 TAR Toscana Sez. II Sent. 1525 del 19 maggio 2010
TAR Toscana Sez. II Sent. 1525 del 19 maggio 2010
Rifiuti. Bonifica e competenze
L’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 distingue tra atti ed attività di competenza del Ministro dell’Ambiente ed atti e attività facenti capo al Ministero. Rientra ad es. tra i primi l’individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale (art. 252, comma 2, cit.), il che è del tutto logico, dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente all’indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La rilevanza politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità dell’intesa con le Regioni interessate: intesa prescritta, per l’appunto, dal comma 2 dell’art. 252. Si deve invece reputare che il decreto di recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale), avendo invece ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento, peraltro non di bonifica, ma di messa in sicurezza d’emergenza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01525/2010 REG.SEN.
 N. 00465/2008 REG.RIC.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
 
 (Sezione Seconda)
 ha pronunciato la presente
 SENTENZA
 sul ricorso numero di registro generale 465 del 2008, proposto dalla
 Provincia di Massa Carrara, in persona del Presidente pro tempore,  rappresentata  e difesa dall’avv. Antonio Andreani e con domicilio eletto presso lo  studio  dello stesso, in Firenze, via Buonvicini n. 21
 contro
 Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in  persona del  Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura  Distrettuale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa,  in  Firenze, via degli Arazzieri, n. 4
 Regione Toscana, non costituita in giudizio
 A.R.P.A.T. – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della  Toscana, non  costituita in giudizio
 Azienda U.S.L. n. 1 di Massa-Carrara, non costituita in giudizio
 
 nei confronti di
 
 Fallimento Finanziaria Fibronit S.p.A., non costituito in giudizio
 
 per l’annullamento,
 previa sospensione dell’efficacia,
 
 - del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela  del  Territorio e del Mare del 28 dicembre 2007, prot. n. 4307/QdV/Si/B,  recante  approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della  Conferenza di  Servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di   Massa-Carrara del 30 ottobre 2007, nella parte in cui contiene  prescrizioni a  carico della Provincia di Massa-Carrara;
 - della nota ministeriale prot. n. 33534/QdV/Di/VII/VIII, a sua volta  del 28  dicembre 2007, con cui è stato comunicato detto decreto;
 - del verbale della Conferenza di Servizi decisoria tenutasi il 30  ottobre 2007  presso il Ministero dell’Ambiente, per quanto concerne le determinazioni   relative all’area Sottopasso Ferroviario – Via Longobarda – Via  Marchetti – Via  Aurelia – Comune di Massa – Comune di Carrara;
 - del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno  2007;
 - del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 9 novembre  2004;
 - della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara  del 6  dicembre 2004, prot. n. 3741/1.23.Massa/28;
 - della nota protocollata dall’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di  Massa  Carrara al. n. 3626 del 25 novembre 2004;
 - della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara  dell’8  agosto 2005, prot. n. 3110/01.23.11/28;
 - della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara  del 16  gennaio 2006, prot. n. 0173/01.23.11/28;
 - della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara  del 16  febbraio 2006, prot. n. 0175/01.23.01/1.2;
 - della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara  del 13  febbraio 2006, prot. n. 637/01.23.04/54;
 - della nota dell’A.R.P.A.T. – Dipartimento Provinciale di Massa Carrara  del 5  settembre 2006, prot. n. 3718/01.23.04/54;
 - della relazione tecnica trasmessa dall’A.R.P.A.T. in data 10 agosto  2007;
 - della nota del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e  del  Mare del 21 agosto 2007, prot. n. 2174/QdV/DI;
 - di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
 
 Visto il ricorso con i relativi allegati;
 Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e  della  Tutela del Territorio e del Mare;
 Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati,  proposta in  via incidentale dalla Provincia ricorrente;
 Vista l’ordinanza n. 380/2008 del 9 aprile 2008, con la quale è stata  accolta  l’istanza incidentale di sospensione;
 Vista l’ulteriore memoria depositata dalla ricorrente;
 Visti tutti gli atti della causa;
 
 Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, il dr.  Pietro De  Berardinis;
 
 Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel  verbale;
 
 Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
 La Provincia di Massa-Carrara espone di aver realizzato, tra il  settembre 2005  ed il giugno 2006, un sottopasso ferroviario di nuova progettazione, con   allargamento ed adeguamento della sede stradale nell’area del sottopasso   ferroviario di via Longobarda, via Marchetti e via Aurelia, all’interno  della  zona industriale di Massa-Carrara, perimetrata quale sito di bonifica di   interesse nazionale (S.I.N.), ex l. n. 426/1998.
 
