Inquinamento acustico tra sanzioni amministrative e penali. Le conclusioni della Cassazione
di Gianfranco AMENDOLA
pubblicato su unaltroambiente.it.Si ringraziano Autore ed Editore
Premessa. Il quadro generale
Quando si parla di tutela dell’ambiente, ci si riferisce di solito all’inquinamento provocato da acqua, aria e rifiuti, dimenticando l’inquinamento acustico, che viene spesso sottovalutato o considerato come secondario.
Eppure, è ormai certo che i danni provocati dall’inquinamento acustico alla salute sono molto gravi1, tanto è vero che l’Organizzazione mondiale della sanità, specie con riferimento al traffico, lo considera, dopo l’inquinamento atmosferico da particolato, il più rilevante problema ambientale europeo, evidenziando che la salute di circa 30 milioni di cittadini europei è attualmente messa a rischio dall’esposizione a livelli eccessivi di decibel e raccomandando il rispetto delle soglie di 65 decibel di giorno e 55 di notte2.
L’esposizione a lungo termine al rumore può provocare, infatti, oltre a danni uditivi, una serie di effetti nocivi per la salute, tra cui irritabilità, disturbi del sonno, effetti deleteri (quali infarti, ictus, ipertensione) a carico del sistema cardiovascolare e metabolico, nonché compromissione delle facoltà cognitive nei bambini. Più in particolare, si stima che l’esposizione a lungo termine al rumore ambientale contribuisca a 48.000 nuovi casi di cardiopatia ischemica e a 12.000 morti premature ogni anno in Europa. Inoltre, 22 milioni di persone soffrono di forti disturbi e 6,5 milioni di disturbi cronici del sonno; e si stima che oltre 12.000 studenti soffrano di disturbi dell’apprendimento a causa del rumore prodotto dal traffico aereo.
La difesa normativa, a livello europeo, nasce con la direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, la quale mira a creare un sistema comune per monitorare l’inquinamento acustico, e invita gli Stati membri a ideare dei piani di azione per prevenire questo fenomeno, a partire da una maggiore informazione della popolazione. Direttiva recepita dal nostro paese con il D.Lgs n. 194/05, il quale definisce le competenze e le procedure per l’elaborazione della mappatura acustica e delle mappe acustiche strategiche, l’elaborazione e l’adozione dei piani di azione, volti ad evitare e a ridurre il rumore ambientale laddove necessario, assicurando, nel contempo, l’informazione e la partecipazione del pubblico in merito al rumore ambientale ed ai relativi effetti3.
Tuttavia, sin dal 1995, l’Italia aveva adottato la legge quadro n. 447 sull’inquinamento acustico, che stabilisce i principi fondamentali per la difesa dal rumore dell’ambiente esterno e di quello abitativo, attribuendo diverse funzioni e compiti a Stato, Regioni, Province e Comuni. E, proprio per questo, il D. Lgs 194/05 precisa che “laddove non esplicitamente modificate dal presente decreto, si applicano le disposizioni della legge 26 ottobre 1995, n. 447, e successive modificazioni, nonché la normativa vigente in materia di tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento acustico adottata in attuazione della citata legge n. 447 del 1995”.
Esula dai fini del presente lavoro una analisi dettagliata di questa importante legge quadro (e dei decreti applicativi4), rispetto alla quale sembra sufficiente evidenziare in questa sede che essa, tra l’altro, definisce diversi limiti da non superare con valori5 che cambiano a seconda della sorgente di rumore e dell’ambiente, interno o esterno6 e che prevede solo sanzioni amministrative (art. 10).
L’art. 659 del codice penale: brevi cenni
Prima della direttiva e prima della legge 447, tuttavia, la tutela dall’inquinamento acustico nel nostro paese si basava sull’art. 844 del codice civile, relativo alle immissioni moleste e, sotto il profilo penale sull’art. 659 c.p. intitolato al “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”, il quale stabilisce che “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309 (comma 1), aggiungendo che “si applica l’ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni di legge o le prescrizioni dell’autorità” (comma 2).
Nonostante la sua innegabile genericità, questa norma ha costituito per decenni la più rilevante difesa contro l’inquinamento acustico, in qualsiasi modo provocato, dal cane alle campane, dalla motocicletta all’aeroporto7.
E, nell’applicarla, la giurisprudenza è giunta, sin dagli anni 70, ad alcune importanti precisazioni.
