Cass. Sez. III n. 8018 del 1 marzo 2012 (Ud. 16 feb. 2012)
Pres. Mannino Est. Lombardi Ric. Celino
Rifiuti. Responsabilità del detentore
Il detentore dei rifiuti, ha l'obbligo di disfarsene in conformità delle prescrizione dettate dall'art. 10 del D. Lgs n. 22/1997, attualmente DPR n. 152/2006, sicché lo stesso risponde, a titolo di colpa, in concorso con i terzi non autorizzati cui abbia incautamente affidato lo smaltimento dei rifiuti stessi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Foggia ha affermato la colpevolezza di C.L. in ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2, a lei ascritto perchè quale titolare della ditta "Dire Fare Sognare di C.L." abbandonava o depositava con modalità incontrollate vari quantitativi di rifiuti speciali, costituiti da indumenti, nonchè confezioni di cartone e plastica, su un'area facente parte del demanio fluviale.
I rifiuti di cui alla contestazione erano stati rinvenuti da agenti del Corpo Forestale dello Stato, i quali tramite una fattura commerciale intestata alla ditta di cui era titolare l'imputata erano risaliti a quest'ultima quale proprietaria dei rifiuti. Si accertava inoltre che gli indumenti abbandonati risultavano in parte bruciati e che il locale in cui era ubicata l'azienda gestita dalla C. aveva subito un incendio alcuni mesi prima.
La sentenza impugnata, nell'affermare la colpevolezza della C. in ordine al reato ascrittole, ha ritenuto irrilevanti le deduzioni difensive con le quali si era sostenuto che l'imputata, a seguito di un'ordinanza sindacale di sgombero, aveva abbandonato i locali in cui era ubicata la ditta ed aveva autorizzato il proprietario degli stessi "a rimuovere e trasportare a rifiuto tutte le merci e gli altri beni di sua proprietà che fossero ancora presenti nel locale in questione".
Sul punto la sentenza ha osservato che l'imputata non poteva delegare per lo smaltimento dei rifiuti presenti nel locale un privato, ma avrebbe dovuto servirsi dei soggetti autorizzati alla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti.
Avverso la sentenza ha proposto appello il difensore dell'imputata e l'impugnazione è stata trasmessa a questa Corte ai sensi dell'art. 568 c.p.p., u.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con un unico mezzo di annullamento si deduce che l'imputata doveva essere assolta dal reato ascrittole con la formula per non aver commesso il fatto.
In sintesi, si ribadisce che il locale in cui era ubicata l'azienda gestita dalla C., a seguito dell'incendio, era stato oggetto di un'ordinanza sindacale che inibiva a chiunque l'accesso, disponendone lo sgombero. A seguito di tale provvedimento e di un ulteriore danneggiamento da parte di ignoti la C. aveva comunicato al sindaco il cambio di sede operativa e la risoluzione del contratto di locazione. L'imputata, pertanto, aveva perso la disponibilità dell'immobile e non poteva essere ritenuta responsabile di fatti commessi da terzi. Il ricorso è manifestamente infondato.
La ricorrente si limita a formulare esclusivamente deduzioni di natura fattuale, già prospettate dinanzi al giudice di merito e ritenute irrilevanti con motivazione giuridicamente corretta, senza che sia fatto alcun riferimento a violazioni di legge o vizi di motivazione del provvedimento impugnato.
La sentenza, infatti, ha correttamente osservato in punto di diritto che l'imputata, in quanto detentrice dei rifiuti, aveva l'obbligo di disfarsene in conformità delle prescrizione dettate dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 10, attualmente D.P.R. n. 152 del 2006, sicchè la stessa risponde, a titolo di colpa, in concorso con i terzi non autorizzati cui abbia incautamente affidato lo smaltimento dei rifiuti stessi, così come accertato in punto di fatto dal giudice di merito.
Sul punto è appena il caso di ricordare il principio di diritto reiteratamente affermato da questa Corte in materia, secondo il quale l'affidamento di rifiuti a soggetti terzi, al fine del loro smaltimento, comporta per il soggetto che li conferisce precisi obblighi di accertamento (in particolare, la verifica sia dell'affidabilità del terzo che dell'esistenza in capo al medesimo delle necessarie autorizzazioni e competenze per l'espletamento dell'incarico), la cui violazione giustifica l'affermazione della responsabilità penale per il mancato controllo a titolo di "culpa in eligendo", (sez. 3^, 19.12.2007 n. 6101 del 2008, Cestaio, RV 238991; sez. 3^, 1.4.2004 n. 21588, Ingrà e altri, RV 228798; sez. 3^, 19.2.2003 n. 16016, Battaglino, RV 224249).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 606 c.p.p., u.c., con le conseguenze di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 16 febbraio 2012.