Corte di Giustzia Sez.. VI sent. 10 aprile 2003 nella causa C-392/99 SENTENZA DELLA CORTE

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

 

10 aprile 2003 (1)

 

«Inadempimento di uno Stato - Direttiva 75/439/CEE - Eliminazione degli oli usati - Trasposizione incompleta»

 

 

Nella causa C-392/99,

 

 

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra L. Ström e dal sig. A. Caeiros, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

 

 

ricorrente,

 

 

contro

 

Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra M. Telles Romão, in qualità di agenti,

 

 

convenuta,

 

 

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica portoghese

 

- non avendo provveduto all'emanazione delle disposizioni tramite le quali l'autorità competente può accertarsi, prima di concedere l'autorizzazione alle imprese che rigenerano oli usati o che li utilizzano come combustibile, che vi sia un'adeguata protezione della salute nell'ambito dell'utilizzazione di oli usati come combustibile e dell'utilizzazione della migliore tecnologia disponibile che non comporti costi eccessivi nell'ambito delle attività di rigenerazione degli oli usati e della loro utilizzazione come combustibile;

 

- non avendo stabilito che i residui della combustione degli oli usati siano eliminati conformemente alle disposizioni dell'art. 9 della direttiva del Consiglio 20 marzo 1978, 78/319/CEE, relativa ai rifiuti tossici e nocivi (GU L 84, pag. 43) e, a decorrere dal 27 giugno 1995, conformemente alle disposizioni dell'art. 9 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32), il quale, in forza della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20), come modificata dalla direttiva del Consiglio 27 giugno 1994, 94/31/CE (GU L 168, pag. 28), ha sostituito l'art. 9 della direttiva 78/319;

 

- non avendo previsto né un controllo periodico delle imprese che rigenerano oli usati o che li utilizzano come combustibile, né l'esame dell'evoluzione dello stato della tecnica e/o dell'ambiente al fine di sottoporre a revisione, se del caso, le autorizzazioni concesse alle dette imprese;

 

- non avendo comunicato alla Commissione le informazioni relative alle conoscenze tecniche, nonché all'esperienza ed ai risultati che derivano dall'applicazione delle disposizioni adottate in forza della direttiva del Consiglio 16 giugno 1975, 75/439/CEE, concernente l'eliminazione degli oli usati (GU L 194, pag. 23), come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/101/CEE (GU L 42, pag. 43),

 

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 6, n. 2, 8, n. 2, lett. a), 13 e 17 della direttiva 75/439, come modificata dalla direttiva 87/101, nonché degli artt. 5, primo comma, e 189, terzo comma, del Trattato CE (divenuti artt. 10, primo comma, CE e 249, terzo comma, CE),

 

 

 

LA CORTE (Sesta Sezione),

 

 

composta dai sigg. J.-P. Puissochet, presidente di sezione, R. Schintgen e V. Skouris (relatore), dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, giudici,

 

 

avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl


cancelliere: sig. R. Grass

 

 

vista la relazione d'udienza,

sentite sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 29 novembre 2001, nel corso della quale la Commissione è stata rappresentata dal sig. A. Caeiros e la Repubblica portoghese dalle sig.re M. Telles Romão e M. João Lois, in qualità di agente,

 

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 7 marzo 2002,

 

ha pronunciato la seguente

 

 

 

Sentenza

1.
Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 13 ottobre 1999 la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell'art. 226 CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica portoghese:

 

- non avendo provveduto all'emanazione delle disposizioni tramite le quali l'autorità competente può accertarsi, prima di concedere l'autorizzazione alle imprese che rigenerano oli usati o che li utilizzano come combustibile, che vi sia un'adeguata protezione della salute nell'ambito dell'utilizzazione di oli usati come combustibile e dell'utilizzazione della migliore tecnologia disponibile che non comporti costi eccessivi nell'ambito delle attività di rigenerazione degli oli usati e della loro utilizzazione come combustibile;

 

- non avendo stabilito che i residui della combustione degli oli usati siano eliminati conformemente alle disposizioni dell'art. 9 della direttiva del Consiglio 20 marzo 1978, 78/319/CEE, relativa ai rifiuti tossici e nocivi (GU L 84, pag. 43) e, a decorrere dal 27 giugno 1995, conformemente alle disposizioni dell'art. 9 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975, 75/442/CEE, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), come modificata dalla direttiva del Consiglio 18 marzo 1991, 91/156/CEE (GU L 78, pag. 32, in prosieguo: la «direttiva 75/442»), il quale, in forza della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20), come modificata dalla direttiva del Consiglio 27 giugno 1994, 94/31/CE (GU L 168, pag. 28, in prosieguo: la «direttiva 91/689»), ha sostituito l'art. 9 della direttiva 78/319;

 

- non avendo previsto né un controllo periodico delle imprese che rigenerano oli usati o che li utilizzano come combustibile, né l'esame dell'evoluzione dellostato della tecnica e/o dell'ambiente al fine di sottoporre a revisione, se del caso, le autorizzazioni concesse alle dette imprese;

 

- non avendo comunicato alla Commissione le informazioni relative alle conoscenze tecniche, nonché all'esperienza ed ai risultati che derivano dall'applicazione delle disposizioni adottate in forza della direttiva del Consiglio 16 giugno 1975, 75/439/CEE, concernente l'eliminazione degli oli usati (GU L 194, pag. 23), come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/101/CEE (GU 1987, L 42, pag. 43, in prosieguo: la «direttiva 75/439»),

 

è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 6, n. 2, 8, n. 2, lett. a), 13 e 17 della direttiva 75/439, nonché degli artt. 5, primo comma, e 189, terzo comma, del Trattato CE (divenuti artt. 10, primo comma, CE e 249, terzo comma, CE).

 

Contesto normativo

 

Normativa comunitaria

 

2.
La direttiva 87/101, che ha modificato sostanzialmente la direttiva 75/439, dispone all'art. 2 che gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della stessa a decorrere dal 1° gennaio 1990.

 

3.
L'art. 6 della direttiva 75/439 così recita:

 

«1. In osservanza delle misure adottate a norma dell'articolo 4, le imprese che eliminano gli oli usati debbono ottenere un'autorizzazione. Ove necessario, quest'ultima è concessa previo esame degli impianti.

