TAR Liguria Sez. I n. 801 del 27 settembre 2022
Acque.Giurisdizione del TSAP

Rientrano nella giurisdizione del Tsap non soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti prettamente funzionali alla gestione del demanio idrico, ma anche quelle inerenti atti che, pur emanati nell’esercizio di poteri diversi, quale il potere di pianificazione del territorio, presentino un’incidenza significativa sul regime delle acque pubbliche. Pertanto, spettano al giudice acquifero superiore i giudizi di impugnazione dei piani adottati dalle Autorità di Bacino nelle parti in cui influiscano in via diretta sul governo delle acque, quali la delimitazione delle fasce fluviali e la perimetrazione delle aree inondabili in base al rischio idraulico. Siffatta interpretazione estensiva si appalesa legata all’esigenza di affidare la materia delle acque ad un unico organo giurisdizionale altamente specializzato (anche in virtù della presenza di un tecnico nel collegio giudicante), per l’elevato grado di complessità di tali controversie e per la preziosità della risorsa idrica.

Pubblicato il 27/09/2022

N. 00801/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01141/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1141 del 2013, proposto da
Maurizio Bonifazi, in proprio e in qualità di procuratore della madre Oslavia Brunetti (cui è subentrato lo stesso ricorrente come erede), Biagio Maggiani, Paola De Giorgio, Paolo Maggiani e Alessandro Maggiani, rappresentati e difesi dagli avvocati Roberto Giromini, Federico Pardini e Francesco Giromini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Barra in Genova, via Macaggi n. 21/5;

contro

Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Cecilia Mannocci e Andrea Masetti, con domicilio eletto presso lo studio del secondo difensore in Genova, via XXV Aprile n. 11A/3, cui è succeduta l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Settentrionale, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, v.le Brigate Partigiane n. 2;
Comune di Arcola, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Forcieri, con domicilio eletto presso lo studio del difensore in Genova, via SS Giacomo e Filippo n. 19/5;

per l’annullamento

- del decreto dell’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra n. 25 del 16.4.2013, pubblicato sul B.U.R.L. n. 28 del 10.7.2013, avente ad oggetto “aggiornamento conseguente allo studio idraulico dei torrenti Arcola e Ressora in Comune di Arcola dei seguenti elaborati cartografici di cui all’art. 4, comma 1, lett. c) delle NdA del PAI: - Tav. 2, elementi 248070 e 248080 «Carta del reticolo idrografico ai fini dell’applicazione delle NdA»; - Tav. 4, elemento 6 «Carta della pericolosità idraulica con fascia di riassetto fluviale e aree inondabili»; Tav. 5, elemento 6 «Carta degli ambiti normativi delle aree inondabili»”;

- dell’atto di approvazione del Comitato Tecnico dell’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra n. 800 del 9.4.2013;

- di ogni atto presupposto e/o consequenziale e/o connesso, ivi incluso, per quanto occorrer possa, lo studio idraulico redatto da MED Ingegneria s.r.l.;

e per la condanna delle Amministrazioni al risarcimento dei danni;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra e dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Settentrionale, nonché del Comune di Arcola;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 22 luglio 2022, la dott.ssa Liliana Felleti e viste le conclusioni delle parti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 17 ottobre 2013 e depositato il 12 novembre 2013 Maurizio Bonifazi, in proprio e in qualità di procuratore della madre Oslavia Brunetti, nonché Biagio Maggiani, Paola De Giorgio, Paolo Maggiani e Alessandro Maggiani hanno agito per l’annullamento del decreto dell’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra n. 25 del 16 aprile 2013, recante l’aggiornamento degli elaborati cartografici del PAI del Fiume Magra, nonché del previo atto di approvazione del Comitato Tecnico. Inoltre, i ricorrenti hanno chiesto la condanna dell’Autorità di Bacino e del Comune di Arcola al risarcimento dei danni sotto plurimi profili.

