La doiscarica di Pitelli Relazione di Roberto Lamma (presidente Ceag Liguria) Relazione

 

PITELLI

 

La zona di Pitelli, come è noto, fu scelta ormai molti anni fa da pseudo-imprenditori e pseudo-amministratori come luogo di elezione per impianti di smaltimento di rifiuti di ogni genere, tutti gestiti nel più assoluto disprezzo della legge. Mentre i processi penali vanno faticosamente avanti, emerge con sempre maggior gravità il problema delle bonifiche dei siti inquinati.

Date le enormi dimensioni delle aree di cui stiamo parlando (si tratta di numerosi impianti di smaltimento rifiuti dei quali quello tristemente famoso di proprietà della Contenitori Trasporti è solo il più conosciuto), la questione preliminare più importante è quella del reperimento delle risorse necessarie. Si tratta di un “budget” di svariate decine (forse centinaia) di miliardi; le associazioni ambientaliste, consapevoli di questo, avevano chiesto, fin dal novembre ’96 (subito dopo gli arresti effettuati dalla Procura della Repubblica di Asti), che gli Enti Locali, in particolare il Comune, compissero atti conservativi sui beni delle società coinvolte nello scandalo nonché dei titolari e dirigenti delle medesime. I nostri appelli sono sempre stati ignorati; si è così colpevolmente consentito alle società maggiormente responsabili, che avevano accumulato profitti enormi, di rendersi incapienti. Addirittura si è assistito all’incredibile ed inquietante fenomeno del costante ricorso alla magistratura amministrativa, da parte delle società in questione, contro i pur blandi e contraddittori provvedimenti delle Amministrazioni Locali che, dopo l’intervento della Magistratura Penale, erano più o meno necessitate a non rimanere inerti. Per colmo del paradosso uno degli inquisiti più in vista, alto dirigente della società che ha gestito la discarica di Pitelli e il forno inceneritore per rifiuti tossico-nocivi fino alla loro chiusura, ha acquistato la squadra di calcio dello Spezia e l’ha gestita per due anni, investendo cifre consistenti. Nella veste di proprietario della squadra di calcio, detto personaggio più volte ha interloquito con il Sindaco e la Giunta Comunale per discutere dello stadio e di problemi sportivi, sempre trattando gli Amministratori Locali con un certo sussiego.

In questa città non è strano che il Comune abbia deliberato di affidare la bonifica di un sito inquinato alla stessa società colpevole dell’inquinamento, ma non in suo danno, bensì sulla base di un appalto (stipulato senza procedura d’evidenza pubblica), lautamente pagato (v. caso “Monte Montada” sempre zona Pitelli, sempre società già di Duvia e poi passata ad altri inquisiti e sempre terreni di Duvia e famiglia, ma su questa vicenda non ci si può soffermare perché da sola meriterebbe un romanzo). Così come non deve apparire singolare che la macchina della bonifica sia stata messa faticosamente in moto principalmente per iniziativa del Ministero dell’Ambiente e, in ogni caso, di organi centrali, a fronte di un comportamento, nel migliore dei casi contraddittorio, delle Amministrazioni Locali.

Il sistema complessivamente in vigore, che ha i suoi punti fondamentali nell’art. 17 del D. Lgs. 22/97, nell’art. 1 co. 4 della L. 9.12.98 n. 426 che individua, tra gli altri, l’area di Pitelli come intervento di interesse nazionale, nel D.M. 25.10.99 n. 471, concernente il “Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’art. 17 decreto legislativo 5.2.97 n. 22 e successive modificazioni ed integrazioni”, ha trovato all’inizio del presente anno, un importante momento di sintesi, per quanto riguarda i siti di smaltimento da bonificare nel Levante spezzino, nel D.M. 10.1.2000 “perimetrazione del sito di interesse nazionale di Pitelli”, che ha individuato le aree da sottoporre ad interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza, bonifica, ripristino ambientale e attività di monitoraggio. Successivamente a detto provvedimento, è sorto il problema della costituzione, presso il Ministero dell’Ambiente, del Comitato tecnico – scientifico deputato a curare l’istruttoria della bonifica, nelle fasi del piano della caratterizzazione, dell’approvazione dei progetti preliminari e del progetto definitivo. Le associazioni ambientaliste, sull’importante questione, fin da subito assunsero una posizione netta, nel senso di chiedere che i rappresentanti degli Enti Locali spezzini nel citato Comitato fossero personalità di specifica competenza e di assoluta indipendenza. Come sempre il Comune e la Provincia non hanno raccolto la sollecitazione degli Ambientalisti, almeno secondo le informazioni in possesso di chi scrive. Ad oggi, l’unico intervento concreto è lo stanziamento di 660 milioni, da parte della Regione Liguria, per le più urgenti misure di sicurezza.