 

2. Salve restando le condizioni previste dalle disposizioni nazionali e comunitarie con riferimento ad un obiettivo diverso da quello considerato dalla presente direttiva, l'autorizzazione può essere concessa alle imprese che effettuano la rigenerazione degli oli usati o li utilizzano come combustibile soltanto qualora l'autorità competente si sia accertata che sono state adottate tutte le adeguate misure di protezione della salute e dell'ambiente, compreso il ricorso alla migliore tecnologia disponibile che non comporti costi eccessivi».

 

4.
L'art. 8 della direttiva 75/439, concernente l'utilizzazione degli oli usati come combustibile, prevede al n. 2, lett. a), quanto segue:

 

«Gli Stati membri si assicurano (...) che:

 

a) i rifiuti della combustione degli oli usati siano eliminati in conformità dell'articolo 9 della direttiva 78/319/CEE».

 

5.
L'art. 13 della direttiva 75/439 prevede quanto segue:

 

«1. Le imprese di cui all'articolo 6 sono sottoposte a controlli periodici ad opera dello Stato membro, segnatamente per quanto riguarda l'osservanza delle condizioni inerenti all'autorizzazione.

 

2. Le autorità competenti seguono l'evoluzione dello stato della tecnica e/o dell'ambiente al fine di sottoporre a revisione, se del caso, l'autorizzazione concessa ad un'impresa in conformità della presente direttiva».

 

6.
L'art. 17 della direttiva 75/439 così dispone:

 

«Ciascuno Stato membro comunica periodicamente alla Commissione le proprie conoscenze tecniche nonché l'esperienza ed i risultati che derivano dall'applicazione delle disposizioni adottate in virtù della presente direttiva.

 

La Commissione trasmette agli Stati membri un resoconto generale di tali informazioni».

 

7.
Ai sensi dell'art. 18 della direttiva 75/439:

 

«Gli Stati membri redigono ogni tre anni una relazione sulla situazione dell'eliminazione degli oli usati nei loro paesi e la trasmettono alla Commissione».

 

8.
L'art. 1, lett. c), primo trattino, della direttiva 78/319 definisce lo smaltimento dei rifiuti come «la raccolta, la cernita, il trasporto, il trattamento dei rifiuti tossici e nocivi, nonché l'ammasso e il deposito dei medesimi sul suolo o nel suolo».

 

9.
Ai sensi dell'art. 9 della direttiva 78/319:

 

«1. Gli impianti, gli stabilimenti o le imprese che provvedono all'ammasso, al trattamento e/o al deposito dei rifiuti tossici e nocivi, devono ottenere un'autorizzazione dalle autorità competenti. Tali rifiuti possono essere ammassati, trattati e/o depositati soltanto da impianti, stabilimenti o imprese muniti di tale autorizzazione. Le imprese che provvedono al trasporto dei rifiuti tossici e nocivi debbono essere controllate dalle autorità competenti degli Stati membri.

 

2. L' autorizzazione di cui al paragrafo 1 riguarda, in particolare:

 

- i tipi e i quantitativi di rifiuti;

 

- i requisiti tecnici;

 

- le precauzioni da prendere;

 

- il luogo (i luoghi) di smaltimento;

 

- i metodi di smaltimento.

 

L'autorizzazione può inoltre prescrivere indicazioni specifiche da fornire su richiesta delle autorità competenti.

 

3. Le autorizzazioni possono essere concesse per un periodo determinato, essere rinnovate e essere accompagnate da condizioni ed obblighi».

 

10.
In forza dell'art. 11 della direttiva 91/689, la direttiva 78/319 è stata abrogata a decorrere dal 27 giugno 1995.

 

11.
L'art. 1, n. 2, della direttiva 91/689 dispone che la direttiva 75/442 riguarda i rifiuti pericolosi.

 

12.
Nell'allegato II A della direttiva 75/442 sono ricapitolate le operazioni di smaltimento così come esse sono effettuate in pratica.

 

13.
L'art. 9 della direttiva 75/442 così recita:

 

«1. Ai fini dell'applicazione degli articoli 4, 5 e 7 tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate nell'allegato II A debbono ottenere l'autorizzazione dell'autorità competente di cui all'articolo 6.

 

Tale autorizzazione riguarda in particolare:

 

- i tipi ed i quantitativi di rifiuti,

 

- i requisiti tecnici,

 

- le precauzioni da prendere in materia di sicurezza,

 

- il luogo di smaltimento,

 

- il metodo di trattamento.

 

2. Le autorizzazioni possono essere concesse per un periodo determinato, essere rinnovate, essere accompagnate da condizioni e obblighi, o essere rifiutate segnatamente quando il metodo di smaltimento previsto non è accettabile dal punto di vista della protezione dell'ambiente».

 

Normativa nazionale

 

Disposizioni riguardanti l'esercizio di un'attività industriale

 

14.
Il Decreto-Lei 15 marzo 1991, n. 109 (Diário da República 15 marzo 1991, I, serie A, n. 62), come modificato dal Decreto-Lei 17 agosto 1993, n. 282 (Diário daRepública 17 agosto 1993, I, serie A, n. 192, in prosieguo: il «decreto legge n. 109/91»), stabilisce le disposizioni applicabili all'esercizio dell'attività industriale.

 

15.
Come risulta dal suo quarto 'considerando', tale decreto mira a «costituire uno strumento di protezione dell'interesse collettivo, che si traduce tanto nella sicurezza dei procedimenti tecnologici quanto nella ricerca delle migliori condizioni di localizzazione e di attività dell'industria, che garantiscano sia per l'industriale sia per la collettività l'effetto moltiplicatore delle attività intraprese».

 

16.
Ai sensi dell'art. 4 del decreto legge n. 109/91, intitolato «Obbligo generale di sicurezza»:

 

«L'attività industriale dev'essere esercitata in modo tale da garantire la sicurezza per quanto riguarda le persone e i beni, delle condizioni di lavoro e dell'ambiente, tenendo in considerazione il livello di sviluppo tecnologico esistente (...)».

 

17.
L'art. 5 del decreto legge n. 109/91, intitolato «Obbligo generale di prevenzione dei rischi», così dispone:

 

«1. L'industriale deve esercitare la sua attività in conformità della normativa applicabile e adottare misure cautelari allo scopo di eliminare o di ridurre i rischi che possono colpire le persone e i beni, le condizioni di lavoro e l'ambiente.

 

2. In presenza di un'anomalia nel funzionamento dello stabilimento, l'industriale deve adottare le misure adeguate per rimediare alla situazione (...)».