 L’area oggetto dell’intervento realizzato dalla Provincia è stata da  questa  acquisita con procedura di esproprio, o tramite accordo bonario  intervenuto nel  relativo procedimento; i lavori di allargamento della sede stradale  hanno  interessato un’area già di proprietà della Fibronit (nel cui  stabilimento si  lavorava l’amianto).
 
 Al fine della realizzazione dei lavori, la Provincia trasmetteva al  Ministero  dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (d’ora in poi:  Ministero  dell’Ambiente) il piano di caratterizzazione del sito ed eseguiva le  prescritte  indagini, da cui emergeva un valore eccedente i limiti di cui al d.m. n.   471/1999 per gli idrocarburi totali. Dopo una lunga serie di contatti ed  un  lungo carteggio con il Ministero dell’Ambiente e con l’A.R.P.A.T.  (descritto nel  ricorso), la Provincia inviava al Ministero una relazione, in cui  riepilogava le  operazioni eseguite, indicandone l’esito positivo e chiedendo lo  svincolo  dell’area. Per quanto riguarda la presenza di manganese in misura  superiore ai  parametri minimi, la relazione evidenziava che le acque di falda che  attraversavano l’area non subivano alcun processo di contaminazione e  che  comunque il fenomeno era imputabile non già a contaminazione antropica,  ma ad un  valore di fondo caratteristico dell’area geografica.
 
 Nondimeno, in esito alla Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre  2007,  relativa al S.I.N. di Massa-Carrara, atteso il superamento riscontrato  nelle  acque di falda per il parametro manganese, si sono dettate a carico dei  “soggetti titolari dell’area in esame”, tra le altre, le seguenti  prescrizioni:
 
 a) l’attivazione di un intervento di messa in sicurezza d’emergenza  della falda,  consistente in una barriera di contenimento fisico “lungo il fronte  dello  Stabilimento a valle idrogeologico dell’area”,
 
 b) la presentazione, entro trenta giorni, di un progetto di bonifica  delle acque  di falda fondato sul contenimento fisico dell’intera area.
 
 Le determinazioni della Conferenza sono state approvate e considerate  come  definitive con decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente prot. n.  4307/QdV/Si/B  del 28 dicembre 2007, comunicato alla Provincia con nota ministeriale  prot. n.  33534/QdV/Di/VII/VIII, di pari data.
 
 Dolendosi delle prescrizioni suesposte, considerate ingiustificatamente  lesive  dei propri interessi, la Provincia esponente con il ricorso in epigrafe  ha  impugnato il citato decreto direttoriale, unitamente alla nota di  comunicazione  ed al verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007,  nella  parte relativa all’area in cui è ubicato il sottopasso ferroviario  poc’anzi  ricordato, chiedendone l’annullamento, previa sospensione  dell’esecuzione. A  supporto del gravame con cui ha impugnato, altresì, gli atti  presupposti,  connessi e conseguenti in epigrafe specificati, l’esponente ha dedotto  le  seguenti doglianze:
 
 - violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10-bis, 14 e segg.  della l.  n. 241/1990, dell’art. 239 del d.lgs. n. 152/2006 e del principio del  giusto  procedimento, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei  presupposti, inesistente istruttoria e motivazione, in quanto alla  Provincia,  quale proprietaria incolpevole dell’area interessata, non è stato  consentito di  partecipare al procedimento e di fornire il proprio apporto  relativamente a)  all’accertamento dell’esistenza dell’inquinamento, b) all’individuazione  della  causa di quest’ultimo, c) al significato da attribuire alle analisi  svolte ed ai  loro risultati;
 
 - violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del d.m. n. 471/1999,  nonché  dell’art. 164 del d.lgs. n. 152/2006, incompetenza ed eccesso di potere  per  difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, inesistente motivazione  ed  istruttoria, contraddittorietà, poiché le determinazioni gravate  sarebbero state  assunte in esito ad un’istruttoria svolta in prevalenza da un organo  incompetente (il Direttore Generale del Ministero dell’Ambiente) e,  comunque, il  Ministero avrebbe condotto unilateralmente la Conferenza di Servizi, in  violazione dell’art. 15 del d.m. n. 471/1999;
 
 - violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e segg. della l. n.  241/1990,  dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli artt. 240 e segg. del d.lgs.  n.  152/2006, eccesso di potere per inesistente motivazione ed istruttoria e  difetto  dei presupposti, incompetenza, violazione dell’art. 4 del d.lgs. n.  165/2001, in  quanto il decreto dirigenziale approvativo delle prescrizioni della  Conferenza  sarebbe stato adottato da un organo incompetente (il Direttore  Generale),  anziché dal Ministro, e perché sarebbe mancato il previo concerto con il   Ministero dello Sviluppo Economico;
 
 - violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e segg. del d.lgs. n.  152/2006, dell’art. 97 Cost. e del principio del giusto procedimento, ed  eccesso  di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti,  inesistente  motivazione ed istruttoria, giacché la P.A. avrebbe imposto obblighi di  intervento, senza aver predisposto previamente l’analisi di rischio-sito   specifica, avrebbe violato il precetto che riserva al soggetto  interessato la  determinazione dei contenuti del progetto di bonifica e delle misure di  messa in  sicurezza ed avrebbe disposto gli interventi senza accertare il  superamento dei  limiti di cui agli allegati al d.lgs. n. 152/2006;
 
 - violazione falsa applicazione degli artt. 4, 23, 192, 240, 242, 243,  244, 245,  252, 253, 311, 313 del d.lgs. n. 152/2006, dell’Allegato e al Titolo V,  Parte IV,  del d.lgs. n. 152 cit., dell’art. 9 del d.m. n. 471/1999, del d.P.R. 12  aprile  1996, dell’art. 1 del d.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377, dell’art. 3 della  l. n.  241/1990, del principio del giusto procedimento ex art. 97 Cost., nonché  eccesso  di potere per inesistente motivazione ed istruttoria, travisamento dei  fatti,  difetto dei presupposti, violazione del principio comunitario  dell’applicazione  delle migliori tecnologie a costi sopportabili e del principio di  proporzionalità, incongruità, illogicità, irrazionalità e  contraddittorietà  manifeste, giacché: a) il preteso inquinamento del sito sarebbe di gran  lunga  antecedente alla sua acquisizione da parte della Provincia e certo non  riferibile ad alcuna attività di questa; b) la prescrizione di  realizzare il  sistema di contenimento fisico non sarebbe in alcun modo motivata o  giustificata, né vi sarebbe stata alcuna istruttoria che dimostri la  responsabilità della Provincia nel causare l’inquinamento; c) la  situazione di  inquinamento non avrebbe quel carattere di repentinità che giustifica la   prescrizione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza; d)  l’intervento  previsto, sebbene qualificato come di messa in sicurezza d’emergenza,  sarebbe in  realtà una vera e propria bonifica; e) non vi sarebbe stata nessuna  valutazione  delle enormi spese che la realizzazione della barriera fisica imporrebbe  alla  ricorrente; f) sarebbe stata omessa la previa valutazione dell’impatto  ambientale dell’opera prescritta; g) non si sarebbero potuti imporre  interventi  d’emergenza alla Provincia, poiché anche detti interventi vanno  addebitati al  responsabile dell’inquinamento e non al proprietario incolpevole;
 
 - violazione e falsa applicazione del d.m. n. 471/1999, eccesso di  potere per  violazione del giusto procedimento, travisamento dei fatti, difetto dei  presupposti, inesistente motivazione ed istruttoria, in quanto gli  accertamenti  effettuati dalla Provincia avrebbero escluso qualunque superamento dei  parametri  di cui al d.m. n. 471/1999 e la presenza di manganese dovrebbe essere  riportata  all’entità presente in molte zone, compatibile con i parametri di legge.
 
 Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Ambiente, con atto di mera   costituzione formale.
 
 Nella Camera di consiglio del 9 aprile 2008 il Collegio, attesi i  precedenti  conformi della Sezione, con ordinanza n. 380/2008 ha accolto l’istanza  incidentale di sospensione.
 
 In vista dell’udienza di merito, la ricorrente ha depositato una  memoria,  ripercorrendo le doglianze già formulate ed insistendo per  l’accoglimento del  gravame.
 
 All’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, la causa è stata trattenuta in   decisione.
 DIRITTO
 Con il ricorso in epigrafe la Provincia di Massa-Carrara contesta le  determinazioni assunte a suo carico nella Conferenza di Servizi  decisoria del 30  ottobre 2007 – in specie, la realizzazione di una barriera di  contenimento  fisico delle acque di falda e l’imposizione di un progetto di bonifica  basato  sul confinamento fisico dell’intera area – chiedendo, perciò,  l’annullamento in  parte qua del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente che ha  approvato  e recepito le determinazioni stesse, e del verbale della predetta  Conferenza di  Servizi.
 
 Il Collegio ritiene di dover esaminare prioritariamente il terzo motivo  di  ricorso, con il quale viene dedotto il vizio di incompetenza dell’organo   emanante, atteso che, in caso di suo accoglimento, in base all’art. 26,  secondo  comma, della l. n. 1034/1971, dovrebbe pronunciarsi l’annullamento degli  atti  impugnati e rimettersi l’affare all’autorità competente, restando  precluso  l’esame degli ulteriori motivi di censura, onde evitare intromissioni  improprie  nell’attività dell’organo riconosciuto come competente (cfr., ex multis,  C.d.S.,  Sez. IV, 20 luglio 2009, n. 4568).
 
