TAR Lazio (RM) Sez. II-ter n. 13056 del 28 giugno 2024
Ambiente in genere.Caratteristiche della V.I.A.
La V.I.A. è configurata come procedura amministrativa di supporto per l’autorità competente finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un’opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione. In altri termini, trattasi di un procedimento di valutazione ex ante degli effetti prodotti sull’ambiente da determinati interventi progettuali, il cui obiettivo è proteggere la salute umana, migliorare la qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie, conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema, promuovere uno sviluppo economico sostenibile (cfr. art. 3, direttiva n. 85/337/CEE e successive modifiche apportate dalla direttiva n. 97/11/CE). Essa mira a stabilire, e conseguentemente governare in termini di soluzioni più idonee al perseguimento di ridetti obiettivi di salvaguardia, gli effetti sull’ambiente di determinate progettualità. Tali effetti, comunemente sussumibili nel concetto di “impatto ambientale”, si identificano nella alterazione “qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa” che viene a prodursi sull’ambiente, laddove quest’ultimo a sua volta è identificato in un ampio contenitore, costituito dal “sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti” (art. 5, comma 1, lett. b) e c), del d.lgs. n. 152/2006).
Pubblicato il 28/06/2024
N. 13056/2024 REG.PROV.COLL.
N. 11651/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11651 del 2023, proposto da Smart Gas S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Maurizio Miculan, Sergio Fidanzia, Angelo Gigliola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniela Iuri, Elda Massari, con domicilio eletto presso lo studio in Roma, piazza Colonna, 355;
Comune di Ronchi dei Legionari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco De Benedittis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Marina Monfalcone S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alfredo Antonini, Daniele Casciano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Regione Veneto, non costituita in giudizio;
per l’annullamento:
- della nota di notifica di “provvedimento negativo” prot. n. 0094418/MASE trasmessa a mezzo P.E.C. il 9 giugno 2023 con il quale il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Direzione Generale Valutazioni Ambientali, ha comunicato alla società Smart Gas S.p.A. che in data 7 giugno 2023 era stato emanato il decreto direttoriale n. 279 e che il testo integrale del provvedimento, corredato dal parere della Commissione tecnica VIA/VAS n. 743 del 19 maggio 2023 assunto al prot. n. 87095/MASE del 29 maggio 2023, era disponibile sul portale delle “Valutazioni Ambientali del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica”;
- del decreto della Direzione Generale Valutazioni Ambientali del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica MASE-VA-DEC-2023-0000279 pubblicato il 7 giugno 2023 che ha ritenuto di assoggettare a valutazione di impatto ambientale comprensiva della valutazione di incidenza ambientale di livello II il progetto “Distribuzione GNL in Regione Friuli Venezia Giulia”;
- del parere n. 743 del 19 maggio 2023, acquisito agli atti il 29 maggio 2023 della Commissione Tecnica di verifica di impatto Ambientale – VIA e VAS – Sottocommissione VIA relativo alla verifica di assoggettabilità alla VIA del progetto “Distribuzione GNL in Regione Friuli Venezia Giulia” allegato al decreto della Direzione Generale Valutazioni Ambientali del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica;
- del parere tardivo della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia del 3 aprile 2023 acquisito il 4 aprile 2023 sulla procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale per il progetto “Distruzione GNL in Regione Friuli Venezia Giulia”;
- di ogni altro atto presupposto e/o consequenziale ancorché non conosciuto.
Nonché per il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi dalla società Smart Gas S.p.A. per effetto dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e di Comune di Ronchi dei Legionari e di Marina Monfalcone S.r.l. e di Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2024 la dott.ssa Francesca Mariani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente – attiva nel settore del Gas Naturale Liquefatto (GNL) – ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe con cui Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha deciso di assoggettare a valutazione di impatto ambientale comprensiva della valutazione di incidenza ambientale di livello II il progetto “Distribuzione GNL in Regione Friuli Venezia Giulia” dalla medesima presentato, finalizzato a importare e distribuire il GNL alle imprese manifatturiere del Nord Est italiano (attive nelle Regioni del Veneto, della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia).
