TAR Campania (NA) Sez. VI n. 2420 del 16 aprile 2021
Urbanistica.Ordine di demolizione delle opere abusive
Il Comune può disporre la demolizione delle opere risultate abusive, senza previamente respingere la domanda di condono, quando risulti la sussistenza di una situazione di fatto diversa da quella posta in essere a base della domanda, perché nel frattempo i lavori sono proseguiti per cui l’originaria domanda riguardi un manufatto poi modificato con ulteriori lavori abusivi. L'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione. Il parere della commissione edilizia integrata non è necessario in sede di emanazione dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive su area vincolata, dal momento che l’ordine di ripristino discende direttamente dall’applicazione della disciplina edilizia vigente e non costituisce affatto irrogazione di sanzioni discendenti dalla violazione di disposizioni a tutela del paesaggio e, in quanto, sempre nelle condizioni date, non vi è alcun obbligo di far luogo ad accertamenti di danni ambientali, essendo esclusa dalla legge l’applicazione di sanzioni pecuniarie alternative
Pubblicato il 16/04/2021
N. 02420/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02079/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2079 del 2016, proposto da
Gaetano Ciccariello, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Bruno Antonio Molinaro, con domicilio eletto presso lo studio L. Bruno Molinaro in Napoli, Segreteria T.A.R.;
contro
Comune di Forio non costituito in giudizio;
per l'annullamento
dell’ordinanza n. 23/2016 recante ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 13 aprile 2021 tenuta da remoto il dott. Carlo Buonauro;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
A mezzo del ricorso in esame, parte ricorrente si duole del provvedimento in epigrafe indicato, che dispone la demolizione, con ripristino dello stato dei luoghi, delle opere ivi descritte ed ubicate nel Comune di Forio. Tale provvedimento ordinatorio ha come presupposto il dato di fatto per cui trattasi di opere sine titulo in zona vincolata (completamento di manufatto grezzo di ca 25 mq con ulteriori interventi di integrazione: tettoia, massetto e barbecue). -.
Parte ricorrente, deducendo vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, conclude per l’annullamento dello stesso.
Non si è costituita l’amministrazione comunale, benché ritualmente intimata.
All’udienza straordinaria per lo smaltimento dell’arretrato del 13.4.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni che seguono, risultando, per un verso, l’impugnato provvedimento sorretto da sufficiente motivazione e congrua istruttoria; e, per altro verso, non emergendo in termini di fondatezza le spiegate censure di carattere formale-procedimentale.
Quanto al primo profilo di carattere sostanziale, da un lato, l’esercizio del potere repressivo esercitato dal Comune intimato, contrariamente a quanto dedotto nell’atto di gravame, non poteva ritenersi inibito dagli effetti interdittivi rinvenienti dalla legislazione condonistica in quanto relativo ad opere successive ed ulteriori rispetto a quelle per cui pende il procedimento di sanatoria: secondo il consolidato indirizzo della Sezione, in mancanza di puntuale e rigorosa prova della coincidenza delle opere de quibus con quelle oggetto di precedente istanza condonistica non ancora definito, va qui ribadito il principio di diritto per cui l’effetto interdittivo alla stessa resta predicabile esclusivamente rispetto alle sole opere abusive dichiarate nella domanda di condono, non potendo evidentemente la suddetta istanza interferire con l'ordinario esercizio del potere repressivo di abusi ulteriori e diversi da quelli per cui risulta chiesta la sanatoria, come puntualmente avvenuto nel caso di specie, in cui l'ordine demolitorio ha colpito interventi aggiuntivi che hanno significativamente trasformato i precedenti edifici da condonare (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. VI, 20 febbraio 2017 n. 1009). In altri termini le opere di cui è causa sono state realizzate in relazione ad un immobile sottoposto a domanda di condono non ancora definita, per cui deve ritenersi che le opere sanzionate con la gravata ordinanza, riferite ad un manufatto sub condono configurabile quale "nuova costruzione", ripetano la medesima caratteristica d'illegittimità dell'opera principale alla quale accedono, e come tali siano sottoposte alla medesima sanzione. Al riguardo, giova richiamare il principio secondo il quale, in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori, sia pure riconducibili, come nella specie, nella loro oggettività alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione o della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale cui ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento e/o modifica di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del comune di ordinarne la demolizione; ciò, peraltro, non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende l'istanza di condono, ma solo affermare che, a pena dell'assoggettamento alla medesima sanzione prevista per il manufatto abusivo di riferimento, tale possibilità di intervento deve esplicarsi nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell'art. 35 della legge n,. 47/1985, ancora applicabile per effetto dei rinvii operati dalla successiva legislazione condonistica (orientamento consolidato: cfr. per tutte TAR Campania Napoli, Sez. VI, 1° marzo 2017 n. 1178).
Dall’altro lato, tutte le suddette opere assumono rilievo edilizio anche in ragione della durevole funzione obiettivamente esplicata, non rivestendo qui rilievo né le dichiarazioni di parte sulla loro valenza precaria né i materiali costruttivi all’uopo utilizzati.