 

18.
L'art. 7, nn. 1-3, del decreto legge n. 109/91 è formulato come segue:

 

«1. In ogni momento terzi debitamente identificati possono presentare una denuncia motivata relativa all'installazione, alla modifica e allo sfruttamento di qualsiasi stabilimento industriale all'ente di coordinamento, agli enti di controllo dei servizi regionali del ministero interessato o a quello competente per la tutela dei diritti e degli interessi in questione, i quali trasmettono la denuncia all'ente di coordinamento con un parere motivato.

 

2. L'ente che riceve la denuncia la comunica all'industriale.

 

3. L'ente di coordinamento adotta le misure necessarie, in particolare per mezzo di ispezioni, nell'ambito dell'inoltro e della decisione sulla denuncia, dopo aver consultato, se del caso, gli enti competenti per la tutela dei diritti e degli interessi in questione».

 

19.
L'art. 9 del decreto legge n. 109/91 recita:

 

«1. La domanda di autorizzazione, che dev'essere presentata dall'industriale all'ente di coordinamento, è inoltrata con un documento che attesta l'autorizzazione relativaalla localizzazione (...) e con uno studio sull'impatto ambientale, se quest'ultimo è necessario ai sensi della legislazione applicabile.

 

2. L'ente di coordinamento deve sentire, qualora ciò sia d'obbligo, gli enti che hanno competenze nell'ambito industriale in materia di ambiente, di salute, di igiene e di sicurezza sul lavoro.

 

(...)

 

5. Le condizioni e i requisiti imposti dagli enti di cui al n. 2 sono obbligatoriamente parte integrante dell'autorizzazione da concedere.

 

(...)».

 

 

20.
Ai sensi dell'art. 12 del decreto legge n. 109/91:

 

«1. Il controllo dell'osservanza delle disposizioni di legge relative all'esercizio dell'attività industriale spetta segnatamente all'ente di coordinamento o ai servizi regionali del ministero interessato, conformemente alla sua normativa organica, salve restando le competenze degli altri enti che intervengono nella procedura di concessione dell'autorizzazione, nell'ambito delle loro rispettive competenze.

 

2. Gli altri enti di controllo possono, qualora ciò sia necessario, chiedere all'ente di coordinamento di imporre all'industriale determinate misure allo scopo di prevenire i rischi e gli inconvenienti idonei a pregiudicare le persone e i beni, le condizioni di lavoro e l'ambiente, fatta salva l'osservanza delle disposizioni di diritto internazionale relative al controllo dei rapporti di lavoro.

 

3. L'industriale ha l'obbligo di facilitare a tutti gli enti di controllo l'accesso ai propri impianti e di fornire agli stessi le informazioni e l'aiuto, richiesti con domanda motivata, perché possano verificare l'osservanza della normativa e delle condizioni che gli sono state imposte dall'ente di coordinamento.

 

4. Quando, durante un'azione di verifica, uno degli altri enti di controllo rileva un'inosservanza delle misure prescritte dallo stesso, deve stendere un verbale al riguardo ed informarne l'ente di coordinamento, organizzando ed istruendo la procedura d'infrazione».

 

21.
Ai sensi dell'art. 13 del decreto legge n. 109/91, intitolato «Misure cautelari»:

 

«Qualora venga ravvisata una situazione di rischio grave per la salute, la sicurezza delle persone e dei beni, l'igiene e la sicurezza dei luoghi di lavoro, nonché per l'ambiente, l'ente di coordinamento e gli altri enti di controllo devono adottare senza indugio, individualmente o congiuntamente, le misure necessarie in ciascun caso per prevenire o eliminare la situazione di rischio, inclusa la decisione di sospendere laproduzione e di chiudere provvisoriamente lo stabilimento, interamente o parzialmente, o di immobilizzare, mediante apposizione di sigilli, tutta o parte dell'attrezzatura, per un periodo massimo di sei mesi».

 

22.
In forza dell'art. 16, nn. 1 e 2, del decreto legge n. 109/91:

 

«1. Costituiscono una contravvenzione punibile con un'ammenda (...):

 

a) l'installazione, la modifica o lo sfruttamento di uno stabilimento industriale senza la previa autorizzazione di cui agli artt. 8, n. 1, e 11;

 

 

b) l'inosservanza delle prescrizioni previste nella normativa tecnica applicabile e delle misure imposte ai sensi dell'art. 12, n. 2.

 

2. Costituisce una contravvenzione punibile con un'ammenda (...) l'inosservanza degli obblighi relativi alla menzione in nota della cessione dello stabilimento, alla comunicazione della sospensione dello sfruttamento e della cessazione dell'attività industriale».

 

23.
L'art. 2, punto 4, lett. b), della Portaria 24 maggio 1994, n. 314 (Diário da República 24 maggio 1994, I, serie B, n. 120, in prosieguo: il «decreto n. 314/94») così dispone:

 

«Il progetto d'installazione di uno stabilimento della classe A deve contenere:

 

(...)

 

4) uno studio dei rischi, a meno che lo stabilimento industriale non rientri nella legislazione relativa alla prevenzione dei rischi di incidenti industriali gravi, studio che deve indicare:

 

(...)

 

b) la scelta di tecnologie che permettano di evitare o di ridurre l'utilizzazione di apparecchi o di prodotti pericolosi».

 

24.
Il decreto n. 314/94 riporta in allegato alcuni modelli di procedure di concessione di una licenza industriale. I punti 10-13 del modello n. 2 sono formulati come segue:

 

«10. Descrizione delle misure di sicurezza e d'igiene industriale, in particolare per quanto riguarda i rischi di incendio e di esplosione, i sistemi di captazione e di trattamento di polveri, nubi e vapori.

 

11. Regime di lavoro: numero di squadre.

 

12. Impianti di carattere sociale, impianti di medicina del lavoro ed impianti sanitari.

 

(...)

 

13. Altezza libera minima nell'impianto

 

(...)».

 

25.
I punti 7-10 del modello n. 3, riportato anch'esso in allegato al decreto n. 314/94, sono formulati negli stessi termini dei punti 10-13 del modello n. 2.

 

 

Normativa concernente la gestione dei rifiuti

 

26.
Il Decreto-Lei 9 settembre 1997, n. 239 (Diário da República 9 settembre 1997, I, serie A, n. 208, in prosieguo: il «decreto legge n. 239/97») introduce, come risulta dal preambolo dello stesso, «un meccanismo autonomo di previa autorizzazione delle operazioni di gestione dei rifiuti, che non va confusa con l'autorizzazione delle attività nelle quali le dette operazioni sono talvolta inserite, come avviene nel caso della licenza industriale per quanto riguarda i rifiuti industriali».

