Consiglio di Stato Sez. VI n. 7609 del 17 settembre 2024
Urbanistica.Cambio destinazione d’uso di un immobile da deposito ad abitativo

Il cambio di destinazione d’uso nell’edilizia consiste nella modifica della finalità di utilizzo di un’unità immobiliare. Il cambio di destinazione è urbanisticamente rilevante laddove si richieda il passaggio ad una diversa categoria funzionale, nell’ambito di quanto disposto dall’art. 23-ter del d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra le seguenti: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale. Nel caso di specie, in relazione al sottotetto, può dirsi effettuato un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, in quanto la primigenia destinazione produttiva, al cui interno può essere collocata la destinazione di deposito magazzino, è stata mutata in destinazione residenziale/abitativa. Il cambio di destinazione d’uso di un immobile da deposito ad abitativo, infatti, comporta un aumento del carico urbanistico e configura un intervento di ristrutturazione edilizia, tanto più se all’interno, come nel caso di specie, siano compiute opere tali da modificare, sia pure in misura contenuta, l’assetto della costruzione.

Pubblicato il 17/09/2024

N. 07609/2024REG.PROV.COLL.

N. 09831/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9831 del 2021, proposto da
Donata Apuzzo, rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Corrado, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Sant’Agnello, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giulio Renditiso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Andrea Aversa, Simona Forte, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Sesta, n. 5446 del 4 agosto 2021.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sant’Agnello;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2024, il Cons. Roberto Caponigro e udito, per la parte appellante, l’avvocato Alberto Corrado;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’appellante espone di essere comproprietaria di un immobile sito nel Comune di Sant’Agnello, alla via Vico I° Cappuccini, n. 5, nell’ambito di un fabbricato composto da tre livelli (piano terra, primo e secondo piano), aventi destinazione abitativa e di un piano sottotetto avente destinazione a deposito/lavanderia.

In particolare, la signora Apuzzo è proprietaria di un appartamento al primo piano e di una porzione (pari ad 1/3) del piano sottotetto, la cui restante porzione di 2/3 è di proprietà dei titolari dell’appartamento al secondo piano.

Il Comune di Sant’Agnello, con l’ingiunzione a demolire n. 6 del 14 febbraio 2017, ai sensi e per gli effetti dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, ha ordinato all’interessata la demolizione delle opere edili abusive eseguite al Vico I° Cappuccini n. 5/7, nell’immobile riportato al catasto al foglio 2, con la particella n. 213 sub 115.

Le opere abusivamente accertate consistevano nella:

- modifica delle quote delle falde del locale sottotetto con aumento della quota di gronda di circa m 0,40 per complessivi mc 11,87 circa, con il mutamento della destinazione d’uso del locale sottotetto avente una superficie in pianta di circa mq. 59,35, da deposito in un’abitazione mediante la realizzazione di un ambiente cucina, due bagni, una camera da letto ed ingresso soggiorno, il tutto previa realizzazione di tramezzature interne, impiantistica e rifiniture per l’utilizzo a civile abitazione;

- realizzazione, nel giardino ed a ridosso della muratura di confine, di una baracca avente una superficie in pianta di circa mq. 46,85 ed una volumetria di circa mc. 112,45, costituita da struttura portante in pali di legno, con delimitazioni perimetrali costituite da vecchi infissi, lamiere e plastica, nonché copertura anch’essa costituita da vetro, lamiere e p.v.c.

Con successivo provvedimento n. 19 del 16 febbraio 2018, il Comune - visto il verbale del 2 febbraio 2018 del Comando di Polizia Locale, redatto a seguito di verifica effettuata in pari data, con cui è stato accertato che sono state demolite le sole opere eseguite nel giardino di proprietà, non eseguendo alcuna demolizione e/o ripristino delle restanti opere richiamate nel provvedimento n. 6 del 14 febbraio 2017, entro il termine assegnato – ha determinato di applicare per le violazioni edilizie relative alle opere eseguite in assenza di titolo abilitativo dalla signora Donata Apuzzo, all’immobile ubicato nel Comune di Sant’Agnello con accesso dal Vico I° Cappuccini n. 5 e di cui al provvedimento n. 6 del 14 febbraio 2017, la sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, introdotto dall’art. 17, comma 1, lett. q-bis, della legge n. 164 del 2014, stabilita nella misura massima di € 20.000,00, trattandosi di opere eseguite su aree di cui all’art. 27, comma 2, del richiamato d.P.R. n. 380 del 2001.

