TAR Puglia (LE) Sez. III n. 1577 del 14 ottobre 2019
Urbanistica.Legittimazione a richiedere la sanatoria
 
La legittimazione a richiedere la sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 è più ampia rispetto a quella a richiedere il preventivo permesso di costruire ex art. 11 D.P.R. n. 380/2001, trovando giustificazione nella possibilità da accordare ai responsabili delle opere abusive l’utilizzo di uno strumento giudiziario utile al fine di evitare le conseguenze penali dell'illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi.

Pubblicato il 14/10/2019

N. 01577/2019 REG.PROV.COLL.

N. 01734/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1734 del 2013, proposto da
Verga Leonardina, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Simeone, con domicilio eletto presso lo studio Giacomo Cardone in Lecce, via Lupiae, n. 37;

contro

Comune di Leporano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Santarcangelo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Agnese Caprioli in Lecce, via Scarambone, n. 56;

nei confronti

Santoro Giovanna, Verga Marco e Verga Simone, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- 1) del permesso di costruire in sanatoria n. 16 del 27/06/2012 rilasciato dal Comune di Leporano ai sig.ri Verga Marco, Verga Simone e Santoro Giovanna in relazione a talune opere edilizie realizzate sull’area a piano terra di nuda proprietà della ricorrente, non comunicato o notificato alla stessa e del quale la ricorrente è venuta a conoscenza casualmente in data 18/4/2013;

- 2) del provvedimento del Responsabile dell’U.T.C. del Comune di Leporano di rigetto dell'istanza di revoca in autotutela del permesso di costruire in sanatoria n. 16/2012 formulata dalla ricorrente prot. 4612/2013 del 09/05/2013, comunicato alla stessa in data 18/06/2013;

- 3) di tutti gli atti e provvedimenti connessi, collegati, presupposti e successivi, anche se sconosciuti alla ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Leporano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2019 la dott.ssa Anna Abbate e uditi per le parti l’Avv.to G. Simeone e l’Avv.to R. Santarcangelo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente - nuda proprietaria di un appartamento al piano terra con annesso giardino pertinenziale in Leporano, Via Gerani - traspone in sede giurisdizionale (a seguito di opposizione del 13/09/2013 del Comune di Leporano) il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto in data 08/08/2013 avverso il permesso di costruire in sanatoria n. 16 del 27/06/2012 rilasciato dal Comune di Leporano ai controinteressati (madre usufruttuaria e due fratelli proprietari di due appartamenti al primo piano) per la realizzazione sull’area a piano terra, di cui la ricorrente è nuda proprietaria, di talune opere edilizie (“realizzazione di setto murario di divisione dell'area pertinenziale; costruzione, in ampliamento al lato ovest del fabbricato, di porticato a piano terra con sovrastante balcone al primo piano; modifiche prospettiche; realizzazione di accesso carrabile su via Ortensie; costruzione, in ampliamento al lato est dell'immobile, di porticato a piano terra con sovrastante balcone al primo piano, completo di chiusura a veranda; …”), nonché il provvedimento prot. 5902 del 12/06/2013 del Responsabile dell’U.T.C. del Comune di Leporano di rigetto dell'istanza di revoca in autotutela del predetto permesso di costruire in sanatoria 16/2012 presentata il 09/05/2013 e tutti gli atti e provvedimenti connessi, collegati, presupposti e successivi.

A sostegno del gravame interposto la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

Sul permesso di costruire in sanatoria n. 16 del 27/06/2012 rilasciato dal Comune di Leporano:

I. Violazione degli arti. 7 e 8 L. 241/1990 nel procedimento di cui alla concessione in sanatoria n.16/2012.

II. Violazione e falsa applicazione artt. 981 e 1001 c.c. e 11 e 36 D.P.R. 380/2001 - Eccesso di potere per istruttoria carente o inesistente - Violazione dei principi di buona amministrazione ex art. 97 Cost..

III. Eccesso di potere per violazione dei principi generali e di buona fede - Eccesso di potere per erroneità dei presupposti - Eccesso di potere per istruttoria mancante.

Sulle singole violazioni edilizie.

IV. Setto murario divisione aree di pertinenza - Eccesso di potere per istruttoria illogica e violazione artt. 3 e 97 Cost..

V. Realizzazione di cancello carrabile su via Ortensie - Violazione di legge (D.P.R. n° 495 del 16.12.1992 art. 46).

VI. Ampliamento del porticato a piano terra e primo piano - eccesso di potere per erroneità dei presupposti, perplessità manifesta - violazione di legge (Regio Decreto n ° 274 del 11.02.1929 Art. 16).