 Il motivo è infondato.
 
 In argomento, il Collegio evidenzia che l’asserzione della ricorrente,  secondo  cui quella in discorso sarebbe attività di indirizzo  politico-amministrativo, e  non di gestione, appare affermazione priva di argomenti giuridici capaci  di  supportarla e che, in particolare, non rinviene nella vigente disciplina   positiva elementi che la sostengano.
 
 Ed invero, l’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 distingue tra atti ed  attività di  competenza del Ministro dell’Ambiente ed atti e attività facenti capo al   Ministero. Rientra ad es. tra i primi l’individuazione, ai fini della  bonifica,  dei siti di interesse nazionale (art. 252, comma 2, cit.), il che è del  tutto  logico, dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente  all’indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La  rilevanza  politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità  dell’intesa con le Regioni interessate: intesa prescritta, per  l’appunto, dal  comma 2 dell’art. 252. Si deve invece reputare che l’impugnato decreto  di  recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di  gestione, di  competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente  non  concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel  settore in  esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale),  avendo invece  ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento, peraltro non di  bonifica,  ma di messa in sicurezza d’emergenza.
 
 Del resto, l’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152 cit. attribuisce la  competenza  per i procedimenti di bonifica di cui al precedente art. 242, qualora  abbiano ad  oggetto i siti di interesse nazionale, “alla competenza del Ministero  dell’ambiente e della tutela del territorio”: né una simile espressione  può  esser considerata atecnica, erronea o comunque non voluta e casuale,  poiché essa  si inserisce in una disposizione (l’art. 252 cit.) in cui, come  accennato,  quando ci si vuole riferire alle competenze del Ministro dell’Ambiente,  lo si  dispone espressamente, stabilendo che l’atto compete al “Ministro” e non  al  “Ministero” (così l’autorizzazione provvisoria ex art. 252 cit., comma  8). E se  l’attribuzione delle relative competenze al “Ministero” (e non al  Ministro,  salve le tassative eccezioni) vale per gli atti del procedimento di  bonifica, a  fortiori essa deve valere per il provvedimento impugnato, atteso che  questo ha  ad oggetto un intervento di messa in sicurezza d’emergenza e, pertanto,  investe  una fase prodromica rispetto alla bonifica, comunque non in grado di  determinare  il definitivo riassetto del sito (v. art. 240, comma 1, lett. m), del  d.lgs. n.  152 cit.).
 
 A conferma dell’ora vista conclusione si richiama la più recente  giurisprudenza  (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1738), per la  quale gli  atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale,  compresi  quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli  organi  esecutivi (dirigenti), in quanto non contengono elementi di indirizzo  politico-amministrativo che possano attrarre detta competenza nella  sfera  riservata agli organi di governo. Questi si limitano a definire gli  obiettivi e  programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento  risulta  riservato alla responsabilità dei dirigenti. Ciò, in base al generale  principio  di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione, che  presiede  l’organizzazione ed il funzionamento delle P.A., alla luce anche  dell’art. 4,  comma 3, del d.lgs. n. 165/2001, secondo il quale le attribuzioni dei  dirigenti  possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche  disposizioni legislative. La pronuncia in esame, che richiama a proprio  supporto  anche una decisione di questa Sezione (T.A.R. Toscana, Sez. II, 16  ottobre 2008,  n. 2287), osserva, inoltre, come la conclusione della competenza dei  dirigenti  all’emanazione degli atti del procedimento di bonifica di siti di  interesse  nazionale sia innanzitutto valida con riguardo allo schema  procedimentale di cui  all’art. 15 del d.m. n. 471/1999 (precedente al d.lgs. n. 165/2001 e non  avente  rango legislativo), sebbene questo assegni al Ministro dell’Ambiente, di   concerto con i Ministri dell’Industria (ora Sviluppo Economico) e della  Salute,  la competenza ad approvare il progetto definitivo di bonifica. Ma,  soprattutto,  resti valida con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 252  del  d.lgs. n. 152/2006, “che attribuisce genericamente la competenza per la  procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del  territorio  (sentito il Ministero delle Attività produttive)” (v. T.A.R. Lombardia,  Brescia,  Sez. I, n. 1738/2009, cit.; id., 18 febbraio 2009, n. 319).
 