2. Da quanto esposto e versato in atti risulta che:
- in data 2.09.2022 la ricorrente ha presentato al Ministero lo studio preliminare ambientale e tutta la documentazione è stata pubblicata in data 8.09.2022, ai sensi dell’art. 19, commi 3 e 4, del d.lgs. 152/2006, ai fini della verifica dell’assoggettabilità a VIA (la ricorrente ha prospettato che lo screening è stato richiesto per le modifiche da realizzare nelle strutture dell’area portuale, sebbene poco rilevanti);
- in estrema sintesi, il progetto prevede una nave madre (145m3 di GNL) ormeggiata fissa a 15 km della costa veneto-friulana, che si rifornisce da una nave gasiera oceanica e, a sua volta, rifornisce una nave shuttle (12.000m3 di GNL), che porta il GNL a terra nel porto del Comune di Monfalcone, dove viene trasferito in ISO container e poi trasportato su rotaia e su gomma fino agli utenti finali, con cinque hub intermedi per accogliere i container (Udine, Verona, Padova, Brescia e Marzaglia);
- nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione sono pervenute alcune osservazioni, tra cui quelle del Comune di Ronchi dei Legionari e della società Marina Monfalcone, controinteressati costituiti, mentre successivamente sono pervenute osservazioni e richieste di integrazioni del Ministero della Cultura, della Regione Friuli Venezia Giulia, della Regione Veneto e del Comune di Duino Aurisina, cui la ricorrente ha dato seguito con molteplici produzioni (cfr. ricostruzione di cui al parere impugnato, pagg. 3-6);
- in data 29.03.2023 la regione Veneto, interessata dal Ministero per le possibili interferenze con lo specchio acqueo antistante le coste venete, ha dato parere positivo sul non assoggettamento a VIA di competenza statale, in quanto l’intervento non produce impatti significativi negativi per il territorio veneto;
- in data 3.04.2023 la regione Friuli Venezia Giulia ha invece dichiarato di non potersi determinare sugli impatti ambientali per ritenute carenze documentali e progettuali;
- in data 11.05.2023 la ricorrente ha dunque chiesto al Ministero di attendere, per l’espressione del giudizio di compatibilità ambientale, gli esiti di un incontro da svolgersi entro due settimane con la Regione;
- in data 19.05.2023 è stato tuttavia adottato l’impugnato provvedimento di assoggettabilità a VIA.
3. Avverso tale provvedimento la ricorrente si è rivolta al Tribunale, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, sulla base delle seguenti doglianze:
- 1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione e falsa applicazione dei principi di leale collaborazione e di buona fede. Violazione e falsa applicazione della delibera della Regione Friuli Venezia Giulia n. 568 del 22 aprile 2022. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà, nonché per difetto di motivazione e carenza di istruttoria. Eccesso di potere per sviamento.
In via subordinata, richiesta di disapplicazione e/o rinvio pregiudiziale in Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’art. 19 del d.lgs. n. 152/2006 per contrasto con l’art. 41 della Carta di Nizza divenuta vincolante per gli Stati membri con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Sotto questo profilo la ricorrente ha lamentato la violazione dei termini procedimentali in suo pregiudizio, per aver la P.A. basato la propria determinazione sul parere tardivo della Regione FVG, senza peraltro consentire il contraddittorio procedimentale su tale parere, così violando, altresì, i principi di collaborazione e buona fede, in assenza di una corrispondente ragione di pubblico interesse, posto che i termini del procedimento di screening sono previsti dal legislatore soprattutto a favore del proponente.
In subordine, ove, invece, l’art. 19 del d.lgs. n. 152/2006 dovesse interpretarsi nel senso che è consentito alla P.A. acquisire un parere tardivo senza contraddittorio, la ricorrente ha chiesto al Tribunale di disapplicare tale norma ovvero di chiedere in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE se essa sia compatibile con l’art. 41 della Carta di Nizza che garantisce il rispetto dei principi generali di giusto procedimento, equità e imparzialità.