In relazione all’azione caducatoria, gli esponenti hanno dedotto i seguenti motivi:

I) Violazione di legge per mancato avvio del procedimento ex l. n. 241/1990 con riferimento allo studio idraulico commissionato dal Comune di Arcola ed alla conseguente ricezione e modifica da parte dell’Autorità di Bacino con decreto n. 25/2013. Violazione del principio del contraddittorio. L’Amministrazione civica avrebbe illegittimamente omesso di comunicare ai deducenti di avere commissionato uno studio di pericolosità idraulica a MED Ingegneria s.r.l.; parimenti, l’ente di bacino non avrebbe trasmesso loro l’avviso di avvio del procedimento di modifica del PAI.

II) Eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà, carenza di motivazione. Erroneità sui presupposti. Gli atti avversati risulterebbero illogici e contraddittori, in quanto:

- avrebbero recepito le conclusioni dello studio idraulico pur ritenendo inattendibile la ricostruzione dello scenario di inondabilità della piana di Arcola con riferimento alla tenuta dell’argine del fiume Magra;

- la relazione di MED Ingegneria s.r.l. sarebbe stata predisposta su vecchie cartografie, che non avrebbero consentito una prospettazione attualizzata della zona;

- si rivelerebbe irragionevole l’indicazione di un battente idrico pari a 0 nell’area sottostante la via Aurelia e, contemporaneamente, di un battente idrico di 4 metri al piede del rilevato ferroviario;

- come osservato dal Comune di Arcola, sarebbe abnorme la scelta di mantenere, dopo la pur parziale sistemazione dell’arginatura del fiume Magra, lo stesso grado di pericolosità idraulica riconosciuto antecedentemente all’inizio dei lavori.

Per quanto riguarda il risarcimento, i ricorrenti hanno articolato plurime domande intese ad ottenere il ristoro:

- del danno derivante dall’apposizione del vincolo idraulico con il gravato decreto dell’Autorità di Bacino;

- del pregiudizio subito in conseguenza dell’illegittima reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio in sede di pianificazione urbanistica ad opera del Comune, che ha reso inedificabile il fondo di loro proprietà quando la limitazione connessa al rischio idraulico non era ancora stata imposta;

- del nocumento causato dalla mancata realizzazione delle opere prescritte nello studio di MED Ingegneria s.r.l. per eliminare il pericolo di inondazioni.

L’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra si è costituita in giudizio, eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione con riferimento sia alle azioni di annullamento e risarcitoria aventi ad oggetto gli atti di modifica delle cartografie del PAI, sia alla domanda di riparazione per reiterazione del vincolo espropriativo; nel merito, sostenendo l’infondatezza del ricorso.

Si è altresì costituito il Comune di Arcola, opponendosi all’accoglimento dell’impugnativa.

Nelle more del processo è deceduta la ricorrente Oslavia Brunetti ed il figlio Maurizio Bonifazi, in qualità di erede, ha depositato atto di riassunzione del giudizio.

Successivamente si è costituita l’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Settentrionale, medio tempore succeduta all’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra, eccependo la tardività del gravame, sull’assunto dell’applicabilità del rito appalti, e l’omessa notifica a MED Ingegneria s.r.l., che rivestirebbe la posizione di controinteressata.

Le parti hanno ribadito le proprie argomentazioni con memorie ai sensi dell’art. 73, comma 1, c.p.a., insistendo nelle rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza dell’8 aprile 2022 il Collegio ha rilevato d’ufficio ex art. 73, comma 3, c.p.a. ulteriori possibili profili di difetto di giurisdizione.

In seguito alla concessione di termine a difesa su istanza dei ricorrenti, le parti hanno depositato nuove memorie. In tale occasione la difesa erariale ha opposto la sopravvenuta improcedibilità del ricorso per omessa impugnazione del decreto dell’Autorità resistente n. 3 del 2020, recante variazioni alle cartografie del PAI del Fiume Magra all’esito della realizzazione di opere di messa in sicurezza idraulica delle aree situate in località Piano di Arcola.

