Pres. Lupo Est. Ianniello Ric. Livieri
Rifiuti. Materie prime secondarie per attività siderurgiche e metallurgiche
La definizione delle materie prime secondarie e delle materie prime secondarie per attività siderurgiche e metallurgiche è contenuta all'art. 183, letto q) in relazione all'art. 181 e lett. u) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 151, in ciò anticipato dai commi 25° e 29° dell'articolo unico della legge 15 dicembre 2004 n. 308.
Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia della Comunità Europea, alla stregua della direttiva 75/442 (oggi 2006/12/CE), alla luce della quale è necessario interpretare anche il diritto italiano, il fatto che una sostanza utilizzata sia un residuo di produzione costituisce, in via di principio, un indizio dell' esistenza di un'azione, di un intenzione o di un obbligo di disfarsene. Ciò non esclude peraltro che si tratti di un sottoprodotto o di una materia prima secondaria, che il detentore intende sfruttare o commercializzare, purché "il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza previa trasformazione... ". Questa esigenza di certezza del riutilizzo o della commercializzazione immediati del residuo viene recepita anche dalla normativa italiana e costituisce l'elemento di valutazione sul quale il giudice deve fondare la propria qualificazione del materiale
SENTENZA
sul ricorso proposto da :
1) LIVIERI BRUNO N. IL 14/10/1942 avverso SENTENZA del 01/03/2006 TRIB.
SEZ. DIST. di CASTELFRANCO VENETO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere IANNIELLO
ANTONIO
Udito il Procuratore Generale in persona del dott. Del Popolo Angelo
che ha concluso per il rigetto del ricorso
Udito, per la parte civile, l'Avv. //
Udit i difensor Avv. Appella Paolo (sost. proc.)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del l'marzo 2006, il Tribunale di Treviso - sezione
distaccata di Castelfranco Veneto - ha dichiarato Bruno Livieri, quale
legale rappresentante della s.n.c. Livieri di Livieri Bruno &
C., iscritta al registro delle imprese che effettuano il recupero di
rifiuti non pericolosi, colpevole del reato di cui all'art. 51, comma
4° del D. Lg. 5 febbraio 1997 n. 22, per non avere osservato le
condizioni previste in materia dal decreto ministeriale 5 febbraio
1998, specificatamente richiamate nelle comunicazioni inviate
all'Amministrazione provinciale, stoccando rifiuti costituiti da
materiali ferrosi a diretto contatto col suolo, senza alcuna protezione
dalle acque meteoriche e senza che le stesse fossero convogliate in
vasche di raccolta. Come accertato in Riese Pio X° il 10
febbraio 2003.
Il Tribunale ha pertanto condannato l'imputato, riconosciute le
attenuanti generiche, alla pena di euro 3.000,00 di ammenda,
assolvendolo da altro reato contestato ai sensi dell'art. 51, comma
2°, in relazione al comma 1°, lett. b) del medesimo
decreto legislativo, perché il fatto non sussiste.
Avverso la sentenza, nel suo capo di condanna, propone ricorso per
cassazione l'imputato personalmente, deducendo:
1 - l'inosservanza della legge e l'illogicità della
motivazione, laddove il Tribunale ha ritenuto il materiale accantonato
in azienda come rifiuti da recuperare anziché come residui
di lavorazione da acquistare e rivendere e quindi materia prima
secondaria.
Il Tribunale aveva infatti affermato che si trattava di scarti di
lavorazione provenienti da una impresa ferriera di Cittadella e
dall'istruttoria è risultato che tali montagne di materiale,
"a seconda della richiesta della fonderia o dell'andamento del
mercato" veniva portati via (teste Toffanin) in quanto
commerciabili (teste Frasson).
Inoltre il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che il materiale
fotografato come giacente non fosse necessariamente quello indicato in
bolla di consegna come materia prima secondaria da Fasson.
