Cass. Sez. III n. 46682 del 21 novembre 2023 (UP 14 set. 2023)
Pres. Ramacci Est. Noviello Ric. Spina
Urbanistica.Rilascio di permesso a costruire illegittimo ed abuso di ufficio

Il rilascio di un permesso a costruire illegittimo ( e nello stesso senso, si deve ritenere, anche di titoli in sanatoria) perché non conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, secondo quanto prescritto dagli artt. 12 e 13 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, integra il requisito della "violazione di legge" rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 323 cod. pen. nella nuova formulazione ad opera dall'art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv. con modifiche nella legge 11 settembre 2020, n. 120, non residuando margini di discrezionalità amministrativa

RITENUTO IN FATTO

1.    Con sentenza del 12 maggio 2021 la Corte di appello di Palermo, riformando parzialmente la sentenza del tribunale di Palermo del 20 dicembre 2018, dichiarava non doversi procedere nei confronti dei due appellanti Spina Santo e Gambino Calogera in ordine alla contravvenzione loro ascritta, per intervenuta prescrizione, e riduceva la pena loro applicata in ordine al residuo reato, confermando nel resto la sentenza impugnata.

2.    Avverso tale sentenza Spina Santo mediante il proprio difensore ha proposto ricorso deducendo due motivi di impugnazione;


3.    Con il primo rappresenta vizi di motivazione e violazione di legge in relazione all’art. 512 cod. proc. pen. Con riguardo alla acquisizione, disposta dal tribunale ex art. 512 cod. proc. pen., del verbale di sit del teste Guastella, si contesta il rigetto della censura relativa alla mancata assunzione della relativa testimonianza, nella fase delle indagini preliminari, con le forme dell’incidente probatorio. Tanto alla luce dell’età della testimone, all’epoca delle dichiarazioni ottantaseienne, e della prevedibile lunga durata del processo. La Corte avrebbe anche omesso di osservare come la predetta teste fosse affetta da grave patologia degenerante sul piano intellettivo, che ne avrebbe altresì compromesso la lucidità e genuinità e avrebbe apoditticamente aggiunto l’assenza di ogni dubbio sulla attendibilità della testimone al momento in cui fu sentita. Si aggiunge che il tema della decisività o meno della predetta testimonianza non supererebbe comunque la rilevanza del vizio di violazione di legge emerso.

4.    Con il secondo motivo deduce vizi di motivazione e violazione di legge in relazione all’art. 323 cod. pen. Si contesta la decisione di considerare il ricorrente concorrente nel reato di abuso di ufficio, quale tecnico che redasse la perizia a supporto della richiesta di sanatoria proposta dai coniugi Cipriano e Gambino, rilevando l’imputabilità a costui, al più, di un mero errore non riconducibile nel dolo richiesto per la fattispecie ascrittagli. La Corte avrebbe sorvolato sul tema della prova della consapevolezza del ricorrente di favorire i correi con il proprio agire. Sarebbe altresì inesatta la affermazione per cui l’imputato non avrebbe spiegato il senso delle proprie affermazioni né avrebbe fornito gli atti sulla cui scorta formulò le proprie conclusioni. Conclusioni formulate peraltro senza alcun condizionamento proveniente dai predetti coniugi, laddove si contesta come i giudici abbiano dato per scontato che il ricorrente avrebbe agito con un soggetto, il defunto Dragotta, di concerto con i citati coniugi. Si aggiunge poi, che la corte non avrebbe valutato le ampie contestazioni difensive relative alle conclusioni della prima sentenza e alla stessa perizia. E si osserva come per via documentale sarebbe emerso che i rogiti valorizzati dai giudici non sarebbero oggetto del presente procedimento. Infine, il ricorrente nella sua consulenza avrebbe tenuto conto correttamente di tutte le previsioni del PRG. Si contesta altresì la applicabilità della fattispecie ex art. 323  cod. pen. in quanto la normativa edilizia sarebbe per natura connotata da ambiti di discrezionalità e come tale non riconducibile alla più recente riforma.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il ricorso è inammissibile.

2. Quanto al primo motivo, è dirimente il dato, illustrato motivatamente dalla corte, per cui le dichiarazioni della teste Guastalla non costituiscono, nel complesso dell’assunto accusatorio, una prova decisiva, posto che la ricostruzione dei fatti ascritti all’imputato, con particolare riguardo alla struttura in contestazione e alla sua epoca di realizzazione, trovano riscontro su altri molteplici dati. In proposito è quindi erronea la tesi che del ricorrente, che senza contestare il rilievo della non decisività della prova in questione, sostiene che, in ogni caso, rimarrebbe rilevante, ai fini dei dedotti vizi del provvedimento impugnato, la ritenuta violazione dell’art. 512 cod. proc. pen. Al contrario, come noto, nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti – come di fatto dedotto  nel caso di specie - l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per a-specificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 (dep. 20/02/2017 ) Rv. 269218 – 01).

3.    Anche il secondo motivo è manifestamente infondato. Si premette che del tutto assertiva è la tesi per cui non ricorrerebbe il requisito della violazione di legge di cui alla fattispecie ex art. 323 c.p., come novellata nel 2020, in assenza di ogni specifica deduzione circa la regola violata e le ragioni della sua portata discrezionale. Per cui in proposito non può che ribadirsi il principio per cui il rilascio di un permesso a costruire illegittimo ( e nello stesso senso, si deve ritenere, anche di titoli in sanatoria) perché non conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, secondo quanto prescritto dagli artt. 12 e 13 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, integra il requisito della "violazione di legge" rilevante ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 323 cod. pen. nella nuova formulazione ad opera dall'art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv. con modifiche nella legge 11 settembre 2020, n. 120, non residuando margini di discrezionalità amministrativa. (Sez. 3 - n. 26834 del 08/09/2020 Rv. 280266 – 01).Per la restante parte il motivo, laddove rappresenta – a tratti in maniera anche alquanto generica - l’imputabilità al ricorrente al più di un mero errore non riconducibile nel dolo richiesto per la fattispecie ascrittagli, il mancato approfondimento del tema della prova della consapevolezza del ricorrente di favorire i correi con il proprio agire, l’erroneità della affermazione  per cui l’imputato non avrebbe spiegato il senso delle proprie affermazioni né avrebbe fornito gli atti sulla cui scorta formulò le proprie conclusioni, l’erroneità della tesi per cui  il ricorrente avrebbe agito con un soggetto, il defunto Dragotta, di concerto con i citati coniugi coimputati, si articola nella mera rivalutazione di dati disponibili, contrapposta ad una completa e articolata motivazione che dà conto del rilievo del contributo offerto dallo Spina nel quadro di rapporti con i coimputati ben descritti attraverso l’evidenziazione di molteplici, significative condotte. Si tratta di una rivalutazione come noto inammissibile in questa sede, atteso che l'epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una "mirata rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell'autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). Quanto al vizio di manifesta illogicità esso, come quello di mancanza e contraddittorietà della medesima, deve essere di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità vertere su difetti di macroscopica evidenza, mentre rimangono ininfluenti le minime incongruenze e si devono considerare disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (cfr., Sez. un., n.  24 del 24 novembre 1999, Rv. n. 214794; Sez. un., n.  12 del 31 maggio 2000, Rv. n. 216260; Sez. un., n.  47289 del 24 settembre 2003, Rv. n. 226074).

4. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.


P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, Roma, 14 settembre 2023