In un contesto di grande debolezza degli Enti Locali, alla luce della colpevole inerzia negli anni immediatamente successivi allo scoppio dello “scandalo” di Pitelli, esiste un gravissimo rischio per la comunità spezzina e cioè che i responsabili dell’inquinamento, attraverso un giro di partecipazioni azionarie, la costituzione di nuove società, una serie di accordi incrociati, possano, in qualche modo, rientrare nel gioco, ovviamente in maniera indiretta, al momento dell’esecuzione delle opere di bonifica. È certo che i gruppi dirigenti delle società che hanno gestito gli impianti di Pitelli non stanno fermi e tuttora hanno una significativa capacità di influenzare l'ambiente spezzino.

La bonifica dell’area di Pitelli è un banco di prova decisivo per la tenuta del tessuto democratico della nostra città: non è solo un problema, pur gravissimo, di eliminazione o, quantomeno, di riduzione dell’inquinamento ambientale. Si tratta in realtà di una questione di sopravvivenza delle stesse istituzioni locali; in questa fase è fondamentale che la mobilitazione e la vigilanza dei cittadini trovino puntuale e forte riferimento negli organi statuali. È molto importante che il Governo, il Parlamento, la Commissione Parlamentare di indagine sul traffico di rifiuti facciano la loro parte fino in fondo.

 

 

LA BONIFICA DELL’AREA GIA’ OCCUPATA DALLA RAFFINERIA IP

 

In una zona fortemente antropizzata, tra le colline che delimitano a N.E. la parte centro-orientale della città e la fascia pianeggiante prospiciente il mare, si trova un’area di oltre 60 ha che, fin dall’inizio del secolo, fu utilizzata per la realizzazione di un deposito costiero di olii minerali e, successivamente, dalla fine degli anni ’20, ospitò una vera e propria attività di raffineria. Gli impianti di trattamento di petroli grezzi pesanti per la produzione di benzine e di olii per riscaldamento vennero progressivamente sviluppati sinché, pressappoco al momento dello scoppio del secondo conflitto mondiale, La Spezia divenne uno dei più importanti centri di produzione e distribuzione dei prodotti di raffinazione.

Dopo gli eventi bellici e l’inevitabile distruzione di gran parte degli impianti, negli anni ’50 la raffineria ricominciò a produrre e sviluppò fortemente le proprie capacità produttive, fino a raggiungere, nel 1964, le 5,5 milioni di tonellate/anno.

Negli anni ’70, dopo la guerra del Kippur e l’acquisto della raffineria da parte dell’IP, cominciò un lento declino, culminato, a metà degli anni ’80 (per l’esattezza nel 1984), con la chiusura ed, infine, con la demolizione, iniziata nel 1986 e ultimata nel 1991. Ancora nella fase della demolizione il Comune della Spezia, direttamente e/o attraverso società sue partecipate (soc. Spedia), si era posto il problema del riutilizzo dell’area, rimasta in gran parte di proprietà I.P. almeno fino al 30 gennaio ‘96, quando la società petrolifera cedette circa 47 ha alla Grifil S.r.l. di Lucca. Vennero impegnati studi professionali assai prestigiosi per elaborare dei piani che, pur con significative diversità, prevedevano tutti l’insediamento nell’area di numerose funzioni (p. es. edilizia residenziale, attività industriali, artigianali, commerciali, zone verdi, attività turistico ricettive, quindi alberghi e centro congressi, ecc.). Il tutto attraverso una divisione dell’intera superficie in diversi lotti (nello studio “Piano d’area dell’ex-raffineria IP” elaborato da Federico Oliva & Associati vengono denominati subdistretti) per i quali sono previsti interventi diversificati.

All’interno degli studi effettuati la questione della bonifica che, come pure dovrebbe essere noto, è la PRE-CONDIZIONE perché si possa anche solo discutere di riutilizzo dell’area interessata da insediamento produttivo altamente inquinante, viene affrontata marginalmente, come problema di dettaglio e sempre subordinato alle scelte urbanistiche da compiere.

