TAR Toscana Sez. III n. 1119 del 5 ottobre 2022
Urbanistica.Demolizione ordinata dal giudice penale e dalla autorità amministrativa   

La sanzione demolitoria irrogata dal giudice penale e quella irrogata dall’autorità amministrativa ben possono coesistere, salva la necessità di coordinarne l’esecuzione, la quale nell’un caso è promossa dal pubblico ministero e segue il percorso descritto dal codice di procedura penale, nell’altro è ad iniziativa del Comune secondo la scansione dettata dall’art. 31 d.P.R. n. 380/2001. La circostanza che, nell’ipotesi di mancata esecuzione spontanea ad opera del responsabile dell’abuso, l’esito finale sia in entrambi i casi quello dell’esecuzione in danno, a spese dello stesso responsabile, non toglie che i due procedimenti sanzionatori siano e restino distinti sul piano formale e sostanziale, ancorché coordinati: si pensi ancora una volta alle variabili che, per iniziativa della stessa amministrazione procedente, possono condizionare le sorti dell’ordine di ripristino pronunciato dal Comune (la sopravvenienza di una sanatoria, o di una delibera consiliare che dichiari il prevalente interesse pubblico alla conservazione delle opere abusive acquisite), ed i cui eventuali riflessi sulla parallela esecuzione dell’ordine di demolire impartito dal giudice penale sono valutati da quest’ultimo.

Pubblicato il 05/10/2022

N. 01119/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01537/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS-- del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Gian Domenico Comporti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gaetano Viciconte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Firenze, viale Mazzini 60;

per l'annullamento

della diffida ad adempiere datata -OMISSIS-, e notificata a mani il -OMISSIS-, con cui il Responsabile dell'Area Tecnica Urbanistica Edilizia Privata e Ambiente del Comune di -OMISSIS- ha diffidato i Signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- “quali coobbligati in solido in forza della sentenza n. -OMISSIS- del Tribunale di -OMISSIS-, Giudice Penale, del -OMISSIS- e divenuta definitiva, a pagare entro 10 (dieci) giorni dal ricevimento della presente la somma pari a € 320.052,56”;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2022 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS- impugna l’atto -OMISSIS-, in epigrafe, mediante il quale il Comune di -OMISSIS- lo ha diffidato – unitamente a due coobligati in solido – al pagamento dell’importo di 320.052,56 euro a titolo di rimborso dei costi sostenuti per l’esecuzione in danno dell’ordine di demolizione contenuto nella sentenza n. -OMISSIS- del Tribunale penale di -OMISSIS-.

La sentenza predetta ha applicato al ricorrente, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di sei mesi di reclusione, convertita in sanzione pecuniaria, in ordine al concorso nei reati di cui agli artt. 44 lett. b) e c) del d.P.R. n. 380/2001, 181 co. 1-bis d.lgs. n. 42/2004 e 481 c.p., contestati al signor -OMISSIS- ed ai suoi coimputati con riferimento a un consistente intervento di ristrutturazione edilizia condotto, appunto, nel territorio di -OMISSIS-.

Al riguardo, il ricorrente espone di essersi effettivamente occupato nell’anno 2006 – su mandato di un gruppo di investitori stranieri – dell’acquisto di un compendio immobiliare, il podere “-OMISSIS-”, per il quale la disciplina urbanistica del Comune di -OMISSIS- prevedeva il recupero con destinazione ad attrezzature turistico-ricettive e possibilità di nuova edificazione.

Per quanto qui interessa, egli costituì la Immobiliare -OMISSIS- S.r.l., della quale deteneva il 2% delle quote, e ne assunse la carica di amministratore. La società acquistò il podere e contestualmente affidò l’appalto dei lavori di costruzione e ristrutturazione del complesso immobiliare alla -OMISSIS- S.r.l., che ne era la precedente proprietaria ed aveva già fatto predisporre un progetto dell’intervento.