Il Comune di Sant’Agnello, con il provvedimento n. 6028 del 9 aprile 2018, in ordine alla richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004 per opere eseguite presso l’immobile sito in Vico I° Cappuccini n. 5, ha inoltre comunicato alla signora Apuzzo che l’istanza prodotta è inammissibile e, pertanto, sarà archiviata, in quanto la stessa fa riferimento a due distinte proprietà, interessate tra l’altro da provvedimenti amministrativi sanzionatori di natura diversa; l’Amministrazione ha specificato inoltre che l’immobile oggetto dell’istanza, per effetto del decorso del termine fissato con l’ingiunzione n. 6 del 14 febbraio 2017, è già acquisito, ope legis, al patrimonio comunale.

La detta Amministrazione comunale, con l’ordinanza n. 27 del 16 aprile 2018, ha accertato che all’ingiunzione a demolire n. 6 del 14 febbraio 2017 - relativa alle opere abusive eseguite in Vico I° Cappuccini n. 5, nell’immobile riportato in catasto al foglio 2 con la particella n. 213 sub. 115, consistenti “nella modifica delle quote delle falde del locale sottotetto con aumento della quota di gronda di circa m. 0,40 per complessivi mc 11,87 circa, con il mutamento della destinazione d’uso del locale sottotetto avente una superficie in pianta di circa mq. 59,35, da deposito in un’abitazione mediante la realizzazione di un ambiente cucina, due bagni, una camera da letto ed ingresso soggiorno, il tutto previa realizzazione di tramezzature interne, impiantistica e rifiniture per l’utilizzo a civile abitazione” - non si è ottemperato nel termine di novanta giorni dalla data di notifica della stessa, per cui ha ordinato l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Sant’Agnello delle opere abusive eseguite al Vico I° Cappuccini n. 5, indicate in premessa.

Tali provvedimenti sono stati impugnati dall’interessata, con distinti ricorsi, presso il Tar Campania che, con la sentenza n. 5446 del 4 agosto 2021, riuniti gli stessi, li ha respinti.

Di talché, la signora Apuzzo ha interposto il presente appello, articolando i seguenti motivi:

Error in jiudicando et procedendo. Violazione del d.lgs. n. 104/2010. Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione della l. 241/1990. Eccesso di potere. Carenza ed erroneità dei presupposti. Travisamento dei fatti. Difetto di istruttoria e di motivazione. Disparità di trattamento. Sviamento. Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. Difetto di pronuncia.

L’appellante ha dato corso spontaneamente alla esecuzione dell’ordinanza di demolizione n. 6 del 2017, relativamente alle opere astrattamente sanzionabili ai sensi dell’art. 31 del DPR 380 del 2001, provvedendo, in particolare, alla demolizione della baracca presente in giardino, nonché adibendo la porzione di sottotetto in sua titolarità a deposito di vecchi arredi, oggetti e materiale vario.

Il Tar non avrebbe considerato che, in realtà, all’appellante è bastato rimuovere gli arredi presenti nel sottotetto per rispristinare l’originaria destinazione a deposito dell’immobile de quo, in ragione del fatto che lo stesso ha sempre avuto, sin dalla sua prima e legittima realizzazione, un’altezza (da 1,60 mt. a 2,70 mt.) tale da renderlo abitabile e fruibile, ancorché come deposito, ed è stato da sempre servito da impianto elettrico e idrico.