- 2. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, contraddittorietà, giusto procedimento, leale collaborazione e buona fede. Eccesso di potere per sviamento. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione.
La ricorrente, evidenziando l’identità del parere della Regione FVG con il contenuto del provvedimento del MASE, ha dedotto difetto di istruttoria e di motivazione, da ritenersi ancora più evidenti – in tesi – alla luce del parere di segno contrario invece reso dalla Regione Veneto.
- 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, lett. m) e dell’art. 19 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione e falsa applicazione del punto 2 dell’Allegato I del d.m. del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare del 30 marzo 2015, n. 52. Violazione e falsa applicazione dei principi di efficienza ed economicità. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, carenza di motivazione e per sviamento.
In subordine, richiesta di disapplicazione e/o rinvio pregiudiziale in Corte di Giustizia dell’Unione Europea degli artt. 5, lett. m) e 19 del d.lgs. n. 152/2006 per contrasto con i considerando 26, 27, 28, 29 e 37 della direttiva 2014/52/UE e con l’art. 4 della direttiva 2011/92/UE come modificata dalla direttiva 2014/52/UE nonché per violazione dei principi di efficienza ed economicità.
L’Amministrazione avrebbe violato le norme in rubrica poiché avrebbe concluso il procedimento di screening in ragione di (ritenute) carenze documentali e istruttorie, invece che per aver accertato che il progetto presentato è in grado di determinare “potenziali impatti ambientali significativi e negativi”, nel rispetto delle finalità della pertinente disciplina. Tali potenziali impatti non sarebbero rilevabili dai pareri acquisiti dal Ministero, avendo in realtà la Regione FVG ammesso soltanto di non essere in grado di effettuare alcuna valutazione sul progetto presentato; ciononostante, l’Amministrazione statale ha comunque ritenuto il progetto assoggettabile a VIA, senza alcuna richiesta istruttoria, così ponendosi in contrasto anche con i principi generali di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, tenuto conto della rilevanza di dare una risposta in tempi rapidi all’attuale crisi energetica di approvvigionamento del gas naturale.
In subordine, ove, invece, l’art. 19, comma 5, e l’art. 5, lettera m), del d.lgs. n. 152/2006 dovessero essere interpretati nel senso di consentire di assoggettare a VIA un progetto pur non avendone valutato interpretarsi nel senso che è consentito alla P.A. acquisire un parere tardivo senza contraddittorio, la ricorrente ha chiesto al Tribunale di disapplicare la disciplina ovvero di chiedere in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 TFUE se essa sia compatibile con i considerando 26, 27, 28 e 29 della direttiva 2014/52/UE, nonché con l’art. 4 direttiva 2011/92/UE come modificata dalla direttiva del 2014, nonché con il considerando 37 della Direttiva 2014/52/UE.
- 4. Violazione e falsa applicazione dell’Allegato II, n. 11, e dell’Allegato II-bis, n. 2, lett. h), alla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006. Violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.lgs. n. 152/2006 alla parte II del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa. Violazione dell’art. 41 Cost. Eccesso di potere per irragionevolezza manifesta.
La ricorrente ha spiegato che il progetto prevede in parte decisamente maggioritaria l’utilizzazione di infrastrutture e impianti esistenti, quali il Porto commerciale di Monfalcone, la stazione ferroviaria di Ronchi dei Legionari, nonché reti viarie e ferroviarie già operanti, mentre gli unici profili di rilievo ai fini della VIA, come sarebbe stato riconosciuto anche dal MASE, riguarderebbero la possibilità di una modifica e/o estensione al porto commerciale di Monfalcone (ai sensi del n. 11 dell’Allegato II, e del n. 2, lett. h), dell’Allegato II-bis alla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006), al fine del posizionamento di una gru a cavalletto per la movimentazione dei container; di conseguenza, il Ministero avrebbe dovuto considerare per l’assoggettabilità a VIA soltanto tali profili, mentre l’Ente avrebbe illegittimamente deciso di sottoporre il progetto a VIA con riferimento a numerosi aspetti che nulla hanno a che vedere con la categoria progettuale per la quale si procede, e per di più senza in alcun modo ricondurre tali aspetti ad alcuna delle categorie progettuali previste dall’Allegato II alla Parte II del d.lgs. n. 152/2006, così incidendo peraltro la libertà di iniziativa economica privata.
