TAR Emilia Romagna (PR) Sez.I n.423 del 9 dicembre 2011
Rifiuti.Bonifica e diverso livello di concentrazione dei fattori inquinanti
L’art. 242 dlv 152\06 correla in realtà le varie tipologie di interventi al diverso livello di concentrazione dei fattori inquinanti, che assumono in ogni caso rilievo, in una prima fase, per il solo rischio potenziale di alterazione dell’ambiente; pertanto, a fronte dell’inosservanza di una pregressa ordinanza di predisposizione di un “progetto di bonifica ambientale”, risulta necessario avviare una verifica d’ufficio dello stato dei luoghi, anche a mezzo dell’effettuazione dell’analisi di rischio del sito , per poter poi disporre le operazioni che si rivelano necessarie
N. 00423/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00168/2005 REG.RIC.
N. 00267/2007 REG.RIC.
N. 00072/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi n. 168 del 2005, n. 267 del 2007 e n. 72 del 2011, proposti da Labor S.r.l., in persona dell’amministratore delegato Emilio Schenetti, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Sutich (limitatamente al ricorso n. 168/2005) e dall’avv. Daniele Turco, ed elettivamente domiciliata in Parma, via Cantelli n. 9, presso lo studio dell’avv. Paola Da Vico;
contro
il Comune di Casalgrande, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso (limitatamente al ricorso n. 168/2005) dall’avv. Paolo Coli ed elettivamente domiciliato in Parma, b.go Tommasini n. 20, presso lo studio dell’avv. Mario Ramis;
la Provincia di Reggio Emilia, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa (limitatamente ai ricorsi n. 267/2007 e n. 72/2011) dall’avv. Paolo Coli ed elettivamente domiciliata in Parma, b.go Tommasini n. 20, presso lo studio dell’avv. Mario Ramis;
l’A.R.P.A. - Distretto di Scandiano, l’Azienda U.S.L. di Scandiano, il Dirigente del Servizio tecnico bacini Enza, Secchia e Panaro presso la Provincia di Reggio Emilia, la Conferenza di servizi presso la Provincia di Reggio Emilia e la Conferenza rifiuti presso la Provincia di Reggio Emilia, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
Nosari Rita, rappresentata e difesa (limitatamente al ricorso n. 168/2005) dall’avv. Ermes Coffrini, con domicilio presso la Segreteria della Sezione;
Unicalcestruzzi S.p.A., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- quanto al ricorso n. 168/2005 - dell’ordinanza n. 10 prot. n. 2084 in data 8 febbraio 2005 (a firma del Dirigente del 2° Settore - Urbanistica ed edilizia privata del Comune di Casalgrande) con cui è stato intimato alla società ricorrente di presentare un progetto di bonifica ambientale dell’area dell’ex cava Brugnola, del verbale della Conferenza provinciale in materia di smaltimento rifiuti del 21 marzo 2003, dei verbali n. 1/2005 e n. 2/2005 (in data 10 marzo 2005) di contestazione e notificazione di sanzioni amministrative da parte del Comune di Casalgrande, e – a mezzo di atto di “motivi aggiunti” depositato il 14 giugno 2011 – della deliberazione della Giunta del Comune di Casalgrande n. 32 del 28 febbraio 2011 e degli atti relativi all’escussione delle fideiussioni nei confronti di UNICAL e Nosari Rita;
- quanto al ricorso n. 267/2007 - del provvedimento prot. n. 35483.07 in data 8 maggio 2007 (a firma del Dirigente del Servizio Ambiente della Provincia di Reggio Emilia) con cui si è respinta la richiesta di autorizzazione ex art. 208 del d.lgs. n. 152/2006 alla gestione dell’impianto di smaltimento di inerti presso l’ex cava Brugnola, della nota di comunicazione di detto provvedimento e del verbale della conferenza di servizi del 9 febbraio 2007;
- quanto al ricorso n. 72/2011 - del provvedimento con cui, ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. n. 152/2006, il Dirigente del Servizio Ambiente della Provincia di Reggio Emilia ha respinto la richiesta di autorizzazione della società ricorrente all’attività di spandimento di rifiuti sul suolo a beneficio dell’agricoltura, nonché del verbale della Conferenza rifiuti del 6 agosto 2010;
……………….per la condanna………………..
al risarcimento del danno (limitatamente al ricorso n. 267/2007).
