Cass. Sez. III n. 13105 del 28 aprile 2020 (UD 21 gen 2020)
Pres. Liberati Est. Corbo Ric. Caldararu
Rifiuti.Reato di trasporto di rifiuti senza autorizzazione
Il reato di trasporto di rifiuti senza autorizzazione (art. 256, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) ha natura di reato istantaneo e non abituale, in quanto si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, essendo sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie incriminatrice. Semmai, la configurabilità del reato dovrebbe essere esclusa quando la condotta oltre ad essere unica, sia anche assolutamente occasionale.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 14 settembre 2018, la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano che aveva dichiarato la penale responsabilità di Iorgu Caldararu per il reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 152 del 2006, per aver raccolto, trasportato e gestito rifiuti pericolosi e non pericolosi in mancanza della prescritta autorizzazione, accertato in data antecedente e prossima al 26 agosto 2016, e lo aveva condannato alla pena di quattro mesi di arresto e 1.800,00 euro di ammenda, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe l'avvocato Chiara Maria Zanotti, quale difensore di fiducia dell'imputato, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 192 e 546 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza del reato.
Si deduce che la sentenza impugnata ha confermato acriticamente quella di primo grado, eludendo le critiche formulate con l’atto di appello. Si segnala, in particolare, che del tutto apodittica è l’affermazione dell’abitualità della condotta di trasporto e di gestione dei rifiuti, in quanto l’annotazione di polizia giudiziaria dà atto che, al momento del controllo, l’imputato stava scaricando solo due lavatrici, e la diminuzione di rifiuti nel sito non è riferibile a condotte del medesimo, se non sulla base di mere congetture. Si aggiunge che nessun significato indiziante è riferibile alla presenza della dimora dell’imputato in prossimità del luogo dello scarico, e che un teste della difesa, il quale frequentava la zona interessata per coltivare un suo podere, ha escluso di aver notato condotte di abbandono di rifiuti da parte del ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 131-bis cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla esclusione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.
Si deduce che la sentenza impugnata del tutto immotivatamente ha escluso l’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen. ritenendo l’abitualità del trasporto e la non esiguità della condotta sulla base di un singolo controllo, relativo allo scarico di due lavatrici.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento all’art. 166 cod. pen., nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno in favore delle parti civili.
Si deduce che illegittimamente la Corte d’appello ha escluso una situazione di impossidenza economica dell’imputato valorizzando la disponibilità di un autocarro, senza considerare né che il veicolo era stato immatricolato nel 2002, aveva percorso oltre 300.000 km. ed era in pessimo stato di manutenzione e con carrozzeria danneggiata, né che il ricorrente viveva con la famiglia in una baracca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nella parte in cui contesta la subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, mentre è inammissibile nel resto.
2. Diverse da quelle consentite in sede di legittimità sono le censure esposte nel primo motivo, che contestano l’affermazione della sussistenza del reato, deducendo la natura apodittica dell’affermazione dell’abitualità della condotta di trasporto e gestione di rifiuti da parte del ricorrente.
Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, il reato di trasporto di rifiuti senza autorizzazione (art. 256, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152) ha natura di reato istantaneo e non abituale, in quanto si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, essendo sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie incriminatrice (Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, Hrustic, Rv. 247605-01, nonché, più di recente, Sez. 3, n. 30134 del 05/04/2017, Dentice, Rv. 270255-01, e Sez. 3, n. 41529 del 15/12/2016, dep. 2017, Angeloni, Rv. 270947-01). Semmai, la configurabilità del reato dovrebbe essere esclusa quando la condotta oltre ad essere unica, sia anche assolutamente occasionale (cfr., specificamente, Sez. 3, n. 8193 del 11/02/2016, Revello, Rv. 266305-01, la quale ha escluso l'occasionalità della condotta, pur essendo stato effettuato il trasporto in un'unica occasione, atteso che l'ingente quantità di rifiuti denotava lo svolgimento di un'attività commerciale implicante un minimum di organizzazione necessaria alla preliminare raccolta e cernita dei materiali).
