Cass. Sez. III n. 45422 del 11 dicembre 2024 (UP 27 nov 2024)
Pres. Ramacci Rel. Noviello Ric. Fabbri 
Rifiuti.Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti da parte di titolari di imprese o di responsabili di enti

La contravvenzione di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti da parte di titolari di imprese o di responsabili di enti, di cui all'art. 256, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, si pone in rapporto di specialità, ex art. 15 cod. pen., con quella sanzionante le analoghe condotte tenute, a far data dal 10 ottobre 2023, da soggetti che non rivestono tali qualifiche soggettive, prevista dall'art. 255, comma 1, d.lgs. citato, come novellato dall'art. 6-ter d.l. 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137, in precedenza, costituenti illecito amministrativo. Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 256, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è necessaria la sola qualifica soggettiva dell'autore della condotta e non anche la derivazione dei rifiuti abbandonati dalla specifica attività di impresa, integrandosi la stessa ogniqualvolta i titolari di impresa o i responsabili di enti abbandonano o depositano in modo incontrollato non solo i rifiuti di propria produzione, ma anche quelli di diversa provenienza, atteso che il collegamento tra le fattispecie rispettivamente previste dai commi 1 e 2 del citato art. 256 riguarda il solo trattamento sanzionatorio e non anche la parte precettiva.

RITENUTO IN FATTO 

1.Con sentenza di cui in epigrafe, il tribunale di Rimini condannava Fabbri Stefano Fabbri Ronald e Fabbri Alberto in ordine al reato di cui all’art. 256 comma 1 lett.a) e 2 del Dlgs. 152/06 e 734 c.p. 

2. Avverso la predetta ordinanza i predetti imputati mediante i loro difensori hanno proposto, con plurimi motivi ricorso per cassazione. 

    3. Con il primo motivo deducono la violazione dell'articolo 256 comma uno lettere a) e comma due del decreto legislativo numero 152 del 2006 nonché dell'articolo 131 bis del codice penale oltre al vizi di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Si contesta innanzitutto la erronea interpretazione della nozione di rifiuto, osservandosi che erano presenti sul terreno di proprietà degli imputati  solo alcune autovetture che come tali non erano ammassate né i beni erano sparsi in maniera disordinata come richiederebbe la nozione di rifiuto. Si aggiunge che i veicoli non avevano perso alcun olio o liquido a conferma dell'ottimo stato di conservazione. I veicoli, piuttosto, erano ben conservati rispetto alla finalità di vendita degli stessi. Del resto l'imputato Stefano Fabbri, legale rappresentante di auto Fabbri srl svolgeva  attività di vendita di auto usate. E per alcuni di tali beni sarebbe intervenuta la vendita. Si sarebbe ricavato solo dal mero aspetto esteriore il carattere degli autoveicoli come rifiuto. Nel provvedimento impugnato non emergerebbe che gli autoveicoli fossero del tutto inservibili. Si contesta che i beni fossero ammassati sul rilievo della separazione degli stessi, tra auto e pneumatici, ad evitare la relativa miscelazione. Sarebbe poi illogica la motivazione laddove non tiene conto dell'attività di gommista svolta dal Fabbri Luigi, padre degli imputati, che ogni anno effettua lo smaltimento degli pneumatici. Vi sarebbe in questo quadro la violazione del principio dell'aldilà di ogni ragionevole dubbio. Si lamenta inoltre la mancata applicazione della fattispecie di cui all'articolo 131 bis del codice penale. Vi sarebbe infatti l'esiguità del danno o del pericolo; inoltre i beni in questione erano comunque conservati all'interno di un'area di proprietà ed emergerebbe anche la non abitualità del comportamento.