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di “motivi aggiunti” depositato il 14 giugno 2011 (ricorso n. 168/2005);
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Casalgrande (limitatamente al ricorso n. 168/2005), della Provincia di Reggio Emilia (limitatamente ai ricorsi n. 267/2007 e n. 72/2011) e di Nosari Rita (limitatamente al ricorso n. 168/2005);
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore il dott. Italo Caso;
Uditi, per le parti, alla pubblica udienza del 23 novembre 2011 i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Richiamato, tra gli altri atti, il verbale della Conferenza provinciale in materia di smaltimento rifiuti in data 21 marzo 2003 – che aveva richiesto al Comune di Casalgrande l’emanazione di un’ordinanza per la bonifica dell’area dell’ex cava Brugnola –, il Dirigente del 2° Settore - Urbanistica ed edilizia privata del Comune di Casalgrande ingiungeva alla società ricorrente di presentare un progetto di bonifica ambientale al fine del ripristino dello stato dei luoghi nell’area dell’ex cava Brugnola (v. ordinanza n. 10 prot. n. 2084 in data 8 febbraio 2005). Indi, con verbali n. 1/2005 e n. 2/2005 in data 10 marzo 2005 venivano contestate e notificate alla società ricorrente le sanzioni amministrative conseguenti alla violazione degli artt. 11, comma 4, lett. a) e b), e 22, comma 2, lett. a), della legge reg. n. 17 del 1991.
Avverso tali atti ha proposto impugnativa l’interessata (ricorso n. 168/2005), lamentando che l’Amministrazione comunale ha imposto la predisposizione del piano di bonifica prima di avere compiutamente esaminato l’istanza finalizzata al recupero ambientale del sito complessivo, denunciando l’insufficienza dell’istruttoria e la contraddittorietà delle determinazioni adottate, deducendo l’inadeguatezza della motivazione che sorregge la scelta di una bonifica in verità del tutto inutile, assumendo l’illogicità di una misura che non tiene conto della destinazione del sito da bonificare e ignora l’inesistenza di un interesse pubblico a rimuovere i rifiuti in eccesso, imputando all’Amministrazione comunale di voler far rispondere la ricorrente di fatti di cui essa non è in realtà responsabile e di cui non si può dunque tenere conto per l’irrogazione delle sanzioni amministrative contestatele. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Casalgrande e la sig.ra Rita Nosari, opponendosi all’accoglimento del gravame.
Successivamente, intervenuta la deliberazione della Giunta del Comune di Casalgrande n. 32 del 28 febbraio 2011 (con cui l’Amministrazione comunale, preso atto dell’inerzia della ricorrente, ha disposto di provvedere d’ufficio alla bonifica, ai sensi dell’art. 250 del d.lgs. n. 152/2006) e intervenuti gli atti relativi all’escussione delle fideiussioni nei confronti di UNICAL e Nosari Rita, la società ricorrente ha censurato le nuove determinazioni a mezzo atto di “motivi aggiunti” depositato il 14 giugno 2011. Ne denuncia l’illegittimità derivata dai vizi che inficiano gli atti precedenti, lamenta l’adozione della determinazione ex art. 250 del d.lgs. n. 152 del 2006 da parte di organo incompetente per trattarsi di atto di pertinenza dirigenziale, censura la carenza delle garanzie procedimentali di cui agli artt. 2 e segg. della legge n. 241 del 1990, prospetta l’inesistenza dei presupposti di applicazione dell’art. 250 del d.lgs. n. 152 del 2006 per non rinvenirsi la presenza di materiali inquinanti né il rischio di qualsivoglia contaminazione, censura l’illogicità di misura adottata nonostante la pendenza delle controversie giudiziarie promosse dall’interessata, assume sviata l’azione amministrativa dalla reale finalità di precludere definitivamente alla ricorrente qualsiasi possibilità futura di gestione della discarica, deduce infine il difetto di motivazione circa la dichiarazione di immediata eseguibilità della deliberazione giuntale.
Con altro ricorso (n. 267/2007) la Labor S.r.l. ha impugnato il diniego di autorizzazione ex art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006 alla gestione dell’impianto di smaltimento di inerti presso l’ex cava Brugnola (v. provvedimento prot. n. 35483.07 in data 8 maggio 2007, a firma del Dirigente del Servizio Ambiente della Provincia di Reggio Emilia), nonché la nota di comunicazione di detto provvedimento e il verbale della conferenza di servizi del 9 febbraio 2007. Denuncia la tardività del diniego per essere questo intervenuto oltre il termine legale di 120 giorni dalla domanda, lamenta la carenza del preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, deduce l’illogicità e la contraddittorietà del diniego rispetto a precedenti atti favorevoli – stante l’identità della disciplina del PTCP ora invocata a fondamento dell’asserita inammissibilità dell’impianto –, assume ingiustificatamente considerato come nuovo impianto quello che in realtà attiene alla mera prosecuzione di un’attività già assentita e per questo soggetta al regime semplificato di cui all’art. 210 del d.lgs. n. 152 del 2006. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati e di riconoscimento del risarcimento del danno.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Reggio Emilia, resistendo al gravame.