I lavori ebbero inizio nel novembre del 2006, previo rilascio del permesso di costruire n. -OMISSIS- da parte del Comune. Per avere certezza della regolarità dell’intervento, il signor -OMISSIS- incaricò peraltro un proprio tecnico di fiducia di eseguire le necessarie verifiche: il professionista, avendo rilevato errori e vizi nell’esecuzione dell’intervento, sollecitò l’appaltatore, verbalmente e per iscritto, alla corretta esecuzione dell’intervento.

Nel maggio del 2007, poiché la direzione dei lavori e l’appaltatore non avevano inteso conformarsi alle indicazioni ricevute, il ricorrente sospese i pagamenti e contestò formalmente, tramite legale, i vizi e le difformità riscontrate.

Nel successivo mese di giugno, il cantiere venne sottoposto a sequestro preventivo nell’ambito di un procedimento penale che vedeva coimputati, per illeciti edilizi e paesaggistici, il -OMISSIS- e gli altri soggetti a vario titolo coinvolti nell’intervento. Per alcuni di costoro, sarebbe stato poi disposto il rinvio a giudizio, mentre per l’odierno ricorrente ed altri la vicenda sarebbe stata definita dalla ricordata sentenza di “patteggiamento” n. -OMISSIS-, la quale conteneva altresì l’ordine di demolizione degli abusi a norma dell’art. 31 co. 9 del d.P.R. n. 380/2001.

Il Comune di -OMISSIS-, dal canto suo, avuta notizia del sequestro dispose la sospensione dei lavori e l’avvio del procedimento di autotutela nei confronti del permesso di costruire n. -OMISSIS-, definito con l’annullamento d’ufficio di cui alla determinazione n. -OMISSIS- del -OMISSIS-.

A questa è seguita l’ordinanza n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, recante l’ingiunzione a demolire le opere abusive realizzate presso il podere “-OMISSIS-”, indirizzata nei confronti della Immobiliare -OMISSIS- e del suo legale rappresentante, non più il signor -OMISSIS-, cessato dalla carica sin dal giugno del -OMISSIS-.

In pendenza del giudizio di impugnazione della predetta ordinanza dinanzi a questo T.A.R., l’Immobiliare -OMISSIS- ha avviato un’interlocuzione con il Comune all’espresso scopo di chiarire il perimetro applicativo del provvedimento sanzionatorio e, in particolare, se questo comportasse l’integrale demolizione di tutti i fabbricati presenti nel podere, ovvero consentisse la salvezza quantomeno parziale delle costruzioni preesistenti al rilascio del permesso di costruire.

Alla iniziale risposta del Comune, che ravvisava nella demolizione integrale di tutti i fabbricati l’unica soluzione coerente con il contenuto dell’ingiunzione a demolire, ha fatto seguito una serie di proroghe del termine assegnato all’interessata per l’esecuzione spontanea. Constatata la perdurante presenza degli abusi, il Comune ha quindi disposto procedersi all’esecuzione in danno della propria ordinanza n. --OMISSIS-, all’uopo appaltando mediante gara i relativi lavori, la cui consegna è avvenuta il 22 giugno 2020. L’intervento è stato finanziato attraverso un prestito contratto presso la Cassa Depositi e Prestiti.

Frattanto, l’Immobiliare -OMISSIS- aveva promosso nei confronti dell’amministrazione comunale un giudizio civile per il risarcimento dei danni provocati dalla lesione dell’affidamento riposto nella legittimità del permesso di costruire n. -OMISSIS-. La domanda è stata accolta in primo grado con sentenza del Tribunale di -OMISSIS- n. -OMISSIS- del -OMISSIS-.

Il -OMISSIS-, la società è stata dichiarata fallita. La difficoltà di recuperare dalla responsabile degli abusi le spese sostenute per eseguire la demolizione spiegherebbe, ad avviso del ricorrente, la scelta del Comune di rivolgersi a lui con la diffida oggetto di gravame.

In diritto, il signor -OMISSIS- si affida a tre ordini di censure e conclude per l’annullamento dell’atto impugnato.

1.1. Si è costituito in giudizio il Comune di -OMISSIS-, che resiste alla domanda.

1.2. Nella camera di consiglio del 22 febbraio 2002, il collegio ha negato la sospensiva chiesta con il ricorso.

1.3. Nel merito, la causa è stata discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 6 luglio 2022, preceduta dallo scambio fra le parti di memorie difensive e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a..