    4. Con il secondo motivo deducono vizi di violazione di legge e di mancanza di motivazione. Si contesta che siano stati riconosciuti responsabili Fabbri Ronald e Fabbri Alberto solo in ragione della loro qualità di comproprietari del terreno su cui erano parcheggiate le vetture considerate rifiuto. Ciò sebbene non sussista un obbligo di impedire l'evento in capo al proprietario di un terreno con riguardo ai rifiuti. E dunque non sarebbe stata individuata la condotta rimproverabile non potendo contestarsi il comma secondo dell'articolo 256 citato quale reato a soggettività ristretta, realizzabile solo dal titolare di un'impresa e non dal mero proprietario del terreno che non ha, viene ribadito, alcun obbligo giuridico di impedire l'evento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Riguardo al primo motivo, va premesso che nella giurisprudenza di questa Corte si è avuto modo ripetutamente di chiarire che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili «non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato» (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568) e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l'atto di impugnazione risiedono nel fatto che il ricorrente non può trascurare le ragioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425). Nel caso in esame il carattere dei veicoli come rifiuto, tale essendo ex art. 184 comma 1 del Dlgs. 152/06 “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi ", viene spiegato dal tribunale non solo in ragione di quanto sostenuto dal teste Volpe, secondo il quale gli stessi oltre a essere collocati inadeguatamente su terreno non impermeabilizzato erano in “stato di degrado” con pezzi non funzionanti, ma anche alla luce delle fotografie depositate, dimostrative, secondo il giudice, della circostanza per cui i predetti materiali, assieme agli pneumatici,  erano “palesemente dismessi”. Laddove non sussiste una modalità tipica di verifica dello stato di abbandono di un autoveicolo, dimostrativo della circostanza per cui taluno se ne sia disfatto o aveva intenzione di disfarsene ed anzi in tema di rifiuti, la qualificazione della condotta in termini di abbandono o di deposito incontrollato ex art. 256 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, costituisce frutto di un accertamento di fatto rimesso al giudice di merito che, se congruamente motivato, come in  questo caso , non è sindacabile in sede di legittimità. (Sez. 3 -  n. 30929 del 10/04/2024 Rv. 286838 – 02). Rispetto a tale impostazione motivazionale, la difesa contrappone dichiarazioni di altri testi espressive di loro personali valutazioni senza tuttavia confutare i dati essenziali su cui si fonda la motivazione contestata, con riguardo, oltre che alla testimonianza del Volpe, anche a quanto emergente dalle fotografie citate, incorrendo, alla luce del principio indicato in premessa,  in un vizio di carenza di specificità estrinseca che mina la censura proposta in punto di non qualificabilità degli autoveicoli come rifiuti; la quale censura peraltro, in assenza della necessaria previa confutazione di cui sopra, si traduce in una mera diversa valutazione dei dati probatori disponibili, anche essa inammissibile in questa sede. Va aggiunto che, gli accertamenti sulle CSC, svolti da un teste valorizzato in ricorso, ovvero sulle concentrazioni soglia di contaminazione, non pare pertinente per escludere la sussistenza di rifiuti come sostenuto dalla difesa, siccome attiene ai livelli di contaminazione delle matrici ambientali il cui superamento qualifica un sito come potenzialmente inquinato a seconda del tipo di destinazione del sito medesimo, senza che implichi anche la assoluta assenza di liquidi o materiali contaminanti. Appare di fatto incontestabile, altresì, il carattere di rifiuto degli pneumatici, tanto che è acclarato il loro successivo smaltimento. Né è logicamente e giuridicamente rilevante il dato per cui il padre degli imputati avrebbe sempre regolarmente proceduto egli stesso allo smaltimento degli pneumatici, per escludere la sussistenza oggettiva del reato in questione rispetto a tali ulteriori materiali. Va aggiunto che neppure appare confutato il rilievo motivazionale, a supporto della tesi di accusa riguardo agli pneumatici, circa la irrilevanza di prodotti formulari dimostrativi di smaltimento, siccome generici e non correttamente compilati. Quanto alla avvenuta successiva vendita di taluni veicoli, pure ammessa dal giudice, si tratta di circostanza che lo stesso tribunale osserva integrare solo una vicenda successiva ai fatti come accertati e valutati. 
La motivazione elaborata dal tribunale, alla luce di quanto sopra rilevato, appare invero congrua rispetto ai fatti contestati e rilevati, posto tra l’altro che la contravvenzione sanzionante il deposito incontrollato è integrata con un solo atto o con più condotte recanti i segni del persistente dominio sulla cosa e ha sempre natura permanente, qualificandosi la condotta come deposito "controllabile", cui segue l'omessa rimozione e cessando lo stato di antigiuridicità con lo smaltimento, il recupero, l'eventuale sequestro oppure con la sentenza di primo grado, se la contestazione è di natura aperta. (Sez. 3 -  n. 30929 del 10/04/2024 Rv. 286838 – 01). E rispetto ad essa coerente è il giudizio di responsabilità a carico di Fabbri Stefano quale rappresentante legale  della Auto Fabbri srl e contitolare dell’area interessata rispetto al quale si evidenzia anche come non abbia negato i fatti, abbia gestito gli autoveicoli in questione siccome di sua titolarità, come anche risulta dalle deposizioni di cui agli atti allegati, come tali esaminabili da questa Corte, oltre che dallo stesso ricorso (pag. 6). In proposito è sufficiente ricordare, da una parte, che la contravvenzione di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti da parte di titolari di imprese o di responsabili di enti, di cui all'art. 256, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, si pone in rapporto di specialità, ex art. 15 cod. pen., con quella sanzionante le analoghe condotte tenute, a far data dal 10 ottobre 2023, da soggetti che non rivestono tali qualifiche soggettive, prevista dall'art. 255, comma 1, d.lgs. citato, come novellato dall'art. 6-ter d.l. 10 agosto 2023, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 137, in precedenza, costituenti illecito amministrativo. (Fattispecie in cui la Corte ha giudicato immune da censure la decisione con la quale era stata ritenuta configurabile la contravvenzione di cui all'art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 a fronte dell'abbandono di rifiuti domestici da parte del titolare di un'impresa) (Sez. 3 -  n. 18046 del 18/01/2024 Rv. 286362 – 01); dall’altra, che ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 256, comma 2, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è necessaria la sola qualifica soggettiva dell'autore della condotta e non anche la derivazione dei rifiuti abbandonati dalla specifica attività di impresa, integrandosi la stessa ogniqualvolta i titolari di impresa o i responsabili di enti abbandonano o depositano in modo incontrollato non solo i rifiuti di propria produzione, ma anche quelli di diversa provenienza, atteso che il collegamento tra le fattispecie rispettivamente previste dai commi 1 e 2 del citato art. 256 riguarda il solo trattamento sanzionatorio e non anche la parte precettiva. (Sez. 3 - , n. 18046 del 18/01/2024 Cc.  (dep. 08/05/2024 ) Rv. 286362 – 02). Quanto alla censura in tema di art. 131 bis c.p. vanno effettuate le seguenti notazioni. 
Innanzitutto non risulta né in sentenza né è dedotto in ricorso che vi sia stata rituale domanda di applicazione della predetta fattispecie. Tuttavia in tema di ricorso per cassazione, è deducibile il difetto di motivazione della sentenza d'appello che non abbia rilevato "ex officio", alla stregua di quanto previsto dall'art. 129 cod. proc. pen, la sussistenza dei causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, a condizione che siano indicati i presupposti legittimanti la pretesa applicazione di tale causa proscioglitiva, da cui possa evincersi la decisiva rilevanza della dedotta lacuna motivazionale. (Sez. 6 - , Sentenza n. 5922 del 19/01/2023 Rv. 284160 – 01). Entro tali limiti di omessa valutazione la sentenza va annullata. 