- 5. Violazione e falsa applicazione dell’Allegato V alla parte II del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per irragionevolezza manifesta, carenza di istruttoria e di motivazione.
La valutazione posta in essere dalla P.A., inoltre, non soltanto avrebbe riguardato aspetti irrilevanti ai fini della VIA, ma avrebbe altresì fatto uso di criteri estranei alla pertinente disciplina, peraltro decontestualizzando il progetto rispetto alla reale situazione dei luoghi, già interessati da molteplici attività economiche.
- 6. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 3-ter, del d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere per carenza e difetto di istruttoria.
In violazione della norma in rubrica, il MASE non avrebbe inoltre considerato elementi che avrebbero, invece, dovuto guidare le valutazioni espresse in occasione della verifica di assoggettabilità a VIA (la ricorrente, segnatamente, ricorda che il Piano regolatore del Porto di Monfalcone è stato di recente oggetto di una “variante localizzata”, approvata secondo le previsioni di legge, che ha tra l’altro ritenuto già assentibile, nell’ambito del Porto, un sito di stoccaggio GNL, rispetto a cui il progetto della ricorrente costituisce un minus).
- 7. Violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 5 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della direttiva habitat 92/43/ECC. Eccesso di potere per carenza e difetto di istruttoria. Nel merito sull’erroneità delle valutazioni effettuate dal parere della sottocommissione VIA e dal parere della Regioni Friuli Venezia Giulia.
Infine, la ricorrente ha denunciato la ritenuta erroneità dei rilievi sollevati, che – in tesi – avrebbero potuto essere superati se la documentazione fosse stata debitamente esaminata, evidenziando i vari profili che le amministrazioni non avrebbero colto.
- La ricorrente, inoltre, deducendo che la sottoposizione a VIA eliderebbe l’utilità del progetto, determinandone l’abbandono, ha chiesto il risarcimento dei danni subiti, sotto il profilo del danno emergente per un totale di circa 730 mila euro di oneri sostenuti e, sotto il profilo del lucro cessante, con riferimento ad un periodo di vita del progetto di almeno 15 anni, per un totale di circa 51 milioni di euro.
4. Il Ministero si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependone preliminarmente l’inammissibilità, per aver la ricorrente riproposto – nella pratica – una nuova istruttoria davanti al Tribunale.
5. Si sono costituiti anche la Regione FVG, il Comune di Ronchi dei Legionari e la Marina di Monfalcone, chiedendo il rigetto del ricorso sulla base delle posizioni da ciascuno espresse nel corso del procedimento.
6. Alla pubblica udienza del 9.01.2024, previo scambio di atti difensivi, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere respinto, non ritenendo il Collegio di condividere le censure sollevate, che possono essere anche congiuntamente esaminate nei termini che seguono, stante la parziale connessione fra le stesse; la ricorrente, infatti, sostanzialmente denuncia vizi procedimentali e difetto di motivazione del provvedimento di assoggettabilità a VIA, che sarebbe stato adottato in carenza dei relativi presupposti, normativamente indicati.
La generale infondatezza delle doglianze, peraltro, consente al Collegio di non soffermarsi con approfondita disamina sulla effettiva sussistenza dell’interesse all’azione, tenuto conto che il conseguimento del bene della vita anelato (realizzazione del progetto) non risulta compromesso e/o denegato (il provvedimento di assoggettabilità a VIA, come noto, non è un rigetto di un’istanza quanto, piuttosto, un provvedimento interlocutorio, che non si esprime in senso positivo né negativo sul progetto presentato), e deve essere tenuto distinto dalle modalità con cui la ricorrente ritiene di dover ottenere tale bene, non avendo peraltro la società spiegato per quale ragione, giuridicamente tutelabile e concreta, “l’eventuale espletamento del procedimento di VIA andrebbe ad elidere la finalità dell’iniziativa e ne causerebbe il definitivo abbandono.”.