In altri termini, per il rispristino della destinazione d’uso originaria dell’immobile de quo, alla ricorrente sarebbe stato sufficiente adibirlo effettivamente a deposito, allocandovi, in maniera ammassata e confusa, vecchi arredi ed altri oggetti, così da renderlo inutilizzabile ai fini abitativi, posto che da un punto di vista strutturale l’immobile ha sempre avuto caratteristiche analoghe a quelle riscontrate dall’Amministrazione all’atto della contestazione degli abusi per cui è causa: la differenza riscontrata dal Comune sul piano strutturale, infatti, si limita ad un innalzamento di soli 20 cm alla gronda, con abbassamento della quota al colmo (così da evitare incrementi volumetrici), funzionale all’efficientamento energetico dell’edificio e per nulla connesso al cambio di destinazione in contestazione.

In presenza dell’attività di ripristino posta in essere dall’appellante – che ha riguardato come detto la baracca in giardino e la destinazione d’uso del sottotetto - non sarebbe possibile configurare i presupposti per il prosieguo dell’iter sanzionatorio previsto dall’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, atteso che allo stato la proprietà della sig.ra Apuzzo non risulta interessata da opere riconducibili nel novero degli interventi contemplati e sanzionati dal medesimo art. 31.

Gli interventi oggetto dell’ordinanza n. 6/2017 che residuano ancora presso la proprietà dell’appellante, riguarderebbero, infatti, le tramezzature interne al locale sottotetto e la modifica dell’altezza alla gronda del tetto (di 25 cm e non 40 cm, come erroneamente riportato nei provvedimenti impugnati ed acriticamente recepito dal TAR Campania nonostante la specifica richiesta di verificazione avanzata in primo grado dalla sig.ra Apuzzo), alla quale ha corrisposto la riduzione dell’altezza al colmo, così da evitare qualsivoglia incremento volumetrico.

Il cambio di destinazione d’uso di un immobile al più potrebbe integrare un intervento di ristrutturazione edilizia sanzionabile ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001 e non già dell’art. 31 dello stesso T.U.

La mancata ottemperanza in parte qua all’ordinanza di demolizione n. 6/2017, quindi, a tutto concedere, avrebbe potuto determinare, nell’ipotesi peggiore per l’appellante, la demolizione in danno da parte del Comune ai sensi dell’art. 33 o dell’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001, che, a differenza dell’art. 31, non prevedono l’acquisizione al patrimonio comunale del bene e l’irrogazione della sanzione pecuniaria, quali conseguenze ulteriori dell’ordine di ripristino non eseguito.

Né l’appellante - contrariamente a quanto rappresentato incidentalmente nella sentenza appellata – avrebbe avuto l’onere di contestare l’applicabilità dell’art. 31 del DPR 380/2001, con riferimento all’originaria ordinanza di ripristino (n. 6/2017), atteso che, al momento della sua adozione, il riferimento al medesimo del TU Edilizia, si giustificava in ragione della riscontrata abusività della baracca in giardino, quale nuovo volume, mentre, una volta rimosso tale ultimo manufatto, ogni possibilità di fare riferimento all’art. 31 del DPR 380/2001 sarebbe venuta meno, atteso che le opere che interessano il sottotetto si qualificherebbero pacificamente come ristrutturazione edilizia.

La sentenza appellata, in conclusione, sarebbe erronea, in quanto le gravate ordinanze n. 19/2018 e 27/2018 (sanzione pecuniaria e acquisizione gratuita) sono illegittime poiché adottate ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, inapplicabile alla fattispecie in esame.