2 - il vizio di motivazione in relazione alla valutazione della
rilevanza degli elementi emersi in giudizio, a proposito del "contatto
col suolo" dei pretesi rifiuti, non emergente con sicurezza
alla stregua dell'istruttoria svolta.
Il giudice era infine caduto in una palese contraddizione, affermando
che se anche i rifiuti avessero poggiato su di una pavimentazione,
questa sarebbe stata inadeguata, in quanto non impermeabilizzata;
3 - l'errata applicazione dell'art. 6, lett. c) del D.M. 5.2.98 e vizio
di motivazione sul punto. La valutazione del giudice secondo la quale
la pavimentazione avrebbe dovuto essere impermeabilizzata si fonda
sulla norma citata, la quale peraltro richiede tale connotato solo "qualora
richiesto dalle caratteristiche del rifiuto". Il giudice non
avrebbe in alcun modo motivato sul punto, solo richiamando il giudizio
espresso da un teste.
Il ricorrente conclude chiedendo l'annullamento della sentenza
impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Col primo motivo di ricorso, l'imputato contesta anzitutto la
qualificazione del materiale ferroso giacente nell'azienda della
società come rifiuto, deducendo che trattavasi di materia
prima secondaria, come tale sottratta alla disciplina dei rifiuti a
norma prima del D.L. 8 luglio 2002 n. 138, convertito nella legge 8
agosto 2002 n. 178 e comunque materia prima secondaria per
attività siderurgiche e metallurgiche ai sensi dei commi 25,
26 e 29 dell'art. 1 della legge 15 dicembre 2004 n. 308.
In proposito, la disciplina applicabile all'epoca del fatto era quella
di cui al D. Lgs. n. 22/97 che all'art. 6, comma 1, lett. a) definiva
rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle
categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi".
Secondo l'interpretazione autentica di tale definizione contenuta
nell'art. 14 del cit. D. L. n. 138/2002 la seconda e la terza
situazione "non ricorrono... per beni o sostanze e materiali
residuali di produzione o di consumo ove sussista una delle seguenti
condizioni: se gli stessi possono essere e sono
effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o analogo o
diverso ciclo produttivo o di consumo senza subire alcun intervento
preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente"
ovvero "dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda
necessaria alcuna operazione di recupero fra quelle individuate
nell'allegato C del D. Lgs. n. 22".
Attualmente la definizione delle materie prime secondarie e delle
materie prime secondarie per attività siderurgiche e
metallurgiche è contenuta all'art. 183, lett. q) in
relazione all'art. 181 e lett. u) del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 151, in
ciò anticipato dai commi 25° e 29°
dell'articolo unico della legge 15 dicembre 2004 n. 308.
In particolare il comma 12° dell'art. 181 stabilisce che "La
disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino al
completamento delle operazioni di recupero, che si realizza quando non
sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i
materiali e gli oggetti ottenuti possono essere usati in un processo
industriale o commercializzati come materia prima secondaria,
combustibile o come prodotto da collocare, a condizione che il
detentore non se ne disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsene".
Il comma 13° aggiunge che "La disciplina in materia di
gestione di rifiuti non si applica ai materiali, alle sostanze e agli
oggetti, che, senza necessità di operazioni di
trasformazione, già presentino le caratteristiche sensi del
presente articolo, a meno che il detentore se ne disfi o abbia deciso o
abbia l'obbligo di disfarsene".
Infine, secondo la lett. u) dell'art. 183 si definisce "materia
prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche
la cui utilizzazione è certa e non eventuale: 1) i rottami
ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero completo e
rispondenti a specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO, ...2) i rottami o
scarti di lavorazione industriali o artigianali o provenienti da cicli
produttivi o di consumo ...che possiedono in origine le stesse
caratteristiche riportate nelle specifiche di cui al numero 1".
Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia della
Comunità Europea, alla stregua della direttiva 75/442 (oggi
2006/12/CE), alla luce della quale è necessario interpretare
anche il diritto italiano, il fatto che una sostanza utilizzata sia un
residuo di produzione costituisce, in via di principio, un indizio
dell'esistenza di un'azione, di un intenzione o di un obbligo di
disfarsene (cfr., tra le alte, Corte di giustizia 11 novembre 2004,
causa C-457/02, Niselli).
Ciò non esclude peraltro che si tratti di un sottoprodotto o
di una materia prima secondaria, che il detentore intende sfruttare o
commercializzare, purché "il riutilizzo di un bene,
di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma
certo, senza previa trasformazione ..."
Questa esigenza di certezza del riutilizzo o della commercializzazione
immediati del residuo viene recepita anche dalla normativa italiana
come sopra riportata e costituisce l'elemento di valutazione sul quale
il giudice ha fondato la propria qualificazione del materiale ferroso
accantonato nell'azienda del ricorrente come rifiuto.
Il Tribunale ha innanzitutto dichiarato correttamente di prescindere
dalla unilaterale qualificazione di tale materiale contenuta nella
documentazione di accompagnamento dall'impresa Ferriera alla s.n.c.
F.11i Livieri.
Ciò premesso, il Tribunale ha poi efficacemente contrapposto
alle incerte e non sufficientemente precise affermazioni dei testi
Toffanin e Frasson riportate nell'atto di impugnazione, il rilievo -
attraverso le dichiarazioni del testimone Vincenti (del settore
ecologico della provincia) nonché le fotografie prodotte -
del tipo di materiale accumulato, dello stato in cui lo stesso si
trovava nell'azienda e della circostanza che l'impresa dei Livieri
fosse autorizzata, con procedura semplificata ai sensi dell'art. 33 del
D. Lgs. n. 22/97, proprio a svolgere, secondo quanto dalla stessa
dichiarato alla provincia di Treviso, attività "di recupero
di rifiuti non pericolosi costituiti da barre, lamiere, profili grezzi
lavorati, sfidi e ritagli per la produzione di materia prima secondaria
mediante messa in riserva e successiva selezione e adeguamento
volumetrico".
Alla luce di ciò la sentenza ha ragionevolmente escluso, con
giudizio di fatto pertanto incensurabile in questa sede, la certezza
che i residui altrui lì stoccati fossero destinati al
riutilizzo o alla commercializzazione.
Il primo motivo di ricorso è pertanto infondato.
Altrettanto infondati sono il secondo e il terzo motivo di ricorso, coi
quali si contesta che il materiale fosse depositato a contatto col
suolo e che comunque fosse necessaria una permeabilizzazione dello
stesso nonché un sistema di convogliamento delle acque
piovane e di vasche di raccolta delle acque stesse.
Al riguardo il Tribunale ha fondato la propria valutazione
relativamente alla inesistenza di una pavimentazione su cui poggiasse
il materiale ferroso sulla base delle fotografie, prodotte, della
testimonianza del Vincenti nonché del fatto che questi aveva
riferito in giudizio di avere, nell'immediatezza del sopralluogo
effettuato, contestato l'assenza di pavimentazione senza essere in
proposito contraddetto.
Elementi che il giudice di merito ha ritenuto non irragionevolmente
sufficienti a provare l'assunto accusatorio.
Quanto infine alla necessità comunque anche di una
impermeabilizzazione della pavimentazione e di un sistema di
convogliamento e di raccolta delle acque piovane, sicuramente
inesistente, il giudice ha in proposito condiviso le valutazione del
teste Vincenti, evidentemente alla luce delle fotografie prodotte, che
mostravano che l'accumulo disordinato era a cielo aperto, per cui le
caratteristiche del rifiuto ferroso imponevano maggiori cautele,
compresa quella prescritta dall'art. 6 lett. c) del D.M. 5 febbraio
1998 "qualora richiesto dalle caratteristiche del rifiuto",
quali denotate anche dal rapporto di questo con un ambiente determinato.
Sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto e il
ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso Roma, il 15 maggio 2007
Deposito in cancelleria il 21/06/2007