2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 444 e 445 co. 1-bis c.p.p. in relazione anche all’art. 2697 c.c.. La pretesa del Comune di -OMISSIS- di recuperare le spese sostenute per l’esecuzione dell’ordinanza demolitoria n. --OMISSIS-, emessa nei confronti di altro soggetto (l’Immobiliare -OMISSIS- in persona del nuovo legale rappresentante) sarebbe illegittimamente fondata dall’amministrazione procedente sulla sentenza di patteggiamento a carico del ricorrente signor -OMISSIS-, la quale, tuttavia, varrebbe come semplice fatto storico da valutare nell’ambito dell’istruttoria procedimentale. Di contro, il Comune non avrebbe svolto alcun autonomo accertamento in ordine alla responsabilità personale del ricorrente, limitandosi a qualificarlo coobbligato in solido in forza della sentenza penale.

Con il secondo motivo, il ricorrente afferma che la base normativa del potere esercitato dal Comune andrebbe rinvenuta unicamente nell’art. 31 co. 5 del d.P.R. n. 380/2001, ovvero nell’omologo art. 196 co. 5 l.r. toscana n. 65/2014, in forza dei quali l’esecuzione in danno sarebbe diretta a sanzionare il soggetto colpevole della mancata esecuzione della misura ripristinatoria intesa alla eliminazione degli abusi. Il Comune avrebbe pertanto dovuto identificare il soggetto che si trovava in condizione di eseguire il ripristino e non l’ha fatto: in questa ottica, il ricorrente deduce di non essere mai stato proprietario del complesso immobiliare, di non essere responsabile degli abusi e, soprattutto, di non aver avuto alcun ruolo nell’esecuzione dell’ordine di ripristino del 2013, notificato alla società quando egli ne era oramai cessato e non era più nella condizione giuridica e fattuale di dare corso al ripristino. Il signor -OMISSIS- contesta altresì l’ammontare dell’importo richiesto, che sarebbe sproporzionato e comunque mancherebbe dell’indicazione specifica delle voci di spesa effettivamente occorse.

Con il terzo motivo, il ricorrente eccepisce la prescrizione della pretesa azionata nei suoi confronti, stante il decorso del termine quinquennale stabilito dall’art. 28 della legge n. 689/1981 e dall’art. 2947 co. 1 c.c..

La difesa comunale replica di aver inteso dare esecuzione all’ordine di ripristino contenuto nella sentenza penale n. -OMISSIS- del -OMISSIS- a carico del -OMISSIS- e di altri due coimputati, divenuta irrevocabile e seguita dall’ingiunzione a demolire notificata agli interessati, nel 2012, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-. Il titolo azionato sarebbe costituito esclusivamente dalla sentenza, mentre non verrebbero in rilievo l’ordinanza n. --OMISSIS- e le sue vicende, come non rileverebbero le controversie civilistiche pendenti fra le parti. Il diritto a rivalersi nei confronti dei soggetti obbligati sarebbe del tutto coerente con l’art. 31 co. 9 del d.P.R. n. 380/2001, e lo stesso utilizzo dell’ordinanza n. --OMISSIS- risulterebbe pienamente compatibile con l’esistenza di un ordine di demolizione di provenienza giurisdizionale, salvo il necessario coordinamento a fini esecutivi dei due provvedimenti.

2.1. Il ricorso è fondato, e dev’essere accolto, nei termini in appresso illustrati.

2.1.1. I riferimenti normativi che presiedono alla soluzione della controversia vanno tutti rinvenuti nell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, le cui disposizioni delineano un articolato sistema di sanzioni nei confronti degli abusi edilizi di maggiore gravità, quelli commessi in assenza di permesso di costruire o in totale difformità dallo stesso.

Detto sistema è incentrato, per un verso, sulla sanzione demolitoria di competenza del Comune quale autorità amministrativa preposta alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, cui si aggiunge, per il caso di mancata tempestiva esecuzione ad opera del responsabile dell’abuso, l’ulteriore sanzione dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive e della relativa area di sedime, nonché della c.d. pertinenza urbanistica (l’area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, con il limite di dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita).

