Cass. Sez. III sent. 9800 del 8-3-2007 (c.c. 5 dic. 2006)
Pres. Papa Est. Onorato Ric. Delle Foglie
Ambiente in genere. Rimessione del processo e reati ambientali

L'istituto della rimessione del processo ai sensi degli ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, e - come tale - va interpretato restrittivamente. Per "grave situazione locale", non altrimenti eliminabile, atta a turbare lo svolgimento del processo, e quindi a giustificarne la rimessione ad altro giudice, deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l'ambiente nel quale si svolge il processo, connotato da tale abnormità e consistenza da pregiudicare concretamente: a) l'imparzialità del giudice (dell'ufficio giudiziario) titolare del processo; b) ovvero la libera determinazione delle persone che partecipano al processo; c) ovvero la sicurezza e la incolumità pubblica. Non presentano tali requisiti i fatti che non esorbitano dai limiti della vivace dialettica sociale che accompagna in moltissimi casi il negativo impatto ecologico di certi fenomeni produttivi, dividendo l'opinione pubblica tra i difensori della esigenza produttiva e i difensori dell'ambiente e della salute dei cittadini, trattandosi comunque di fatti che certamente non posseggono quel carattere di abnormità, correttamente richiesto dalla giurisprudenza di legittimità per giustificare la deroga al principio del giudice naturale.

SVOLGIMENTO DEL PROCEDIMENTO

1 - Con atti distinti, ma sostanzialmente identici, depositati in cancelleria in data 26.11.2005, i coniugi D.F.S. e Ci.Sa., a norma degli artt. 45 e segg. c.p.p., hanno chiesto la rimessione del processo pendente contro di loro presso il tribunale monocratico di Bari, sezione distaccata di Modugno, per vari reati ambientali (più esattamente per i seguenti reati:

a) D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 4;

b) D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1;

c) art. 515 c.p.;

d) D.P.R. n. 203 del 1988, art. 25).

A sostegno della richiesta i due imputati:

- hanno innanzitutto premesso che il primo giudice assegnatario del processo, dottoressa C., su istanza di ricusazione di uno dei difensori di parte civile, avv. C.F., aveva deciso di astenersi;

che il nuovo giudice designato (dott. Pr.) aveva dichiarato di non poter celebrare il processo per ragioni di opportunità, sicchè veniva designato altro giudice (dottor C.), il quale aveva concluso il processo di primo grado con una sentenza di condanna in data 27.2.2004, che era stata però annullata dalla corte d'appello di Bari con sentenza dell'11.2.2005 per violazione dei diritti della difesa.

Quindi, per il giudizio di rinvio, il presidente del tribunale aveva assegnato il processo al giudice unico del settore civile presso la sezione di Modugno, dott. P.M., esonerandolo dalla trattazione delle cause civili per un periodo di sette mesi a partire dal 17.10.2005 ed invitandolo a definire il processo penale entro lo stesso termine, anche per evitare la prescrizione dei reati (v.provvedimento n. 63 del 30.9.2005);

- hanno quindi rappresentato la grave situazione locale, non altrimenti eliminabile, atta a turbare lo svolgimento del processo, cagionata da numerosi esposti di cittadini di Modugno contro la Tersan Puglia & Sud s.p.a., ora società Prometeo, amministrata dagli stessi richiedenti, nonchè da una astiosa campagna della stampa locale: il tutto frutto di una versione tendenziosa e scandalistica della vicenda. "Regista" di tale costante distorta informazione era l'avv. C.P.;

- hanno infine osservato che la prima conseguenza di tale situazione era stata la costituzione di oltre venti parti civili, pur in assenza di una formale contestazione del reato di cui all'art. 674 c.p., nonchè la richiesta di trasmissione alla Procura della Repubblica di tutti gli atti prodotti favorevoli alla società Tersan, al fine di accertarne la falsità. Anche il dottor L.O., direttore dell'ARPA, era stato sottoposto a processo penale perchè aveva avuto il solo torto di confermare con le sue analisi la regolarità del "prodotto Tersan".

Una seconda conseguenza era il sospetto che il succitato provvedimento 63/2005 del Presidente del Tribunale fosse fortemente condizionato dal contesto esterno e che anche il secondo giudizio fosse destinato a concludersi con una condanna. Tanto è vero che il giudice aveva accolto tutte le richieste dei pubblici ministeri e aveva respinto tutte le richieste di rinvio formulate dai difensori, benchè motivate e tempestive. Da ultimo il giudice non aveva accolto la istanza di rinvio formulata per il malore che aveva colto D.F.S., dopo un'aggressione verbale e fisica subita prima della udienza nei corridoi del tribunale da parte del predetto avv. C..

In conclusione, gli istanti si sono chiesti perchè il processo non era stato assegnato a un giudice onorario e hanno ribadito che la situazione rappresentata era idonea a pregiudicare gravemente la serenità del processo.

