Cass. Sez. III n. 34982 del 27 ottobre 2025 (UP 23 set 2025)
Pres. Aceto Rel. Giorgianni Ric. Grilli
Urbanistica.Posizione di garanzia del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale
L'art. 27 d.P.R. n. 380 del 2001 pone a carico del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale un obbligo di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, imponendogli di intervenire ogni qualvolta venga accertato l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo o in difformità della normativa urbanistica, attraverso la emanazione di provvedimenti interdittivi e cautelari (cfr. anche art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001). Egli è quindi certamente titolare di una posizione di garanzia, che gli impone di attivarsi per impedire l'evento dannoso
RITENUTO IN FATTO 
1. Con sentenza del 01 aprile 2025, il Tribunale di Matera condannava Antonia Grilli alla pena di euro 5.000,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 44, lett. b), d.P.R. n. 380 del 2001, avendo eseguito, in assenza del titolo urbanistico e dei relativi calcoli statici, lavori straordinari modificativi delle caratteristiche architettoniche e statiche dell’edificio e associati alla installazione di alcune piastre bullonate dei tiranti sismici della muratura portante perimetrale esterna del fabbricato.
2. Avverso la sentenza del Tribunale di Matera, Antonia Grilli, tramite il difensore avv. Giudino Cifarelli, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, la difesa deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen., violazione di legge e vizio di motivazione, per manifesta illogicità e travisamento della prova in relazione alla riqualificazione del reato.
La difesa ha lamentato, innanzitutto, a fronte della comunicazione formale dell’inizio di lavori in edilizia libera sull’immobile oggetto di contestazione, la violazione dell’art. 27 d.P.R. n. 380 del 2001, non essendo stati emessi i provvedimenti amministrativi previsti dalla menzionata disposizione (ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi) che avrebbero consentito alla ricorrente di impugnare i provvedimenti emessi ovvero di demolire o di avanzare istanza di sanatoria.
La difesa ha contestato poi che, alla data del 12/07/2019, fossero già installati i tiranti antisismici e le piastre bullonate, posto che a) dalle foto in atti non era visibile in maniera chiara la facciata dell’immobile della ricorrente, b) che le dichiarazioni rese dai testimoni avevano escluso la presenza delle piastre e dei tiranti alla data del 12/07/2019, c) che, infatti, dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, si era soliti installare delle piastre bullonate nelle abitazioni danneggiate nei centri storici colpiti dal sisma, d) che la consulenza tecnica di parte aveva ritenuto la preesistenza di piastre e tiranti.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., violazione di legge e vizio di motivazione, per manifesta illogicità e travisamento della prova in relazione alla riqualificazione del reato.
La difesa ha lamentato che la pubblica accusa non ha dimostrato che le piastre bullonate e i tiranti fossero di recente installazione anche perché da considerarsi tecniche obsolete e non più in uso.
In secondo luogo, la difesa ha dedotto che il giudice di primo grado non ha verificato in quale zona sismica ricade il comune di Grottole (MT), basandosi solo sulla testimonianza del teste Giovanni Recchia secondo cui il centro è ad alto rischio sismico, mentre invece il centro ricadrebbe in zona sismica di terzo livello a basso rischio sismico, con la conseguenza che il giudice di primo grado avrebbe dovuto applicare l’art. 94-bis d.P.R. n. 380 del 2001 che non richiede alcuna approvazione della Regione Basilicata, ma al più richiede una comunicazione informale al comune di Grottole (MT). La difesa ha richiamato infine l’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, che consente di avanzare, a fronte di ordinanza di ripristino e/o di demolizione, istanza di sanatoria dell’abuso edilizio, senza che tale possibilità sia stata consentita alla ricorrente.
3. E’ pervenuta memoria dell’avv. Giudino Cifarelli, difensore di fiducia della ricorrente, con la quale si insiste sull’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO 
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, perché proposto per motivi non consentiti.
1.1 L'art. 27 d.P.R. n. 380 del 2001 pone a carico del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale un obbligo di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, imponendogli di intervenire ogni qualvolta venga accertato l'inizio o l'esecuzione di opere eseguite senza titolo o in difformità della normativa urbanistica, attraverso la emanazione di provvedimenti interdittivi e cautelari (cfr. anche art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001). Egli è quindi certamente titolare di una posizione di garanzia, che gli impone di attivarsi per impedire l'evento dannoso (Sez. 3, n. 5439 del 25/10/2016, dep. 2017, Colasante, Rv. 269247).