L’acquisizione coattiva è “doppiata” da una sanzione pecuniaria di importo compreso tra 2.000,00 e 20.000,00 euro, da irrogarsi sempre nella misura massima laddove gli abusi siano commessi su beni vincolati. Le opere abusive acquisite dal Comune sono, infine, demolite a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che la stessa amministrazione non ravvisi e dichiari, con deliberazione consiliare, l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che gli abusi non contrastino con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.

Ai poteri sanzionatori comunali, qui sommariamente ricostruiti per gli aspetti di interesse, sono dedicati i commi da 2 a 6 dell’art. 31. Ad essi fa da contraltare il potere del giudice penale di ordinare, con la sentenza di condanna per il reato previsto e punti dall’art. 44 del medesimo d.P.R. n. 380/2001, la demolizione delle opere abusive “se ancora non sia stata altrimenti eseguita”.

Quest’ultimo inciso è indicativo della volontà del legislatore di assegnare all’ordine di demolizione irrogato dal giudice penale un ruolo di chiusura, volto a garantire il raggiungimento del risultato finale – l’eliminazione degli abusi e il ripristino delle porzioni di territorio compromesse – cui l’intero sistema di tutele è preposto.

La demolizione disposta dal giudice penale ha pur sempre natura di sanzione amministrativa di contenuto ripristinatorio. La sua esecuzione nondimeno compete al pubblico ministero e, in caso di controversie, al giudice dell’esecuzione penale, ai sensi degli artt. 655 e ss. c.p.p.. Si tratta di un atto dovuto, espressione di un potere autonomo e non residuale, né suppletivo, rispetto a quelli attribuiti all’autorità amministrativa, e che può pertanto concorrere con la demolizione disposta da quest’ultima: il coordinamento fra l'intervento del giudice penale e quello generale di carattere amministrativo è destinato infatti a realizzarsi nella fase esecutiva e non in quella cognitoria (fra le moltissime, cfr. Cass. pen., sez. III, 13 novembre 2020, n.1300; id., 14 febbraio 2000, n. 702).

La reciproca autonomia fra la demolizione ordinata dal giudice penale e i poteri sanzionatori del Comune comporta che siano sempre soggette al sindacato del giudice dell’esecuzione penale le deliberazioni comunali sopravvenute che, a vario titolo, sottraggano alla demolizione l’opera abusiva, in tal modo impedendo che l’ordine impartito con la sentenza di condanna sia eseguito ed, anzi, imponendone la sospensione e/o il ritiro (giurisprudenza costante, cfr. da ultimo Cass. pen., sez. III, 10 febbraio 2021, n. 20941). Né tale potere è venuto meno con la recente modifica dell’art. 41 d.P.R. n. 380/2001 ad opera del d.l. n. 76/2020, convertito con modificazioni in legge n. 120/2020, che in caso di mancato avvio delle procedure di demolizione entro il termine di centottanta giorni dall’accertamento dell’abuso ha trasferito all’ufficio del Prefetto la competenza a eseguire le demolizioni (così Cass. pen., sez. III, 23 novembre 2021, n. 46194).

La conclusione è, dunque, nel senso che la sanzione demolitoria irrogata dal giudice penale e quella irrogata dall’autorità amministrativa ben possono coesistere, salva la necessità di coordinarne l’esecuzione, la quale nell’un caso è promossa dal pubblico ministero e segue il percorso descritto dal codice di procedura penale, nell’altro è ad iniziativa del Comune secondo la scansione dettata dall’art. 31 d.P.R. n. 380/2001. La circostanza che, nell’ipotesi di mancata esecuzione spontanea ad opera del responsabile dell’abuso, l’esito finale sia in entrambi i casi quello dell’esecuzione in danno, a spese dello stesso responsabile, non toglie che i due procedimenti sanzionatori siano e restino distinti sul piano formale e sostanziale, ancorché coordinati: si pensi ancora una volta alle variabili che, per iniziativa della stessa amministrazione procedente, possono condizionare le sorti dell’ordine di ripristino pronunciato dal Comune (la sopravvenienza di una sanatoria, o di una delibera consiliare che dichiari il prevalente interesse pubblico alla conservazione delle opere abusive acquisite), ed i cui eventuali riflessi sulla parallela esecuzione dell’ordine di demolire impartito dal giudice penale sono valutati da quest’ultimo.