Alla pubblica udienza del 22 luglio 2022 la causa è stata definitivamente assunta in decisione.

DIRITTO

I) Sull’azione di annullamento degli atti impugnati e sull’azione di risarcimento del danno derivante dai suddetti atti

1. I signori Bonifazi, Maggiani e De Giorgio hanno anzitutto spiegato un’azione demolitoria volta ad ottenere l’annullamento del decreto e del previo atto di approvazione del C.T. con cui l’Autorità di Bacino Interregionale del Fiume Magra ha modificato tre tavole degli elaborati cartografici del piano di bacino stralcio per l’assetto idrogeologico (PAI) del Fiume Magra, riperimetrando le fasce di inondabilità dei canali Arcola e Ressora. Segnatamente, essi si dolgono che, in forza degli atti gravati, i terreni di loro proprietà siano stati ricompresi nell’ambito PI4A (aree inondabili per 30 anni) e, pertanto, assoggettati ad un vincolo di inedificabilità per rischio idraulico. Contestualmente i ricorrenti hanno formulato domanda di risarcimento del danno patito in conseguenza di tali atti.

Le due azioni sono inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Ai sensi dell’art. 143, comma 1, lett. a) del r.d. n. 1775/1933 (Testo Unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici) sono devoluti alla cognizione in unico grado del Tribunale superiore delle acque pubbliche i ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti emessi dall’Amministrazione in materia di acque pubbliche.

In virtù di tale previsione normativa, come interpretata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, rientrano nella giurisdizione del Tsap non soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti prettamente funzionali alla gestione del demanio idrico, ma anche quelle inerenti atti che, pur emanati nell’esercizio di poteri diversi, quale il potere di pianificazione del territorio, presentino un’incidenza significativa sul regime delle acque pubbliche. Pertanto, spettano al giudice acquifero superiore i giudizi di impugnazione dei piani adottati dalle Autorità di Bacino nelle parti in cui influiscano in via diretta sul governo delle acque, quali la delimitazione delle fasce fluviali e la perimetrazione delle aree inondabili in base al rischio idraulico (in tal senso cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 5 agosto 2019, n. 5555; T.A.R. Liguria, sez. II, 28 maggio 2018, n. 499; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 28 febbraio 2018, n. 72; T.A.R. Piemonte, sez. I, 10 maggio 2013, n. 611; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 12 marzo 2013, n. 251; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 12 luglio 2012, n. 1507; T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 2007, n. 1586; nella giurisprudenza civile v. Cass. civ., sez. un., 30 giugno 1999, n. 378).

Siffatta interpretazione estensiva si appalesa legata all’esigenza di affidare la materia delle acque ad un unico organo giurisdizionale altamente specializzato (anche in virtù della presenza di un tecnico nel collegio giudicante), per l’elevato grado di complessità di tali controversie e per la preziosità della risorsa idrica.

2. Parimenti, rientra nella giurisdizione di legittimità del Tribunale superiore delle acque l’azione risarcitoria svolta a completamento della tutela demolitoria, come chiarito dall’elaborazione pretoria (Cass. civ., sez. un., ord. 18 ottobre 2021, n. 28642; Cass. civ., sez. un., ord. 18 novembre 2013, n. 25802; Cass. civ., sez. un., ord. 19 aprile 2013, n. 9534; Cass. civ., sez. un., 20 giugno 2012, n. 10148; T.A.R. Liguria, sez. I, 12 aprile 2021, n. 323; T.A.R. Liguria, sez. I, 31 marzo 2021, n. 285).

II) Sull’azione di risarcimento del danno per illegittima reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio

3. In secondo luogo, i ricorrenti hanno domandato la riparazione del pregiudizio sofferto in conseguenza della reiterazione sul loro fondo – in forza del P.R.G. approvato nel 1992 e poi, secondo il loro assunto, di una nota del Comune del 1997 – del vincolo preordinato all’esproprio (per la realizzazione di un plesso scolastico) originariamente impresso con il P.F. del 1976, allegando apposita perizia di stima del valore di mercato delle aree (doc. 12 ricorrenti).