2 - Con memoria del 2.12.2005, l'avv. C.F. ha chiesto che le istanze di remissione siano dichiarate inammissibili o siano respinte. Ha osservato in particolare che:

- secondo l'ordinamento italiano l'annullamento di una sentenza per motivi formali, e non sostanziali - come era avvenuto nella fattispecie - non impone il trasferimento ad altra sede giudiziaria del processo di rinvio;

- gli organi di stampa locale avevano sempre dato spazio anche alle tesi dell'imputato D.F., svolte anche in conferenze stampa;

- la società Tersan-Prometeo non aveva subito alcun boicottaggio da parte della comunità di Modugno, tanto vero che era stata sponsor di varie manifestazioni dell'Associazione Pro Loco con il patrocinio del Comune;

- il dottor L. era stato giustamente sottoposto a processo penale, come dimostrato dalla sentenza del tribunale monocratico di Trani, sezione distaccata di Molfetta;

- palesemente infondata era l'attribuzione allo stesso avv. C. del ruolo di "regista" della campagna disinformativa e diffamatoria; e comunque era ormai irrilevante, avendo egli abbandonato la sua funzione nel processo.

3 - Con memorie di identico contenuto depositate il 7.6.2006 i coniugi D.F. hanno insistito sulla richiesta di rimessione del processo, rappresentando ulteriori fatti idonei a generare il sospetto di turbamento della serenità del giudizio.

In particolare denunciano che "a fine corsa" del dibattimento la pubblica accusa ha informato il giudice che uno dei consulenti di parte, il prof. N.G., risultava indagato per ricettazione, e che la notizia era stata subito riportata nella stampa locale; che nel corso della conferenza dei servizi tenutasi il 24.5.2006, due responsabili del S.I.S.P. della (OMISSIS), i dottori Ca. e Ma., hanno riferito di essere stati minacciati di morte nel caso avessero espresso parere favorevole alla copertura dei piazzali della società Tersan; che l'avv. C.P., già patrono di alcune parti civili, nella sua qualità di componente di un preteso "Centro Studi per la tutela della salute e dell'ambiente", ha diffuso un opuscolo intitolato "per una città a tutela degli abitanti e per una più corretta informazione" dove continua a "precettare" i cittadini attraverso la deformazione della realtà.

A riprova ulteriore della loro tesi, infine, gli istanti indicano il fatto che il pubblico ministero ha richiesto a questa corte di cassazione di pronunciarsi al più presto sulla richiesta di rimessione.

Più esattamente, risulta a quest'ultimo riguardo che il p.m. e le parti civili hanno chiesto la trasmissione a questa corte del verbale di udienza del 26.4.2006 "perchè valuti l'opportunità di una riduzione dei termini"; e il giudice ha disposto in conformità, sospendendo il dibattimento sino all'8.5.2006 ai sensi dell'art. 47 c.p.p..

4 - Con ulteriore memoria presentata il 21.6.2006, l'avv. C. ha depositato i verbali in forma riassuntiva del processo principale, nonchè i certificati penali da cui risultano le condanne a carico degli imputati.

5 - Alla precedente udienza camerale del 27.6.2006 si sono presentati l'avv. Sisto Francesco Paolo, anche in sostituzione dell'avv. Paccione Luigi, per gli imputati istanti, e l'avv. La Pesa Pasquale per la parte civile Comune di Modugno.

L'avv. Sisto ha dichiarato di aderire all'astensione collettiva dalle udienze deliberata dagli organi forensi, chiedendo il rinvio.

Il collegio ha rinviato il processo a nuovo ruolo.

In data 27.9.2006 l'avv. Mezzetti Mauro, quale difensore e procuratore della parte civile P.E., ha presentato memoria scritta contro l'istanza di rimessione.

Alla nuova udienza dell'11.10.2006 il processo è stato ancora rinviato a nuovo ruolo perchè gli avvocati Sisto e Paccione hanno dichiarato di aderire all'astensione collettiva dalle udienze proclamata dalla Unione delle Camere Penali.

In data 29.11.2006 l'avv. Mauro Mezzetti ha presentato una nuova memoria integrativa della precedente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

6 - Le richieste di rimessione del processo sono infondate e vanno respinte.

Giova preliminarmente ricordare che l'istituto della rimessione del processo ai sensi degli artt. 45 e segg. c.p.p., ha carattere eccezionale, implicando una deroga al principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, e - come tale - va interpretato restrittivamente (Cass. Sez. Un. ord. n. 13687 del 28.1.2003, Berlusconi e altri, rv. 223638).

In particolare, vanno interpretati in senso restrittivo i presupposti richiesti dall'art. 45 per la translatio iudicii: sicchè per "grave situazione locale", non altrimenti eliminabile, atta a turbare lo svolgimento del processo, e quindi a giustificarne la rimessione ad altro giudice, deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l'ambiente nel quale si svolge il processo, connotato da tale abnormità e consistenza da pregiudicare concretamente:

a) l'imparzialità del giudice (dell'ufficio giudiziario) titolare del processo;

b) ovvero la libera determinazione delle persone che partecipano al processo;

c) ovvero la sicurezza e la incolumità pubblica (v. ancora la citata ordinanza Berlusconi).