 

27.
L'art. 4, n. 1, del decreto legge n. 239/97 è formulato come segue:

 

«La gestione dei rifiuti ha come scopo primario di prevenire o di ridurre la produzione o la nocività dei rifiuti, in particolare tramite la riutilizzazione degli stessi e la modifica dei processi produttivi, per mezzo dell'adozione di tecnologie più pulite, nonché attraverso la sensibilizzazione degli operatori economici e dei consumatori».

 

28.
Ai sensi dell'art. 7, nn. 1 e 2, del decreto legge n. 239/97:

 

«1. E' vietato l'abbandono di rifiuti, nonché la produzione, il trasporto, l'ammasso, il trattamento, la valorizzazione o l'eliminazione di rifiuti da parte di organismi o in impianti non autorizzati.

 

E' vietato il deposito dei rifiuti, tranne che nei siti e alle condizioni stabiliti nella previa autorizzazione».

 

29.
Ai sensi dell'art. 8, n. 1, del decreto legge n. 239/97, «[l]e operazioni di ammasso, di trattamento, di valorizzazione e di eliminazione dei rifiuti sono sottoposte a previa autorizzazione».

 

30.
D'altra parte, dall'art. 9, n. 1, del decreto legge n. 239/97 risulta che l'autorizzazione delle operazioni di cui all'art. 8 dello stesso è di competenza del Ministro dell'Ambiente quando le dette operazioni, conformemente alla legge, sono assoggettate alla previa valutazione dell'impatto ambientale.

 

31.
L'art. 10, n. 1, del decreto legge n. 239/97 è formulato come segue:

 

«La domanda di autorizzazione di cui all'art. 8 è inoltrata, ai fini della decisione definitiva, all'autorità competente ed è accompagnata dagli elementi richiesti:

 

a) eventualmente, dalle norme di legge e di regolamento che disciplinano l'istruzione dei procedimenti di valutazione dell'impatto ambientale;

 

b) dal decreto del Ministro dell'Ambiente in caso di rifiuti industriali, di rifiuti solidi urbani o di altri tipi di rifiuti».

 

32.
In forza dell'art. 18 del decreto legge n. 239/97:

 

«Il controllo dell'osservanza del presente decreto legge spetta all'istituto per i rifiuti, alla Direzione generale per l'ambiente e alle Direzioni regionali per l'ambiente e le risorse naturali, nonché agli altri organismi competenti ad autorizzare operazioni di gestione dei rifiuti e alle autorità di polizia».

 

33.
Conformemente all'art. 19 del decreto legge n. 239/97:

 

«In caso di urgenza o di pericolo grave per la salute pubblica o per l'ambiente il Ministro della Sanità o il Ministro dell'Ambiente possono adottare con decisione le misure adeguate di protezione, in particolare tramite la sospensione di ogni operazione di gestione dei rifiuti».

 

34.
L'art. 20, nn. 1 e 2, del decreto legge n. 239/97 così dispone:

 

«1. La violazione, da parte del responsabile in questione, dell'obbligo di garantire una destinazione definitiva adeguata ai rifiuti, conformemente all'art. 6, e le violazioni delle disposizioni degli artt. 7. nn. 1, 3 e 4, e 8, n. 1, nonché alle norme di cui all'art. 15, n. 1, del presente decreto legge (...) costituiscono infrazioni punibili con un'ammenda (...).

 

2. Le violazioni delle disposizioni degli artt. 7, n. 2, 16, nn. 1 e 2, e 17, nn. 1 e 2, costituiscono infrazioni punibili con un'ammenda (...)».

 

35.
L'art. 21, n. 1, lett. f), del decreto legge n. 239/97 è formulato come segue:

 

«Le infrazioni di cui all'articolo precedente possono, oltre alle ammende e ai sensi della normativa generale, essere passibili delle sanzioni accessorie seguenti:

 

(...)

 

f) sospensione di autorizzazioni, licenze e consensi».

 

36.
In forza dell'art. 24 del decreto legge n. 239/97:

 

«1. Quando non è stata concessa una licenza o un'autorizzazione adeguata, le operazioni di ammasso, di trattamento, di valorizzazione o di eliminazione dei rifiuti che sono in corso necessitano di un'autorizzazione dell'autorità competente.

 

2. Le autorizzazioni di cui al numero precedente devono essere richieste entro il 31 dicembre 1997 e sono disciplinate dalle disposizioni degli artt. 8 e segg. del presente decreto legge».

 

37.
Il decreto ministeriale di cui all'art. 10, n. 1, lett. b), del decreto legge n. 239/97 è la Portaria 10 novembre 1998, n. 961 (Diário da República 10 novembre 1998, I, serie B, n. 260, in prosieguo: il «decreto n. 961/98»).

 

38.
Ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c), del decreto n. 961/98:

 

«La domanda di autorizzazione è accompagnata da:

 

(...)

 

c) un progetto, che deve contenere gli elementi indicati nell'allegato I o nell'allegato II del presente decreto, i quali costituiscono parte integrante di quest'ultimo, a seconda che si tratti, rispettivamente, di uno scarico o di un'altra operazione di gestione dei rifiuti».

 

39.
L'allegato II, punto I, lett. e), del decreto n. 961/98 menziona, tra gli elementi che il progetto di cui all'art. 3, n. 1, lett. c), deve contenere, una descrizione che riporti l'«[i]ndicazione del numero dei lavoratori, del regime di lavoro e degli impianti a carattere sociale, degli impianti di medicina del lavoro e degli impianti sanitari».

 

40.
L'art. 8 del decreto n. 961/98 prevede che:

 

«In forza della legislazione applicabile al diritto di accesso ai documenti in possesso della pubblica amministrazione, terzi debitamente identificati possono sollecitare un'informazione o presentare una denuncia contro un impianto o contro operazioni in causa dinanzi all'ente competente o alla direzione regionale per l'ambiente».

 

Disposizioni relative all'eliminazione degli oli usati

 

41.
Il Regulamento de licenciamento das actividades de recolha, armazenagem, tratamento prévio, regeneração, recuperação, combustão e incineração dos óleos usados (regolamento relativo alla concessione di licenze per le attività di raccolta, di deposito, di pretrattamento, di rigenerazione, di riutilizzazione, di combustione e d'incenerimento di oli usati) è stato approvato con la Portaria (decreto ministeriale) 25 marzo 1992, n. 240 (Diário da República 25 marzo 1992, I, serie B, n. 71, in prosieguo: il «regolamento allegato al decreto n. 240/92»).