In seguito all’eccezione di difetto di giurisdizione ex adverso sollevata, la difesa attorea ha precisato che la richiesta risarcitoria deriva non dalla mera riproposizione del vincolo ablatorio, bensì dalla dedotta illegittimità degli atti reiterativi. In sostanza, ad avviso dei deducenti, l’ente locale avrebbe per molti anni compresso in maniera illegittima il loro ius aedificandi, perché non avrebbe motivato la conferma della scelta di espropriare proprio il loro terreno, approvando, invece, progetti edilizi nelle aree limitrofe persino nel 2012 (allorquando aveva già appreso gli esiti dello studio idraulico di MED Ingegneria s.r.l.: v. docc. 10 e 13 ricorrenti). Poiché nel 2013 il terreno è divenuto inedificabile per effetto dell’aggiornamento del PAI, il Comune dovrebbe ristorare il nocumento arrecato agli esponenti dagli illegittimi atti impositivi in reiterazione del vincolo espropriativo, in assenza dei quali essi avrebbero potuto costruire (ed avrebbero senz’altro costruito), non essendovi in allora alcuna restrizione per rischio idraulico.

Ciò posto, ritiene il Collegio che l’azione, così come delineata, appartenga alla propria cognizione, perché i ricorrenti instano per il risarcimento del danno ingiusto in tesi cagionato da atti di rinnovo del vincolo ablatorio viziati e, quindi, da attività provvedimentale illegittima, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cass. civ., sez. un., ord. 19 aprile 2010, n. 9302; la giurisdizione spetta, invece, al G.O. nel diverso caso di richiesta dell’indennità da legittima riproposizione del vincolo preordinato all’esproprio, sia ai sensi del vigente art. 39 del d.p.r. n. 327/2001, sia secondo il quadro normativo precedente, come ricostruito dalla giurisprudenza, la quale aveva chiarito che “le controversie relative al pagamento dell’indennizzo per vincolo espropriativo scaduto e reiterato non appartengono alla materia dell’urbanistica ed edilizia, devoluta al giudice amministrativo dall’art. 34, comma 1, della legge n. 205 del 2000 ed esulano anche dalle pretese risarcitorie derivanti da provvedimenti illegittimi, o comunque riconducibili ad illegittimo esercizio di potestà amministrative”: così C.G.A. Reg. Sic., sez. giur., 19 ottobre 2010, n. 1286; v. altresì Cons. St., ad. plen., 24 maggio 2007, n. 7).

4. L’azione risarcitoria è scrutinabile nel merito, non avendo il Comune eccepito la prescrizione quinquennale ex art. 2947 cod. civ., secondo la disciplina operante per le fattispecie sostanziali perfezionatesi anteriormente all’entrata in vigore del codice di rito (alle quali è inapplicabile il termine decadenziale introdotto dall’art. 30, comma 3, c.p.a., a prescindere dall’epoca di proposizione del ricorso: v. Cons. St., ad. plen., 6 luglio 2015, n. 6).

L’istanza è, tuttavia, immeritevole di accoglimento.

Secondo un principio generale espresso dall’art. 1227, comma 2, cod. civ., oggi recepito anche dall’art. 30, comma 3, secondo periodo c.p.a., su colui che propone una domanda risarcitoria grava un preciso onere di reagire all’attività illegittima dell’amministrazione con tutto l’armamentario messo a disposizione dall’ordinamento, al fine di escludere o limitare le conseguenze dannose della condotta lesiva (cfr., ex plurimis, Cons. St., ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3; T.A.R. Liguria, sez. I, 29 giugno 2021, n. 611; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 10 marzo 2020, n. 595; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 3 aprile 2019, n. 944; T.A.R. Sardegna, sez. II, 14 maggio 2018, n. 437).