2.1.2. Nella specie, gli abusi edilizi commessi nell’intervento di ristrutturazione/nuova costruzione condotto dalla Immobiliare -OMISSIS- presso l’omonimo podere di -OMISSIS- sono stati sanzionati sia dal giudice penale, sia dall’autorità amministrativa.

Quanto al primo, si è detto come la sentenza pronunciata dal Tribunale di -OMISSIS-, ex art. 444 c.p.p., nei confronti del ricorrente e di due coimputati contenga altresì l’ordine di demolizione delle opere abusive, alla cui esecuzione la competente Procura della Repubblica ha dato avvio con la diffida del -OMISSIS-, in atti. L’esecuzione penale dell’ordine di demolizione è stata riattivata dalla Procura, nel febbraio 2016, con la richiesta al Comune dei dati e informazioni relativi agli immobili interessati, propedeutica alla nomina di un consulente tecnico da incaricare della progettazione dell’intervento di demolizione e del computo dei relativi costi.

In sede amministrativa, la vicenda sanzionatoria ha invece avuto inizio con l’ordinanza n. --OMISSIS-, adottata a seguito e in considerazione dell’intervenuto annullamento d’ufficio del permesso di costruire che aveva inizialmente legittimato l’esecuzione dell’intervento. L’ordinanza n. --OMISSIS- è indirizzata nei confronti della Immobiliare -OMISSIS- S.r.l. in persona del nuovo legale rappresentante e non fa alcuna menzione del pregresso giudizio penale, salvo essere comunicata in copia anche al signor -OMISSIS-.

Con nota del -OMISSIS-, il Comune ha quindi chiarito di esigere la demolizione integrale di tutti i manufatti oggetto di intervento (la “soluzione 0”) e prorogato il termine per l’esecuzione del ripristino, il tutto interloquendo unicamente con la Immobiliare -OMISSIS-, destinataria nel prosieguo dell’intimazione a condurre i lavori di ripristino nel rispetto del cronoprogramma dalla stessa presentato, come da nota comunale del -OMISSIS-.

Con il successivo atto n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, il Comune di -OMISSIS- ha quindi accertato –sempre nei confronti della sola Immobiliare -OMISSIS-, e senza fare menzione del signor -OMISSIS- – l’accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza n. --OMISSIS-, con contestuale individuazione dei beni e delle aree oggetto di acquisizione gratuita, nonché irrogazione della sanzione pecuniaria di 20.000,00 euro e restituzione (di quota) degli oneri di urbanizzazione a suo tempo corrisposti per il rilascio per permesso di costruire.

In immediata successione, con delibera di Giunta n. -OMISSIS- del -OMISSIS- recepita dalla deliberazione del Consiglio n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, il Comune ai sensi dell’art. 31 co. 5 d.P.R. n. 380/2001 ha peraltro dichiarato la sussistenza del prevalente interesse pubblico alla conservazione di due degli edifici abusivi, quelli identificati come A e B. La medesima deliberazione consiliare n. --OMISSIS- prevedeva, per gli immobili rimanenti, di procedere alla valutazione tecnico-economica dei lavori di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, comprensiva di direzione dei lavori, e l’affidamento degli stessi a tecnici ed imprese esterni da individuare mediante procedure negoziate aperte.

L’intervento di ripristino è stato finanziato dal Comune grazie all’anticipazione ricevuta dalla Cassa Depositi e Prestiti sul Fondo per le demolizioni delle opere abusive istituito a norma dell’art. 32 co. 12 del d.l. n. 269/2003. Il contratto di finanziamento menziona la sola ordinanza comunale n. --OMISSIS- e lo stesso vale, del resto, per la presupposta determina del Responsabile dell’ufficio tecnico del Comune n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, che, nell’autorizzare il ricorso all’anticipazione, non fa altro che richiamare il pregresso accertamento dell’inottemperanza all’ordinanza n. --OMISSIS- e la deliberazione consiliare n. --OMISSIS-.