 

42.
Ai sensi dell'art. 3 del detto regolamento:

 

«1. I registri dei movimenti di oli usati di cui all'art. 3, nn. 1 e 2, del decreto legge 23 febbraio 1991, n. 88, devono essere conformi ai modelli pubblicati nell'allegato I, che costituisce parte integrante del presente regolamento, e devono essere compilati ogni trimestre da parte dei detentori, dei raccoglitori e degli utilizzatori dei detti oli.

 

2. Gli enti di cui al numero precedente devono inviare i registri alla Direzione generale per l'energia (...)».

 

43.
L'art. 9 del regolamento allegato al decreto n. 240/92 subordina l'attività di «pretrattamento» degli olio usati alla concessione di un'autorizzazione.

 

44.
L'art. 10, lett. a), del detto regolamento, relativo all'inoltro della domanda di autorizzazione ai fini dell'esercizio dell'attività menzionata sopra, dispone:

 

«La domanda di autorizzazione dev'essere accompagnata dagli elementi seguenti:

 

a) localizzazione dell'unità, capacità di trattamento e tecnologia del procedimento, che dev'essere la migliore disponibile, senza provocare costi eccessivi».

 

45.
Inoltre l'art. 12, n. 1, lett. f), del regolamento allegato al decreto n. 240/92 richiede, per quanto riguarda l'autorizzazione delle attività delle imprese che rigenerano oli usati, che il «progetto d'impianto» sia allegato alla domanda di autorizzazione.

 

46.
Ai sensi dell'art. 13, lett. a), di tale regolamento:

 

«Il progetto d'impianto deve contenere gli elementi seguenti:

 

a) una descrizione dell'impianto che indichi:

 

descrizione dettagliata dell'attività industriale, con specificazione dei processi tecnologici, dei diagrammi di produzione e delle condizioni sanitarie;

 

indicazione della capacità nominale di produzione da installare e capacità di produzione giornaliera e/o settimanale prevista;

 

identificazione delle materie prime o di tutte le materie accessorie da utilizzare, nonché loro quantitativi;

 

indicazione quantitativa e qualitativa di effluenti liquidi, emissioni gassose e rifiuti;

 

identificazione delle fonti di emissione, in particolare il rumore, le vibrazioni, le radiazioni e gli agenti chimici;

 

descrizione di apparecchi, macchinari ed altre attrezzature, nonché delle loro caratteristiche, con indicazione delle norme o specifiche da rispettare;

 

indicazione della potenza totale da installare;

 

descrizione degli aspetti legati all'organizzazione della sicurezza a livello della protezione ambientale, della protezione delle persone e dei beni e delle condizioni di igiene e di sicurezza sul lavoro;

 

(...)

 

descrizione degli impianti industriali, compresi quelli di ammasso, di combustione, di forza motrice o di produzione di vapore e di recipienti di gas sotto pressione;

 

descrizione delle caratteristiche generali della costruzione e della finitura interna di uno stabilimento industriale;

 

descrizione del sistema di approvvigionamento d'acqua, potabile o meno, con quantificazione del consumo previsto (...);

 

(...)».

 

47.
L'art. 15, lett. a)-c), del regolamento allegato al decreto n. 240/92 dispone quanto segue:

 

«Entro un termine di otto giorni lavorativi, la Direzione generale per l'energia trasmette un esemplare degli elementi previsti dall'art. 12 agli enti che seguono, perché esprimano un parere:

 

a) Direzione generale per la qualità dell'ambiente;

 

b) Direzione generale per le cure sanitarie primarie;

 

c) Ispettorato generale del lavoro».

 

48.
L'art. 23 del regolamento allegato al decreto n. 240/92 dispone che l'utilizzazione di oli usati come combustibile è subordinata alla concessione di una licenza, che rientra nella competenza delle delegazioni regionali del Ministero dell'Industria e dell'Energia.

 

49.
L'art. 24 del detto regolamento è formulato come segue:

 

«La domanda di licenza dev'essere accompagnata dagli elementi seguenti:

 

a) presentazione del progetto (...);

 

b) descrizione con indicazione del tipo d'industria in cui viene effettuata la combustione;

 

c) potenza installata, in megawatt;

 

d) natura dell'unità che utilizza gli oli, come forni di combustione indiretta, forni di combustione diretta, generatori di vapore e dimensioni;

 

e) tipi di bruciatori;

 

f) composizione degli oli usati da utilizzare;

 

g) percentuale di oli usati utilizzati nelle miscele con altri combustibili e quantità consumate;

 

h) localizzazione dell'impianto rispetto a terzi (...);

 

i) informazione sulla destinazione dei residui della combustione».

 

50.
L'art. 25 del detto regolamento così dispone:

 

«E' vietato utilizzare oli usati come combustibile nell'industria alimentare, in particolare nei panifici, nonché nel caso in cui i prodotti di combustione siano in contatto con gli alimenti prodotti».

 

51.
Ai sensi dell'art. 2, n. 1, del Decreto-Lei 23 febbraio 1991, n. 88 (Diário da República 23 febbraio 1991, I, serie A, n. 45, in prosieguo: il «decreto legge n. 88/91»):

 

«E' vietato procedere a qualsiasi deposito e scarico di oli usati o di residui derivanti dal trattamento degli stessi che abbiano effetti nocivi per il suolo».

 

52.
D'altronde, l'art. 4, n. 2, del decreto legge n. 88/91 prevede che:

 

«Le operazioni di trasporto, di smaltimento e di valorizzazione degli oli usati possono essere effettuate unicamente su autorizzazione del direttore generale della qualità dell'ambiente».

 

 

53.
L'art. 5 del decreto legge n. 88/91 così dispone:

 

«Il controllo dell'osservanza delle disposizioni del presente decreto legge è di competenza della Direzione generale per l'energia e delle delegazioni regionali del Ministero dell'Industria e dell'Energia, fatte salve le competenze attribuite per legge ad altri organismi».

 

Disposizioni relative alle autorità di controllo in materia ambientale

 

54.
Il Decreto-Lei 24 maggio 1993, n. 189 (Diário da República 24 maggio 1993, I, serie A, n. 120, in prosieguo: il «decreto legge n. 189/93»), che ha approvato la leggerelativa all'organizzazione della Direzione generale per l'ambiente, dispone, all'art. 6, nn. 1, 2, lett. a), e 4:

 

«1. E' di competenza dell'ufficio per l'ispezione e il controllo ambientale (...) esercitare le funzioni d'ispezione e di controllo delle attività potenzialmente inquinanti.