Orbene, anche ammesso che il Comune non abbia esplicitato le ragioni della scelta, compiuta con il P.R.G. del 1992, di riapporre il vincolo finalizzato all’esproprio per edificare il plesso scolastico (i ricorrenti non producono la relazione illustrativa, ma la difesa civica nulla obietta sul punto), il piano regolatore non risulta impugnato in parte qua dai ricorrenti.

Inoltre, nel 1997 il suddetto vincolo è scaduto per decorso del termine quinquennale ex art. 2 della legge n. 1187/1968, non potendo essere “riattivato” con la comunicazione in data 29 ottobre 1997 (con cui l’ente ha semplicemente notiziato gli esponenti dell’intenzione di erigere la scuola: cfr. doc. 6 ricorrenti). È vero che l’Autorità comunale non ha provveduto alla riqualificazione urbanistica dell’area divenuta zona bianca, ma è parimenti palese che, a fronte dell’inadempimento dell’obbligo di ripianificazione, gli esponenti hanno omesso qualunque iniziativa giudiziaria. Solo molto più tardi, intrapresa dal Comune l’elaborazione del nuovo P.U.C., con lettere del 23 gennaio 2008 e del 29 marzo 2011 essi hanno inviato due richieste di inserimento dei loro terreni in zone a prevalenza residenziale di espansione (docc. 7-8 ricorrenti).

Dunque, i ricorrenti non solo non hanno contestato giudizialmente la reiterazione del vincolo, ma, dopo la scadenza, non hanno nemmeno chiesto la ritipizzazione del fondo né, tanto meno, agito avverso il silenzio del Comune (secondo il meccanismo all’epoca applicabile, imperniato sulla diffida ex art. 25 del d.p.r. n. 3/1957), rimanendo inerti per oltre un decennio.

Il mancato utilizzo degli strumenti, anche processuali, atti a compulsare l’attività amministrativa integra la violazione del dovere di diligenza cristallizzato dalle disposizioni sopra richiamate ed impedisce il ristoro del preteso danno, in quanto pregiudizio plausibilmente (ossia più probabilmente che non) evitabile con l’esperimento dell’actio contra silentium e, se del caso, con l’istanza di nomina di un commissario ad acta (in argomento cfr. Cons. St., ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3, cit., che ha statuito come “sulla base di principi già desumibili dal quadro normativo precedente ed oggi recepiti dall’art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, il Giudice amministrativo sia chiamato a valutare, senza necessità di eccezione di parte ed acquisendo anche d’ufficio gli elementi di prova all’uopo necessari, se il presumibile esito del ricorso di annullamento e dell’utilizzazione degli altri strumenti di tutela avrebbe, secondo un giudizio di causalità ipotetica basato su una logica probabilistica che apprezzi il comportamento globale del ricorrente, evitato in tutto o in parte il danno”; si veda altresì Cass. civ., sez. I, ord. 11 giugno 2018, n. 15162, secondo cui “la scadenza del termine quinquennale del vincolo di destinazione di piano preordinato all’esproprio comporta il venir meno della regolamentazione urbanistica e l’applicazione delle norme di salvaguardia previste per i comuni sprovvisti di strumenti urbanistici generali. Tuttavia, la situazione di inedificabilità conseguente alla sopravvenuta inefficacia di talune destinazioni di piano (cosiddetto vuoto urbanistico) è per sua natura provvisoria, avendo l’autorità comunale l’obbligo di reiterare il vincolo (con previsione di indennizzo) ovvero, in alternativa, di provvedere all’integrazione dello strumento pianificatorio divenuto parzialmente inoperante, stabilendo la nuova destinazione da assegnare all’area interessata. Qualora la P.A. rimanga inerte, la situazione conseguente non è equiparabile alla compressione del diritto dominicale provocata dai vincoli preordinati all’esproprio, né è definibile come espropriazione di valore, attesa la provvisorietà del regime urbanistico di salvaguardia, per cui nessuna aspettativa si crea nel proprietario in ordine al conferimento di particolari qualità edificatorie oltre quei limiti o, ancor meno, riguardo a possibili lottizzazioni. Egli, però, non resta senza tutela nei confronti dell’inerzia dell’ente territoriale, ben potendo, ove vi abbia interesse, promuovere gli interventi sostitutivi della Regione, oppure reagire attraverso la procedura di messa in mora per far accertare l’illegittimità del silenzio”).

