Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4749, del 14 ottobre 2015
Urbanistica.Lottizzazione negoziale.

Perché si possa ritenere sussistente la lottizzazione negoziale, sulla base non della realizzazione di alcune opere, quanto del frazionamento contrattuale di un più vasto terreno con la creazione di lotti sufficienti per la costruzione di un singolo edificio, ciò deve essere desumibile in modo non equivoco dalle dimensioni e dal numero dei lotti, dalla natura del terreno, dall’eventuale revisione di opere di urbanizzazione e dalla loro destinazione a scopo edificatorio. Non è sufficiente il riscontro della vendita di un fondo ricavato da un più ampio appezzamento di terreno, per far emergere i profili dell’intento lottizzatorio, occorrendo, a tal fine, che la suddivisione in lotti per dimensioni, per natura del terreno e per numero evidenzi la loro destinazione per l’edificazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04749/2015REG.PROV.COLL.

N. 04857/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4857 del 2014, proposto da Ricco Antonietta, Ricco Giuseppe e Ricco Vincenza, rappresentati e difesi dall’avvocato Sandra Cassoni, con domicilio eletto presso Stefania Di Stefani in Roma, via P.L. da Palestrina, 19;

contro

Comune di Fondi, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Bruno Barone, con domicilio eletto presso Francesco Marconi in Roma, Piazzale Clodio, 22;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, n. 950/2013, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Fondi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 2 aprile 2015 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati Avellana, per delega dell’avvocato Cassoni, e Altieri, per delega dell’avvocato Barone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Ricco Michele con atto 30 settembre 1979 acquistava dai coniugi D’Ovidio-Fortunato e dai coniugi Baghino-Duratorre un appezzamento di terreno agricolo sito in Fondi località Selva Vetere, esteso per circa 1200 mq (12 are);

Nel 1981 egli costruiva una modesta abitazione, in assenza di permesso di costruzione, ma in conformità alle disposizioni vigenti e comunque non in violazione di alcuna normativa vigente in tema di lottizzazione e pertanto, successivamente veniva presentata domanda di condono ai sensi della Legge 47/85. Tuttavia, con ordinanza n. 502 del 4 luglio 1992, il Comune di Fondi avviava i procedimenti di sequestro.

In data 17 luglio 1992, il Tribunale di Latina, sezione penale, in camera di consiglio, emetteva provvedimento di dissequestro precisando che non era stato posto in essere alcun atto di lottizzazione o di costruzione abusiva e che, pertanto, non sussistevano le esigenze di prevenzione che giustificavano il sequestro ex art. 721 c.p.c. Seguiva, quindi, il processo verbale di dissequestro ad opera del Comando Polizia Municipale di Latina.

I sig.ri Ricco Antonietta, Ricco Giuseppe, Ricco Paolo e Ricco Vincenza Michele richiedevano al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione staccata di Latina, l’annullamento dell’ordinanza n. 39 del 18 febbraio 2011 emessa dal Dirigente Settore n. 4 del Comune di Fondi, con la quale si ingiungeva agli odierni appellanti nella loro qualità di proprietari - per successione testamentaria dei sig.ri Ricco Michele e Spagnolo Maria - degli immobili distinti al catasto fabbricati, foglio 86, particella 321, sub 1 e sub 3, l’immediata sospensione dei lavori di cui in premessa, con comminatoria che, in caso di inottemperanza sarebbero stati adottati ulteriori provvedimenti previsti dalle vigenti disposizione di legge o regolamento, avvertendoli che la presente ordinanza avrebbe comportato l’immediata interruzione delle opere in corso ed il divieto di disporre dei suoli e delle opere stesse con atto tra vivi, disponendo altresì che i terreni nonché i manufatti abusivi sarebbero stati acquisiti di diritto al patrimonio disponibile del Comune di Fondi ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 380/2001 nonché dell’art. 23 della legge regionale n. 15 dell’11 agosto 2008, disponendo infine che il presente provvedimento fosse trascritto nei registri immobiliari della Conservatoria di Latina, ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 06/06/2001 n. 380/2001 con esonero del conservatore da ogni eventuale responsabilità al riguardo.

Con la medesima ordinanza venivano inoltre rigettate le domande di condono edilizio presentate dai sig.ri Ricco Giuseppe e Ricco Paolo in data 1° aprile 1986 ed aventi prot. nn. 1/7804 e 1/7805.