 

2. E' di competenza dell''[ufficio per l'ispezione e il controllo ambientale]:

 

a) ispezionare gli impianti industriali e le fonti d'inquinamento di qualsiasi natura al fine di verificare l'osservanza della normativa in vigore in materia ambientale;

 

(...)

 

4. L'attività dell''[ufficio per l'ispezione e il controllo ambientale] si svolge secondo un programma annuale di ispezioni ordinarie, che è sottoposto all'approvazione del Ministro, e, se necessario, di ispezioni straordinarie, i cui risultati devono essere comunicati al Ministro incaricato».

 

55.
L'art. 3 del Decreto-Lei 14 dicembre 1999, n. 549 (Diário da República 14 dicembre 1999, I, serie A, n. 289, in prosieguo: il «decreto legge n. 549/99»), che ha approvato la legge relativa all'organizzazione dell'Ispettorato generale dell'ambiente, prevede che:

 

«E' di competenza dell'Ispettorato generale dell'ambiente (...) garantire l'osservanza delle norme giuridiche che incidono sull'ambiente e della legalità amministrativa nell'ambito dei servizi dipendenti dal Ministero dell'Ambiente».

 

56.
Ai sensi dell'art. 4, n. 1, lett. a), del decreto legge n. 549/99:

 

«E' di competenza dell''[Ispettorato generale dell'ambiente]:

 

controllare l'osservanza delle norme di legge e di regolamento in materie che incidono sull'ambiente e ispezionare gli stabilimenti, i locali o le attività assoggettate alle dette disposizioni».

 

 

57.
L'art. 13 del decreto legge n. 549/99 dispone quanto segue:

 

«1. L'[Ispettorato generale dell'ambiente] e gli altri enti che hanno funzioni di tipo ispettivo hanno l'obbligo di cooperare tra loro in base alle rispettive attribuzioni e competenze giuridiche, utilizzando a tale scopo i meccanismi che si rivelano più adeguati.

 

2. L'[Ispettorato generale dell'ambiente] può chiedere alle commissioni municipali e ai servizi dipendenti da altri ministeri informazioni sulle procedure di concessione di licenze per attività che hanno un impatto ambientale».

 

58.
L'art. 2 del Decreto-Lei 3 settembre 1997, n. 236 (Diário da República 3 settembre 1997, I, serie A, n. 203, in prosieguo: il «decreto legge n. 236/97») prevede quanto segue:

 

«1. L'Istituto per i rifiuti ha il compito di attuare la politica nazionale in materia di rifiuti e di assicurare l'osservanza delle disposizioni e norme tecniche.

 

2. L'Istituto per i rifiuti intraprende azioni intersettoriali, in particolare con gli organismi competenti dei Ministeri dell'Agricoltura, dello Sviluppo rurale e della Pesca, dell'Economia e della Sanità, per quanto riguarda rispettivamente i rifiuti agricoli, industriali ed ospedalieri».

 

 

 

Procedimento precontenzioso

 

59.
Con lettere 8 marzo 1991, 13 aprile 1992, 11 dicembre 1992 e 18 aprile 1994, il governo portoghese ha informato la Commissione che la direttiva 75/439 era stata recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legge n. 88/91, il decreto n. 240/92 e la Portaria (decreto ministeriale) 5 novembre 1992, n. 1028 (Diário da República 5 novembre 1992, I, serie B, n. 256), nonché con il Despacho conjunto (decreto interministeriale) dei Ministeri dell'Industria e dell'Energia e dell'Ambiente e delle Risorse naturali 26 aprile 1993 (Diário da República 18 maggio 1993, II, n. 115).

 

60.
In seguito ad esame delle disposizioni nazionali notificate, la Commissione ha ritenuto che esse non assicurassero la corretta e completa trasposizione della direttiva 75/439. Di conseguenza, essa ha avviato il procedimento previsto dall'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE) e con lettera di diffida 4 luglio 1994 ha invitato il governo portoghese a presentare le proprie osservazioni.

 

61.
Con lettera 26 ottobre 1994 il governo portoghese ha risposto, giustificando la sua posizione.

 

62.
Avendo ritenuto che le spiegazioni addotte dal governo portoghese non fossero soddisfacenti e che sussistesse una situazione di violazione del diritto comunitario, il 27 novembre 1997 la Commissione ha inviato alla Repubblica portoghese un parere motivato, invitandola a conformarvisi entro un termine di due mesi a decorrere dalla notifica dello stesso.

 

63.
Nella lettera di risposta 25 febbraio 1998 il governo portoghese ha mantenuto la sua posizione.

 

64.
Alla luce di quanto sopra la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

 

Nel merito

Sulla mancata trasposizione dell'art. 6, n. 2, della direttiva 75/439, nella parte in cui esso subordina l'autorizzazione ad utilizzare oli usati come combustibile alla condizione che siano adottate tutte le misure adeguate di protezione della salute

 

Argomenti delle parti

 

65.
Con la prima parte del suo primo motivo, la Commissione contesta alla Repubblica portoghese di non aver adottato le misure volte a garantire che la concessione da parte della competente autorità nazionale dell'autorizzazione richiesta, ai sensi dell'art. 6, n. 2, della direttiva 75/439, alle imprese che utilizzano oli usati come combustibile sia subordinata alla condizione che siano adottate tutte le misure adeguate di protezione della salute.

 

66.
La Commissione sottolinea in via preliminare che, perché sia soddisfatta l'esigenza di certezza del diritto, è indispensabile che il regime di autorizzazione dello smaltimento degli oli usati sia sufficientemente chiaro e preciso, affinché tutte le imprese interessate possano sapere, con la necessaria certezza, che la domanda di autorizzazione deve comprendere gli aspetti di protezione della salute e che l'autorità competente è tenuta a considerare tale criterio come condizione dell'autorizzazione. Orbene, essa rileva che non risulta chiaro quali disposizioni della normativa portoghese disciplinino la presentazione delle domande di autorizzazione nel settore specifico dell'utilizzazione degli oli usati come combustibile.

 

67.
In particolare, la Commissione osserva che le disposizioni relative all'autorizzazione delle «attività di raccolta, di deposito, di pretrattamento, di rigenerazione, di riutilizzazione, di combustione e d'incenerimento di oli usati», vale a dire il regolamento allegato al decreto n. 240/92, non contengono alcuna disposizione che si riferisca alla protezione della salute nell'ambito dell'utilizzazione degli oli usati come combustibile, fatta eccezione solo per l'art. 25 del detto regolamento, che si limita a vietare tale utilizzazione nell'industria alimentare.