In ogni caso, gli interventi in questione, per il solo fatto di insistere in zona vincolata e di alterare il pregresso stato dei luoghi, risultavano soggetti alla previa acquisizione dell'autorizzazione paesaggistica, dovendo poi ritenersi inconferenti le ulteriori argomentazioni difensive incentrate sulla pretesa realizzabilità delle opere in contestazione mediante semplice d.i.a., atteso che l’articolo 27 cit. non distingue tra opere per cui è necessario il permesso di costruire e quelle per cui sarebbe necessaria la semplice D.I.A. in quanto impone di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano, comunque, costruite senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesistico (cfr. Tar Campania, Sez. VI, n. 05516 del 04/12/2013; 5519 del 4.12.2013; Tar Campania, IV Sezione 05 giugno 2013 n. 2898).
In particolare – contrariamente all’assunto diffusamente articolato da parte ricorrente - risulta provato per tabulas (cfr l’ultimo verbale del 25.3.2015 che evidenzia la continuazione ed il completamento delle opere già oggetto di accertamenti precedenti - manufatto grezzo di ca 25 mq - con ulteriori interventi di integrazione: tettoia, massetto e barbecue in muratura) che le opere contestate sono estranee alla invocata domanda di condono. Invero, le risultanze istruttorie, rinvenienti dai sopralluoghi dell’ufficio tecnico compiuti nel corso degli anni, provano la estraneità degli abusi contestati alle opere dedotte nella istanza di condono. D’altra parte, l’onere di provare la effettiva coincidenza delle opere comprese nella suddetta istanza con quelle contestate cede a carico del ricorrente in forza del principio in tema di riparto dell’onere della prova di cui all’art. 64 c.p.a.. “Tale allocazione dell’onere probatorio non può non riguardare anche il fondamentale profilo relativo alla dimostrazione della effettiva aderenza delle opere realizzate rispetto a quelle rappresentate nella domanda di condono” ( TAR Campania, Napoli, Sez, VI, sent. n. 3813 del 15.09.2020). Sul punto va rilevato che la giurisprudenza è univoca nel sostenere che in ordine alla risalenza e alla consistenza edilizia, quali specificamente contestate dall’amministrazione, l’onere della prova per evitare sanzioni demolitorie o per essere ammessi a procedure di condono incombe sul soggetto destinatario della sanzione ovvero su quello che ha richiesto il condono ( tra le tante, CdS, Sez. II, 30 aprile 2020, n. 276; CdS, Sez. VI, 24 gennaio 2020 n. 588; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, n. 1073/2017; n. 3813/2020). Come ricordato in precedenza, per giurisprudenza consolidata anche di codesto Tribunale “In presenza di manufatti abusivi non sanati, né condonati, gli interventi ulteriori ( sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive con conseguente obbligo del comune di ordinarne la demolizione (…) in siffatte evenienze la misura repressiva costituisce atto dovuto, che non può essere evitata nell’assunto che per le opere realizzate non fosse necessario il permesso di costruire o che avessero natura pertinenziale; ciò perché, in caso di prosecuzione di lavori di un immobile già oggetto di domanda di condono, vale il diverso principio in forza del quale è la prosecuzione in sé dei lavori ad essere preclusa, senza che sia possibile distinguere tra opere pertinenziali e non, tra opere soggette al permesso di costruire ed opere realizzabili con d.i.a.” ( ex multis, TAR Campania, Napoli, Sesta Sezione, sentenze n. 4817/2013; n. 2910/2013; n. 2006/2012; 5084/12; Cons. Stato , sez. IV, ord. 2182/2011). “La presentazione della domanda di condono non autorizza certamente l’interessato a completare, né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta, i quali, fino al momento dell’eventuale concessione in sanatoria restano comunque abusivi (cfr. ex multis, CdS, Sez. VI, 14.08.2015. n. 3943). E ciò senza voler considerare il di per sé dirimente rilievo per cui, trattandosi di opere realizzate in area assoggettata a vincolo, non è ipotizzabile abdicare all’esercizio dei poteri repressivi in pendenza del procedimento volto alla disamina dell’istanza di condono. E, invero, l’art. 44 della legge n. 47/85, che prevede che l’istanza di condono edilizio determina la sospensione d’ufficio di tutti i procedimenti amministrativi in corso “ non si applica in caso di provvedimenti adottati in funzione della valenza paesaggistica del bene”. Nel caso di specie l’impugnata ordinanza è stata adottata proprio a causa della valenza paesaggistica del bene e dell’assenza di un valido titolo abilitativo. Come innanzi evidenziato è onere del ricorrente fornire specifici elementi di prova da cui si possa desumere che al momento della presentazione della domanda di condono la situazione di fatto era proprio quella accertata dal T.C. in data 10 dicembre 2015. In proposito per pacifica giurisprudenza si è ritenuto che “ Il Comune ben può disporre la demolizione delle opere risultate abusive, senza previamente respingere la domanda di condono, quando risulti la sussistenza di una situazione di fatto diversa da quella posta in essere a base della domanda, perché nel frattempo i lavori sono proseguiti per cui l’originaria domanda riguardi un manufatto poi modificato con ulteriori lavori abusivi (Tar Campania, Napoli, Sez. VI, 23.09.2020 n. 5218).
