Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. IV n. 6658 del 30 ottobre 2020
Rifiuti.Obblighi di bonifica
Il proprietario di un sito contaminato, in quanto dominus gravato da obblighi di custodia, è tenuto a porre in essere le misure di prevenzione, tra cui rientrano le MISE. La bonifica di un sito tuttora inquinato può essere ordinata anche a carico di una società non direttamente responsabile dell’inquinamento, ma che sia subentrata a quella responsabile per effetto di operazioni societarie avvenute pure nel regime previgente alla riforma del diritto societario, e ciò quand’anche le condotte inquinanti siano state poste in essere in epoca antecedente all’introduzione, nell’ordinamento giuridico, dell’istituto della bonifica
TAR Piemonte Sez. I n. 653 del 31 ottobre 2020
Rifiuti.Trasmissibilità mortis causa degli obblighi di bonifica
L’obbligo di bonifica, ricostruito dalla giurisprudenza come obbligo positivo e permanente di ripristinare l’ambiente danneggiato, è trasmissibile mortis causa trattandosi di situazione in fondo assimilabile alla già ritenuta trasmissibilità agli eredi degli obblighi di ripristino in materia edilizia. D’altro canto se la ratio normativa è di far gravare su colui che ha beneficiato economicamente di una attività nociva i costi del ripristino, risulta anche coerente che gli eredi che beneficiano in via successoria dei profitti tratti con tale attività ne sopportino i costi, potendo detti costi sempre essere circoscritti al limite del loro arricchimento con l’accettazione con beneficio di inventario.
Cass. Pen. Sez. III n. 31184 del 9 novembre 2020 (Up. 23 set. 2020)
Pres. Izzo Est. Noviello Ric. Maddaloni
Urbanistica.Apertura e coltivazione di cava e reato urbanistico
Per l'apertura e la coltivazione di una cava non è richiesto il permesso di costruire ond'è che in materia non è configurabile il reato di cui all'art. 44 comma 1, lett. b) dpr 380\01; ciò in considerazione del fatto che, in materia di cave e torbiere, l'autorità comunale non ha potere di controllo, ne' sotto forma di autorizzazione, ne' di concessione, perché l'attività urbanistica è strettamente correlata agli insediamenti sul territorio e, per quanto questi possano diversificarsi, è certo che non è tale una attività estrattiva. Va tuttavia precisato che l'attività di apertura e coltivazione di cava pur non richiedendo il preventivo rilascio della concessione edilizia, deve svolgersi nel rispetto della pianificazione territoriale comunale, configurandosi, in difetto, ovvero in caso di svolgimento della stessa in zona non consentita, la violazione dell’art. 44 lett. a) del DPR 380/01
I piani paesaggistici devono essere predisposti congiuntamente fra Regioni e Stato, in base al principio di leale cooperazione
di Stefano DELIPERI
Consiglio di Stato Sez. IV n. 6521 del 26 ottobre 2020
Urbanistica.Vicinitas ed interesse ad agire
La vicinitas non rappresenta un dato decisivo per riconoscere l’interesse ad agire (che nel giudizio di legittimità davanti al giudice amministrativo si identifica con l’interesse ad impugnare), nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l’intervento costruttivo contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente. L’idea che la nozione di vicinitas - oltre a identificare una posizione qualificata idonea a rappresentare la legittimazione a impugnare il provvedimento urbanistico o edilizio – ricomprenda in sé anche l'interesse a ricorrere è stata, infatti, superata dall’indirizzo secondo cui, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, deve essere concretamente indagato e accertato anche l'interesse ad agire. Questo indirizzo valorizza ragioni di coerenza con i principî generali sulle condizioni per l'azione nel processo amministrativo, nel cui novero rientrano distintamente, oltre alla legitimatio ad causam, il c.d. titolo (o legittimazione al ricorso) e l’interesse ad agire
Cass. Pen. Sez. III n. 30936 del 6 novembre 2020 (Cc. 24 set. 2020)
Pres. Ramacci Est. Mengoni Ric. Gallo
Rifiuti.Trasporto illecito e terzo proprietario del bene in sequestro
Il terzo proprietario del bene in sequestro – che ne rivendichi la restituzione – non può limitarsi a spendere il proprio titolo e l’estraneità formale all’indagine, ma ha l'onere di provare la propria buona fede, ovvero che l'uso illecito della res gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento colpevole o negligente. Questo onere, dunque, ha ad oggetto una “prova”, ossia un elemento fattuale – di natura documentale o dichiarativa – che non provenga esclusivamente dall’interessato, e sia idoneo a sostenerne le tesi con autonoma efficacia dimostrativa e caratteri di obiettività
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