VII. Eccesso di potere per mancato esame delle istanze della ricorrente, motivazione insufficiente e/o contradittoria, istruttoria carente - Violazione art. 3 L. 241/1990.

Dopo aver illustrato il fondamento giuridico della domanda di annullamento azionata, la ricorrente concludeva come sopra riportato.

Il 12/05/2014 si è costituito in giudizio il Comune di Leporano, per resistere all'avverso ricorso, eccependone la manifesta inammissibilità e l'integrale infondatezza in fatto e diritto e chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 09/07/2019, su richiesta di parte, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

0. - Il ricorso - a parte ogni questione preliminare inerente l’eccepita inammissibilità del gravame - è sicuramente infondato nel merito e deve, pertanto, essere respinto.

1. - Con il primo motivo di gravame, la ricorrente lamenta la mancata preventiva comunicazione, da parte del Comune resistente, dell'avvio del procedimento amministrativo (volto ad ottenere il permesso di costruire in sanatoria ad istanza della madre e dei fratelli) prevista dall’art. 7 della Legge n. 241/1990.

La censura va disattesa, in quanto l’omessa comunicazione alla nuda proprietaria (odierna ricorrente) dell’avvio del procedimento amministrativo culminato nel rilascio dell’impugnato permesso di costruire in sanatoria n. 16/2012 è - comunque - irrilevante ex art. 21 octies, comma secondo, parte prima, della Legge n. 241 del 1990 e ss.mm. (“non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”), che, in caso di provvedimenti vincolati (quale è il gravato provvedimento di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001), rende irrilevanti le (allegate) violazioni formali/procedimentali non incidenti sul contenuto sostanziale del provvedimento finale.

2. - Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente - premettendo che “Gli art. 981 e 1001 c.c. stabiliscono quali sono i limiti ai poteri dell'usufruttuario. Tra i limiti esiste quello di non mutare la destinazione economica del bene nonché l'obbligo della restituzione dei beni al termine dell'usufrutto. L'art. 11, comma 1, del DPR 6 giugno 2001, n. 380, come già l'art. 4 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, dispone che il titolo edilizio può essere rilasciato al proprietario o a chi abbia titolo per richiederlo, mentre il successivo art. 36 richiama espressamente quello ai fini della legittimazione a presentare domanda di permesso a costruire in sanatoria”, e che “Nel caso in esame la domanda di concessione in sanatoria è stata richiesta da parte dell'usufruttuaria del piano terra e dai due proprietari del primo piano con l'esplicito dissenso della ricorrente che non solo ha denunciato gli abusi edilizi ma ha addirittura proposto una azione civile nei confronti dei richiedenti il permesso a costruire in sanatoria per la demolizione degli stessi” - lamenta la violazione dei sopra citati artt. 981 e 1001 c.c. e 11 e 36 D.P.R. 380/2001, nonché il vizio di eccesso di potere per insufficiente istruttoria e la violazione dei principi di buona amministrazione di cui all'art. 97 Cost., poiché “Il civico ente, nell'istruttoria, rilevato che vi era un nudo proprietario del bene avrebbe dovuto richiedere l'espresso consenso di quest'ultimo prima di emettere provvedimenti”.

Il motivo va disatteso, poiché il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 può essere rilasciato su istanza presentata, come nella specie, dall’usufruttuario dell’area di sedime insieme ai responsabili degli abusi edilizi.