 Parimenti infondata è, poi, la doglianza – contenuta nel medesimo terzo  motivo –  con cui si lamenta l’omissione del concerto con il Ministero delle  Attività  Produttive (ora dello Sviluppo Economico), atteso che il suddetto  concerto non è  richiesto dalla normativa di riferimento: l’art. 252, comma 4, del  d.lgs. n.  152/2006, infatti, non lo menziona. A tal proposito è significativa la  differenza rispetto al precedente comma 1, che – come già visto –  richiede  invece l’intesa con le Regioni per il distinto procedimento di  individuazione  dei siti di interesse nazionale. D’altro canto, l’intesa ed il concerto  sarebbero incompatibili con la natura di atto gestionale del decreto  direttoriale impugnato (ed anzi, il fatto che non siano richiesti  conferma la  natura di atto di mera gestione e non di indirizzo  politico-amministrativo del  decreto in discorso). Sul punto, si ricorda infatti che, secondo la  giurisprudenza, l’esercizio di poteri che sfociano in decreti emanati di   concerto tra due ministri non è riconducibile ad un’attività meramente  gestionale, ma rientra nell’ambito dell’indirizzo  politico-amministrativo,  rappresentando espressione di valutazioni anche politiche proprie dei  poteri  governativi (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 4 febbraio 2002, n. 350).  Sotto questo  aspetto, dunque, vi è assoluta coerenza tra la necessità dell’intesa nel   procedimento di cui al comma 1 dell’art. 252 e l’assenza di una tale  intesa o  concerto nella disciplina di cui al successivo comma 4 (il quale si  limita a  chiedere che sia sentito il Ministero dello Sviluppo Economico): nel  primo caso  si tratta di un procedimento (l’individuazione dei siti di bonifica di  interesse  nazionale) che attiene all’indirizzo politico-amministrativo, mentre  negli altri  casi (ed in particolare in quello sfociato nel decreto impugnato) si  tratta di  procedimenti preordinati all’adozione di atti di gestione, che proprio  per detta  ragione non necessitano del previo concerto a livello di vertice  politico dei  rispettivi apparati.
 
 Ad ulteriore conferma dell’infondatezza della doglianza, si può inoltre  evidenziare che nel modulo procedimentale della Conferenza di Servizi, i  pareri,  le intese ed i concerti di cui all’art. 252 cit. ed all’art. 15, comma  4, del  d.m. n. 471/1999 possono ben essere acquisiti all’interno della  Conferenza  stessa, senza che poi, in sede di emanazione del provvedimento finale,  si debba  provvedere ad una nuova acquisizione (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I,  nn.  319/2009, cit. e 1738/2009, cit.). Ed in proposito diventa allora  significativa  la prassi seguita dal Ministero dell’Ambiente, nella sua veste di  Amministrazione procedente, di invitare alle Conferenze di Servizi i  rappresentanti delle Regioni coinvolte e delle altre Amministrazioni  statali  interessate, al fine di acquisire i predetti pareri, intese e concerti, e  di far  precedere le Conferenze stesse dalla verifica delle presenze di tali  rappresentanti (ovvero dall’allegazione di copia della lettera di  invito, in  caso di assenza dei rappresentanti stessi): prassi ben nota a questo  Collegio  perché osservata in tutte le fattispecie analoghe e rispettata anche  nella  Conferenza di Servizi del 30 ottobre 2007 (sebbene la ricorrente abbia  allegato  una copia solo parziale del verbale di detta Conferenza, copia integrale  dello  stesso è rinvenibile nel ricorso R.G. n. 1293/2007, chiamato in  decisione nella  stessa udienza di quello ora in esame).
 
 A nulla varrebbe obiettare che in precedenti decisioni (T.A.R. Toscana,  Sez. II,  14 marzo 2007, n. 383; id., 24 agosto 2009, n. 1399) la Sezione si è  espressa  nel senso della necessità del concerto tra il Ministero dell’Ambiente e  le altre  Amministrazioni statali che hanno partecipato alla Conferenza di Servizi   decisoria, poiché tali decisioni si riferiscono alla normativa  previgente (in  particolare, gli artt. 17, comma 14, del d.lgs. n. 22/1997 e 15 del d.m.  n.  471/1999), mentre nella fattispecie per cui è causa occorre fare  applicazione  della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 che, in materia di  competenza  ministeriale o dirigenziale e di intese (o concerti), ha notevolmente  innovato,  come si è più sopra ricordato. In particolare, la disciplina posta  dall’art. 252  del d.lgs. n. 152 cit. e poc’anzi illustrata dimostra  l’inutilizzabilità, ai  fini che qui interessano, dei precedenti sopra richiamati, alla luce del   profondo mutamento di disciplina sul piano degli adempimenti procedurali  e delle  relative competenze decisorie, che confina ormai l’intervento del  Ministro e dei  relativi concerti ed intese (ove previsti) ai soli atti caratterizzati  da  valutazioni di indirizzo politico, attribuendo tutto il resto alla  competenza  dell’apparato ministeriale e quindi alla competenza dei dirigenti.
 
 Passando all’esame delle ulteriori doglianze contenute nel ricorso, si  osserva  che le stesse risultano per più profili fondate e, dunque, meritevoli di   accoglimento.
 