8. Fermo quanto sopra, il Collegio ritiene necessario richiamare brevemente i principi fondamentali della materia di cui si discute, come chiariti, anche recentemente, dalla giurisprudenza, alla luce dei quali le doglianze formulate, per quanto si dirà, sono integralmente da respingere.
E’ noto che il Codice dell’Ambiente, dopo aver tracciato nel Titolo I della Parte II le linee generali e definitorie degli istituti della V.I.A., della V.A.S. (valutazione ambientale strategica) e della autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), ne descrive analiticamente il procedimento nelle disposizioni successive.
Per quanto qui di interesse, la V.I.A. è configurata come procedura amministrativa di supporto per l’autorità competente finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un’opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione. In altri termini, trattasi di un procedimento di valutazione ex ante degli effetti prodotti sull’ambiente da determinati interventi progettuali, il cui obiettivo è proteggere la salute umana, migliorare la qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie, conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema, promuovere uno sviluppo economico sostenibile (cfr. art. 3, direttiva n. 85/337/CEE e successive modifiche apportate dalla direttiva n. 97/11/CE).
Essa mira a stabilire, e conseguentemente governare in termini di soluzioni più idonee al perseguimento di ridetti obiettivi di salvaguardia, gli effetti sull’ambiente di determinate progettualità. Tali effetti, comunemente sussumibili nel concetto di “impatto ambientale”, si identificano nella alterazione “qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa” che viene a prodursi sull’ambiente, laddove quest’ultimo a sua volta è identificato in un ampio contenitore, costituito dal “sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell’attuazione sul territorio di piani o programmi o di progetti nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti” (art. 5, comma 1, lett. b) e c), del d.lgs. n. 152/2006).
Il c.d. screening, di cui al citato art. 19 D. lgs. 152/2006, a sua volta, ha ad oggetto l’”impatto”, ovvero la “alterazione” dell’ambiente latu sensu inteso: solo che esso svolge una funzione preliminare per così dire di “carotaggio”, nel senso che “sonda” la incidenza della progettualità sull’ambiente e sulla salute pubblica; l’Amministrazione, ove ravvisi una significatività della stessa in termini negativi, impone il passaggio alla fase successiva della relativa procedura di VIA (come è avvenuto nella fattispecie), altrimenti, consente di pretermetterla.
Lo screening, dunque, data la sua complessità e l’autonomia riconosciutagli dallo stesso Codice ambientale, è esso stesso una procedura di valutazione di impatto ambientale, meno complessa della V.I.A., la cui previsione risponde a motivazioni comprensibilmente diverse, con la conseguenza – per quanto qui di interesse con riguardo alle censure di cui si dirà sulla pretesa mancanza approfondimento dei profili suscettibili di incidere negativamente sull’ambiente – che “il rapporto tra i due procedimenti appare configurabile graficamente in termini di cerchi concentrici caratterizzati da un nucleo comune rappresentato dalla valutazione della progettualità proposta in termini di negativa incidenza sull’ambiente, nel primo caso in via sommaria e, appunto, preliminare, nel secondo in via definitiva, con conseguente formalizzazione del provvedimento di avallo o meno della stessa.” (così Consiglio di Stato sez. II, 07/09/2020, n.5379).
Infine, le categorie di progetti che possono essere sottoposte alla verifica di assoggettabilità coincidono con quelle rispetto alle quali la V.I.A. è solo eventuale, ovvero, in estrema sintesi: 1) progetti elencati nell’Allegato II al Codice che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e non sono utilizzati per più di due anni (screening di competenza statale); 2) modifiche dei progetti elencati nell’Allegato II suscettibili di produrre effetti negativi e significativi per l’ambiente (screening di competenza statale), ricorrente nella fattispecie; 3) progetti elencati nell’Allegato IV (screening di competenza regionale).