Infatti, come affermato in un recente arresto dal Consiglio di Stato (Sezione Sesta, 31/12/2018, n. 7305) «Sotto il profilo legislativo va rammentato che, con riferimento alla legittimazione a chiedere il rilascio di un titolo abilitante alla realizzazione di un intervento edilizio, l'art. 11, comma 1, D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 stabilisce che "il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo"; quanto poi alla sanatoria di un abuso edilizio il successivo art. 36 del medesimo testo unico prevede che l'accertamento di conformità - da rapportare sia al momento di realizzazione delle opere che a quello di presentazione della domanda - possa essere richiesto dal "responsabile dell'abuso", o da “l'attuale proprietario dell'immobile”. In giurisprudenza è, poi, pacifico che, dalla lettura delle norme contenute negli art. 11, comma 1 e 36 DPR 380/2001, nell'ottica della necessaria conformità degli interventi edilizi alla disciplina urbanistica, nell'esclusivo interesse pubblico ad una programmata e disciplinata trasformazione del territorio, l'impulso ad effettuare tale trasformazione debba provenire da un soggetto, che si trovi in posizione di detenzione qualificata del bene, anche nell'ambito di un rapporto di locazione (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 26 gennaio 2015 n. 316). Quanto alla necessità che sia chiara e incontestabile la proprietà dell’immobile sul quale è stato realizzato l’abuso, sembra opportuno sottolineare che il rilascio del titolo abilitativo (anche in sanatoria) fa comunque salvi i diritti dei terzi e non interferisce, pertanto, nell'assetto dei rapporti fra privati, ferma restando la possibilità per l'Amministrazione di verificare la sussistenza di limiti di matrice civilistica, per la realizzazione dell'intervento edilizio da assentire (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. Stato, Sez. IV, 5 giugno 2012 n. 3300, 4 aprile 2012 n. 1990, 16 marzo 2012 n. 1488). Non appare casuale, tuttavia, che in materia di sanatoria la normativa di riferimento (art. 36 T.U. cit.) ammetta la proposizione dell'istanza da parte non solo del proprietario, ma anche del "responsabile dell'abuso", tale dovendo intendersi lo stesso esecutore materiale, ovvero chi abbia la disponibilità del bene, al momento dell'emissione della misura repressiva (ivi compresi, evidentemente, concessionari o conduttori dell'area interessata, fatte salve le eventuali azioni di rivalsa di questi ultimi - oltre che dei proprietari - nei confronti degli esecutori materiali delle opere, sulla base dei rapporti interni intercorsi: cfr. anche, per il principio, mai più messo in discussione, Cons. Stato, Sez. V, 8 giugno 1994 n. 614 e Cons. giust. amm. Sic. 29 luglio 1992 n. 229). La relativamente maggiore ampiezza della legittimazione a richiedere la sanatoria, rispetto al preventivo permesso di costruire, trova d'altra parte giustificazione nella possibilità da accordare al predetto responsabile - ove coincidente con l'esecutore materiale delle opere abusive - l’utilizzo di uno strumento giudiziario utile al fine di evitare le conseguenze penali dell'illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi (cfr., ancora sulla sussistenza della legittimazione a presentare la domanda di sanatoria in capo all’autore dell’abuso, Cons. Stato, Sez. IV, 8 settembre 2015 n. 4176).»

3. - Con il terzo motivo di gravame, la ricorrente invoca il “principio generale, secondo cui si decade dal diritto a qualsiasi beneficio, nel caso in cui esso sia stato ottenuto tramite false attestazioni o dichiarazioni, infatti, si è rivelata non veritiera l'esistenza del presupposto indicato nella domanda di concessione in sanatoria prot. 2964 del 13/03/2013, ossia la dichiarazione dei richiedenti di essere rispettivamente usufruttuaria e comproprietari di un (intero) fabbricato plurifamiliare destinato a civile abitazione situato in località S. Francesco..... composto da una cantina a piano interrato, piano terra e primo piano .... , essendo Santoro Giovanna titolare del solo diritto di usufrutto del piano terra e Verga Marco e Verga Simone proprietari di un appartamento ciascuno al primo piano (cfr. atti di donazione allegati), mentre la nuda proprietà del piano terra si apparteneva alla ricorrente”.