Molto significativa è poi la circostanza che la bonifica non viene mai riferita a tutta l’area dell’ex raffineria, ma sempre ai singoli lotti (c.d.subdistretti) e alle rispettive destinazioni. Così facendo si compie già una significativa forzatura con riferimento alla vigente normativa nazionale e regionale, in particolare art. 17 D. Lgs. 5.2.97 n. 22 e successive modificazioni, segnatamente L. 9.12.98 n. 426, delibera R. Liguria  n. 3811 del 3.10.97, L. R. Liguria 18/99.

Ma un approccio tanto singolare trova precisi riscontri negli studi commissionati dall’IP quando era proprietaria di quasi tutta l’area (in particolare campagna di caratterizzazione effettuata sul campo e susseguenti “Indagine dell’area dell’ex raffineria della Spezia”, datata 31.8.93 e “Relazione sugli interventi svolti nell’area del Piezometro 3 dell’ex raffineria della Spezia”, 1994, interventi ed elaborati svolti dal Prof. Stelio Munari dell’Università di Genova). Detti studi minimizzano i rischi per l’ambiente e la salute dei cittadini ed autorizzano a nutrire ottimismo per futuri riutilizzi. Per certi versi queste risultanze non devono meravigliare: l’IP per molti anni ha gestito gli impianti e ha mantenuto la proprietà delle aree. Ciò che lascia perplessi è quello che attestano taluni Uffici Pubblici: fin dal 30.7.93 il P.M.P. dell’USL 19 certificava l’avvenuta bonifica delle aree. Dalla documentazione in possesso di Legambiente non è dato di sapere su quali elementi si fondasse un convincimento del genere. Quello che è certo è che si trattava di una valutazione profondamente errata, se è vero che sei anni dopo, a seguito di circostanze piuttosto fortuite, emergeva una verità del tutto diversa.

Il Comune continuava ad impiegare cospicue risorse nell’elaborazione di progetti urbanistici per l’area in questione omettendo qualunque approfondimento sulla reale effettuazione della bonifica, al punto che, nel giugno ’97, il dirigente dell’Ufficio Ambiente, in sede di osservazioni alla V.I.A. per il piano d’area dell’area I.P., dichiarava senza mezzi termini: «…L’area in questione è stata bonificata dall’inquinamento da idrocarburi come attestato da studi universitari.È anche previsto che possono essere individuate piccole aree esterne a tale intervento e sulle quali potrebbe essere necessario un ulteriore intervento…».

A questo punto non sarà inutile, sia pure in estrema sintesi, dare conto del problema dal punto di vista urbanistico. L’area in questione è individuata dal P.R.G. vigente quale “zona della dismessa raffineria IP ed aree ad essa contigue”. L’art. 45 bis delle N.T.A. (introdotto con apposita variante approvata con D.P.G.R. n. 911 dell’11.7.90, ai fini dell’adeguamento del P.R.G. ai contenuti del Piano d’Area predisposto nel 1989) consente in tale zona (in origine divisa in 24 ambiti, 17 dei quali contrassegnati da numeri progressivi e 7 da lettere alfabetiche) la realizzazione di interventi di nuova edificazione ed interventi sul patrimonio edilizio esistente.

Ogni intervento all’interno di un ambito numerico è soggetto a strumento urbanistico attuativo (S.U.A.) di iniziativa pubblica o privata secondo le disposizioni della L.R. Liguria 24/87. Con deliberazione C.C. 50/14.6.95 veniva adottato lo S.U.A. relativo all’ambito n. 12, poi approvato in via definitiva con deliberazione 92/10.10.95, cui seguiva la stipula di apposita convenzione, ai sensi dell’art. 18 citata L.R. Liguria 24/87.