    5. Quanto al secondo motivo esso è fondato. In materia di rifiuti, non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all'art. 256, comma secondo, D.Lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del proprietario di un terreno sul quale altri abbia abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione dei rifiuti, poiché tale responsabilità sussiste solo in presenza di un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell'evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti (cfr. in tal senso in caso di abbandono o deposito operato da terzi, Sez. 3, n. 50997 del 07/10/2015 Ud.  (dep. 29/12/2015 ) Rv. 266030 – 01; in casi di condotta realizzata dal coniuge del comproprietario Sez. 3, n. 28704 del 05/04/2017 Rv. 270340 – 01). E’ stato altresì precisato, in via generale, che in materia di rifiuti, non è configurabile in forma omissiva il reato di gestione o realizzazione di discarica abusiva, con principio che può ritenersi vigente anche per il deposito incontrollato, attesa l'insussistenza di alcuna posizione di garanzia, nei confronti di chi abbia la disponibilità di un'area sulla quale altri abbiano abbandonato rifiuti per non essersi questi attivato per la loro rimozione, salvo che risulti accertato il concorso, a qualunque titolo, del possessore del fondo con gli autori del fatto ovvero una condotta di compartecipazione agevolatrice. Nessuna illustrazione specifica ed esplicita in tal senso è rinvenibile in sentenza a carico di Fabbri Ronald e Alberto, cui nella sostanza si ascrive, in tal modo, ovvero in assenza di alcuna motivazione adeguata, un mero inadempimento per assicurare la corretta tenuta del sito. 

    6. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che vada annullata la sentenza nei confronti di Fabbri Ronald e Alberto, con l’effetto per cui, in caso di eventuale conferma della relativa responsabilità dovrà conseguentemente esaminarsi anche il profilo della eventuale speciale tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p.; ritiene altresì che limitatamente alla applicabilità dell’art. 131 bis c.p., debba annullarsi la sentenza impugnata nei confronti di Fabbri Stefano, con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Rimini in diversa composizione fisica. Va evidenziato che il predetto tribunale in tale sede non potrà rilevare l’eventuale decorso della prescrizione nei confronti di Fabbri Stefano. Infatti, qualora la Corte di Cassazione annulli con rinvio limitatamente all'accertamento dell'esistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, come accaduto nei confronti del ricorrente Fabbri Stefano, il giudice di rinvio è tenuto a verificare esclusivamente l'applicabilità in fatto di tale causa di esclusione della punibilità, ma non può rilevare l'eventuale decorso del termine di prescrizione, stante la formazione del giudicato progressivo in punto di accertamento del reato e affermazione di responsabilità dell'imputato (cfr. Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016 Rv. 267590 – 01 Mazzoccoli;  Sez. 3, n. 38380 del 15/07/2015 Ud.  (dep. 22/09/2015 ) Rv. 264796 – 01 Ferraiuolo).

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata nei confronti di Fabbri Roland e Fabbri Alberto e, limitatamente alla applicabilità dell’art. 131 – bis c.p., nei confronti di Fabbri Stefano con rinvio per nuovo giudizio al tribunale di Rimini in diversa persona fisica. 
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024.