Cass. Sez. III n. 38676 del 23 settembre 2014 (Ud 20 mag 2014)
Pres. Squassoni Est. Di Nicola Ric. Rodolfi
Rifiuti. Luogo di produzione rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneo

In tema di gestione illecita dei rifiuti, il luogo di produzione rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneo non è solo quello in cui i rifiuti sono prodotti ma anche quello che si trova nella disponibilità dell'impresa produttrice e nel quale gli stessi sono depositati, purchè funzionalmente collegato al luogo di produzione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. SQUASSONI Claudia - Presidente - del 20/05/2014
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere - SENTENZA
Dott. DI NICOLA Vito - rel. Consigliere - N. 1440
Dott. ACETO Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere - N. 10175/2014
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Rodolfi Giuseppe, nato a Collecchio il 28/04/1928;
avverso la sentenza del 19/03/2009 del Tribunale di Parma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. DI NICOLA Vito;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale BALDI Fulvio, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio per l'insussistenza del fatto;
udito per l'imputato l'avv. Donato Castronuovo che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. È impugnata la sentenza del 19 marzo 2009 con la quale il Tribunale di Parma ha condannato Rodolfi Giuseppe alla pena di 1.800,00 Euro di multa (recte di ammenda) per il reato di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 192, comma 1, art. 256, comma 2, perché, in qualità di Presidente del Consiglio di amministrazione della ditta "Rodolfi Mansueto s.p.a.", depositava in modo incontrollato rifiuti residuati dalle operazioni di depurazione di liquami.
In Collecchio, fatto accertato il 29 giugno 2006.
2. Per l'annullamento dell'impugnata sentenza, l'imputato ha proposto, tramite il difensore di fiducia, ricorso per cassazione affidando il gravame a due motivi con i quali deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per erronea applicazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. m), in relazione al concetto di luogo in cui i rifiuti sono prodotti nonché la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui sostiene la riconducibilità del fatto ascritto all'imputato nell'alveo del deposito incontrollato di rifiuti (primo motivo) nonché la violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per l'erronea applicazione della legge penale
nell'aver affermato la penale responsabilità del ricorrente nonostante la condotta contestata sia stata posta in essere in assenza del necessario elemento psicologico (secondo motivo). CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato sulla base del primo motivo che assorbe il secondo.
2. Il Tribunale è pervenuto ad affermare la penale responsabilità del ricorrente sul rilievo che i fanghi, oggetto dell'imputazione e classificati come rifiuti, furono prodotti dalla ditta della quale il ricorrente era legale rappresentante e furono depositati in modo incontrollato perché riversati in un fossato scavato nella terra e ubicato al di fuori dell'area dello stabilimento industriale e quindi all'esterno del luogo di produzione degli stessi, al di fuori di ogni controllo da parte del produttore e senza alcuna cautela, con la conseguenza che il deposito non poteva definirsi temporaneo. Il ricorrente obietta che il Tribunale ha optato per una interpretazione restrittiva del concetto di "luogo di produzione", obliterando che lo scavo utilizzato per la raccolta dei fanghi di depurazione si trovasse su un'area di un'azienda agricola adiacente e funzionalmente collegata con quella di produzione, peraltro appartenenti al medesimo proprietario ossia al ricorrente, con la conseguenza che, in mancanza di qualsiasi accertamento sulla legittimità dell'azienda conserviera a disporre dello scavo di raccolta dell'azienda agricola nonché di ogni accertamento circa la sussistenza fra i due luoghi di una contiguità e funzionalità di fatto esistente, l'approdo cui è giunto il Tribunale nel ritenere la fattispecie del deposito incontrollato, invece che di quello temporaneo, fonda su un'affermazione apodittica.
Il rilievo è corretto se si considera che questa Corte ha affermato che, per deposito controllato o temporaneo, si intende ogni raggruppamento di rifiuti, effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, quando siano presenti precise condizioni relative alla quantità e qualità dei rifiuti, al tempo di giacenza, alla organizzazione tipologica del materiale ed al rispetto delle norme tecniche elencate nel D.Lgs. n. 152 del 2006. Tale deposito è libero, non disciplinato dalla normativa sui rifiuti, (ad eccezione degli adempimenti in tema di registri di carico e scarico e del divieto di miscelazione) anche se sempre soggetto ai principi di precauzione ed azione preventiva che, in base alle direttive comunitarie, devono presiedere alla gestione dei rifiuti e che solo in difetto di anche uno dei menzionati requisiti, il deposito non può ritenersi temporaneo, ma deve essere considerato:
- deposito preliminare, se il collocamento di rifiuti è prodromico ad una operazione di smaltimento che, in assenza di autorizzazione o comunicazione, è sanzionata penalmente dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1);
- messa in riserva, se il materiale è in attesa di una operazione di recupero che, essendo una forma di gestione, richiede il titolo autorizzativo la cui carenza integra gli estremi del reato previsto dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1);
- deposito incontrollato o abbandono quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o recupero. Tale condotta è sanzionata come illecito amministrativo se posta in essere da un privato e come reato contravvenzionale se tenuta da un responsabile di enti o titolare di impresa.
Quando l'abbandono dei rifiuti è reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi, il fenomeno può essere qualificato come discarica abusiva (Sez. 3^, n. 49911 del 10/11/2009, Manni, Rv. 245865).
Questa Corte ha inoltre affermato e recentemente ribadito che, in tema di gestione illecita dei rifiuti, il luogo di produzione rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneo non è solo quello in cui i rifiuti sono prodotti ma anche quello che si trova nella disponibilità dell'impresa produttrice e nel quale gli stessi sono depositati, purché funzionalmente collegato al luogo di produzione (Sez. 3^, Sentenza n. 8061 del 23/01/2013, Ercolani, 254754).
Nel caso concreto, è dunque mancato il duplice accertamento rivendicato dalla difesa e solo all'esito del quale sarebbe stato possibile affermare o escludere, con congrua motivazione, l'ipotesi del deposito incontrollato o temporaneo, con la conseguenza che il convincimento espresso dal tribunale fonda su un'affermazione decisamente apodittica.
3. La sentenza andrebbe dunque annullata con rinvio per mancanza di motivazione su un punto decisivo del tema di prova ma tale epilogo decisorio è precluso dall'assorbente circostanza dell'intervenuta estinzione del reato per prescrizione (maturata in data 29 giugno 2011).
Le Sezioni unite hanno infatti affermato e ribadito che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244275; Sez. U, n. 1653 del 21/10/1992, dep. 22/02/1993, Marino ed altri, Rv. 192471).
L'impugnata sentenza va, pertanto, annullata senza rinvio, per intervenuta estinzione del reato per prescrizione.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la impugnata sentenza perché il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2014