2. Con il ricorso di I grado gli odierni appellanti deducevano le seguenti censure così epigrafate:

A) Erronea valutazione dei presupposti di fatto. Eccesso di potere per contraddittorietà e disparità di trattamento. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della Costituzione.

B) Erronea valutazione dei presupposti di fatto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, I comma, L. n. 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Violazione del principio del legittimo affidamento.

C) Violazione e falsa applicazione dell’art. 30, DPR 6.6.2001 n. 380 per difetto di motivazione. Violazione delle disposizioni in materia di successione nel tempo delle leggi: divieto di retroattività. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria.

D) Violazione e falsa applicazione dell’art. 30 DPR 6.6.2010, n. 380, dell’art. 23, legge regionale 15 dell’11.8.2008, della legge 326/2003, della legge regionale 12/2004 per difetto di motivazione e falsa applicazione della procedura. Eccesso ed abuso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria.

E) Violazione e falsa applicazione della Legge. n. 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Lesione del diritto di difesa.

F) Quanto alla conclusione della prima pratica di condono con il silenzio assenso.

G) Violazione e falsa applicazione degli articoli 31, 32 e 35 della L. 28.2.85 n. 47, per eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione.

H) Violazione e falsa applicazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, per eccesso di potere.

I) Quanto al giudicato penale in tema di lottizzazione abusiva.

3. Il Collegio ritiene di dover riportare, in maniera quasi integrale, il contenuto dei motivi di cui alle epigrafi F) e G).

Lettera F).

La controversia concerne la legittimità o meno della valutazione dell’immobile come se fosse parte di una lottizzazione abusiva e la conseguente non sanabilità delle opere edilizie eseguite dalla parte ricorrente; infatti, l’ordinanza impugnata di confisca rappresenta la conseguenza necessaria del diniego dell’istanza di condono del piccolo fabbricato rurale.

In realtà l’immobile doveva ritenersi condonato in base al principio del silenzio assenso ed a quello della prescrizione dell’oblazione. […].

Il silenzio - assenso in edilizia rappresenta un caso di silenzio - accoglimento, in base alla giurisprudenza preponderante, “il silenzio accoglimento trova applicazione allorquando la domanda di concessione o di autorizzazione edilizia sia conforme alla disciplina legislativa di base, per cui il relativo provvedimento positivo costituisce atto dovuto” (TAR Campania, SA, 6 novembre 1996, 889). […].

Accanto alle disposizioni più prettamente sanzionatorie, tuttavia, la stessa L. 47/85 disciplina anche alcune fasi salienti del procedimento di rilascio della concessione edilizia in sanatoria. Il procedimento ordinario prevede che il soggetto richiedente la concessione in sanatoria definisca la data di ultimazione delle opere abusive, individui compiutamente le stesse (attraverso la produzione di planimetrie e documentazione fotografica), corrisponda all’Erario le somme dovute a titolo di oblazione e (qualora siano dovute) le somme dovute a titolo di oneri concessori. Ove l’edificazione abusiva ricada in zona sottoposta a vincolo, il richiedente dovrà, inoltre, ottenere i pareri favorevoli dalle Autorità preposte alla tutela dei vincoli ambientali, paesaggistici o diversi. Il meccanismo previsto, in relazione ala pagamento dell’oblazione, dalla L. 47/85 può, dunque, riassumersi nei tre punti seguenti: A. “l’oblazione interamente corrisposta estingue i reati” (art. 38, c. 2); B. la corresponsione dell’oblazione sospende i termini dei “procedimenti amministrativi e giurisdizionali” (art. 44, c. 1); C. “decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta”. Inoltre, “trascorsi trentasei mesi” dalla proposizione della domanda anzidetta “si prescrive l’eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti” all’amministrazione comunale (art. 35, c.c. 12 e 13). In alternativa all’iter “ordinario” così sommariamente descritto, la stessa legge prevede che sulle domande di concessione in sanatoria possa formarsi il silenzio-assenso, in presenza di alcuni presupposti. In particolare, nel suo impianto originario, l’art. 35 prevedeva che si formasse il silenzio-assenso qualora l’istanza di condono fosse: 1. tempestiva, 2. veritiera (o meglio, non dolosamente infedele), 3. non inerente aree gravate da vincoli di inedificabilità assoluta. In tal senso è orientata anche la giurisprudenza amministrativa (TAR Lombardia, MI, II, 18 novembre 1999, 3732 “ai sensi dell’art. 35 commi 18 e 19 (testo vigente) L. 28 febbraio 1985 n. 47, il termine perentorio di ventiquattro mesi al cui compimento si forma il silenzio assenso decorre sempre dalla presentazione della domanda, tranne nelle ipotesi di cui all’art. 33 (in cui non inizia mai a decorrere) e in quelle di cui al comma 1 dell’art. 32 (in cui inizia a decorrere dall’emissione del parere), significando che anche nelle ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 33 il termine decorre dalla domanda, quanto meno quando la valutazione sulla sicurezza del traffico sia rimessa alla stessa amministrazione comunale; pertanto, il Comune non può negare la sanatoria relativamente alle opere non colpite da precedente diniego di sanatoria e perciò già condonate implicitamente ancor prima del decorso del termine biennale del silenzio assenso”).