Con un ulteriore ricorso (n. 72/2011) la Labor S.r.l. ha poi impugnato il diniego di autorizzazione ex art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006 all’attività di spandimento di rifiuti sul suolo a beneficio dell’agricoltura, inerente ancora l’area dell’ex cava Brugnola (v. provvedimento a firma del Dirigente del Servizio Ambiente della Provincia di Reggio Emilia), nonché il verbale della Conferenza rifiuti del 6 agosto 2010. Censura la motivazione del diniego fondata sulle pregresse irregolarità della ditta, nonostante la legge non contempli “condizioni di procedibilità”, nonostante la pendenza di controversie giudiziali relative a quelle irregolarità e nonostante l’intervenuta assunzione dell’onere di bonifica da parte dell’Amministrazione comunale; lamenta, poi, l’omessa considerazione che il giudice ordinario aveva medio tempore accertato la sostanziale estraneità della ricorrente all’attività di escavazione asseritamente in eccesso; deduce, infine, l’illogicità di un diniego che implica la necessità di un’operazione di bonifica in realtà non necessaria e ignora l’attuale compatibilità della coltivazione di cava con la disciplina del nuovo PTCP. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Reggio Emilia, resistendo al gravame.
All’udienza del 23 novembre 2011, ascoltati i rappresentanti delle parti, i tre ricorsi sono passati in decisione.
Osserva preliminarmente il Collegio che, per evidenti motivi di connessione, si può provvedere alla riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 70 cod.proc.amm.
Muovendo dall’esame del ricorso n. 168/2005, appare innanzi tutto infondata la censura con cui si imputa all’Amministrazione comunale di avere adottato l’ordine di predisposizione del “progetto di bonifica ambientale” prima del definitivo esame della richiesta di autorizzazione al recupero ambientale delle ex cave Brugnola e Nosari; in effetti, lungi dal trattarsi di un atto interlocutorio, la nota comunale del 22 luglio 2004 (v. doc. n. 32), pur nella forma di un “parere sfavorevole”, esprimeva conclusioni ostative all’istanza della ricorrente, alla stregua di un atto soprassessorio interruttivo a tempo indeterminato del procedimento e con contenuto sostanzialmente reiettivo della domanda, che avrebbe dovuto dunque essere riproposta per far sorgere in capo all’ente locale l’obbligo di pronunciarsi sulla stessa. Né v’è illogicità o contraddittorietà nella decisione di imporre la redazione del suindicato progetto, in quanto strumento coerente con l’esigenza di ripristino dello stato dei luoghi in un’area interessata dall’abusivo conferimento di una consistente quantità di rifiuti (circa 27.500 mc.), ai sensi degli artt. 14 e 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 (disciplina applicabile alla fattispecie ratione temporis), mentre il suo carattere di atto dovuto esclude in simili casi un’autonoma verifica dell’interesse pubblico all’adozione del provvedimento ed esclude altresì una motivazione che non si riduca all’accertamento dei presupposti fattuali all’uopo richiesti dalla legge. Né, ancora, rileva la circostanza per cui i rifiuti in questione (relativi alla ex cava Brugnola) riguarderebbero un unico invaso, parzialmente comune alla ex cava Nosari, e quindi atterrebbero ad un sito comunque destinato a discarica di inerti, essendo decisivo – osserva il Collegio – il rilievo che l’area della ex cava Brugnola era stata impiegata come discarica senza la necessaria autorizzazione provinciale e che l’attività medio tempore svolta aveva assunto il carattere dell’abusività, con le conseguenti necessarie misure di ripristino ambientale imposte dalla legge; non vi erano, insomma, margini di discrezionalità dell’Amministrazione comunale circa l’an della misura, da considerarsi invero automatico effetto dello svolgimento dell’attività di smaltimento di rifiuti sine titulo, e quindi in sé carente di profili di eccesso di potere. Sfuggono, invece, alla giurisdizione del giudice amministrativo le questioni relative alle sanzioni amministrative pecuniarie ex art. 22, comma 2, della legge reg. n. 17 del 1991 (“Disciplina delle attività estrattive”), avendo la giurisprudenza chiarito come la cognizione delle controversie relative a dette sanzioni sia devoluta al giudice ordinario, ai sensi della legge n. 689 del 1981 (v. Cass. civ., Sez. un., 17 marzo 2001 n. 134).
