TAR Piemonte Sez. II n. 1410 del 15 novembre 2016
Urbanistica. Ristrutturazione edilizia e modesta traslazione rispetto al sedime originariamente occupato

Poiché la nozione di sagoma edilizia è normalmente legata anche all’individuazione dell’area di sedime del fabbricato, avendo il legislatore eliminato il riferimento al rispetto della sagoma per gli immobili non vincolati, la ristrutturazione edilizia consistente nella demolizione e ricostruzione ben può contemplare lo spostamento di lieve entità rispetto al sedime originariamente occupato.

Pubblicato il 15/11/2016

N. 01410/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00386/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 386 del 2016, proposto da:
Andrea Orlando, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Ferrero e Riccardo Ludogoroff, con domicilio eletto presso il loro studio in Torino, corso Montevecchio, 50;

contro

Comune di Settimo Torinese, rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Santilli, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Paolo Sacchi, 44;

nei confronti di

Monviso s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Stefania Pedace, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Re Umberto, 65;

per l'annullamento

del permesso di costruire in data 18 agosto 2015, prat. ed. n. 8954/2012, rilasciato dal Comune di Settimo Torinese alla società Monviso s.r.l. per "l'esecuzione di nuova costruzione edificio residenziale" sull’area distinta a catasto al Fg. 32, part. n. 1586;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Settimo Torinese e di Monviso s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 settembre 2016 il dott. Savio Picone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente espone di essere proprietario di un immobile residenziale e del terreno circostante in via Monte Grappa n. 6, nel Comune di Settimo Torinese.

Impugna il permesso di costruire n. 8954/2012 del 18 agosto 2012, rilasciato dal Comune alla controinteressata Monviso s.r.l. per la ricostruzione, su particella confinante, di un edificio residenziale crollato (nel 2009) a causa di un’esplosione per fuga di gas.

Deduce motivi così riassumibili:

I) violazione dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, violazione dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, violazione dell’art. 54 delle n.t.a. del piano regolatore comunale ed eccesso di potere per travisamento, difetto dei presupposti e contraddittorietà: l’intervento assentito dal Comune sarebbe qualificabile come nuova costruzione (non essendovi contestualità in relazione al crollo accidentale dell’edificio preesistente; risultando incrementato il numero di unità immobiliari; risultando differenti la collocazione sul lotto, la sagoma e l’ingombro planivolumetrico) e non rispetterebbe la distanza minima dal confine di proprietà e dalla parete finestrata frontistante;

II) sotto altro profilo, violazione dell’art. 24 delle n.t.a. del piano regolatore comunale ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e contraddittorietà: l’intervento di nuova costruzione sarebbe consentito dallo strumento urbanistico, per la zona DT92 – area a capacità insediativa esaurita, solo a condizione che il soggetto attuatore provveda contestualmente ad acquisire le aree idonee a garantire la dotazione aggiuntiva di servizi pubblici;

III) violazione dell’art. 69 del regolamento edilizio comunale ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e contraddittorietà: ai sensi della richiamata disposizione regolamentare, la ricostruzione in deroga alle prescrizioni del piano regolatore non sarebbe ammissibile, in presenza di modifiche alla sagoma, alle altezze ed alla posizione del nuovo manufatto sull’area di sedime.

Si sono costituiti il Comune di Settimo Torinese e la Monviso s.r.l., chiedendo il rigetto del ricorso.

L’istanza cautelare è stata accolta, con ordinanza di questa Sezione n. 165/2016.

Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 27 settembre 2016, nella quale la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Può prescindersi dall’esame dell’eccezione d’inammissibilità per difetto d’interesse sollevata dalla difesa del Comune di Settimo Torinese (peraltro manifestamente infondata), in quanto il ricorso va respinto nel merito.

In fase cautelare, si era rilevato che il permesso “è stato rilasciato a distanza di ben sei anni dal crollo del preesistente immobile, sicché appare problematica la riconducibilità dell’intervento di ‘ricostruzione’ alla categoria della ristrutturazione edilizia, pur nella più ampia definizione conseguente alle modifiche introdotte dall’art. 30 del d.l. n. 69 del 2013 (che conserva la necessità di identica sagoma solo per gli immobili vincolati)”.

Con il primo motivo, il ricorrente afferma l’intervento progettato dalla Monviso s.r.l., avente ad oggetto la ricostruzione dell’edificio residenziale crollato nel 2009, integrerebbe la tipologia della “nuova costruzione”. Secondo il ricorrente, nella specie difetterebbe la contestualità tra la demolizione e la successiva ricostruzione, né sarebbe dimostrata la perfetta coincidenza di volumi, superfici occupate, sagoma e sedime. Su tali presupposti, il mancato rispetto delle distanze minime prescritte dall’art. 53 delle n.t.a. per la zona DT92 (cinque metri dal confine e dieci metri dalle pareti finestrate) vizierebbe irrimediabilmente il permesso di costruire.

