Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Consiglio di Stato Sez. VI n. 4102 del 7 maggio 2024
Beni ambientali.Campeggio in zona vincolata
Il campeggio, insistente in zona tutelata, per essere realizzato deve – già a monte – conseguire l’autorizzazione paesaggistica (in assenza della quale è – nel suo complesso – totalmente e radicalmente illegittimo ); viceversa, anche al fine di garantire la possibilità al gestore di modulare, anno per anno, l’offerta turistica ricettiva del campeggio alle esigenze del mercato, la collocazione temporanea e stagionale di dette strutture – che adempiano esclusivamente a finalità di alloggio transitorio, rimanendo in loco per la sola durata del soggiorno dei vacanzieri, che usufruiscono dei diversi servizi messi a disposizione del campeggio – va ritenuta, almeno in astratto, fatta salva diversa verifica in concreto, ininfluente sotto il profilo dell’assetto del territorio, declinato nella duplice e concorrente prospettiva urbanistico-edilizia e paesaggistica ( dovendo peraltro valutarsi in concreto anche la rispondenza delle strutture amovibili alla normativa regionale e la eventuale necessità di procedere a forme semplificate di autorizzazione per le strutture di cui al D.P.R. n. 139 del 2010 allegato 1 n. 38 con valutazioni più specifiche che nella specie sono mancate); all’opposto, nel caso in cui dette strutture mobili non siano destinate ad una occupazione transitoria del suolo, ma ad una utilizzazione perdurante nel tempo, l’alterazione del territorio non può considerarsi temporanea, precaria o irrilevante, anche e soprattutto a fini paesaggistici. Va da sé che l’aspetto della permanenza nel tempo delle strutture va valutato “nella sostanza e sul campo”, posto che, ad esempio, l’amovibilità dal suolo dei manufatti non è da sola sufficiente ad escludere la permanenza, rilevando piuttosto la presenza di collegamenti a sottoservizi, quali fognature, energia elettrica, gas, o l’esistenza di altre circostanze che facciano desumere una funzione non temporanea delle strutture ecc.
Cass. Sez. III n. 20841 del 28 maggio 2024 (UP 9 mag 2024)
Pres. Ramacci Est. Galanti Ric. Michelini
Rifiuti.Deposito temporaneo
Il «deposito temporaneo prima della raccolta» (art. 183, lett. bb, d.lgs. 152/2006), è «il raggruppamento dei rifiuti ai fini del trasporto degli stessi in un impianto di recupero e/o smaltimento, effettuato, prima della raccolta ai sensi dell'articolo 185-bis». Esso è estraneo al perimetro della «gestione» dei rifiuti che, ai sensi della lettera n), concerne «la raccolta, il trasporto, il recupero, compresa la cernita, e lo smaltimento dei rifiuti, compresi la supervisione di tali operazioni e gli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o intermediari) e prodromico allo svolgimento delle relative attività». Posto che l’attività di «raccolta» è definita come «il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito preliminare alla raccolta, ivi compresa la gestione dei centri di raccolta di cui alla lettera "mm", ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento», è evidente che se è già stata fatta una cernita dei rifiuti non può parlarsi di deposito temporaneo ma già di «gestione» dei rifiuti (e, in particolare, se si tratta di operazioni finalizzate al recupero, a quelle di cui alla lettera R12 dell’Allegato C), il che significa che il raggruppamento secondo categorie omogenee di rifiuti deve avvenire nel luogo ove si effettua il deposito temporaneo, e non prima.
Consiglio di Stato Sez. IV n. 4073 del 6 maggio 2024
Urbanistica.Annullamento giurisdizionale di un piano urbanistico generale
L’annullamento giurisdizionale di un piano urbanistico generale comporta, in generale, soltanto l’obbligo del Comune di riesercitare il proprio potere di pianificazione, senza vincoli che non siano quelli eventualmente derivanti dal contenuto specifico della pronuncia di annullamento
Acque meteoriche di dilavamento e pozzi perdenti: applicazione alla Regione Veneto
di Ennio CASAGRANDE
Cass. Sez. III n. 20857 del 28 maggio 2024 (CC 9 mag 2024)
Pres. Ramacci Est. Galanti Ric. Capasso
Urbanistica.Principio di proporzionalità e demolizione degli abusi edilizi
Il giudice, nel dare attuazione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona, è tenuto a rispettare il principio di proporzionalità enunciato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze della Corte EDU Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria del 21/04/2016 e Kaminskas c. Lituania del 04/08/2020, valutando la disponibilità, da parte dell’interessato, di un tempo sufficiente per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile o per risolvere, con diligenza, le proprie esigenze abitative, la possibilità di far valere le proprie ragioni dinanzi a un tribunale indipendente, l’esigenza di evitare l’esecuzione in momenti in cui sarebbero compromessi altri diritti fondamentali, come quello dei minori a frequentare la scuola, nonché l’eventuale consapevolezza della natura abusiva dell’attività edificatoria (fattispecie in cui l'autore dell'illecito edilizio è sato ritenuto pienamente consapevole dell'illiceità del proprio agire ben prima della condanna penale avendo commesso abusi edilizi e violazioni di sigilli ed erano trascorsi 13 anni dall'emissione dell'ordine di demolizione).
TAR Umbria Sez. I n. 311 del 30 aprile 2024
Ambiente in genere.VIA e modifica non sostanziale di un’installazione già autorizzata per parziale sostituzione del combustibile tradizionale con combustibile solido secondario
L’ordinamento, nell’indicare in termini generali gli interventi da sottoporre a verifica di assoggettabilità a VIA e, nel caso di specie, le condizioni in presenza delle quali la modifica degli impianti deve ritenersi non sostanziale, ha individuato il punto di equilibrio tra le esigenze presidiate dal principio di precauzione e gli interessi (anche economici) antagonisti. La portata del principio di precauzione può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti generali o, ancora, l’adozione di misure cautelari, in tutti i casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’ambiente da danni poco conosciuti ed anche solo potenziali. Il principio di precauzione, però, non può essere invocato laddove il livello di rischio connesso a determinate attività sia stato puntualmente definito dai decisori centrali sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, attraverso la specifica indicazione di limiti e di prove cui devono conformarsi le successive determinazioni delle autorità locali. Tale conclusione è, nel caso di modifica non sostanziale di un’installazione già autorizzata per parziale sostituzione del combustibile tradizionale con combustibile solido secondario, tanto più necessitata ove si consideri che è stato lo stesso legislatore, con la formulazione dell’art. 35, commi 2 e 3, del d.l. n. 77/2021, ad essersi preso cura di individuare e generalizzare il punto di equilibrio tra le esigenze ambientali connesse all’utilizzo ed al consumo delle fonti energetiche fossili, quelle, parimenti rilevanti sotto il profilo ambientale, della gestione dei rifiuti non pericolosi – anche con la loro destinazione a divenire combustibile (CSS-C) e a non essere più qualificati rifiuti (“end of waste”) al termine del processo di cui al d.m. n. 22/2013 – e, infine, quelle della produzione industriale. In presenza di un punto di equilibrio come sopra individuato dal decisore centrale, il principio di precauzione non può essere utilmente invocato per contestare la legittimità dell’atto amministrativo che si sia uniformato ai criteri così stabiliti a livello generale.
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