Infine, anche la conferenza di servizi del 5 novembre 2018, indetta per l’approvazione del progetto esecutivo dei lavori di demolizione, si riferisce ripetutamente ed esclusivamente all’esecuzione dell’ordinanza n. --OMISSIS-, al pari della determinazione a contrarre n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, recante l’indizione della procedura per l’affidamento dei lavori.

La sequenza di iniziative, atti e provvedimenti assunti dal Comune a seguito dell’annullamento d’ufficio del permesso di costruire e dell’adozione dell’ordinanza demolitoria n. --OMISSIS- dimostra la volontà di dare esecuzione a quest’ultima, e non anche all’ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale a carico del signor -OMISSIS-. L’univoco tenore testuale degli atti esaminati è in linea, del resto, con il già delineato riparto di attribuzioni fra autorità amministrativa e autorità giudiziaria penale, ciascuna preposta all’esecuzione dei propri atti: si vuol dire che il Comune ha dato esecuzione alla propria ordinanza n. --OMISSIS- e non avrebbe potuto essere diversamente, giacché la titolarità dell’esecuzione della sentenza penale spettava e spetta alla Procura della Repubblica (la quale, lo si è visto, aveva attivato e riattivato l’esecuzione in danno, senza tuttavia andare oltre la richiesta preliminare di informazioni e senza mai investire il Comune o altri soggetti di ulteriori adempimenti).

Lo snodo decisivo, che consente di superare eventuali dubbi residui, è rappresentato dalla citata deliberazione consiliare n. --OMISSIS-, che nel dichiarare l’interesse pubblico alla conservazione di due dei fabbricati abusivi costituisce manifestazione di poteri che il Comune non avrebbe potuto esercitare se non nell’ambito dell’esecuzione del proprio provvedimento demolitorio, dopo avere contestato agli interessati l’inottemperanza all’ordine di demolizione ed acquisito gratuitamente la proprietà dei fabbricati abusivi. L’ordine di demolizione contenuto nella sentenza penale, infatti, avrebbe potuto e dovuto essere portato a esecuzione integrale, salvo diverse disposizioni impartite dal giudice (dell’esecuzione) penale su istanza del medesimo Comune, a quel punto controinteressato alla demolizione totale.

In definitiva, la vicenda ha finito per esaurirsi in virtù delle scelte del Comune di -OMISSIS-, e questo sia sotto il profilo formale, atteso che tutti gli atti comunali sono indirizzati all’esecuzione dell’ordinanza demolitoria del 2013 e non dell’ordine contenuto nella sentenza penale; sia sotto il profilo sostanziale, giacché la sorte finale degli immobili abusivi è differente da quella prefigurata nella sentenza (beninteso senza che questo determini di per sé alcuna illegittimità nell’operato del Comune).

All’esercizio dei poteri sanzionatori del Comune è rimasto sempre estraneo il ricorrente signor -OMISSIS-, che non è destinatario della più volte citata ordinanza n. --OMISSIS-, né della relativa contestazione di inottemperanza, né di alcuno degli atti e provvedimenti adottati in via consequenziale ai fini dell’esecuzione in danno. Le spese di quest’ultima non possono, pertanto, farsi gravare a suo carico.

2.1.3. Le considerazioni esposte conducono all’accoglimento della domanda e all’annullamento della diffida impugnata, da intendersi come accertamento negativo della pretesa creditoria azionata dal Comune di -OMISSIS- nei confronti del ricorrente.

Restano assorbiti i residui profili di doglianza.

2.1.4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, nei sensi di cui in motivazione.

Condanna il Comune di -OMISSIS- alla rifusione delle spese processuali, che liquida in euro 4.000,00, oltre agli accessori di legge e al rimborso del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 6 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Eleonora Di Santo, Presidente

Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore

Silvia De Felice, Primo Referendario