Lettera G.

Si lamenta sostanzialmente che il provvedimento impugnato è stato emesso in assenza di un’adeguata motivazione ed istruttoria e si sostiene che sulla domanda di condono si è formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’art. 35 della legge sopracitata o, in subordine, che detto silenzio-assenso si è comunque formato proprio perché all’epoca della domanda di condono non sussisteva il vincolo.

Con tale motivo si afferma che sulla domanda di condono si è ormai formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’art. 35 della L. 28.2.1985, n. 47 e si osserva che, se è vero che ai sensi dell’art. 35 della legge n. 47/1985 una domanda di condono edilizio deve considerarsi accolta per silenzio-assenso ove siano trascorsi ventiquattro mesi dalla domanda, è altrettanto vero che detto silenzio-assenso non può formarsi nel caso in cui il condono riguardi un manufatto ricadente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico, come rappresentato dall’Ente.

4. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso di primo grado.

5. Il ricorso in appello è affidato alle seguenti censure così epigrafate.

A) Sulla erroneità della sentenza impugnata per mancato accoglimento del primo motivo circa la valutazione dei presupposti di fatto. Eccesso di potere per contraddittorietà e disparità di trattamento. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della Costituzione.

B) Sulla erroneità della sentenza impugnata per carenza di valutazione dei presupposti di fatto. Sulla erronea interpretazione e applicazione da parte della sentenza impugnata dell’art. 28 L. 1150/42.

C) Sulla erroneità e irragionevolezza della sentenza impugnata circa il mancato accoglimento del secondo motivo inerente la erronea valutazione dei presupposti di fatto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, 1 comma, L. n. 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Violazione del principio del legittimo Affidamento.

D) Sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata circa il terzo motivo inerente la violazione e falsa applicazione dell’ art. 30, DPR 6.6.2001, n. 380 per difetto di motivazione. Violazione delle disposizioni in materia di successione nel tempo delle leggi: divieto di retroattività. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria.

E) Sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata inerente il mancato accoglimento del quarto motivo circa la violazione e falsa applicazione dell’art. 30, dPR 6.6.2001 n.380, dell’art. 23, legge regionale 15 dell’11.08.2008, della legge 326/2003, della legge regionale 12/2004 per difetto di motivazione e falsa applicazione della procedura. Eccesso ed abuso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria.

F) Sulla erroneità e carenza di motivazione il quinto motivo inerente la violazione e falsa applicazione della legge n. 241/1990 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti e carenza di istruttoria. Lesione del diritto di difesa.

G) Sulla erroneità della sentenza impugnata in riferimento al quinto motivo inerente la conclusione della prima pratica di condono con il silenzio assenso.

H) Sulla erronea valutazione della sentenza impugnata circa la violazione e falsa applicazione degli articoli 31, 32 e 35 della L. 28.02.85, n. 47 ed eccesso di potere sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione.

I) Sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata circa la violazione e falsa applicazione della L. 28.2.85 n. 47, per eccesso di potere.

L) Sulla carenza di motivazione della sentenza impugnata inerente al giudicato penale in tema di lottizzazione abusiva e sulla natura della confisca.

6. Il Collegio ritiene di dover richiamare, quasi integralmente, le censure relative all’impugnazione dei dinieghi di sanatoria contenute sotto le lettere G) e H).