Il 28.7.97, il Provveditorato Regionale Liguria OO.PP., il Ministero delle Finanze, la Regione Liguria, la Provincia della Spezia, il Comune della Spezia, l’ANAS stipulavano accordo di programma, ai sensi e per gli effetti dell’art. 27 L. 142/90, per il riassetto e la riqualificazione urbanistica dell’area ex raffineria IP e la realizzazione degli interventi inseriti nella prima fase di attuazione del nuovo piano d’area. L’accordo, in sostanza, ha per oggetto l’approvazione, sotto il profilo urbanistico, del nuovo Piano d’Area dell’ex Area IP e delle varianti al P.R.G. allo stesso conseguenti. Veniva inoltre previsto che l’attuazione degli interventi previsti dall’accordo sarebbe avvenuta attraverso formale stipula di appositi atti convenzionali tra il Comune della Spezia ed i soggetti attuatori e che la stessa Amministrazione avrebbe provveduto al rilascio delle concessioni edilizie previste per l’attuazione degli interventi previsti nella prima fase. L’accordo veniva ratificato dal Comune della Spezia con deliberazione C.C. n. 69/31.7.97. Il nuovo piano d’Area sopra descritto prevede che «…per ogni subdistretto, con riferimento al layout progettuale e alle previsioni insediative, dovrà essere valutata la bonifica dei suoli, specificando le metodologie per gli insediamenti integrativi ed individuando le eventuali aree di rischio sulle quali verificare puntualmente la bonifica…» e che tale valutazione avrebbe integrato gli «elaborati costitutivi di SUA di cui agli artt. 2 e 3 della L.R. 24/87». Si prevede inoltre, in via espressa, che in ogni subdistretto l’inizio dei lavori relativo alle concessioni per la realizzazione delle opere di urbanizzazione sia subordinato alla verifica e alla certificazione della compatibilità degli usi programmati e previsti di tutti i suoli compresi nel relativo SUA.

In data 15.10.98 il Provveditorato Regionale OO.PP., la Provincia della Spezia, il Ministero delle Finanze e la società GRIFIL stipulavano conferenza di servizi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 59 L.R. Liguria 36/97, avente ad oggetto l’approvazione dello S.U.A. relativo al subdistretto n. 2 ai fini di consentire la realizzazione di edificio destinato ad ospitare la nuova sede del Comando Provinciale VV.FF. La Spezia. L’efficacia degli esiti della conferenza veniva poi rimessa alla stipula di apposita convenzione.

Nel breve volgere di alcuni giorni la società GRIFIL ed il Comune della Spezia stipulavano due convenzioni urbanistiche aventi ad oggetto le previsioni edificatorie ed urbanistiche degli S.U.A. relative a tre dei subdistretti in cui l’area in questione risulta suddivisa (subdistretti 2, 3 e 4). Una delle norme delle prefate convenzioni prevede che, prima del rilascio delle concessioni edilizie, deve essere certificata l’avvenuta bonifica dei suoli.

Nello stesso periodo in cui venivano stipulate le predette convenzioni, per l’esattezza nell’estate ’98, la società Grifil presentava ricorso per accertamento tecnico preventivo al Tribunale della Spezia per accertare lo stato attuale e, in particolare, l’eventuale inquinamento ambientale dei beni di cui alla compravendita tra GRIFIL e IP che, al momento del ricorso, erano ancora in proprietà della GRIFIL. Quanto sopra alla luce di campagne di rilevamento effettuate dalla GRIFIL che, evidentemente, non confermavano i responsi ottimistici degli studi effettuati dalla IP.

Il Tribunale della Spezia incaricava il prof. Luigi Boeri dell’Università di Pisa che, all’esito di una complessa indagine geologica, idrogeologica e chimica perveniva a conclusioni tutt’altro che rassicuranti sull’”avvenuta bonifica”. Nelle conclusioni del prof. Boeri testualmente leggiamo: «…Alla luce dei risultati delle indagini l’area dell’ex raffineria IP di La Spezia, per la parte attualmente di proprietà della Grifil S.r.l., risulta in alcune zone fortemente inquinata da idrocarburi e metalli pesanti in concentrazioni tali da superare i limiti previsti dalla normativa della Regione Liguria relativa alla bonifica delle aree contaminate per i terreni destinati ad uso industriale o commerciale; in altre zone, di maggiore estensione, i terreni risultano contaminati in misura minore, ma comunque con concentrazioni tali da superare i limiti previsti per i terreni destinati ad aree agricole o residenziali…» ed oltre: «…queste considerazioni (n.d.r. v. sopra) sono basate sulle analisi di laboratorio e quindi su dati certificati; tuttavia bisogna tener presente che durante l’effettuazione degli scavi (trincee esplorative) sono state riscontrate intense emissioni di odori “fortemente idrocarburici”, avvalorate dalle analisi speditive di campo, anche in aree dove le analisi di laboratorio non hanno evidenziato valori superiori a quelli limite…» ed ancora, con specifico riferimento all’inquinamento delle acque: «… Le concentrazioni di inquinanti riscontrate, se confrontate con quelle del campione considerato come bianco di riferimento, evidenziano una contaminazione diffusa su tutta l’area.  Anche in questo caso questa situazione dovrà essere  tenuta in debita considerazione al momento dell’effettuazione di lavori di scavo del terreno per le previste edificazioni o per le eventuali operazioni di bonifica…».