 In particolare, risultano fondate sia le censure volte a contestare  l’imposizione di prescrizioni sulla base della mera titolarità dell’area   interessata, invece del criterio di matrice comunitaria, per cui chi  inquina,  paga, sia le censure avverso l’imposizione di realizzare una barriera di   contenimento fisico, quale prescrizione non sostenuta da idonea  istruttoria e  motivazione, illogica e contraddittoria.
 
 Invero, va anzitutto osservato come dalla documentazione in atti non si  desuma  alcun accertamento istruttorio volto a determinare l’esistenza dei  presupposti  soggettivi per l’imposizione, a carico della ricorrente, del contestato  intervento di messa in sicurezza: più in generale, non vi sono elementi  da cui  possa dedursi l’effettuazione, da parte della P.A., delle necessarie  verifiche  volte ad individuare il/i responsabile/i della contaminazione dell’area.
 
 Come questa Sezione ha più volte avuto modo di affermare (cfr., ex  multis,  T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665; id., 6 maggio 2009, n.  762),  tanto la disciplina di cui al d.lgs. n. 22/1997 (in particolare, l’art.  17,  comma 2), quanto quella introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 (ed in  particolare,  gli artt. 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui l’obbligo  di  adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la   situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale  situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o  colpa:  l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere invece  addossato al  proprietario incolpevole, ove manchi ogni sua responsabilità (cfr.,  nello stesso  senso, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 26 luglio 2007, n. 1254).  L’Amministrazione non può, cioè, imporre ai soggetti che non abbiano  alcuna  responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che  vengano  individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle  attività di  recupero e di risanamento (così, nel vigore della precedente disciplina,  T.A.R.  Veneto, Sez. II, 2 febbraio 2002, n. 320). L’enunciato è conforme al  principio  “chi inquina, paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (cfr. art.  174, ex  art. 130/R, del Trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre  un  rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della  riparazione.
 
 Tale impostazione, sancita dal d.lgs. n. 22/1997, risulta, come detto,  confermata e specificata dagli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006  (cd.  Codice Ambiente), dai quali si desume l’addossamento dell’obbligo di  effettuare  gli interventi di recupero ambientale, anche di carattere emergenziale,  al  responsabile dell’inquinamento, che potrebbe benissimo non coincidere  con il  proprietario ovvero il gestore dell’area interessata (T.A.R. Toscana,  Sez. II,  n. 665/2009, cit.).
 
 Va precisato, in argomento, che il principio “chi inquina, paga” vale,  altresì,  per le misure di messa in sicurezza d’emergenza, alle quali si riferisce  la  Conferenza di Servizi per cui è causa, secondo la definizione che delle  misure  stesse è contenuta nell’art. 240, comma 1, lett. m), del d.lgs. n. 152  cit.  (ogni intervento immediato od a breve termine, da mettere in opera nelle   condizioni di emergenza di cui alla lett. t) in caso di eventi di  contaminazione  repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle  sorgenti  primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici  presenti nel  sito ed a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di  bonifica o  di messa in sicurezza operativa o permanente). Infatti, anche l’adozione  delle  misure di messa in sicurezza d’emergenza è addossata dalla normativa in  discorso  al soggetto responsabile dell’inquinamento (cfr. art. 242 del d.lgs. n.  152  cit.).
 
 Si deve sottolineare che a carico del proprietario dell’area inquinata,  che non  sia altresì qualificabile come responsabile dell’inquinamento, non  incombe alcun  obbligo di porre in essere gli interventi in parola, ma solo la facoltà  di  eseguirli per mantenere l’area interessata libera da pesi. Dal combinato   disposto degli artt. 244, 250 e 253 del Codice ambiente si ricava  infatti che,  nell’ipotesi di mancata esecuzione degli interventi ambientali in esame  da parte  del responsabile dell’inquinamento, ovvero di mancata individuazione  dello  stesso – e sempreché non provvedano né il proprietario del sito, né  altri  soggetti interessati – le opere di recupero ambientale sono eseguite  dalla P.A.  competente, che potrà rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del  valore  dell’area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon  fine, le  garanzie gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi (T.A.R.  Lombardia,  Milano, Sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355; T.A.R. Toscana, Sez. II, 17  settembre  2009, n. 1448).
 