Lettera G).

[…] L’ordinanza impugnata di confisca rappresenta la conseguenza del diniego dell’istanza di condono del piccolo fabbricato rurale.

In realtà, preme rilevare che l’immobile doveva già ritenersi condonato in base al principio del silenzio-assenso ed a quello della prescrizione dell’oblazione sulla cui domanda la sentenza impugnata de qua nulla statuisce. […].

Una breve ricostruzione degli antefatti storico - giuridici contribuirà, senza alcuna pretesa di completezza, a chiarire la portata della questione.[…].

Ove l’edificazione abusiva ricada in zona sottoposta a vincolo, il richiedente dovrà, inoltre, ottenere i pareri favorevoli dalle autorità preposte alla tutela dei vincoli ambientali, paesaggistici o diversi. Il meccanismo previsto, in relazione al pagamento dell’oblazione, dalla L. 47/85 può, dunque, riassumersi nei tre punti seguenti: A. “l’oblazione interamente corrisposta estingue i reati” (art. 38, c. 2); B. la corresponsione dell’oblazione sospende i termini dei “procedimenti amministrativi e giurisdizionali” (art. 44, c. 1); C. “decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta”, Inoltre , “trascorsi trentasei mesi” dalla proposizione della domanda anzidetta “si prescrive l’eventuale diritto al conguaglio o al rimborso spettanti” all’amministrazione comunale (art. 35, c.c. 12 e 13).

In alternativa all’iter “ordinario” così sommariamente descritto, la stessa legge prevede che sulle domande di concessione in sanatoria passa formarsi il silenzio-assenso, in presenza di alcuni presupposti. In particolare, nel suo impianto originario, l’art. 35 prevedeva che si formasse il silenzio-assenso qualora l’istanza di condono fosse: 1. tempestiva, 2. veritiera (o meglio, non dolosamente infedele), 3. non inerente aree gravate da vincoli di inedificabilità assoluta.

In tal senso, è orientata anche la giurisprudenza amministrativa (TAR Lombardia, MI, II, 18 novembre 1999, n. 3732 “ai sensi dell’art. 35 commi 18 e 19 (testo vigente) L. 28 febbraio 1985 n. 47, il termine perentorio di ventiquattro mesi al cui compimento si forma il silenzio assenso decorre sempre dalla presentazione della domanda, tranne nelle ipotesi di cui all’art. 33 (in cui non inizia mai a decorrere) e in quelle di cui al comma 1 dell’art. 32 (in cui inizia a decorrere dall’emissione del parere), significando che anche nelle ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 33 il termine decorre dalla domanda, quanto meno quando la valutazione sulla sicurezza del traffico sia rimessa alla stessa amministrazione comunale; pertanto, il Comune non può negare la sanatori a relativamente alle opere non colpite da precedente diniego di sanatoria e perciò già condonate implicitamente ancor prima del decorso del termine biennale del silenzio assenso”).

Altresì, è doveroso specificare che, in ogni caso, in nessun altro vizio sono incorsi i ricorrenti anche in riferimento al mancato rispetto dei vincoli paesaggistici, come dedotti dall’amministrazione, da cui non si rinviene in tal senso nessuna istruttoria se non un mero richiamo alla legislazione nazionale e regionale in materia.

Ed invero, si deve ritenere che la zona su cui è stato edificato il manufatto rurale non è gravata da alcun vincolo di inedificabilità assoluta in quanto tale insanabile, semmai, come anche meramente ipotizzato dall’amministrazione, il vizio incorso dagli odierni ricorrenti atterrebbe al mancato rispetto di un vincolo paesaggistico che necessita del parere favorevole del comitato urbanistico regionale ossia a un vizio di procedura relativo (c.d. vincolo di inedificabilità relativo) che in quanto tale è sanabile.

Ebbene, su tale doglianza, l’ordinanza de qua risulta del tutto carente sotto il profilo di istruttoria nonché di motivazione, così come erroneo oltre che carente di motivazione deve ritenersi a tale riguardo l’assunto della sentenza impugnata.

Lettera H).

Si sostiene che sulla domanda di condono si è formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’ art. 35 della legge sopracitata o, in subordine, che detto silenzio-assenso si è comunque formato proprio perché all’epoca della domanda di condono non sussisteva il vincolo.