Tuttavia, la mancata adozione dei provvedimenti interdittivi e cautelari previsti da detta norma non ha alcuna incidenza sulla rilevanza penale delle violazioni commesse e sul corso procedurale delle contestazioni mosse alla ricorrente.
1.2 Quanto alla presenza o meno delle piastre bullonate e dei tiranti antisismici alla data del 12/07/2019, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, il Tribunale ha accertato, sulla base di documentazione fotografica allegata alla richiesta in data 12/07/2019 di un permesso di costruire riguardante un immobile sito di fronte a quello della ricorrente, la inesistenza di piastre bullonate e di tiranti antisismici, invece riscontrati nei sopralluoghi eseguiti il 02/08/2021 e il 06/09/2021, infine risultati coperti nelle foto che ritraggono l’immobile il 29/11/2022. Il giudice di merito conclude, pertanto, nel senso che piastre e tiranti non fossero preesistenti, ma erano stati successivamente apposti, non essendovene traccia nelle foto del 12/07/2019, precisandosi che non si vedono sporgere i bulloni, che invece successivamente erano presenti.
Tale accertamento di fatto, ampiamente motivato, insuscettibile di sindacato in sede di giudizio di legittimità, comprova che l’apposizione di piastre bullonate e di tiranti antismici era avvenuta nel corso di lavori eseguiti nel 2021 (cfr., pagina 5 della sentenza impugnata), in assenza del preavviso scritto allo sportello unico del competente ufficio regionale e senza allegare alla domanda il progetto relativo.
Né vale obiettare, come fa la ricorrente, che le testimonianze addotte a difesa avevano fatto emergere la preesistenza di piastre e tiranti, anche in ragione dei danni provocati dal terremoto dell’Irpinia del 1980 e (v. prima parte del secondo motivo di ricorso) delle nuove tecniche oggi in uso (microiniezioni e fibra di carbonio), avendo il giudice di merito fondato la sua decisione su rilievi fotografici che escludevano la presenza di piastre e tiranti alla data del 12/07/2019, restando così insuperata e logicamente non sovvertibile l’informazione probatoria che dalla documentazione fotografica ne ha tratto il giudice di merito.
2. Il secondo motivo di ricorso, nella parte in cui sostiene che la bassa sismicità del comune lucano di Grottole non richiederebbe gli adempimenti di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. n. 380 del 2001 e che sarebbe in ogni caso operativo l’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001, è manifestamente infondato perché contrario alla normativa in materia ed alla lettura che di dette disposizioni è stata data in sede di legittimità.
2.1. Il giudice di merito, con accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità, ha verificato che il centro storico del comune di Grottole ricade in zona sismica di primo livello (v. pagina 4 della sentenza impugnata), qualificando la contestazione mossa nei confronti dell’imputata ai sensi degli artt. 93 e 94 d.P.R. n. 380 del 2001.
La pronuncia si pone in sintonia con i principi affermati da questa Corte.
Infatti, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, la disposizione di cui all’art. 94- bis d.P.R. n. 380 del 2001 - introdotta dall'art. 3 d.l. 18 aprile 2019, n. 32, conv. in l. 14 giugno 2019 n. 55 - ha distinto gli interventi strutturali in zone sismiche in tre categorie rispetto alla loro concreta incidenza sulla pubblica incolumità: quelli «rilevanti» (lett. a); quelli di «minore rilevanza» (lett. b); quelli «privi di rilevanza» (lett. c), definiti come «interventi che, per loro caratteristiche intrinseche e per destinazione d'uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità». A norma del secondo comma di detta disposizione, la definizione delle linee-guida per l'individuazione degli interventi di cui al primo comma è stata affidata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Unificata di cui all'art. 8, d.lgs. 281/1997 ed è stato previsto che, nelle more, le regioni potessero confermare le prescrizioni già adottate per l'individuazione degli interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza e che, una volta adottate le linee guida statali, emanassero specifiche previsioni di adeguamento alle stesse.