In relazione al procedimento sanzionatorio seguito per i comproprietari del sottotetto per la repressione delle stesse ed identiche opere contestate alla sig.ra Apuzzo (fatta eccezione per la baracca abusiva pacificamente demolita dall’appellante), il Comune di Sant’Agnello ha adottato l’ordinanza n. 1/2017 ai sensi degli artt. 27, 29 e 33 del D.P.R. n. 380/2001 ed alla sua inottemperanza da parte degli interessati, l’Amministrazione non ha disposto l’acquisizione al patrimonio comunale e non ha irrogato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4-bis del D.P.R. n. 380/2001, ma anzi ha dato seguito alla richiesta di regolarizzazione delle opere formalizzata autonomamente dagli interessati, dopo l’atto di diniego prot. n. 6028 del 09/04/2018 (impugnato in primo grado solo dalla sig.ra Apuzzo) adottato dal Comune sulla identica richiesta (prot. n. 4293 del 09/04/2018) già presentata dai comproprietari congiuntamente all’appellante.

Tale circostanza, invero, come ritualmente eccepito in primo grado, sarebbe idonea a configurare la ulteriore illegittimità dei provvedimenti impugnati dinanzi al TAR per evidente disparità di trattamento, in quanto per lo stesso intervento edilizio, strutturalmente inscindibile trattandosi del tetto di copertura del fabbricato, il Comune ha inteso adottare provvedimenti sanzionatori di natura diversa, con applicazione dell’art. 31 del DPR. 380/01 per la sig.ra Apuzzo (che è stata illegittimamente privata di un suo bene e costretta a pagare 20.000 euro), e con applicazione dell’art. 33 nei confronti dei comproprietari e apertura di un procedimento di sanatoria allo stato ancora pendente.

2. Error in jiudicando et procedendo. Violazione del d.lgs. n. 104/2010. Violazione e falsa applicazione dell’art. 167 del d.lgs. n. 42/2004. Violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione della l. n. 241/990. Eccesso di potere. Carenza assoluta ed erroneità dei presupposti in fatto e diritto. Carenza di istruttoria e di motivazione. Illogicità manifesta. Disparità di trattamento.

Nessuna norma precluderebbe la possibilità di presentare un’unica istanza di sanatoria paesaggistica per opere realizzate su immobili in titolarità a soggetti diversi, ma strutturalmente e funzionalmente connessi, come nella fattispecie in esame ove si controverte del tetto di copertura dell’intero fabbricato di via Cappuccini n. 5, circostanza in forza della quale, peraltro, il TAR Campania Napoli ha finanche riunito i distinti giudizi R.G. 1615/2017 e R.G. n. 538/017, definiti con la sentenza appellata.

L’appellante ha reiterato l’istanza istruttoria già proposta in primo grado, chiedendo la nomina di un verificatore/consulente tecnico, al fine di accertare con esattezza l’entità dell’innalzamento del tetto, la relativa riconducibilità ad opere di efficientamento energetico dello stesso fabbricato e la sua attinenza con il contestato cambio di destinazione d’uso dei locali sottostanti, tenuto conto della loro conformazione originaria.

Il Comune di Sant’Agnello si è costituito in giudizio per resistere all’appello.

La signora Apuzzo ha depositato altra memoria a sostegno delle proprie difese.

All’udienza pubblica del 4 luglio 2024, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. L’appello è in parte fondato e va in tale parte accolto.

3. In limine, occorre rilevare che la signora Apuzzo, destinataria dell’ingiunzione di demolizione n. 6 del 14 febbraio 2017, non aveva l’onere di dedurre l’erronea applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, con l’impugnazione della detta ingiunzione di demolizione, atteso che il provvedimento ha avuto ad oggetto anche la demolizione della baracca realizzata nel giardino, per la quale si rendeva effettivamente applicabile l’art. 31 del TU Edilizia.

4. Ancora in via preliminare, è necessario evidenziare che la signora Apuzzo ha provveduto alla rimozione della baracca realizzata nel giardino, sicché il thema decidendum del giudizio concerne esclusivamente i provvedimenti impugnati che si riferiscono, e nella parte in cui si riferiscono, alla modifica delle quote delle falde del locale sottotetto.

Ne consegue altresì che il nucleo essenziale della controversia riposa nella contestazione della parte, secondo cui, una volta rimossa la baracca in giardino (e ripristinata la destinazione d’uso del sottotetto), la proprietà non sarebbe più interessata da opere riconducibili tra gli interventi contemplati e sanzionati dall’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001.