Con tale motivo si afferma che sulla domanda di condono si è ormai formato il silenzio-assenso per decorso del termine biennale di cui all’art. 35 della L. 28.2.1985, n. 47 e si osserva che, se è vero che ai sensi dell’ art. 35 della legge n. 47/85 una domanda di condono edilizio deve considerarsi accolta per silenzio-assenso ove siano trascorsi ventiquattro mesi dalla domanda, è altrettanto vero che detto silenzio assenso non può formarsi nel caso in cui il condono riguardi un manufatto ricadente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico, come rappresentato dall’Ente.

Ebbene, la sentenza impugnata de qua nulla motiva a tale riguardo.

7. Si è costituito in giudizio il Comune di Fondi in limine litis eccependo l’inammissibilità dell’avverso ricorso e di tutti i motivi ivi enucleati, per violazione dell’art. 101 del d.lgs. 104/2010.

8. L’eccezione di inammissibilità del ricorso in appello è infondata perché i ricorrenti non si sono limitati alla mera riproposizione dei motivi di primo grado, ma hanno ampiamente censurato la sentenza impugnata.

9. Il provvedimento impugnato in primo grado si compone, per quel che qui interessa, di due distinte disposizioni:

a) il diniego delle predette domande di condono edilizio presentate dai sigg.ri Ricco Giuseppe, in data 01/04/1986 con prot. n. 1/7805 e Ricco Paolo, in data 01/04/1986 con prot. n. 1/7804 perché:

- la trasformazione, attraverso il frazionamento e la vendita in lotti, le cui caratteristiche quali: dimensioni, in relazione alle realizzate strade come opere di urbanizzazione, denotano inequivocabilmente una destinazione a scopo edificatorio;

- che come si evince dagli atti di cui sopra, nel corso degli anni vi è stato un notevole trasferimento di proprietà con atti tra vivi, nonché una notevole trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, in evidente violazione delle destinazioni d’uso del P.R.G. e delle vigenti disposizioni di legge in materia di lottizzazione;

- che dalle visure catastali, risultano esservi stati atti di alienazione dei terreni in questione che configurano una lottizzazione giuridica abusiva, priva di autorizzazione, terreni destinati a zona agricola V3 e ricadente in zona soggetta a vincolo paesistico nonché al vincolo di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (ex legge 1497/39 e P.T.P. Regionale ambito 13 sub 13/3), vincolo anteriore all’abuso de quo;

b) l’acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Fondi ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. 380/2001 nonché dell’art. 23 della l. r. n. 15 dell’11 agosto 2008 dei terreni, nonché dei manufatti abusivi, atteso che si sono verificate le condizioni per l’applicazione delle norme richiamate.

10. È principio giurisprudenziale recepito che: “Ove l’atto impugnato (provvedimento o sentenza) sia legittimamente fondato su una ragione di per sé sufficiente a sorreggerlo, diventano irrilevanti, per difetto di interesse, le ulteriori censure dedotte dal ricorrente avverso le altre ragioni opposte dall’autorità emanante a rigetto della sua istanza” (Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2010, n. 7498; idem, 31 marzo 2011, n. 1981).

11. Il diniego di sanatoria, contenuto nel provvedimento impugnato in primo grado, è fondato, tra l’altro, sulla circostanza che i terreni oggetto del provvedimento impugnato sono “destinati a zona agricola V3 e ricadono in zona soggetta a vincolo paesistico nonché al vincolo di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (ex lege 1497/39 e P.T.P. Regionale ambito 13 sub 13/3), vincolo anteriore all’abuso de quo”.

12. Con le censure dedotte in primo grado gli odierni appellanti hanno riconosciuto che “è altrettanto vero che detto silenzio-assenso non può formarsi nel caso in cui il condono riguardi un manufatto ricadente in una zona soggetta a vincolo paesaggistico, come rappresentato dall’Ente”.

Sono quindi i medesimi ricorrenti ad ammettere (in primo grado) che sulle domande di condono non si è formato il silenzio-assenso.

13. I motivi dedotti in secondo grado e attinenti alla formazione del silenzio-assenso, per i profili inerenti il vincolo paesaggistico, sono inammissibili perché formulati, così come emerge dall’esame sinottico dei passi in precedenza riportati, per la prima volta in appello.