 Facendo applicazione dell’ora visto principio al caso di specie, emerge  con  tutta evidenza come in questo la P.A. non abbia proceduto ad alcuna  verifica  della sussistenza, a carico della Provincia di Massa-Carrara, del  requisito  della responsabilità colpevole. Al contrario, il verbale della  Conferenza di  Servizi del 30 ottobre 2007 ha indicato, quali destinatari delle  prescrizioni  impugnate, i “soggetti titolari dell’area in esame”, dimostrando come  nella  fattispecie in discorso si sia utilizzato il criterio dominicale, in  luogo di  quello della responsabilità colpevole, ai fini dell’individuazione del  soggetto  destinatario delle prescrizioni della Conferenza stessa. Ciò, quando  invece le  particolari modalità di acquisto dell’area da parte della Provincia,  mediante un  procedimento espropriativo finalizzato alla realizzazione di un opera  pubblica,  avrebbero vieppiù imposto un approfondimento istruttorio circa le  responsabilità  nella determinazione del fenomeno.
 
 Se ne desume la fondatezza della doglianza in esame, contenuta sia nel  primo  motivo di ricorso (lì dove si sottolinea che l’omissione degli obblighi  di  partecipazione non ha consentito alla Provincia di evidenziare la  propria  estraneità alla produzione dell’inquinamento), sia, più specificamente,  nel  quinto motivo: i suddetti motivi vanno, perciò, accolti sotto il profilo  ora  analizzato.
 
 Parimenti fondata è la doglianza – dedotta con il quinto motivo – di  illegittimità della prescrizione dell’intervento di messa in sicurezza  d’emergenza consistente in una barriera di contenimento fisico “lungo  tutto il  fronte dello Stabilimento a valle idrogeologico dell’area”, trattandosi  di  prescrizione priva di adeguata istruttoria e di motivazione in grado di  giustificarne l’adozione.
 
 Osserva, sul punto, il Collegio che la misura della cd. barriera fisica  non  risulta supportata, negli atti impugnati, da adeguati accertamenti  tecnici o da  altre spiegazioni, che la indichino come l’unico od il miglior sistema  per  evitare la diffusione dell’inquinamento, di tal ché il riferimento,  contenuto  nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria, ad un’ampia ed  approfondita  discussione, ha natura di mera (e del tutto inidonea) formula di stile.  Si  rammenta, sul punto, come (secondo quanto si legge nel predetto verbale)  la  precedente Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007 avesse  dato  mandato al Ministero dell’Ambiente di svolgere l’istruttoria tecnica  sull’area  in esame. Va aggiunto come l’obbligo di un’esaustiva motivazione –  rimasto  inadempiuto – derivasse anche dalla rilevante onerosità e complessità  tecnica  della misura in discorso, che necessita di tempi notevolmente lunghi per  il suo  completamento.
 
 A prescindere dalla valutazione di altre misure, di minore complessità  ed  onerosità, resta fermo che, secondo la giurisprudenza (T.A.R. Puglia,  Lecce.  Sez. I, 11 giugno 2007, n. 2247), anche di questa Sezione (T.A.R.  Toscana, Sez.  II, 14 ottobre 2009, n. 1540; id., 18 dicembre 2009, n. 3973), la P.A. è  tenuta  a valutare ed accertare non solo l’inefficacia di misure meno invasive  della  barriera fisica, ma anche l’effettiva necessità, efficacia e  realizzabilità del  sistema di contenimento fisico. Pertanto, l’opzione per detto sistema,  ovvero  per un utilizzo combinato delle differenti tipologie di intervento,  avrebbe  potuto legittimamente avere luogo soltanto all’esito di un’analisi  comparativa  tra le diverse alternative in discorso, in ragione delle specifiche  caratteristiche dell’area. L’analisi comparativa si sarebbe dovuta  incentrare  sull’efficacia delle diverse alternative nel raggiungere gli obiettivi  finali,  nonché sulle concentrazioni residue, sui tempi di esecuzione e sulla  loro  compatibilità con l’urgenza del provvedere, e sull’impatto rispetto  all’ambiente  circostante gli interventi (T.A.R. Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, cit.).  In  sintesi, detta analisi avrebbe dovuto implicare la valutazione  comparativa dei  vantaggi e degli svantaggi delle differenti opzioni sul campo, con  necessaria  precisazione, da parte della P.A., non solo dei vantaggi effettivi  connessi alla  realizzazione della barriera fisica, ma anche della comparazione con i  relativi  svantaggi, fornendo la prova di aver adeguatamente valutato questi  ultimi.
 
 Sul punto, il Collegio ritiene di aderire al quadro istruttorio e  motivazionale  delineato, con riguardo alla scelta del sistema della barriera fisica,  dalla  giurisprudenza poc’anzi richiamata (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n.  2247/2007,  cit.), secondo la quale la scelta in parola richiede:
 
 a) un’attenta istruttoria circa gli effetti che l’indicata barriera  avrebbe  sortito sulle dinamiche idriche e geologiche dell’area sottostante;
 
 b) un’altrettanto attenta istruttoria sulle possibili interazioni tre i  due  modelli di barriera ipotizzabili (idraulica e fisica), al fine di  evitare  duplicazioni di interventi, con inutile aggravio dei costi, nonché  interazioni  negative comportanti aggravamento dei rischi che si intendevano  scongiurare;
 
 c) un’analisi costi/benefici in merito alle quantità di materiale  contaminato di  cui la realizzazione dell’opera avrebbe richiesto la movimentazione.
 