9. Ricordato quanto sopra, il Collegio innanzitutto non ravvisa la denunciata violazione dell’art. 19 del D.lgs. 152/2006 sotto il profilo procedimentale, né, tantomeno, ritiene che nella fattispecie la detta norma debba interpretarsi in contrasto con i principi sovranazionali in materia di giusto procedimento (primo motivo).
Invero, preliminarmente si evidenzia che – sebbene, come dalla stessa ricorrente ricordato, i termini perentori del procedimento di screening sono fissati specificamente a tutela della parte istante (cfr. art. 19, comma 11) – ciò non può significare che alla stessa parte istante debba poi essere riconosciuta la facoltà di ampliarli ad libitum, laddove emergano profili critici che necessitano, secondo l’Amministrazione procedente, l’approfondimento tipico, appunto, della sede naturale della V.I.A..
Pertanto, la mera circostanza fattuale per cui, nel caso in esame, la Regione Friuli Venezia Giulia (correttamente coinvolta nel procedimento quale Ente interessato, il cui parere dunque doveva essere considerato) abbia trasmesso il proprio parere negativo anche direttamente alla Società istante, la quale si è quindi voluta attivare per approfondire con la Regione le criticità segnalate, resta a latere del procedimento di competenza del Ministero, che – in sostanza – non è tenuto ad attendere che una Regione partecipante modifichi la posizione (peraltro non vincolante) formalmente espressa nell’ambito del procedimento stesso.
Il Ministero, infatti, ai sensi dell’art. 19, comma 5, citato è tenuto svolgere le sue verifiche, sulla base dei criteri di cui all’allegato V alla parte seconda del Dlgs. n. 152/2006, tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di eventuali altre valutazioni degli effetti sull’ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative europee, nazionali o regionali.
10. A ciò si aggiunga che – come sopra già ricordato – per giurisprudenza consolidata per il procedimento di screening è prevista la sommarietà della valutazione dell’Amministrazione nei casi di dubbia compatibilità ambientale, proprio nell’ottica di evitare un’inutile duplicazione procedimentale, in quanto una completa istruttoria e valutazione verrà poi svolta in sede di VIA (mentre, in caso di assenza di dubbi rilevanti, l’Autorità dovrà approfonditamente valutare gli impatti e imporre eventualmente prescrizioni).
Da ciò consegue la reiezione anche delle doglianze (motivi secondo e terzo) con cui la ricorrente ha lamentato il fatto che l’Amministrazione non avrebbe debitamente approfondito le criticità segnalate, basandosi esclusivamente sul parere della Regione Friuli Venezia Giulia e su ritenute carenze istruttorie, senza peraltro tenere conto del parere favorevole della Regione Veneto.
In primo luogo, infatti, la lettura del provvedimento impugnato (ovvero del sotteso Parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS – Sottocommissione VIA n. 743 del 19 maggio 2023) porta ad escludere che il Ministero abbia fondato la propria determinazione sulle sole carenze documentali rilevate dalla Regione FVG, quanto piuttosto su una serie di profili critici puntualmente elencati; da ciò consegue anche l’inconsistenza della pretesa contrarietà della norma italiana con i principi espressi a livello europeo in materia ambientale, posto che non ricorre affatto un caso di assoggettabilità a V.I.A. per mere carenze documentali (fermo restando, come detto, che in ogni caso in sede di screening la valutazione resta sommaria e dovrebbe esaurirsi “one shot”).
Invero, nel parere indicato la P.A. – oltre a segnalare le carenze documentali – ha debitamente analizzato tutti gli impatti: progetto, localizzazione, alternative, impatti, gestione terre e rocce da scavo, sottosuolo, traffico, rumore, inquinamento luminoso e biodiversità (cfr. pagg. 34-39 del parere, cui, per ragioni di brevità, si rimanda).
In secondo luogo, la mera circostanza che molte delle osservazioni critiche sollevate dalla Regione FVG siano confluite nel parere ministeriale non denota l’illegittimità di quest’ultima determinazione, quanto piuttosto l’esito naturale dello schema procedimentale sopra delineato, nel corso del quale i soggetti interessati dal progetto formulano osservazioni di cui il Ministero deve tenere conto.