Altre doglianze, tutte infondate, sono state formulate con atto di “motivi aggiunti”.
Non v’è ragione di lamentare l’incompetenza della Giunta comunale – che avrebbe svolto funzioni di pertinenza dei dirigenti –, poiché la deliberazione del 28 febbraio 2011 reca il mero avvio del procedimento ex art. 250 del d.lgs. n. 152 del 2006 (“Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all’articolo 242 sono realizzati d’ufficio dal comune territorialmente competente …”) e affida al Responsabile del Servizio Lavori pubblici l’attuazione delle attività necessarie, sicché a quest’ultima unità organizzativa spetterà l’adozione degli atti richiesti dalla legge; né, per la sua natura di atto meramente preparatorio, assumono rilievo le questioni relative alle norme in tema di partecipazione al procedimento e di altre formalità ex l. n. 241 del 1990, la cui effettiva incidenza lesiva sulla posizione soggettiva azionata andrà verificata in sede di adozione delle successive determinazioni. Quanto, poi, all’addotta insussistenza della situazione di inquinamento o contaminazione di cui agli artt. 242 e 250 del d.lgs. n. 152 del 2006, va rilevato che l’art. 242 correla in realtà le varie tipologie di interventi al diverso livello di concentrazione dei fattori inquinanti, che assumono in ogni caso rilievo, in una prima fase, per il solo rischio potenziale di alterazione dell’ambiente; pertanto, a fronte dell’inosservanza della pregressa ordinanza di predisposizione di un “progetto di bonifica ambientale”, risultava necessario avviare una verifica d’ufficio dello stato dei luoghi, anche a mezzo dell’effettuazione dell’analisi di rischio del sito (misura prevista dalla deliberazione impugnata), per poter poi disporre le operazioni che si sarebbero rivelate necessarie. Né, ancora, ostava all’adozione delle ulteriori determinazioni comunali la circostanza che la ricorrente avesse già contestato in sede giurisdizionale i precedenti atti, essendo evidente che l’azione amministrativa non può arrestarsi in attesa della risoluzione della lite in corso, a meno che un divieto in tal senso non venga imposto dal giudice con pronuncia cautelare. Circa, invece, il dedotto sviamento di potere – in relazione alla presunta volontà dell’ente locale di precludere comunque all’interessata qualsiasi possibilità di futura gestione della discarica –, la censura non risulta sorretta da adeguati elementi di prova, alla luce del costante orientamento giurisprudenziale secondo cui in simili casi il ricorrente deve addurre circostanze precise e inequivocabili, tali cioè da dar conto delle divergenze dell’atto dalla sua tipica funzione istituzionale, non essendo a questo fine sufficienti semplici supposizioni o indizi che non si traducano nella dimostrazione dell’illegittima finalità perseguita in concreto dall’organo amministrativo (v., tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 11 marzo 2010 n. 1418); nella fattispecie, invero, non emergono indicazioni significative, onde il perseguimento di finalità diverse da quelle istituzionali appare il frutto di mere congetture. Quanto, infine, alla dichiarazione di immediata eseguibilità della deliberazione giuntale ex art. 134 del d.lgs. n. 267 del 2000 – che si lamenta immotivata e in ogni caso non assistita da una reale situazione di emergenza –, il Collegio ritiene sufficiente richiamarsi a quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui non occorre in tali situazioni una specifica motivazione, per trattarsi di apprezzamento insindacabilmente riservato alla sfera discrezionale dell’Amministrazione (v., tra le altre, TAR Veneto, Sez. II, 12 luglio 2007 n. 2427).
Con il ricorso n. 267/2007 la ricorrente ha impugnato gli atti che attengono al diniego di autorizzazione alla gestione dell’impianto di smaltimento di inerti nell’area dell’ex cava Brugnola.
Le censure sono prive di fondamento.
