Cass. Sez. III n. 4545 del 29 gennaio 2008 (Ud. 4 dic. 2007)
Pres. Lupo Est. Onorato Ric. PM in proc. Pennino ed altro
Rifiuti. Trasporto e confisca del mezzo (decreto penale)

Secondo il combinato disposto dell\'art. 460, comma 2, c.p.p. e dell’art. 259, comma 2, D.Lgs. l52-2006 sussiste per il G.I.P. l\'obbligo di disporre la confisca del mezzo di trasporto sequestrato anche in caso di emissione di decreto penale di condanna. Anche nel rito monitorio il giudice ha il dovere di disporre la confisca ogni volta che sia obbligatoria o ai sensi dell\'art. 240, comma 2, c.p. o ai sensi delle leggi speciali. Secondo questo approccio ermeneutico, la ratio evidente della ripetuta norma dell\'art. 259, comma 2, è di imporre la confisca in esito ad ogni pronuncia di condanna (sia essa con sentenza o con decreto) o equiparata (ai sensi dell\'art. 445, comma 1 bis, ultimo periodo). Del resto, anche l\'art. 240, primo comma, c.p., nel condizionare la confisca alla condanna, non fa distinzione tra sentenza o decreto.

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In fatto e in diritto

1 - Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Benevento chiedeva al g.i.p. dello stesso tribunale di emettere decreto penale di condanna contro Antonio Pellegrino Pennino e Alessandro Francesca per il reato di cui agli artt. 110 c.p., 256, comma 1, lett. a) D.Lgs. 152/2006, e per l’illecito amministrativo di cui agli artt. 258, comma 4, e 193 D.Lgs. 152/2006, perché - il primo quale titolare dell’omonima impresa edile, il secondo quale autista dipendente - avevano trasportato su un autocarro della ditta rifiuti non pericolosi (scarti di demolizioni) senza autorizzazione e senza il prescritto formulario di identificazione (in Ceppaloni il 6 maggio 2007).

In particolare il pubblico ministero chiedeva la condanna del Pennino a € 2.000 di ammenda e del Francesca a € 1.000 di ammenda, oltre alla sanzione amministrativa di € 1.600 per ciascuno, nonché la restituzione dell’automezzo sequestrato e la confisca del restante materiale in sequestro.

Il g.i.p. rigettava l’istanza e restituiva gli atti al p.m., osservando che nel caso di specie era obbligatoria la confisca del mezzo di trasporto, sicché non se ne poteva disporre la restituzione.

2 - Il procuratore della Repubblica beneventano ha proposto ricorso per cassazione, ritenendo abnorme il provvedimento impugnato per erronea applicazione dell’art. 259, comma 2, D.Lgs. 152/2006.

Osserva il ricorrente che:

a) il predetto art. 259, comma 2, prevede la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto solo come conseguenza di una sentenza di condanna o di una sentenza c.d. di patteggiamento della pena ex art. 444 c.p.p.;

b) la stessa norma è derogatoria rispetto a quella prevista dall’art. 445, comma 1, c.p.p., la quale, in esito a sentenza di applicazione di pena patteggiata, consente la confisca solo nei casi previsti dall’art. 240 c.p.;

c) la norma è pertanto di stretta interpretazione e non può essere estesa analogicamente anche al caso di decreto penale di condanna;

d) per conseguenza il giudice doveva restituire il mezzo di trasporto sequestrato ed emettere il richiesto decreto penale.

Il procuratore generale in sede ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

3 - L’art. 259, comma 2, del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 prevede che in esito a sentenza di condanna o di applicazione di pena patteggiata ex art. 444 c.p.p. per il reato di trasporto non autorizzato di rifiuti previsto dall’art. 256, comma 1 dello stesso decreto legislativo, il giudice disponga obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.

Contrariamente alla tesi del pubblico ministero ricorrente, va anzitutto precisato che nel caso di specie non si trattava di sentenza di applicazione della pena patteggiata ex art. 444 e ss. c.p.p., e che quindi non si verteva sulla possibilità - negata dal ricorrente - di applicare la confisca anche al di là delle ipotesi previste dall’art. 240 c.p. espressamente richiamate dall’art. 445 c.p.p.. D’altronde, la confisca del mezzo di trasporto usato per il reato rientra nelle ipotesi di confisca facoltativa prevista dal primo comma dell’art. 240 c.p.

Thema decidendum era piuttosto il potere del giudice per le indagini preliminari, richiesto di emettere decreto penale di condanna, di disporre la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, e per conseguenza di non accogliere la richiesta del p.m. che non prevedeva detta confisca, ma la restituzione dell’automezzo.

Benché non argomentata, la evidente tesi del g.i.p. era che, secondo il combinato disposto dell’art. 460, comma 2, c.p.p. e del citato art. 259, comma 2, D.Lgs. l52/2006, sussisteva per lui l’obbligo di disporre la confisca del mezzo di trasporto sequestrato.

La tesi appare giuridicamente fondata secondo una interpretazione teleologica e sistematica delle norme in materia, in base alla quale anche nel rito monitorio il giudice ha il dovere di disporre la confisca ogni volta che sia obbligatoria o ai sensi dell’art. 240, comma 2, c.p. o ai sensi delle leggi speciali.

Secondo questo approccio ermeneutico, la ratio evidente della ripetuta norma dell’art. 259, comma 2, è di imporre la confisca in esito ad ogni pronuncia di condanna (sia essa con sentenza o con decreto) o equiparata (ai sensi dell’art. 445, comma 1 bis, ultimo periodo). Del resto, anche l’art. 240, primo comma, c.p., nel condizionare la confisca alla condanna, non fa distinzione tra sentenza o decreto.

Peraltro, adottando questa impostazione, proprio a norma dell’art. 460, comma 2, c.p.p., il giudice avrebbe potuto coerentemente emettere il decreto penale, determinando la pena nella misura richiesta dal p.m. e disponendo inoltre la confisca (ritenuta obbligatoria) del mezzo di trasporto.

4 - Ma a prescindere dalla opinabilità della tesi giuridica del giudice, è certo che il suo provvedimento non è impugnabile, secondo il principio di tassatività delle impugnazioni consacrato nell’art. 568 c.p.p..

E altrettanto certamente esso non può qualificarsi come abnorme, perché la restituzione degli atti al pubblico ministero richiedente, da una parte non esula dal sistema processuale, ma è anzi atto espressamente previsto dall’art. 459, comma 3, c.p.p.; e dall’altra non genera alcuno stallo del procedimento, potendo il pubblico ministero riattivare l’esercizio dell’azione penale secondo il rito ordinario o secondo altri riti speciali, oppure anche riproporre nei termini di legge l’istanza per un decreto penale di condanna contenente la confisca dell’automezzo sequestrato.

Per tale ragione il ricorso del pubblico ministero va dichiarato inammissibile.