli stessi termini dell'art. 2, comma 2, lett. d) della direttiva
75/442/CEE, che, appunto, il D.P.R. n. 9l5 del l982 aveva recepito ed attuato.
In
proposito va sottolineato che il D.P.R. n. 9l5 del 1982 era considerate dalla
dottrina e da questa stessa corte (Cass. sez. III n. 2208 del l992) come la
normativa quadro di riferimento per la tutela dell'ambiente, sia perchè
l’articolo 1 esordiva affermando di volere "evitare ogni rischio
d'inquinamento dell’aria, dell'acqua e del suolo", sia perchè stabiliva
un divieto generale di abbandono di rifiuti nell'aria, nell’acqua e sui suolo,
come si desumeva dagli artt. 1 e 9; sia perchè imponeva l’obbligo giuridico
di smaltimento per tutti i rifiuti a precise condizioni e solo in via di deroga
consentiva ad alcuni tipi di rifiuti (scarichi ed emissioni) di pervenire
nell'ambiente nel rispetto delle leggi che li riguardavano in modo specifico.
Anche a seguito dell'entrata in vigore del decreto Ronchi, questa sezione,
riprendendo il precedente orientamento, ha ribadito che il decreto anzidetto
deve considerarsi in ogni caso come legge quadro del sistema di protezione
dell'ambiente nelle componenti del suolo, dell'acqua e dell’aria ed ha
precisato che, quando la normativa che disciplina la categoria dei materiali
esclusi dall'ambito operativo del decreto legislativo n. 22 del 1997 si presenta
carente e lacunosa, quella sui rifiuti si riespande per regolare le ipotesi non
previste da specifiche disposizioni di legge (Cass. Sez. III 8 febbraio l999 n.
494 P.M. in proc. Lago). Il decreto legislativo n. l52 del l999, recependo i
criteri fissati dalla giurisprudenza ha ridefinito la nozione di scarico
circoscrivendola all’immissione diretta di reflui nei corpi ricettori tramite
condotta. Dalla nozione di scarico è stato quindi eliminato, non solo il
riferimento a quelli indiretti ossia non tramite condotta, che restano
disciplinati dal decreto Ronchi, ma anche alle immissioni occasionali che, sotto
il vigore della legge Merli, secondo l'orientamento di questa Corte rientravano
nel concetto di scarico (cfr. Cass. Sez. Un. l3 luglio l998). Tuttavia
l’immissione occasionale, nella stesura originaria del decreto l52 del l999,
espunta dal concetto di scarico, era stata recuperata come fattispecie autonoma
sanzionata rispettivamente in via amministrativa ed in via penale dagli artt. 54
primo comma e 59 comma 5 solo nell'ipotesi di superamento dei valori limite di
emissione. In definitiva l’immissione occasionale non richiedeva la preventiva
autorizzazione perché questa era chiaramente incompatibile con l'occasionalità
ma imponeva il rispetto dei valori limite. In proposito va precisato che lo
scarico occasionale non va confuso con quello indiretto anche se può essere
anche indiretto ossia senza una condotta. Invero, come sottolineato dalla
dottrina, mentre lo scarico indiretto si distingue da quello diretto solo per le
modalità dello sversamento, quello episodico o occasionale si distingue da
quello diretto solo per il fattore temporale. Con la novella n. 258 del 2000 è
stato espunto dagli artt. 54 comma 1 e 59 comma 5 il riferimento alle immissioni
occasionali, ma tale soppressione non ha fugato del tutto i dubbi in ordine alla
rilevanza penale di uno sversamento del tutto episodico ai fini della
classificazione dello stesso come scarico e quindi al trattamento sanzionatario
correlato alla mancata autorizzazione. La nuova definizione di scarico,
prevedendo l’utilizzazione di una condotta anche se questa non deve
necessariamente essere costituita da una tubazione, sembra presupporre una certa
continuità e permanenza e quindi sembra incompatibile con la sanzionabilità
penale dell'immissione occasionale tramite condotta. D'altra parte nel nuovo
come nel vecchio regime alcune prescrizioni, quali ad esempio l'obbligo di
rendere accessibile il punto di scarico per i campionamenti, il divieto di
diluizione, l'indicazione puntuale degli scarichi nelle richieste di
autorizzazioni, ecc. (cfr. art. 28 comma 3 e 46 primo comma decreto legislativo
n. 52 del l999) presuppongono la localizzazione della scarico e l'individuazione
del medesimo, circostanze queste anch'esse spesso incompatibili con l'immissione
occasionale. Questa sezione ha distinto l’'immissione occasionale da quella
discontinua ritenendo applicabile la disciplina delle acque alle immissioni
discontinue (Cass. 7 novembre 2000 n. l2974; Cass. n. l6720 del 2004). Su tale
applicabilità non sussistono dubbi posto che il concetto di discontinuità è
diverso da quello di occasionalità. Perplessità sussistono invece, sia in
dottrina che in giurisprudenza, sulla sanzionabilità dell'immissione
occasionale allorché venga effettuata tramite condotta ossia per mezzo di un
sistema di convogliabilità che connetta direttamente un ciclo produttivo ad un
corpo idrico ricettore (Per la sanzionabilità penale ex art. 59 comma V decreto
legislativo n. l52 del l990 quando si superano i limiti tabellari si è
pronunciata questa sezione con la decisione del 2l gennaio 2004 n. 14425, in
senso contrario tra le altre Cass. n. l6720 del 2004).