14. Pertanto il provvedimento impugnato, nella parte in cui rigetta le domande di condono, non può essere annullato.

15. Il ricorso è invece fondato nella parte in cui censura il provvedimento impugnato per quanto dispone l’acquisizione al patrimonio disponibile del Comune di Fondi ai sensi dell’art. 30 (“Lottizzazione abusiva”) del d.P.R. 380/2001 nonché dell’art. 23 (“Lottizzazione abusiva”) della l. r. del Lazio n. 15 dell’11 agosto 2008 dei terreni, nonché dei manufatti abusivi. Il Collegio ritiene di dover evidenziare che l’acquisizione è stata disposta per la ritenuta sussistenza della sola lottizzazione abusiva.

16. Il Collegio ritiene di dover confermare l’orientamento della Sezione secondo il quale “perché si possa ritenere sussistente la lottizzazione negoziale, sulla base non della realizzazione di alcune opere, quanto del frazionamento contrattuale di un più vasto terreno con la creazione di lotti sufficienti per la costruzione di un singolo edificio, ciò deve essere desumibile in modo non equivoco dalle dimensioni e dal numero dei lotti, dalla natura del terreno, dall’eventuale revisione di opere di urbanizzazione e dalla loro destinazione a scopo edificatorio” (Cons. Stato, sez. III, 11 settembre 2012, n. 4800). In altre parole “non è, sufficiente il riscontro della vendita di un fondo ricavato da un più ampio appezzamento di terreno, per far emergere i profili dell’intento lottizzatorio, occorrendo, a tal fine, che la suddivisione in lotti per dimensioni, per natura del terreno e per numero evidenzi la loro destinazione a scopo edificatorio” (Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3115).

Tale conclusione, del resto, è del tutto conseguente al disposto normativo, dato che lo stesso art. 18 della legge n. 47 del 1985 richiede, affinché sia riscontrabile una lottizzazione abusiva del tipo considerato, che la suddivisione in lotti denunci in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio. Non sono quindi sufficienti il frazionamento e la vendita, ma occorre anche l’esistenza, e l’accertamento, di elementi tali da denunciare in modo obiettivo “la destinazione a scopo edificatorio”: del che non è traccia nella fattispecie in esame.

La sentenza appellata afferma infatti che il provvedimento impugnato segue la precedente ordinanza n. 502 del 4 luglio 1992, con cui il Comune di Fondi ha iniziato a perseguire un esteso fenomeno di lottizzazione abusiva sviluppatosi in località Selva Vetere.

Orbene l’ordinanza del 1992 richiamava atti susseguiti nell’arco temporale intercorrente tra il 1979 e 1992, con la conseguenza che solo a distanza di tredici anni dal primo atto sospettato di integrare una lottizzazione abusiva, il Comune di Fondi aveva acquisito la consapevolezza del disegno lottizzatorio. Merita quindi adesione la prospettazione avanzata dai ricorrenti nel primo motivo del ricorso in appello con il quale si evidenzia che “quando il de cuius sig. Ricco Michele nel lontano 1981 edificò tale manufatto, lo stesso - era ed è rimasto - per lunghi anni una singola unità abitativa con fattezze rurali in aperta campagna e molto distante dalle altre abitazioni del contesto cittadino. E certamente l’intento del predetto de cuius non era di urbanizzazione ma, al contrario, era specificatamente di far stare la propria famiglia in un contesto prettamente agricolo-rurale e tale contesto rurale è rimasto immutato per anni, così come immutato - sino ad oggi - è rimasto lo stato del manufatto de quo, né sono stati realizzati sullo stesso lavori atti a violare qualsiasi norma urbanistica sia intervenuta successivamente”.

17. Il provvedimento impugnato deve quindi essere annullato nella parte in cui dispone l’acquisizione al patrimonio comunale degli immobili ivi indicati.

18. L’oggettiva difficoltà di distinguere le singole e molteplici fattispecie indicate nel provvedimento impugnato giustifica la compensazione delle spese di giudizio per entrambi i gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 39 del 18 febbraio 2001 del dirigente del settore 4 del Comune di Fondi (LT) nella sola parte in cui dispone che i terreni e i manufatti abusivi di proprietà degli appellanti sono acquisiti di diritto al patrimonio disponibile del Comune di Fondi.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:

Maurizio Meschino, Presidente FF

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Andrea Pannone, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/10/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)