 

68.
A tale proposito la Commissione sostiene che, anche riguardo alle imprese che, secondo le affermazioni del governo portoghese, hanno già ottenuto un'autorizzazione in applicazione del regolamento allegato al decreto n. 240/92, dopo aver presentato un progetto d'impianto che comprende gli aspetti relativi alla protezione della salute, tale governo non indica in forza di quale disposizione del detto regolamento esse siano state obbligate a presentare il progetto di cui sopra.

 

69.
Per contro, il governo portoghese sostiene che la sua normativa nazionale consente di raggiungere l'obiettivo di cui all'art. 6, n. 2, della direttiva 75/439, che consiste nel garantire che l'istruzione del fascicolo di autorizzazione consenta all'autorità competente di accertare, prima di decidere, se le condizioni «adeguate di protezione della salute» siano soddisfatte. Orbene, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, tale obiettivo potrebbe essere raggiunto in diversi modi, e non implica necessariamente che venga sancito in maniera espressa un obbligo, per l'impresa interessata, di allegare alla sua domanda di autorizzazione una descrizione degli aspettirelativi alla protezione della salute. Infatti, nell'ordinamento portoghese esisterebbero disposizioni giuridiche che riprendono il contenuto dell'art. 6, n. 2, della direttiva 75/439, anche se tali norme non fanno parte del provvedimento di diritto nazionale volto a trasporre la detta direttiva.

 

70.
Secondo il governo portoghese, la ragione per cui la protezione della salute non è espressamente menzionata nel regolamento allegato al decreto n. 240/92 risiede nel fatto che il detto regolamento si riferisce ad imprese che solitamente detengono già un'autorizzazione o che devono ottenerla per esercitare un'attività industriale principale. Le dette imprese sarebbero pertanto assoggettate all'osservanza delle disposizioni che disciplinano l'autorizzazione ad esercitare un'attività industriale, le quali tengono in considerazione tale aspetto.

 

71.
A tale proposito il governo portoghese cita gli artt. 4 e 5 del decreto legge n. 109/91, nonché l'art. 9, nn. 2 e 5, dello stesso, che garantisce che le condizioni ed esigenze imposte dagli enti che detengono competenze in particolare in materia di salute, di igiene e di sicurezza sul lavoro e il cui parere è chiesto dall'autorità che concede l'autorizzazione costituiscano necessariamente parte integrante dell'autorizzazione concessa. A ciò si aggiungerebbe che l'art. 13 del detto decreto legge impone, qualora venga ravvisata, in particolare, una situazione di rischio grave per la salute, l'adozione immediata di misure volte a prevenirla o ad eliminarla.

 

72.
Il detto governo invoca altresì l'art. 2, punto 4, del decreto n. 314/94, il quale dispone che la domanda di autorizzazione ad installare o a modificare uno stabilimento industriale dev'essere accompagnata da uno studio dei rischi, presentato secondo l'apposito modello e che riporti, ai sensi dei modelli nn. 2, punti 10-13, e 3, punti 7-10, allegati al detto decreto, la descrizione degli aspetti connessi all'organizzazione delle condizioni di sicurezza e di igiene sul lavoro.

 

73.
Secondo il governo portoghese, occorre altresì prendere in considerazione il decreto n. 961/98, che, a suo avviso, sottopone le operazioni di deposito, di trattamento, di valorizzazione e di smaltimento dei rifiuti a previa autorizzazione del Ministro dell'Ambiente. Riferendosi inoltre all'art. 3, n. 1, lett. c), del detto decreto, letto in combinato disposto con l'allegato II dello stesso, il governo portoghese rileva che, tra i documenti che devono essere prodotti a sostegno della domanda di autorizzazione, figura in particolare una descrizione che contiene numerosi elementi idonei a garantire l'adozione di misure di protezione della salute, quali gli impianti in materia sociale, sanitaria e di medicina del lavoro e, in generale, tutte le esigenze relative all'identificazione e al trattamento dei rifiuti.

 

74.
Per quanto riguarda gli artt. 4 e 5 del decreto legge n. 109/91, la Commissione replica che le dette disposizioni, che impongono rispettivamente un obbligo generale di sicurezza e un obbligo generale di prevenzione dei rischi, si riferiscono all'esercizio dell'attività industriale propriamente detta e non obbligano necessariamente l'impresa interessata ad allegare alla domanda di autorizzazione una descrizione degli aspetticonnessi alla protezione della salute, il che vale anche per l'art. 9 del detto decreto legge.

 

75.
La Commissione aggiunge che neanche l'art. 13 del decreto legge n. 109/91 impone all'impresa interessata un tale obbligo. Infatti, prevedendo la possibilità di sospendere la produzione e di chiudere provvisoriamente lo stabilimento, totalmente o in parte, tale disposizione si riferirebbe, a quanto pare, ad una situazione di pericolo ravvisata durante l'esercizio dell'attività industriale.

 

76.
Secondo la Commissione, soltanto il decreto n. 961/98 disporrebbe espressamente che la domanda di autorizzazione deve comprendere gli aspetti relativi alla protezione della salute. Tuttavia, tale decreto non può essere preso in considerazione nell'ambito del presente procedimento per inadempimento, poiché è entrato in vigore, ai sensi dell'art. 2, n. 2, della Lei 11 novembre 1998, n. 74 (Diário da República 11 novembre 1998, I, serie A, n. 261), solo il 15 novembre 1998, vale a dire dopo la scadenza del termine stabilito nel parere motivato.

 

Giudizio della Corte

 

77.
Occorre rilevare in primo luogo che, come risulta dalla stessa formulazione dell'art. 6 della direttiva 75/439, tale disposizione non si limita a indicare gli elementi che l'autorità competente deve prendere in considerazione al fine di concedere un'autorizzazione ad un'impresa che intende esercitare un'attività di eliminazione degli oli usati, ma subordina espressamente la concessione della detta autorizzazione ad una condizione specifica, vale a dire l'adozione di tutte le misure adeguate di protezione dell'ambiente e della salute.

 

78.
Infatti, se l'art. 6, n. 1, di tale direttiva si limita a rendere obbligatoria, ai fini dell'esercizio dell'attività in questione, la concessione di un'autorizzazione che, ove necessario, è accordata previo esame degli impianti dell'impresa interessata, dal n. 2 di tale disposizione risulta chiaramente che l'autorizzazione può essere concessa soltanto qualora l'autorità competente si sia accertata che sono state adottate tutte le misure richieste.