Non costituisce motivo di illegittimità del diniego la denunciata tardività della decisione dell’Amministrazione provinciale, essendo noto che il superamento del termine fissato dalla legge per provvedere sull’istanza di un privato, se anche dà titolo all’interessato per far uso dei rimedi offerti dall’ordinamento al fine di ovviare all’inerzia del soggetto pubblico, non rappresenta tuttavia una causa di decadenza del potere di provvedere in capo all’organo interpellato. Né rileva l’addotta carenza del preavviso di rigetto ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, trattandosi di atto vincolato il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ai sensi del successivo art. 21-octies (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 18 marzo 2011 n. 1673). Quanto, poi, alla lamentata contraddittorietà rispetto all’autorizzazione rilasciata nel 1999 per l’impianto dell’area dell’ex cava Nosari, appare in sé decisiva la circostanza che alla realizzazione della discarica si opponga la disciplina di cui all’art. 11 del P.T.C.P. – profilo di incompatibilità neppure contestato dalla ricorrente –, sicché eventuali autorizzazioni illegittimamente assentite in passato non potrebbero giustificare una nuova violazione della normativa locale, in linea con il costante orientamento giurisprudenziale per cui, rispetto ad un’attività vincolata, non è configurabile il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 16 marzo 2011 n. 1623); e ciò indipendentemente dalla fondatezza o meno dell’obiezione secondo cui il rilascio dell’altra autorizzazione era stato reso possibile dall’allora vigenza del regime transitorio del P.T.C.P. del 1999 (v. memoria difensiva dell’Amministrazione provinciale depositata il 22 ottobre 2011). Né, infine, persuade l’assunto che si tratterebbe nella circostanza della mera prosecuzione/adeguamento di un’attività di smaltimento già in essere – soggetta al procedimento semplificato di cui all’art. 210 del d.lgs. n. 152 del 2006 –, stante in realtà il sostanziale e significativo ampliamento dell’area interessata dalla nuova attività di discarica, che si riconnette alla precedente solo per la contiguità del sito, ma che non può perciò sottrarsi – pena l’elusione della disciplina pianificatoria – alle prescrizioni di tutela del territorio contenute nel P.T.C.P. vigente all’epoca della presentazione dell’istanza.
Con il ricorso n. 72/2011 l’interessata ha impugnato gli atti che attengono ad un nuovo diniego di autorizzazione ex art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006 per l’area dell’ex cava Brugnola.
Il Collegio ritiene infondate anche le questioni in tal modo dedotte.
La motivazione del diniego incentrata sulla perdurante presenza in loco dei rifiuti abusivamente depositati regge alle doglianze della ricorrente, in quanto: a) la bonifica dell’area è oggettivamente una condizione per l’avvio di una regolare attività industriale sul territorio, che va evidentemente ricondotto allo stato originario; b) la mera pendenza di controversie giudiziarie con l’Amministrazione non costituisce in sé una preclusione all’esercizio dell’attività amministrativa; c) la circostanza che della bonifica dell’area si sia da ultimo assunto l’onere l’Amministrazione comunale in sostituzione del privato inadempiente non muta il quadro fattuale e quindi non fa venir meno la necessità di un preventivo risanamento ambientale dei luoghi; d) la decisione in tal modo assunta non mira a discriminare la ricorrente, quanto piuttosto a salvaguardare il territorio interessato dalla vicenda. Né, per quanto detto, rileva l’esito degli accertamenti medio tempore compiuti dal giudice ordinario a proposito delle responsabilità inerenti le pregresse attività di escavazione in eccesso presso le cave di che trattasi (responsabilità solo marginali per la ricorrente), se quel che conta ora è l’avvenuto conferimento abusivo di rifiuti presso l’area della ex cava Brugnola e la conseguente necessità di ripristinarne lo stato dei luoghi, indipendentemente dagli addebiti ai singoli soggetti coinvolti. Né, infine, è produttivo il richiamo alla disciplina del nuovo P.T.C.P., dovendosi ribadire che la condizione per ogni ulteriore attività di smaltimento/recupero rifiuti è la bonifica dell’area.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente – e vengono liquidate come da dispositivo in favore del Comune di Casalgrande e della Provincia di Reggio Emilia –, potendosene invece disporre la compensazione nei confronti di Nosari Rita.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna, Sezione di Parma, pronunciando sui ricorsi in epigrafe, riuniti ai sensi dell’art. 70 cod.proc.amm., così provvede:
- quanto al ricorso n. 168/2005, in parte lo respinge e in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione;
- quanto al ricorso n. 267/2007, lo respinge;
- quanto al ricorso n. 72/2011, lo respinge.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura complessiva di € 2.000,00 (duemila/00), oltre agli accessori di legge, in favore del Comune di Casalgrande, e di € 3.000,00 (tremila/00), oltre agli accessori di legge, in favore della Provincia di Reggio Emilia. Compensa le spese nei confronti di Nosari Rita.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Parma, nella Camera di Consiglio del 23 novembre 2011, con l’intervento dei magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Italo Caso, Consigliere, Estensore
Emanuela Loria, Primo Referendario
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/12/2011