Quanto alle censure di carattere formale-procedimentale, in linea con le conclusioni da ultimo sistematizzata dalla qui in toto condivisa pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 9/2017), in merito al lamentato difetto di motivazione dell’ordinanza va ricordato che, come costantemente affermato in giurisprudenza, “...presupposto per l'adozione dell’ordine di demolizione di opere abusive è soltanto la constatata esecuzione di un intervento edilizio in assenza del prescritto titolo abilitativo, con la conseguenza che, essendo tale ordine un atto dovuto, esso è sufficientemente motivato con l'accertamento dell'abuso, e non necessita di una particolare motivazione in ordine all'interesse pubblico alla rimozione dell'abuso stesso, che è in re ipsa, consistendo nel ripristino dell'assetto urbanistico violato, e alla possibilità di adottare provvedimenti alternativi” (tra le molte, T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 8 aprile 2011, n. 1999).
Quanto alla dedotta violazione e falsa applicazione di legge e di eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza dell’interesse pubblico, s’osserva in senso contrario che, in conformità con molteplici arresti giurisprudenziali consolidati nell’orientamento della Sezione (cfr. da ultimo, T.A.R. Napoli, VI Sezione, 9 gennaio 2014 n. 106 e giurisprudenza ivi citata), l'ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato e non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione. In altri termini, nel modello legale di riferimento non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l’esercizio del potere repressivo mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto, per il quale è "in re ipsa" l’interesse pubblico alla sua rimozione (cfr.T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 26 agosto 2010 n. 17240). Ancora, l'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi è, poi, ‘in re ipsa’ anche perché la straordinaria importanza della tutela reale dei beni paesaggistici ed ambientali elide, in radice, qualsivoglia doglianza circa la pretesa non proporzionalità della sanzione ablativa, fermo comunque che, in presenza dell'operata qualificazione delle opere realizzate, bisognevoli dei prescritti titoli abilitativi e non essendo rilasciabile a posteriori – nei casi di incremento di volumi e superfici - l'autorizzazione paesaggistica, alcuno spazio vi è per far luogo alla sola sanzione pecuniaria (T.A.R. Campania Napoli, sempre questa sesta sezione, 14 aprile 2010, n. 1975).
Per le stesse ragioni ed ancora in conformità con il consolidato orientamento della Sezione, anche in ragione del carattere vincolato dei provvedimenti de quibus (art. 21 octies L. 24171990) vanno respinte le doglianze con cui parte ricorrente lamenta la violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, la cui cura è imposta all’autorità procedente dall’art. 7 e 10 bis della legge 241/1990.
In particolare, da un lato, la competenza ad adottare le misure sanzionatorie in subiecta materia spetta, ai sensi dell’articolo 107, comma 2, del d. l.vo 18 agosto 2000 n. 267 e dell’articolo 27 del d.p.r. 380 del 2001, sempre al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale: anche qui, in conformità con l’orientamento della Sezione (sent. 1073/2017), l’art 107 cit. ha attribuito ai dirigenti comunali la competenza ad emanare tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale.; dall’altro lato, a fronte delle descritte emergenze istruttorie, la realizzazione delle opere in contestazione, siccome non supportata dai prescritti titoli abilitativi, di per se stessa, fondava la reazione repressiva dell’organo di vigilanza non rivelandosi necessari, in siffatte evenienze, l’acquisizione di pareri di organi consultivi né la previa valutazione dell’applicabilità di una sanzione pecuniaria sostitutiva ex articolo 167 del d. lgs. 42/04, che non risulta nemmeno richiesta.
Infine, riguardo alla mancata previa acquisizione del parere della commissione edilizia integrata giova richiamare l’orientamento di questa Sezione secondo il quale “il parere non è necessario in sede di emanazione dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive su area vincolata, dal momento che l’ordine di ripristino discende direttamente dall’applicazione della disciplina edilizia vigente e non costituisce affatto irrogazione di sanzioni discendenti dalla violazione di disposizioni a tutela del paesaggio e, in quanto, sempre nelle condizioni date, non vi è alcun obbligo di far luogo ad accertamenti di danni ambientali, essendo esclusa dalla legge l’applicazione di sanzioni pecuniarie alternative” (ex multis, Tar Campania, Napoli, Sezione VI, sent. n. 5269/2020; n. 106/2014; n. 4679/2013).
In definitiva il ricorso va respinto siccome infondato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio, stante la mancata costituzione dell’ente intimato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio da remoto del giorno 13 aprile 2021 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Passoni, Presidente
Davide Soricelli, Consigliere
Carlo Buonauro, Consigliere, Estensore