Alla luce del chiaro disposto di cui all'art. 94-bis, commi 3 e 4, d.P.R. n. 380 del 2001, tuttavia, la conseguenza prevista dalla legge statale è che per gli interventi in concreto privi di rilevanza nei riguardi della pubblica incolumità - così come per quelli di minore rilevanza - non è necessaria le preventiva autorizzazione per l'inizio dei lavori, rilasciata dall'ufficio tecnico della regione ai sensi dell'art. 94, che resta dovuta, pena la sanzione prevista dall'art. 95, soltanto per gli interventi in concreto rilevanti nei riguardi della pubblica incolumità di cui all'art. 94-bis comma 1, lett. a), d.P.R. n. 380 del 2001.
La nuova disposizione statale, alla luce della quale debbono essere lette le norme di dettaglio previste dalla legislazione regionale, non deroga, invece, all'obbligo - previsto dall'art. 93, commi 1 e 2 - di dare preavviso scritto allo sportello unico comunale, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, dell'intenzione di procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni nelle zone sismiche di cui all’art. 83, con allegato progetto firmato da professionista abilitato e dal direttore dei lavori. Questi obblighi - il cui inadempimento resta penalmente sanzionato ai sensi dell'art. 95 d.P.R. n. 380 del 2001 - continuano a valere anche se si tratti di interventi non soggetti ad autorizzazione perché in concreto qualificabili come di minore rilevanza o privi di rilevanza nei confronti della pubblica incolumità e la conferma si trae dall'art. 94- bis, comma 5, d.P.R.
n. 380 del 2001, che per questi demanda alle regioni la facoltà di istituire controlli anche con modalità a campione, ciò presupponendo che l'ufficio tecnico regionale sia preavvisato dell'intenzione di effettuare l'intervento e disponga del relativo progetto (Sez. 3, n. 37117 del 15/06/2023, Nisi, Rv. 285138).
L’obbligo di preavviso scritto e di presentazione del progetto, dunque, è sempre vigente, non rilevando la tipologia di intervento, né il grado di sismicità del luogo di esecuzione (Sez. 3, n. 18653 del 13/02/2025, Pirrotta, non mass.).
In proposito, è stato del resto rimarcato (Sez. 3, n. 37117 del 15/06/2023, Nisi, cit.) che la contravvenzione contestata e ritenuta è reato di pericolo astratto che mira ad assicurare, nelle zone dichiarate sismiche, il rispetto della disciplina per «tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità» (art. 83, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001) e la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha infatti affermato che le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica per le quali si rende necessario il controllo preventivo da parte della P.A. (Sez. 3, n. 9126 del 16/11/2016, dep. 2017, Aliberti, Rv. 269303), sia esso stringente (ciò che oggi vale per gli interventi in concreto "rilevanti" e perciò soggetti a preventiva autorizzazione), ovvero limitato a controlli a campione (ciò che invece vale per gli interventi in concreto "meno rilevanti" o "privi di rilevanza").
Pertanto, come correttamente affermato dal giudice di primo grado, le opere di apposizione di piastre bullonate e di tiranti antisismici, poiché realizzate in zona sismica, presupponevano gli adempimenti del preavviso agli uffici regionali competenti e dell’allegazione alla domanda del relativo progetto, in mancanza dei quali è integrato il reato contravvenzionale di cui all’art. 95 d.P.R. n. 380 del 2001.
2.2. Infine, è anche errato il richiamo all’art. 36 d.P.R. n. 380 del 2011, inapplicabile in materia sismica: la giurisprudenza di questa Corte è, infatti, ferma nel ritenere che, in tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli disciplinati dalla normativa antisismica e sulle opere in conglomerato cementizio (Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018, Cardella, Rv. 274212;
nello stesso senso, Sez. 3, n. 19196 del 26/02/2019, Greco, Rv. 275757), non essendo prevista alcuna disposizione che preveda l'estinzione di detti reati nel caso di tardivo adempimento degli obblighi omessi, o, più in generale, di "sanatoria" amministrativa delle violazioni.
3. In conclusione, stante la manifesta infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse della ricorrente deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente medesima, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, inoltre, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così è deciso, 23/09/2025
                    