La Procura della Repubblica della Spezia, acquisita la perizia del Prof. Boeri, avviava un procedimento penale contro ignoti per il reato di disastro ambientale. L’Ufficio del Pubblico Ministero, nel notiziare il Comune, lo invitava ad illustrare le iniziative adottate o in corso di adozione in attuazione dell’art. 17 D. Lgs 22/97, ai fini dell’accertamento dell’eventuale integrazione degli estremi del reato di cui all’art. 51 bis del medesimo decreto in capo ai soggetti tenuti all’effettuazione della bonifica dell’area.

Solo a questo momento il Comune, sorgendo da un lunghissimo quanto incomprensibile letargo, cominciava a rendersi conto, sia pure con lentezza ed ambiguità, che il primo problema, in ordine di importanza e di tempo, riguardante l’area ex IP era quello della bonifica dei siti inquinati. La prolungata inerzia appariva ancor più grave se si considera che, con l’entrata in vigore della L. Regione Liguria n. 18 del 21.6.99, il rilascio del titolo ad aedificandum è stato subordinato alla previa certificazione, da parte della Provincia, dell’avvenuta bonifica del singolo lotto (sempre che, come nel caso in questione, non sussista interazione con altri lotti non ancora risanati). Di più, il Comune della Spezia aveva già rilasciato titoli concessori, pur subordinando l’avvio dei lavori, in base a clausole previste nella convenzione, all’avvenuta bonifica dell’area.

Come risulta del tutto evidente, si è trattato di un nuovo, incredibile, gravissimo infortunio delle Amministrazioni Locali Spezzine, in particolare del Comune, che non si sono poste un problema di solare evidenza e cioè che, prima di predisporre futuribili (ed assai opinabili) programmi di riutilizzo per un’area adibita per oltre 50 anni a raffineria di prodotti petroliferi, bisogna avere la certezza che detta area sia bonificata e, all’uopo, è INDISPENSABILE effettuare rigorosissimi controlli.

Nel caso concreto, il Comune, solo dopo l’iniziativa della Magistratura, civile e penale, ha avviato la procedura di cui all’art. 17 D. Lgs. 22/97, con la diffida al responsabile dell’inquinamento (IP) e al proprietario dell’area (soc. GRIFIL) a predisporre progetti di bonifica del sito.

Il tentativo che, comunque, viene portato avanti in modo neppure troppo scoperto, è di effettuare una bonifica “a lotti”, onde salvaguardare al massimo i soggetti attuatori degli interventi, nonostante che le concrete caratteristiche degli impianti e le esperienze, già in corso, di bonifica di siti di grandi dimensioni inquinati da idrocarburi, dimostrino la non percorribilità di una siffatta strada. Occorre pertanto che venga costituita una commissione tecnico – scientifica nella quale i membri nominati dagli EE.LL. siano persone che offrano la massima garanzia ai cittadini dal punto di vista della competenza e dell’indipendenza di giudizio. È altresì ovvio che tutte le concessioni fin qui rilasciate dovranno essere annullate, stante la perdurante situazione di inquinamento.

Alla luce di quanto verificatosi in un passato anche recente, in questo frangente è indispensabile che il Ministero dell’Ambiente sia particolarmente vigile e “presente”. Così pure la battaglia delle Associazioni Locali dovrà essere fortemente supportata a livello nazionale.

È notizia recentissima che la società responsabile dell’inquinamento (IP) e quella proprietaria dell’area (Grifil) hanno presentato documenti che comprendono il piano della caratterizzazione ed il progetto preliminare. Tali progetti esaminati in sede di conferenza dei servizi sono stati rispettivamente respinti quelli dell’IP e “rimandati” con numerose prescrizioni, quelli della Grifil. Questo dimostra ancora una volta quanto il cammino della bonifica risulti difficile in una città nella quale oltre 340 ettari del territorio sono stati oggetto di un inquinamento tanto grave da essere definito disastro ambientale ai sensi dell’art. 434 c.p.