 In argomento altra giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di  sottoporre  l’opera di confinamento fisico delle acque ad un’analisi dell’impatto  che essa  ha sul territorio circostante, onde scongiurare che produca  sull’ambiente più  problemi di quelli che tende a risolvere (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12  febbraio  2008, n. 165). Si è, anzi, specificato (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania,  Sez. I, 20  luglio 2007, n. 1254) che l’opera è soggetta a procedura obbligatoria di   valutazione di impatto ambientale, ai sensi sia del d.lgs. n. 152/2006,  sia del  precedente art. 1, comma 1, lett. l), del d.p.c.m. n. 377/1988.
 
 Orbene – come già sottolineato – dall’esame complessivo degli atti di  causa non  emerge che la P.A. abbia svolto i suddetti approfondimenti istruttori,  in specie  le suesposte valutazioni e comparazioni, né che abbia corredato la  propria  opzione in favore del modello del contenimento fisico del congruo  apparato  motivazionale, che invece si rendeva necessario.
 
 Ne discende che l’omissione della doverosa indicazione degli elementi  tecnici,  in base ai quali si è ritenuto di prescrivere l’intervento di  confinamento  fisico, determina l’illegittimità della decisione assunta, giacché  viziata da un  uso arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (T.A.R.  Sardegna, Sez. II, n. 165/2008 cit., concernente l’imposizione,  immotivata e  carente di un’adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura  per la  messa in sicurezza d’emergenza) ha chiarito, sul punto, che la  sindacabilità  della scelta di siffatte misure si correla al principio per il quale il  giudice  amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che  si  spingono fino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni  tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del  criterio  tecnico e del procedimento applicativo, ma senza sostituirsi alla P.A.  nell’effettuazione di valutazioni opinabili (v. in argomento C.d.S.,  Sez. VI, 7  novembre 2005, n. 6152).
 
 Per quanto detto, risulta altrettanto illegittima la prescrizione  concernente il  progetto di bonifica del sito, giacché tale progetto avrebbe dovuto  basarsi  anch’esso sul confinamento fisico.
 
 Da ultimo, risulta fondata la censura, dedotta anch’essa con il quinto  motivo di  ricorso, secondo cui la P.A. ha illegittimamente configurato come messa  in  sicurezza d’emergenza la prescrizione di una misura avente in realtà  natura di  messa in sicurezza operativa o permanente, se non di vera e propria  bonifica.  Come questa Sezione ha già avuto modo di osservare in una vicenda  analoga, il  richiamo all’esigenza di intervenire in via d’urgenza risulta  logicamente  incompatibile con la prescrizione di un intervento, quale la barriera di   contenimento fisico, la cui realizzazione e messa in opera richiede  tempi  verosimilmente lunghi, i quali ne palesano l’inidoneità sotto i profili  dell’adeguatezza e della proporzionalità al conseguimento dello scopo  (T.A.R.  Toscana, Sez. II, 14 ottobre 2009, n. 1540; v. pure T.A.R. Puglia,  Lecce, Sez.  I, n. 2247/2007, cit.).
 
 In definitiva, il ricorso risulta fondato e deve essere accolto, attesa  la  fondatezza del primo (sotto il profilo surriferito) e del quinto motivo  di  ricorso, disatteso il terzo motivo e con assorbimento delle rimanenti  doglianze.  Pertanto, debbono essere annullati gli atti impugnati, nella parte in  cui  dettano prescrizioni in capo alla Provincia ricorrente per l’area in  esame.
 
 Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo nei   confronti del Ministero dell’Ambiente, mentre sono compensate nei  confronti  delle altre parti, non costituitesi in giudizio
 P.Q.M.
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione,  così  definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo  accoglie e per  l’effetto annulla gli atti con lo stesso impugnati, nei termini di cui  in  motivazione.
 
 Condanna il Ministero dell’Ambiente al pagamento in favore della  ricorrente di  spese ed onorari di causa, che liquida in via forfettaria in complessivi  €  3000,00 (tremila/00), più I.V.A. e C.P.A. come per legge,
 
 Compensa le spese nei confronti di tutte le altre parti.
 
 Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
 
 Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del giorno 4 febbraio  2010,  con l’intervento dei Magistrati:
 
 Maurizio Nicolosi, Presidente
 Bernardo Massari, Consigliere
 Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
 
 L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
 
 
 DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 Il 19/05/2010
 
                    