 

79.
Risulta pertanto che, nell'ambito del regime di autorizzazione che gli Stati membri hanno l'obbligo di istituire nel loro ordinamento interno, ai sensi dell'art. 6 della direttiva 75/439, l'attuazione delle misure richieste deve costituire una condizione imprescindibile della concessione dell'autorizzazione ivi indicata.

 

80.
In secondo luogo si deve rilevare che, se la Corte ha dichiarato che la trasposizione nel diritto interno di una direttiva non richiede necessariamente che le sue disposizioni vengano riprese in modo formale e testuale in una norma di legge o di regolamento espressa e specifica e può essere sufficiente un contesto giuridico generale, ciò vale a condizione che esso garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva in modo sufficientemente chiaro e preciso. Infatti, la Corte ha sottolineato che è particolarmente importante, per garantire l'esigenza di certezza del diritto, che ledisposizioni di una direttiva siano attuate con efficacia cogente incontestabile, in modo che i singoli possano contare su una situazione giuridica chiara e precisa, che consenta loro di sapere esattamente quali sono i propri diritti e obblighi (v., in tal senso, sentenze 13 marzo 1997, causa C-197/96, Commissione/Francia, Racc. pag. I-1489, punto 15, e 15 novembre 2001, causa C-49/00, Commissione/Italia, Racc. pag. I-8575, punto 21).

 

81.
E' alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se le disposizioni nazionali invocate dal governo portoghese assicurino una corretta trasposizione dell'art. 6, n. 2, della direttiva 75/439.

 

82.
Per quanto riguarda, innanzitutto, il decreto legge n. 109/91, occorre rilevare che, se gli artt. 4 e 5 dello stesso possono essere interpretati nel senso che impongono all'industriale che intenda utilizzare oli usati come combustibile di adottare le misure adeguate relative alla sicurezza e alla prevenzione dei rischi, essi non prevedono assolutamente che l'adozione effettiva delle dette misure condizioni la concessione dell'autorizzazione a cui la detta utilizzazione è assoggettata.

 

83.
Vero è che l'art. 9, nn. 2 e 5, del decreto legge n. 109/91 dispone che l'autorità che istruisce la domanda di autorizzazione deve consultare enti che hanno competenze nell'ambito industriale in materia di ambiente, di salute e igiene e di sicurezza sul lavoro, e che i detti enti possono imporre condizioni che saranno obbligatoriamente parte integrante dell'autorizzazione da concedere.

 

84.
Tuttavia, tale procedura di consultazione, prevista, ai sensi dell'art. 9, n. 2, del detto decreto legge, se ciò è obbligatorio ai sensi della legislazione applicabile, non garantisce assolutamente che solo le imprese che hanno adottato tutte le misure adeguate di protezione della salute ottengano l'autorizzazione ad utilizzare oli usati come combustibile.

 

85.
Tale osservazione è ugualmente valida per le misure cautelari che le autorità competenti possono adottare in forza dell'art. 13 del decreto legge n. 109/91, al fine di reagire alle situazioni di rischio che si possono manifestare durante l'esercizio dell'attività di un'impresa che utilizza oli usati come combustibile.

 

86.
Per quanto riguarda, poi, l'art. 2, n. 4, del decreto n. 314/94, va rilevato che, sebbene lo studio dei rischi che, conformemente al detto articolo, deve accompagnare la domanda di autorizzazione sia tale da fornire all'autorità competente elementi rilevanti ai fini della sua valutazione, neanche tale disposizione subordina la concessione dell'autorizzazione alla condizione che l'impresa di cui trattasi abbia adottato tutte le misure adeguate di protezione della salute.

 

87.
Per quanto riguarda, infine, le disposizioni del decreto n. 961/98, invocate dal governo portoghese, è sufficiente rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, l'esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato eche la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (v., in particolare, sentenza 14 giugno 2001, causa C-473/99, Commissione/Austria, Racc. pag. I-4527, punto 13).

 

88.
Orbene, è pacifico che il decreto n. 961/98 è entrato in vigore solo dopo la scadenza del termine di due mesi stabilito nel parere motivato. Pertanto occorre riconoscere, conformemente alla giurisprudenza citata al punto precedente, che il detto decreto, anche se costituisse una corretta trasposizione dell'art. 6, n. 2, della direttiva 75/439, non è pertinente nell'ambito del presente ricorso.

 

89.
Risulta quindi che, anche supponendo che le autorità competenti richiedano, come previsto dall'art. 6, n. 2, della direttiva 75/439, che l'impresa che intende utilizzare oli usati come combustibile abbia adottato tutte le misure adeguate di protezione della salute, prima di concederle l'autorizzazione richiesta, tale requisito non è prescritto da una disposizione nazionale cogente con la specificità, la precisione e la chiarezza richieste, di modo che, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 80 della presente sentenza, il detto articolo non è stato correttamente recepito entro il termine prescritto.

 

90.
Di conseguenza, la prima parte della prima censura della Commissione dev'essere accolta.

 

Sulla mancata trasposizione dell'art. 6, n. 2, della direttiva 75/439, nella parte in cui esso subordina l'autorizzazione ad eliminare gli oli usati alla condizione che si faccia ricorso alla migliore tecnologia possibile che non comporti costi eccessivi

 

Argomenti delle parti

 

91.
Con la seconda parte del suo primo motivo la Commissione contesta alla Repubblica portoghese di non aver adottato le misure volte a garantire che la concessione, da parte della competente autorità nazionale, dell'autorizzazione richiesta ai sensi dell'art. 6, n. 2, della direttiva 75/439, sia per le imprese che effettuano la rigenerazione degli oli usati, sia per quelle che li utilizzano come combustibile, sia subordinata alla condizione che si faccia ricorso alla migliore tecnologia disponibile che non comporti costi eccessivi.

 

92.
Per quanto riguarda, da un lato, le imprese che richiedono l'autorizzazione ad esercitare l'attività di rigenerazione degli oli usati, la Commissione osserva che l'art. 13, lett. a), primo elemento, del regolamento allegato al decreto n. 240/92 dispone soltanto che la descrizione dell'impianto deve consistere in una «descrizione dettagliata dell'attività industriale, con specificazione dei processi tecnologici», senza informare chiaramente le imprese interessate che l'autorizzazione ad esercitare l'attività di rigenerazione degli oli usati verrà concessa loro soltanto se è soddisfatto il requisito previsto dall'art. 6, n. 2, della direttiva 75/442, vale a dir