Anche tale censura va disattesa, poiché (in disparte il fatto che, in base alla documentazione depositata in giudizio, non risultano dimostrate le affermazioni di parte ricorrente a riguardo), nel caso di specie, l’impugnato permesso di costruire (in sanatoria) poteva essere richiesto dall’usufruttuaria senza coinvolgere la nuda proprietaria, alla stregua del disposto di cui agli artt. 11, comma 1, e 36 D.P.R. 380/2001. Infatti, da un lato, «per pacifica giurisprudenza del giudice amministrativo si ritiene che: “Il permesso di costruire non è riservato unicamente al proprietario, ma anche a chi abbia "titolo per richiederlo", espressione che si identifica con la legittima disponibilità dell'area, in base ad una relazione qualificata con la stessa di natura anche solo obbligatoria.” (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 22-05-2018, n. 3048)» (T.A.R. Campania - Salerno, Sezione II, 08/10/2018, n. 1388), ovvero che “ha titolo al rilascio della concessione edilizia non solo il proprietario o il titolare di diritti reali ma anche colui che sia titolare di un diritto personale e abbia, per effetto, di questo la facoltà di eseguire i lavori (ex multis Cons. St. Sez. V n. 568 del 2 febbraio 2012; 28 maggio 2001 n. 2881), anche in considerazioni che i titoli edilizi vengono rilasciati “salvi i diritti dei terzi”. In realtà la giurisprudenza tende ad allargare l’area dei soggetti abilitati includendovi, tra gli altri, l’usufruttuario (Cons. St. Sez. IV n. 3027/2007); il promissario acquirente (Cons. St. Sez. Vi n. 7847/2204); il conduttore dell’immobile (Cons. St. Sez. IV n. 1057/2011); il cessionario di cubatura (Cons. St. Sez. V n. 3637/2000), riducendo, per converso, sempre più l’area degli obblighi gravanti sull’amministrazione a fronte di una richiesta di permesso di costruire, limitati ad una preliminare verifica circa la legittimazione sostanziale del richiedente, senza che a tale dimostrazione debba seguire un’approfondita indagine circa le implicazioni di ordine civilistico, tranne che non si versi in ipotesi di conclamato dissenso tra comproprietari in ordine all’intervento progettato (Cons. St. Sez. V n. 6529/2003)”; e, dall’altro, la legittimazione a richiedere la sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 è più ampia rispetto a quella a richiedere il preventivo permesso di costruire ex art. 11 D.P.R. n. 380/2001, trovando giustificazione nella possibilità da accordare ai responsabili delle opere abusive l’utilizzo di uno strumento giudiziario utile al fine di evitare le conseguenze penali dell'illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi.

4. - Con il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso, la ricorrente contesta talune specifiche opere edilizie di cui al gravato permesso di costruire in sanatoria e, in particolare, (i) il muro divisorio dell’area pertinenziale, affermando che “Tutta l'area che circonda il fabbricato è unica, di pertinenza e proprietà esclusiva della ricorrente, con usufrutto in favore di Santoro Giovanna, pertanto non è bisognosa di nessuna divisone se non per cambiare la destinazione economica e d'uso..” e che “In tal modo la P.A. è venuta meno al suo dovere di imparzialità”, (ii) la realizzazione del cancello carrabile su via Ortensie, deducendo la violazione dell’art. 46 del D.P.R. n° 495 del 16.12.1999, “il quale dispone che: Comma 2. Il passo carrabile deve essere realizzato osservando le seguenti condizioni: a) deve essere distante almeno 12 metri dalle intersezioni e, in ogni caso, deve essere visibile da una distanza pari allo spazio di frenata risultante dalla velocità massima consentita nella strada medesima. Comma 4) L'eventuale cancello a protezione della proprietà laterale dovrà essere arretrato allo scopo di consentire la sosta, fuori della carreggiata di un veicolo in attesa di ingresso”, nonché (iii) l’ampliamento dei porticati a piano terra con sovrastanti balconi a primo piano, asserendo che “Anche in questo caso la concessione di costruire in sanatoria ha trascurato il rispetto delle relative normative pur di favorire i richiedenti della concessione in sanatoria, perché le planimetria presentate da un GEOMETRA non hanno nessun progetto di calcolo del cemento armato relativo alle colonne, alle travi, e ai balconi”.

Le suddette articolate censure non colgono nel segno, ove si consideri, in via generale, che, per giurisprudenza costante, da un lato, la P.A., nel rilasciare il permesso di costruire (anche e soprattutto se trattasi, come nella specie, di permesso di costruire in sanatoria) deve limitarsi ad effettuare una preliminare verifica circa la legittimazione sostanziale del richiedente, senza che a tale dimostrazione debba seguire un’approfondita indagine circa le implicazioni di ordine civilistico nei rapporti tra privati, tanto più che il permesso di costruire viene rilasciato fatti salvi i diritti dei terzi e, dall’altro, il provvedimento di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 assume una connotazione propriamente oggettiva e vincolata, priva di apprezzamenti discrezionali, atteso che l'autorità procedente deve valutare l’assentibilità dell'opera eseguita sulla base della normativa urbanistica ed edilizia vigente in relazione sia al momento della sua realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza di conformità (c.d. doppia conformità).