La sentenza impugnata, nella specie, ha evidenziato che: a) l’imputato, privo di qualunque autorizzazione, aveva utilizzato per il trasporto di rifiuti un furgone di proprietà della moglie; b) il medesimo, precisamente, è stato colto mentre scaricava dal furgone rifiuti costituiti da lavatrici, computer, reti, pannelli in metallo, stendini, carrelli della spesa, parte di arredamento, pneumatici, parti metalliche di veicoli a motore intrise d’olio; c) nelle attività di scarico era utilizzata una carriola; d) il materiale, al momento del controllo, era in parte sulla carriola, in parte a terra e in parte dentro il furgone. Dalla sentenza di primo grado, poi, si evince ulteriormente che i cumuli di rifiuti presenti sul suolo coprivano un’area di circa 30 metri quadrati, e che nel furgone c’era «parecchio materiale ferroso».
Le conclusioni della sentenza impugnata circa la sussistenza del reato, in considerazione degli elementi esposti, sono immuni da vizi e certamente non possono ritenersi fondate su di una motivazione apparente.
3. Diverse da quelle consentite in sede di legittimità sono anche le censure esposte nel secondo motivo, che contestano la mancata applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.
In modo incensurabile, infatti, la Corte d’appello ha escluso la sussistenza dei presupposti richiesti dall’art. 131-bis cod. pen., in quanto la stessa ha richiamato non solo il carattere non episodico della condotta, ma anche l’entità dei rifiuti trattati, per poi desumere, sulla base di tali elementi, «come questa attività di raccolto, trasporto e gestione dei rifiuti fosse tutt’altro che di “minima offensività”».
4. Fondate, invece, come si è detto, sono le censure esposte nel terzo motivo, che contestano la subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, senza alcuna considerazione della situazione di impossidenza economica dell’imputato emergente dagli atti.
L’orientamento ampiamente prevalente della giurisprudenza di legittimità, e condiviso dal Collegio, ritiene che, in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice, pur non essendo tenuto a svolgere un preventivo accertamento delle condizioni economiche dell'imputato, deve tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse se dagli atti emergano elementi che consentono di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (cfr., per tutte, Sez. 5, n. 48913 del 01/10/2018, Asllani, Rv. 274599-01, che ha disposto l’annullamento con rinvio in relazione a fattispecie in cui il giudice di merito aveva omesso di valutare elementi desumibili dagli atti e attestanti le modeste condizioni economiche dell'imputato, nonché Sez. 6, n. 11371 del 15/02/2018, C., Rv. 272544-01).
Nella specie, la sentenza impugnata, pur rilevando correttamente che la sospensione condizionale della pena doveva essere subordinata ad un obbligo, a norma dell’art. 165 cod. pen., per avere l’imputato già riportato condanna a pena sospesa, ha poi individuato quest’ultimo in quello del pagamento del risarcimento dei danni in favore delle parti civili, senza confrontarsi correttamente con le risultanze in atti.
Invero, la stessa sentenza impugnata rappresenta che l’imputato e la sua famiglia vivevano e vivono in una baracca posta a circa cento metri dal luogo di abusivo sversamento dei rifiuti, e che gli stessi debbono ritenersi trarre la loro fonte di sostentamento da tale illecita attività.
Le circostanze indicate, stante anche l’assenza di elementi ulteriori, come, ad esempio, quello relativo al valore del furgone, imponevano al giudice di svolgere un motivato apprezzamento in ordine alla capacità dell’imputato di pagare la somma quantificata a titolo di risarcimento dei danni, e fissata in complessivi 3.000,00 euro.
5. La fondatezza del ricorso nella parte in cui contesta la sentenza impugnata per aver subordinato la sospensione condizionale della pena al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, senza approfondire quali fossero le condizioni economico del medesimo, alla luce di quanto risulta va in atti, impone l’annullamento della sentenza impugnata per un nuovo giudizio su questo punto.
Il giudice del rinvio, ferma restando la necessità di subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all’adempimento di uno degli obblighi previsti dall’art. 165, primo comma, cod. pen., valuterà se sussistono i presupposti per individuare tale obbligo nel dovere di versare la somma quantificata a titolo di risarcimento dei danni, effettuando tutti gli accertamenti utili in proposito.
Nel resto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente dichiarazione di irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 152 del 2006.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso e irrevocabile l’affermazione di responsabilità.
Così deciso il 21/01/2020