5. Il cambio di destinazione d’uso nell’edilizia consiste nella modifica della finalità di utilizzo di un’unità immobiliare

Il cambio di destinazione è urbanisticamente rilevante laddove si richieda il passaggio ad una diversa categoria funzionale, nell’ambito di quanto disposto dall’art. 23-ter del d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d'uso ogni forma di utilizzo dell'immobile o della singola unità immobiliare diversa, da quella originaria, ancorché non accompagnata dall'esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l'assegnazione dell'immobile o dell'unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra le seguenti: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale.

Nel caso di specie, in relazione al sottotetto, può dirsi effettuato un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, in quanto la primigenia destinazione produttiva, al cui interno può essere collocata la destinazione di deposito magazzino, è stata mutata in destinazione residenziale/abitativa.

Il cambio di destinazione d’uso di un immobile da deposito ad abitativo, infatti, comporta un aumento del carico urbanistico e configura un intervento di ristrutturazione edilizia, tanto più se all’interno, come nel caso di specie, siano compiute opere tali da modificare, sia pure in misura contenuta, l’assetto della costruzione.

Il mutamento di destinazione d’uso del sottotetto, pertanto, avrebbe dovuto essere assentito con permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001, sicché l’ingiunzione di demolizione n. 6 del 4 febbraio 2017 si rivela legittima, a prescindere dalla effettiva consistenza dell’aumento delle quote, laddove qualifica come abusive le opere relative alla “modifica delle quote delle falde del locale sottotetto con aumento della quota di gronda di circa m 0,40 per complessivi mc 11,87 circa, con il mutamento della destinazione d’uso del locale sottotetto avente una superficie in pianta di circa mq. 59,35, da deposito in un’abitazione mediante la realizzazione di un ambiente cucina, due bagni, una camera da letto ed ingresso soggiorno, il tutto previa realizzazione di tramezzature interne, impiantistica e rifiniture per l’utilizzo a civile abitazione”.

6. L’appellante sostiene di avere ripristinato, in esecuzione dell’ingiunzione demolitoria, anche la destinazione d’uso del locale sottotetto, in ragione della rimozione degli arredi presenti.

La tesi non è persuasiva, in quanto, per ritenere correttamente eseguita l’ingiunzione demolitoria anche con riferimento al sottotetto, la signora Apuzzo avrebbe dovuto rispristinare, dandone puntuale e compiuta dimostrazione, lo status quo ante per quanto attiene anche alle modifiche delle quote delle falde ed al conseguente aumento della quota di gronda.

Diversamente, come condivisibilmente statuito nella sentenza di primo grado, la sola rimozione o il mero spostamento degli arredi non incide sull’oggettiva utilizzabilità dei locali a fini abitativi, atteso che l’abuso realizzato resta sostanzialmente intatto.

7. Tuttavia, le doglianze contenute nel ricorso in appello sono fondate, laddove sostengono che, in relazione alle modifiche del locale sottotetto, avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 33, anziché l’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001.

7.1. L’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 prevede l’acquisizione della proprietà in favore del Comune in caso di inottemperanza all’ordine di demolizione relativo ad interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, mentre il successivo art. 33, per le ipotesi di ristrutturazione edilizia abusiva, prevede la rimessione in pristino, ma non l’acquisizione della proprietà per il caso di inottemperanza.

L’intervento de quo è qualificabile come di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), del TU Edilizia, per cui le doglianze proposte sono fondate laddove sostengono che sarebbe dovuto essere applicata alla fattispecie la disciplina di cui all’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001 e non già quella di cui all’art. 31.

7.2. Di qui, l’illegittimità dell’ordinanza n. 19 del 16 febbraio 2018 che ha irrogato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, fermo restando il doveroso riesercizio del potere amministrativo ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001.