In primo luogo, che “il disturbo concerne non solo il riposo ma la quiete, quale bene tutelato in ogni ora, notturna e diurna”8. In secondo luogo che, per la integrazione del reato, i rumori devono essere “potenzialmente idonei a disturbare il riposo e le occupazioni di un numero indeterminato di persone”9; devono avere, cioè, una “attitudine a propagarsi ed a disturbare la quiete e le occupazioni di un numero indeterminato di persone” e non solo “le persone che si trovano in luogo contiguo a quello in cui avvengono i rumori”10; anche se, poi, in concreto, sia stata disturbata una sola persona11; o, addirittura, “se i rumori sono stati accertati dalla polizia giudiziaria senza che alcuno se ne sia lamentato”12.
In secondo luogo, quanto ai rapporti tra il primo ed il secondo comma, dopo diverse incertezze, la Cassazione è giunta alla conclusione che “la condotta sanzionata dal secondo comma dell’art. 659 cod. pen. è soltanto quella costituita dalla violazione delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell’autorità che disciplinano l’esercizio della professione o del mestiere, mentre l’emissione di rumori eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a disturbare le occupazioni o il riposo delle persone rientra nella previsione del comma 1, indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l’abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso”13.
I rapporti tra legge 447/95 e art. 659 c.p.: l’orientamento consolidato della Cassazione
È in questo contesto, quindi, che va inserita la già ricordata legge quadro dell’inquinamento acustico n. 447 del 1995, la quale (art. 10) punisce con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 1.000 euro a 10.000 euro “chiunque, nell’ esercizio o nell’ impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori limite di emissione e di immissione di cui all’ articolo 2, comma 1, fissati ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera a”.
Si pone, pertanto, il problema di definire i rapporti tra la norma penale generale dell’art. 659 e la normativa (con sanzione amministrativa) della legge n. 445. Chiamata a risolvere questo dilemma, la Cassazione dava, in un primo tempo, due soluzioni diametralmente opposte, con due sentenze depositate a distanza di pochi giorni dalla stessa sezione. In una, infatti, sanciva che l’art. 10 della nuova legge, fornendo di sanzione amministrativa la violazione dei valori limite in tema di inquinamento acustico, si presenta come disposizione “speciale” rispetto a quanto previsto dall’ art. 659 c.p., comma secondo, limitatamente alle “prescrizioni dell’autorità”; e, pertanto, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 689 del 24 novembre 1981, si applica solo la sanzione amministrativa (e non quella penale dell’art. 659). Nell’altra la Suprema Corte riteneva, invece, che la legge n. 447 disciplini la materia dell’inquinamento acustico, e che tale materia è “diversa” rispetto all’ ambito del secondo comma dell’art. 659 c.p. il quale richiama, invece, norme integrative “dirette a disciplinare e determinare specificamente le modalità spaziali e temporali dell’esercizio delle attività di lavoro rumoroso”; ne consegue la irrilevanza di tale legge, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 659 c.p. 14.
Tuttavia, negli anni successivi, dopo un lunga fase di incertezza15, si giungeva ad una soluzione più articolata e veniva accolto “il principio di diritto secondo cui l’ambito di operatività dell’art. 659 cod. pen., con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla legge 447\95, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2 della legge quadro; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità che regolano l’esercizio del mestiere o dell’attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall’art. 659 comma 2 cod. pen., mentre, nel caso in cui l’attività ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall’art. 659, comma 1 cod. pen. indipendentemente dalla fonte sonora dalla quale i rumori provengono, quindi anche nel caso in cui l’abuso si concretizzi in un uso smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione o del mestiere rumoroso (da ultimo Sez. 3, n. 25424 del 5/6/2015 (dep. 20/6/2016), Pastore, non massimata). In tale ambito si è poi precisato che l’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete ( Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Montoli, Rv. 263433)” 16.
Orientamento che ormai può considerarsi certamente consolidato, come da ultimo confermato da recentissima sentenza in cui si ripete che “l’esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso integra: A) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia; B) il reato di cui al comma 1 dell’art. 659, cod. pen., qualora il mestiere o la attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete; C) il reato di cui al comma 2 dell’art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relative ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995…”17.
Alcune precisazioni e conclusioni
In realtà, tuttavia, a questo punto è necessario, per comprendere pienamente i rapporti tra l’art. 659 c.p. e la legge speciale, introdurre alcune considerazioni aggiuntive.