Il
ricorrente, premesso che lo sversamento in questione è avvenuto tramite
condotta e che trattasi di un fatto episodico, sostiene che esso in base
all'orientamento prevalente di questa corte non sarebbe sanzionabile penalmente.
L'assunto
non può essere condiviso e per respingere la tesi del ricorrente non è
necessario prendere posizione sul contrasto dianzi evidenziato o rimettere la
soluzione alle Sezioni unite perchè il problema della rilevanza penale
dell'immissione occasionale diretta si pone solo per le acque reflue non
costituenti rifiuti. Invero, la novella n. 258 del 2000, escludendo dal concetto
di scarico le immissioni occasionali, non ha inteso assolutamente stabilire che
sarebbe lecita l'immissione occasionale di rifiuti liquidi o semiliquidi nelle
acque superficiali effettuata tramite una condotta. Come sopra precisato,
allorché non è applicabile la disciplina specifica prevista per le materie
oggetto di scarico, si riespande quella generale sui rifiuti la quale con
l'articolo l4 prevede una norma di chiusura vietando l’abbandono di rifiuti
sul suolo e nel sottosuolo nonché l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere
nelle acque superficiali o sotterranee. Inoltre l'articolo 36 decreto
legislativo n. l52 del l999, già nel testo originario e con maggiore precisione
a seguito delle modificazioni apportate con la novella n. 258 del 2000, vieta
l'utilizzazione degli impianti di trattamento delle acque per lo smaltimento dei
rifiuti con due sole eccezioni indicate rispettivamente ai commi 2 e 3 del
medesimo articolo sulle quali è inutile soffermarsi in questa sede perchè non
rilevano nella fattispecie. In ogni caso il problema della rilevanza penale
dell'immissione occasionale non si pone allorché il materiale immesso sia
costituito da fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue giacché per
tale materiale è prevista espressamente con l'articolo 48 del decreto n. 152
del l999 l'esclusione della disciplina dettata per le acque ed è prescritto
comunque il divieto di smaltimento nelle acque superficiali o salmastre a
prescindere dalle modalità di effettuazione dello sversamento, con o senza
condotta. Invero i fanghi prodotti da depuratori di acque reflue, quando non
sono utilizzati in agricoltura a norma del decreto legislativo 27 gennaio del
l992 n. 99, sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti e sono compresi tra i
rifiuti speciali indicati nell’art 7 comma 2 lettera g) del decreto Ronchi. Lo
smaltimento, ancorché occasionale di fanghi prodotti da impianti di depurazione
mediante sversamento nelle acque superficiali, con o senza condotte, configura
gli estremi del reato di cui all'articolo 5l comma secondo del decreto Ronchi a
carico dell'imprenditore titolare dell'impianto di depurazione, salvo che
l’immissione sia imputabile a caso fortuito o forza maggiore. Pertanto i
richiami alla dottrina ed alla giurisprudenza contenuti nel ricorso allo scopo
di dimostrare che lo scarico occasionale non è penalmente sanzionabile non sono
quindi conferenti perché essi si riferiscono a sversamenti occasionali di acque
reflue non costituenti rifiuti liquidi e comunque a liquami diversi dai fanghi.
Nella fattispecie, prima della rottura dell'impianto, come risulta dalla
sentenza impugnata, i fanghi erano aspirati con autobotti dal fondo delle vasche
ed avviati allo smaltimento con la procedura prevista per i rifiuti. Lo
sversamento nelle acque superficiali è dipeso dall'anomalo funzionamento
dell'impianto e dal concomitante comportamento negligente del prevenuto al quale
si è fatto cenno nella parte narrativa. Sull'imputabilità del fatto
all'imputato la sentenza risulta adeguatamente motivata e d'altra parte sul
punto non sono state mosse censure specifiche.
Il
ricorrente è tenuto al pagamento delle spese processuali.