III) Sull’azione di risarcimento del danno derivante dalla mancata realizzazione delle opere idrauliche

5. Da ultimo, i ricorrenti hanno chiesto il ristoro del nocumento per la mancata realizzazione di opere di protezione idraulica. Secondo la (invero non chiaramente esplicitata) tesi ricorsuale, se gli enti preposti avessero attuato gli interventi indicati nello studio di MED Ingegneria s.r.l., i loro terreni non sarebbero stati inclusi nell’ambito delle aree inondabili (peraltro, gli esponenti non precisano quali progetti, tra i dodici ipotizzati dai tecnici, avrebbero dovuto essere concretizzati per evitare la lamentata riperimetrazione: cfr. relazione idraulica MED Ingegneria s.r.l., sub doc. 9 Comune resistente).

La domanda è inammissibile per carenza di giurisdizione del giudice amministrativo.

In base all’art. 140 lett. e) del r.d. n. 1775/1933 appartengono in primo grado alla cognizione dei Tribunali regionali delle acque pubbliche, che sono organi specializzati della giurisdizione ordinaria, le controversie per risarcimenti di danni dipendenti da opere di competenza della pubblica amministrazione in materia idrica.

In applicazione di tale norma, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale, sono attribuite ai Tribunali regionali delle acque le cause risarcitorie nelle quali i pregiudizi denunciati siano ricondotti al malgoverno delle opere idrauliche, sotto i profili della relativa progettazione, esecuzione, manutenzione e funzionamento, in quanto la competenza del giudice specializzato si giustifica in presenza di comportamenti, commissivi o omissivi, che implichino apprezzamenti circa la deliberazione e l’attuazione degli interventi di sistemazione idraulica o comunque scelte della P.A. dirette alla tutela di interessi generali correlati al regime delle acque pubbliche (in tal senso cfr., ex plurimis, Cass. civ., sez. VI, ord. 4 giugno 2021, n. 18197; Cass. civ., sez. VI, ord. 20 giugno 2019, n. 16636; Cass. civ., sez. VI, ord. 24 dicembre 2014, n. 27392; Cass. civ., sez. III, ord. 15 aprile 2011, n. 8722; Cass. civ., sez. III, ord. 10 maggio 2005, n. 9742).

IV) Sull’esito del giudizio

6. In relazione a quanto precede, il ricorso deve essere dichiarato parzialmente inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, con devoluzione al Tribunale superiore delle acque pubbliche per le azioni sub I) ed al Tribunale regionale delle acque pubbliche competente per territorio per l’azione sub III), dinanzi ai quali il processo può essere riassunto secondo la disciplina della translatio judicii di cui all’art. 11 c.p.a. Per il resto, il ricorso si appalesa infondato e va, quindi, rigettato.

7. In considerazione della particolarità della controversia, le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

- dichiara il ricorso parzialmente inammissibile per difetto di giurisdizione e indica i giudici muniti di giurisdizione nel Tribunale superiore delle acque pubbliche e nel Tribunale regionale delle acque pubbliche competente per territorio, come precisato in motivazione, innanzi ai quali il giudizio potrà essere riproposto ai sensi dell’art. 11 c.p.a.;

- per il resto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 22 luglio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Caruso, Presidente

Liliana Felleti, Referendario, Estensore

Alessandro Enrico Basilico, Referendario