Orbene, nella congerie di fatti rappresentati dagli istanti molti sono interni alla dialettica processuale e come tali sono inidonei a giustificare una translatio iudicii: così la costituzione di oltre venti parti civili; la richiesta di trasmettere alla Procura della Repubblica tutti gli atti "favorevoli" alla società Tersan-Prometeo, al fine di verificarne la veridicità; la sottoposizione a processo penale del predetto dottor L.; l'asserito accoglimento di tutte le richieste del pubblico ministero e l'asserito rigetto di tutte le istanze difensive.

Nessuna di queste vicende processuali può essere interpretata come sintomo sicuro di una violazione del dovere di imparzialità che incombe al giudice. Ancor meno può essere valutata come sintomo di parzialità del giudice la sua richiesta a questa corte di valutare l'opportunità di una riduzione dei termini della decisione.

7 - Possono invece essere rilevanti, ai fini della rimessione, sia il numero degli esposti presentati da cittadini di Modugno contro l'inquinamento provocato dalla società amministrata dagli istanti (la Tersan Puglia & Sud s.p.a., ora Prometeo), sempre che si tratti di esposti coevi al processo e non ad esso precedenti, sia la campagna asseritamente sollevata dalla stampa locale contro la stessa società.

Ma con tutta evidenza si tratta di fatti che non sembrano esorbitare dai limiti della vivace dialettica sociale che accompagna in moltissimi casi il negativo impatto ecologico di certi fenomeni produttivi, dividendo l'opinione pubblica tra i difensori della esigenza produttiva e i difensori dell'ambiente e della salute dei cittadini. E comunque si tratta di fatti che certamente non posseggono quel carattere di abnormità, correttamente richiesto dalla giurisprudenza di legittimità per giustificare la deroga al principio del giudice naturale. Del resto, il numero (peraltro imprecisato) delle denunce presentate contro i comportamenti illeciti della società sono verosimilmente connessi alla vastità degli effetti derivati da quei comportamenti; mentre gli interventi riportati dalla stampa locale contro la condotta degli amministratori sociali, risultano più o meno compensati dagli interventi che la stampa ha ospitato per difendere le ragioni dei medesimi amministratori.

Più grave sembra il succitato episodio riferito da due funzionari pubblici durante la conferenza dei servizi del 24.5.2006:

invero, essere minacciati di morte - come hanno denunciato - per il caso che nella stessa conferenza avessero espresso parere favorevole a una determinata richiesta della società Tersan-Prometeo, è sintomo di un clima capace di pregiudicare il libero e sereno esercizio della funzione pubblica. Ma non può dimenticarsi che si tratta, appunto, di un attentato al libero svolgimento della conferenza dei servizi, ovverosia alla libertà dell'attività amministrativa; e in quanto tale non può configurarsi come attentato alla imparzialità della funzione giurisdizionale o alla serenità del processo, che solo può giustificare la translatio iudicii.

Secondo quanto ha precisato il difensore del D.F. alla odierna udienza di discussione, la occasione che scatenò la "tensione" che caratterizza il processo de quo sarebbe stata l'asserita aggressione dell'avv. C. contro il predetto D.F., avvenuta nei corridoi del tribunale, e il rigetto della successiva istanza di rinvio della udienza, formulata dal difensore per il conseguente malore che colpì l'imputato.

Ma anche questo episodio non può configurare un presupposto per la translatio iudicii ai sensi dell'art. 45 c.p.p..

Il rigetto dell'istanza, invero, è atto endoprocessuale che - come tale - non costituisce quel condizionamento proveniente dall'ambiente esterno che giustifica la sottrazione del processo all'ambiente medesimo. Senza considerare, peraltro, che lo stesso rigetto può reputarsi del tutto legittimo sotto il profilo processuale, giacchè un malore non è ancora quell'impedimento assoluto che impone il rinvio della udienza dibattimentale.

Quanto poi all'aggressione (peraltro meramente asserita) perpetrata fuori dall'udienza dall'allora difensore di parte civile contro la persona dell'imputato, essa, invece, è rigorosamente un fatto extraprocessuale; ma tuttavia non assume quella connotazione esclusivamente "locale" che, pregiudicando il sereno svolgimento del processo e la libera determinazione delle persone che vi partecipano, può giustificare la rimessione del processo ad altra sede.

Basta infatti osservare che una siffatta aggressione, non solo appare isolata ed episodica, ma soprattutto si potrebbe riprodurre in qualsiasi altra sede territoriale del processo, giacchè proviene da una persona che partecipa al processo e che quindi - per così dire - segue il processo in ogni sua sede. In tal senso, anzi, si tratta di un fatto che da un lato è extraprocessuale ma dall'altro è attribuibile a un soggetto processale.

In conclusione, la particolare tensione psicologica che sembra indubbiamente caratterizzare il processo di cui trattasi, sotto nessun profilo, può configurare una delle ipotesi legali che giustificano l'eccezionale sacrificio del principio costituzionale del giudice naturale.

Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Non si ritiene di irrogare anche la sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, prevista come facoltativa dell'art. 48 c.p.p., comma 6.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta le richieste e condanna i richiedenti in solido al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2006.