7.3. Parimenti, la parziale fondatezza dei motivi di appello, laddove sostengono l’erronea applicazione dell’art. 31 anziché dell’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001, è idonea a dare conto dell’illegittimità dell’ordinanza n. 27 del 16 aprile 2018, laddove, nell’accertare l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire n. 6 del 14 febbraio 2017, ordina l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Sant’Agnello delle opere abusive eseguite in Vico I° Cappuccini n. 5, indicate in premessa.

Infatti, come già evidenziato, l’applicazione dell’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001, comporta che, all’accertamento dell’inottemperanza, segue l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione a cura del Comune ed a spese dei responsabili dell’abuso, ma non l’acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale.

8. L’appello, infine, si rivela infondato laddove deduce l’erroneità della sentenza di primo grado per l’illegittimità dell’atto con cui l’Amministrazione comunale, in data 9 aprile 2018, ha dichiarato inammissibile la richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 d.lgs. n. 42 del 2004 per le opere eseguite presso l’immobile sito in Vico I Cappuccini n. 5.

In proposito, occorre in primo luogo rilevare come la declaratoria di inammissibilità dell’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, sussistendone i presupposti, non preclude all’interessata la ripresentazione della stessa.

La valutazione dell’Amministrazione, secondo cui l’istanza sarebbe inammissibile perché si riferisce a due distinte proprietà, interessate da provvedimenti amministrativi sanzionatori di natura diversa, non è irragionevole è già di per sé è idonea a dare conto della determinazione assunta

Inoltre, al momento dell’adozione dell’atto, in base al principio tempus regit actum, essendo decorso il termine per ottemperare all’ordine di demolizione ed avendo l’Amministrazione ritenuto che a tale inottemperanza seguisse l’acquisizione della proprietà del bene al Comune, l’interessata, secondo l’esegesi seguita dal Comune, non poteva considerarsi più legittimata alla presentazione dell’istanza.

Infatti, come sancito dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 dell’11 ottobre 2023 - sia pure con riferimento alla presentazione di istanza di accertamento di conformità, ma il principio di diritto è del tutto simile ed applicabile alla fattispecie controversa - “la situazione del proprietario, che lascia trascorrere inutilmente il termine per demolire, è quella del soggetto non più legittimato a presentare l’istanza di accertamento di conformità, avendo perduto ogni titolo di legittimazione rispetto al bene”.

9. Alla luce di tutto quanto esposto, il Collegio ritiene che non occorre disporre la verificazione richiesta dall’appellante.

10. In conclusione, l’appello è in parte fondato e va in tale parte accolto e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va in parte accolto con conseguente annullamento: a) dell’ordinanza n. 27 del 16 aprile 2018, nella parte in cui, nell’accertare l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire n. 6 del 14 febbraio 2017, l’Amministrazione dispone l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Sant’Agnello delle opere abusive eseguite in Vico I° Cappuccini n. 5; b) dell’ordinanza n. 19 del 16 febbraio 2018 che ha irrogato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, fermo restando il doveroso riesercizio del potere amministrativo ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001. L’appello è per il resto infondato.

11. L’esito complessivo della controversia, unitamente alla peculiarità e alla complessità della stessa, inducono a compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, accoglie in parte l’appello in epigrafe (R.G. n. 9831 del 2021) e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso di primo grado e annulla a) l’ordinanza n. 27 del 16 aprile 2018, nella parte in cui, nell’accertare l’inottemperanza all’ingiunzione a demolire n. 6 del 14 febbraio 2017, l’Amministrazione dispone l’acquisizione gratuita al patrimonio del Comune di Sant’Agnello delle opere abusive eseguite in Vico I° Cappuccini n. 5; b) l’ordinanza n. 19 del 16 febbraio 2018 che ha irrogato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4-bis, del d.P.R. n. 380 del 2001, fermo restando il doveroso riesercizio del potere amministrativo ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 380 del 2001. Respinge l’appello per il resto.

Compensa integralmente le spese del doppio grado di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2024, con l'intervento dei magistrati:

Sergio De Felice, Presidente

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore

Giovanni Gallone, Consigliere