Particolarmente significativa, a questo proposito, appare una sentenza del 200618 in cui la Cassazione, dopo un ampio esame della propria giurisprudenza in relazione all’art. 659 c.p., afferma che “l’ipotesi contravvenzionale prevista dal primo comma dell’art. 659 c.p. non può essere esclusa per il solo fatto che nell’esercizio di una attività rumorosa l’agente non abbia superato i limiti di rumorosità previsti dall’art. 4 D.P.C.M. 14/11/1997. Infatti l’agente, il quale svolge attività di per sè rumorosa, è comunque sempre obbligato non solo a rispettare le disposizioni di legge e le prescrizioni impartite dall’Autorità, ma anche a porre in essere tutte le cautele necessarie ad evitare il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”, aggiungendo che “non può ritenersi che nel caso di esercizio di mestiere o di attività rumorosa la contravvenzione prevista dall’art. 659 co. 1 c.p. debba essere esclusa a seguito della entrata in vigore della legge n. 447 del 1995, ostando a tale interpretazione considerazioni di natura letterale e logica. In primo luogo, atteso il tenore dei termini adoperati dal legislatore, la suddetta norma va tenuta distinta da quella di cui all’art. 10 co. 2 L. 447/1995, riguardando la prima gli effetti negativi della rumorosità, mentre la seconda prende in considerazione solo il superamento di una certa soglia di rumorosità. In secondo luogo diverso è lo scopo delle due norme, mirando la prima a tutelare la tranquillità pubblica e, quindi, i diritti costituzionalmente garantiti come le occupazioni o il riposo delle persone, mentre la seconda prescinde dall’ accertamento che sia stato arrecato un effettivo disturbo alle persone, essendo diretta unicamente a stabilire i limiti della rumorosità delle sorgenti sonore, oltre i quali deve ritenersi sussistente l’inquinamento acustico. Pertanto, essendo diversi gli scopi perseguiti dalle due norme, non vi è spazio per I’ applicazione del principio di specialità, dovendosi escludere che la disposizione amministrativa di cui all’art. 10 co. 2 L. 447/1995 (legge quadro sull’inquinamento acustico) abbia assorbito la norma prevista dall’art. 659 co.1 c.p.”. Aggiungendo, sei mesi dopo, che “la fattispecie di cui all’art. 659 c.p., comma 2, contiene un elemento, mutuato da quella del comma 1 con cui il comma 2 va posto in relazione, estraneo alla fattispecie prevista dalla L. n. 447 del 1995, art. 10 che tutela genericamente la salubrità ambientale limitandosi a stabilire, e a sanzionarne in via amministrativa il superamento, i limiti di rumorosità delle sorgenti sonore oltre i quali deve ritenersi sussistente l’inquinamento acustico. Tale elemento è rappresentato proprio da quella concreta idoneità della condotta rumorosa, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi dell’art. 659 c.p., a recare disturbo ad una pluralità indeterminata di persone…”19.
In sostanza, quindi, appare evidente che anche in questo settore, così come si è fatto nell’ambito dell’ inquinamento atmosferico (con riferimento all’analoga questione dei rapporti del D.P.R. n. 203 del 1988 con l’ art. 674 c.p.20), deve sempre tenersi presente, in primo luogo, che la violazione dei limiti fissati dalla legge n. 447 comporta, di per sé, la applicazione della sanzione amministrativa di cui all’ art. 10, mentre il primo comma dell’ art. 659 richiede, per la applicazione della sanzione penale, che, al di là del superamento dei limiti, vi sia l’ evento del disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone: sanzioni diverse (anche se eventualmente concorrenti), quindi, per eventi diversi21. Tra le diverse norme non appare, pertanto, configurabile, almeno in astratto, alcun rapporto di specialità, mentre sembra, eventualmente, ravvisabile la possibilità di una applicazione concorrente.
In altri termini, i limiti stabiliti dalla legge quadro possono certamente rilevare anche in sede penale con riferimento alla “normale tollerabilità”, ed il loro superamento “può integrare, oltre che l’illecito amministrativo…., anche la fattispecie contravvenzionale del disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, potendosi accertare in concreto che dall’esercizio del mestiere rumoroso sia derivato non solo il mero superamento dei limiti di emissione sonore ma anche la lesione o la messa in pericolo della quiete pubblica, riferita alla media sensibilità delle persone nell’ambito del quale dette emissioni si verificano”22.