Inoltre, con riferimento alle singole violazioni contestate (che attengono, per lo più, a questioni di ordine civilistico nei rapporti tra privati), osserva il Collegio che - peraltro -, in base alla documentazione di causa, non risultano dimostrate le affermazioni di parte ricorrente a riguardo e, in particolare, non è dimostrato l’effettivo impiego di strutture in cemento armato in relazione all’ampliamento dei porticati e, dunque, la necessità, nel caso concreto, di un “progetto di calcolo del cemento armato relativo alle colonne, alle travi, e ai balconi” (cfr. Cassazione civile, Sezione II, 07/09/2009, n.19292, nella quale si afferma che ai tecnici solo diplomati - geometri e periti edili - sia solo consentita ai sensi della norma contenuta nel R.D. n. 274 del 1929, art. 16, lett. m, la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione in ogni caso di opere prevedenti l'impiego di strutture in cemento armato, a meno che non si tratti di piccoli manufatti accessori, nell'ambito di fabbricati agricoli o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per l’incolumità pubblica).

5. - Con l’ultimo motivo di ricorso, infine, parte ricorrente contesta la inadeguatezza della motivazione del gravato provvedimento di annullamento del procedimento di revoca del permesso di costruire in sanatoria n. 16/2012 (affermando, in particolare, che “Le questioni esaminate nel provvedimento impugnato riguardano esclusivamente la titolarità per presentare istanza per permesso di costruire in sanatoria (…), mentre vengono tralasciati completamente, tutti i profili attinenti la regolarità del procedimento amministrativo e l'esistenza di un opposizione della ricorrente alla trasformazione irreversibile della sua proprietà e all'esistenza di un giudizio civile inter partes. Ad ogni buon conto si rileva che se da un lato è vero che il civico ente non avrebbe dovuto entrare nel merito di questioni privatistiche, da altro canto è pur vero che le questioni sottese di natura privatistica, conosciute dal civico ente, risultavano già dal procedimento amministrativo e la P.A. avrebbe dovuto esaminarle ai fini della determinazione della legittimazione e della determinazione dei soggetti controinteressati cui consentire la partecipazione al procedimento”), nonché la mancata definizione del predetto procedimento di revoca, sostenendo che “l'autotutela consiste in un comportamento discrezionale della P.A., ma una volta iniziato quel procedimento l'amministrazione è obbligata alla definizione dello stesso”.

Il motivo non è condivisibile, poiché la motivazione del gravato provvedimento di annullamento del procedimento di revoca del permesso di costruire in sanatoria n. 16/2012 è adeguata e condivisibile, ove si consideri che, secondo la giurisprudenza costante sopra richiamata e riportata anche nel provvedimento impugnato, la P.A., nel rilasciare il gravato permesso di costruire in sanatoria n. 16/2012, doveva limitarsi ad effettuare una preliminare verifica circa la legittimazione sostanziale dei richiedenti, senza entrare nel merito di questioni privatistiche nei rapporti con l’odierna ricorrente, tanto più che non risulta dagli atti di causa che il giudizio R.G. 2854/2010 - che la ricorrente riferisce di avere instaurato il 30/04/2010 innanzi al Tribunale Civile di Taranto, nei confronti della madre e dei fratelli “per chiedere che venissero demolite tutte le opere abusive costruite abusivamente sulla di lei proprietà” - fosse noto al civico ente già al momento del rilascio del gravato permesso di costruire (del quale, del resto, la ricorrente afferma di venire a conoscenza solo in data 18/4/2013).

Inoltre, osserva il Collegio che le osservazioni presentate in sede procedimentale dalla ricorrente, a seguito della comunicazione di avvio del procedimento di revoca del permesso di costruire in sanatoria n. 16/2012, sono state valutate dalla P.A., sia perché espressamente richiamate tra i visti del provvedimento impugnato, sia alla stregua del contenuto della motivazione, complessivamente adeguata e logicamente coerente, del provvedimento medesimo e che il provvedimento in questione - con il quale il Comune resistente “annulla il procedimento di revoca avviato e conferma la validità del Permesso di Costruire in sanatoria n. 16/2012 — SAN del 27.06.2012” - definisce l’avviato procedimento di revoca, dovendo intendersi quale “provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca in autotutela del predetto permesso di costruire in sanatoria 16/2012” (come definito dalla stessa ricorrente).

6. - Per tutto quanto innanzi sinteticamente esposto, il ricorso deve essere respinto, impregiudicato ogni diritto e azione della ricorrente (dinanzi all’A.G.O.) nei rapporti privatistici con gli odierni controinteressati.

7. - Sussistono i presupposti di legge (anche avuto riguardo alla natura della controversia ed alla novità e complessità delle questioni giuridiche trattate) per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Enrico d'Arpe, Presidente

Maria Luisa Rotondano, Primo Referendario

Anna Abbate, Referendario, Estensore