Il Collegio, rimeditando l’avviso espresso sulla base della sommaria cognizione propria della fase cautelare, ritiene che l’intervento autorizzato dal Comune debba essere senz’altro ricondotto alla tipologia della “ristrutturazione edilizia”. E ciò, secondo un principio consolidato, prescindendo dal nomen iuris che la società richiedente e l’amministrazione hanno prescelto.

Come è noto, l’art. 3, primo comma – lett. d) del Testo Unico (come modificato dapprima dall’art. 1 del d.lgs. n. 301 del 2002 e poi dall’art. 30 del d.l. n. 69 del 2013) ricomprende nella ristrutturazione anche il “ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati e demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.

La vigente definizione normativa esclude, diversamente dal passato, sia il requisito temporale della contestualità fra demolizione e ricostruzione, sia la condizione del rispetto della preesistente sagoma (con l’eccezione degli immobili sottoposti a vincolo ai sensi del d.lgs. n. 42 del 2004), subordinando il ripristino al solo limite della volumetria preesistente.

La giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire, in termini condivisibili, che la cancellazione del riferimento all’identità di sagoma induce ad escludere anche l’esigenza che sia conservata un’identica area di sedime: ne consegue che la modesta traslazione della costruzione sul lotto di pertinenza non comporta necessariamente la qualificazione dell’intervento come “nuova costruzione” (cfr. TAR Abruzzo, Pescara, 9 luglio 2015 n. 294).

Si è osservato che, poiché la nozione di sagoma edilizia è normalmente legata anche all’individuazione dell’area di sedime del fabbricato (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2013 n. 1564), avendo il legislatore eliminato il riferimento al rispetto della sagoma per gli immobili non vincolati, la ristrutturazione edilizia consistente nella demolizione e ricostruzione ben può contemplare lo spostamento di lieve entità rispetto al sedime originariamente occupato.

Nel caso di specie, non è contestato che il nuovo edificio progettato dalla controinteressata Monviso s.r.l. sia coincidente, quanto a volume, con quello crollato. Né che la superficie coperta risulti addirittura lievemente inferiore a quella preesistente, per effetto dell’eliminazione del porticato.

La modesta traslazione lineare verso ovest dell’edificio ricostruito (per circa cinque metri) non impedisce di qualificare la ricostruzione come “ristrutturazione edilizia”, non soggetta al rispetto delle distanze minime prescritte dallo strumento urbanistico per le nuove edificazioni.

L’allineamento dell’edificio verso il lotto di proprietà del ricorrente risulta, oltre che invariato, perfino ridotto nella sua lunghezza totale, giacché l’area libera da costruzioni sarà più ampia rispetto a quella preesistente (si veda il doc. 12 della controinteressata, in particolare la rappresentazione a colori dello stato sovrapposto al doc. 12.7 e 12.9).

Infine, non rileva in senso negativo l’intervallo di tempo intercorso tra il crollo accidentale dell’edificio e l’avvio della ricostruzione.

Alla luce della richiamata definizione di ristrutturazione edilizia, l’elemento temporale assume importanza soltanto laddove il proprietario non possa fornire la prova documentale certa della consistenza dell’immobile crollato e dello stato di fatto antecedente.

Nella specie, non sono emersi dubbi circa le originarie dimensioni dell’edificio residenziale, crollato nel 2009. Né vi sono contestazioni sul fatto che la società richiedente le abbia correttamente indicate in progetto. Si aggiunga che la società ha acquistato l’immobile mediante decreto di trasferimento del Tribunale di Torino del 27 luglio 2011, nel quale si è espressamente dato atto della preesistenza dell’edificio sui terreni acquistati nell’ambito dell’esecuzione immobiliare.

Per quanto fin qui detto, il primo ordine di censure è infondato.

L’accertata riconducibilità dell’intervento controverso alla categoria della “ristrutturazione edilizia” comporta, con immediata evidenza, l’infondatezza del secondo e terzo motivo di ricorso.

Ed infatti, l’art. 24 delle n.t.a. del piano regolatore prescrive per le nuove costruzioni, e non per le ristrutturazioni edilizie, l’obbligatorio reperimento di aree destinate ad incrementare la dotazione di servizi pubblici.

Allo stesso modo, diviene irrilevante ogni riferimento all’art. 69 del regolamento edilizio comunale, in materia di ricostruzione in deroga al piano regolatore, sebbene la disposizione sia richiamata dalla società richiedente e dal Comune in sede di rilascio del permesso. Non è necessario stabilire se il progetto di ricostruzione comporti modifiche alla sagoma, alle altezze ed alla posizione del nuovo manufatto sull’area di sedime, poiché la ristrutturazione sull’area acquisita dalla Monviso s.r.l. è consentita dallo strumento urbanistico, senza che a quest’ultimo debba derogarsi ai sensi della norma regolamentare.

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese processuali possono essere compensate, avuto riguardo alla complessità e novità delle questioni esaminate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Testori, Presidente

Savio Picone, Consigliere, Estensore

Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Savio Picone        Carlo Testori