Di recente, cfr. GRILLI, Come combattere l’inquinamento acustico? I rimedi a un problema spesso sottovalutato, in Tutto Green, 13 gennaio 2021↩︎
Per approfondimenti e richiami, relativi soprattutto all’inquinamento acustico derivante in Italia da trasporto, cfr. FRIZZA-SACCHETTI, Inquinamento acustico, esposizione e risanamento, in Ecoscienza 2019, n. 6, pag. 17 e segg.↩︎
In questo quadro, deve essere menzionato anche il D.Lgs 17/02/2017 n. 42, il quale disciplina la figura professionale del tecnico competente in acustica, che effettua misurazioni, verifica l’ottemperanza ai valori definiti dalle vigenti norme, redige i piani di risanamento acustico e svolge le relative attività di controllo.↩︎
GABRIOTTI, La tutela del <<bene-ambiente>> dall’ inquinamento acustico, in Ambiente 1996, n. 6, pag. 452 e segg., in uno dei primi commenti, evidenzia, tra l’altro, che la nuova legge prevede la emanazione di ben 14 provvedimenti tra 90 giorni e 18 mesi dalla entrata in vigore; il che doveva ritenersi utopistico, visti i precedenti; e concludeva che la legge persegue “ambiziosi obiettivi, con strumenti però inadeguati”. Secondo FONDERICO, Legge quadro sull’ inquinamento acustico: molto rumore per nulla, in Ambiente 1996, n. 2, pag. 89 e segg., si tratta di “una legge troppo ambiziosa negli obiettivi e troppo lacunosa negli strumenti”.↩︎
Per approfondimenti e richiami si rinvia al nostro Inquinamento acustico, la giurisprudenza interpreta i valori limite, in Ambiente e sicurezza sul lavoro 2012, nn. 7-8, pag. 53 e segg.↩︎
A queste disposizioni di portata generale, vanno poi aggiunte altre di portata settoriale. È il caso dell’art. 216 T.U. leggi sanitarie; ed è il caso delle norme del codice della strada che disciplinano l’inquinamento acustico provocato da autoveicoli attraverso la imposizione di limiti e l’obbligo di evitare, comunque, durante la circolazione, rumori molesti. Vale la pena, in proposito, di segnalare che lo stesso codice impone limiti anche al volume di autoradio (non più di 60 decibel a 10 cm. dall’ orecchio del guidatore) e stabilisce l’obbligo di usare allarmi acustici solo se non durano più di tre minuti.↩︎
Per primi richiami si rinvia al nostro Inquinamenti, EPC, Roma 1997, pag. 2055 e segg. Da ultimo, cfr. il nostro Diritto penale ambientale, Pacini giuridica, Pisa 2022, pag. 38 e segg. con sintesi generale e rassegna aggiornata di giurisprudenza.↩︎
Cass. pen., sez. 6, 9 ottobre 1979, in Cass. Pen. 1981, pag. 1210, n. 1067; nello stesso senso, più di recente, cfr. Cass. pen., sez. 1, 12 gennaio 1996, Vielno, inedita, secondo cui “per riposo non deve intendersi esclusivamente il sonno notturno ma anche il riposo in senso lato che può essere costituito da una pausa del lavoro, o, semplicemente, dall’ ozio, realizzabile pure in ore diurne”.↩︎
Cass. pen., sez. 1, 3 marzo 1994, in Cass. Pen. 1995, pag. 1835, n. 1095↩︎
Cass. pen., sez. 1, 24 aprile 1996, Scola, in Cass. e ambiente 1996, n. 4, pag. 62; nello stesso senso, cfr. Id., 2 luglio 1996, Cazzarello, ivi, n. 5, pag. 49 e Id., 28 giugno 1996, Tarsi, ibidem.↩︎
Cass. pen., sez. 1, 28 novembre 1995, in Cass. Pen. 1997, pag. 405, n. 215↩︎
Cass. pen., sez. 1, 20 ottobre 1965, Imeo, in Cass. Pen. 1966, pag. 372, n. 519↩︎
Da ultimo, Cass. pen., sez. 3, 17 novembre 2020- 20 gennaio 2021, n. 2258, D’Anello, in www.lexambiente 11 febbraio 2021↩︎
Cass. pen. sez. 1, 29 novembre 1996, Marasco Petromilli, e ID., 21 gennaio 1997, Giacomelli, in Cass. Pen. 1998, pag. 88 e segg. nn. 24 e 25, con ampia nota di DE FALCO, La tutela normativa dall’inquinamento acustico. I reati di cui all’art. 659 c.p. ed i nuovi illeciti amministrativi.↩︎