In terzo luogo, risulta irrilevante, nella fattispecie, il parere favorevole della Regione Veneto, posto che l’incidenza del progetto e delle relative attività è diversa sul territorio; pertanto non è chiaro in quale modo la posizione espressa dalla Regione Veneto avrebbe dovuto/potuto determinare un diverso esito dello screening.
11. Parimenti infondate sono le argomentazioni sollevate in merito al fatto che il Ministero avrebbe, peraltro, fondato la propria valutazione su profili critici non pertinenti.
Invero, è senz’altro pacifico tra le Parti che il progetto è stato assoggettato a screening V.I.A. in quanto riferibile alla tipologia di cui all’Allegato II-bis alla Parte Seconda del Dlgs. N. 152/2006, punto 2, lettera h), denominata “modifiche o estensioni di progetti di cui all’allegato II, o al presente allegato già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli impatti ambientali significativi e negativi (modifica o estensione non inclusa nell’allegato II)”, quale modifica ad un opera elencata al punto 11) dell’allegato II “Porti marittimi commerciali, […] accessibili a navi di stazza superiore a 1350 tonnellate”; ciò, tuttavia, non significa – come invece preteso dalla ricorrente – che l’Amministrazione debba valutare la sussistenza di possibili effetti sull’ambiente latu sensu inteso soltanto con riguardo alle attività da svolgersi nel Porto interessato, poiché ciò implicherebbe una visione atomistica delle attività progettuali che le norme non consentono.
Invero, i criteri normativi sulla base dei quali occorre effettuare lo screening (indicati nell’allegato V alla Parte II del D.Lgs. 152/2006) sono molteplici, e spaziano dalle intrinseche caratteristiche del progetto (dimensioni, cumulo con altri progetti, produzione di rifiuti, utilizzazione delle risorse naturali, produzione di inquinamento e disturbi acustici, rischio di incidenti concernenti le tecnologie o sostanze utilizzate); alla sua localizzazione (capacità di assorbimento ambientale delle aree geografiche in cui verrà situato l’impianto, effetti su riserve e parchi naturali, zone costiere e montuose, zone a forte densità demografica); alle caratteristiche dell’impatto potenziale (portata dell’impatto, probabilità di accadimento dell’impatto, durata, frequenza e reversibilità dell’impatto).
Pertanto, la ratio dello screening è evidentemente quella di garantire per quanto possibile il più elevato livello di tutela ambientale, non limitandosi ad una valutazione parziale della proposta; in quest’ottica, è corretto il richiamo da parte del Ministero resistente anche ai principi europei di precauzione e prevenzione, quali necessario postulato del giudizio, solo ipotetico, di nocività per l’ambiente sotteso alla procedura di assoggettabilità. Se è vero, infatti, che essi non possono essere intesi nel senso della meccanicistica imposizione della V.I.A. ogniqualvolta insorga un dubbio sulla probabilità di danno all’ambiente, con ciò vanificando la portata della specifica disciplina, è egualmente vero che la logica di tutela dell’ambiente, sottesa all’assoggettamento a V.I.A., non può non orientare verso la stessa in tutti i casi in cui si ritenga necessario un approfondimento progettuale ben più pregnante della mera integrazione e chiarimento richiedibile in fase di screening (come è avvenuto nella fattispecie per i puntuali rilievi critici già ricordati).
12. Deve poi essere evidenziato, con reiezione dei restanti motivi di ricorso (quinto, sesto, settimo, complessivamente finalizzati ad evidenziare le pretese erroneità e/o superficialità delle valutazioni svolte dal Ministero), che quello tipico dello screening è un giudizio di mera prognosi, intrinseco alla sua effettuazione preventiva; pertanto, laddove – come nella specie – per fattori obiettivamente esternati si ipotizzi la lesività di un progetto, appare corretto cautelarsi - rectius, più propriamente, cautelare la collettività e quindi, in senso più ampio, l’ambiente - non impedendo la realizzazione dell’intervento, ma, semplicemente, imponendo l’approfondimento dei suoi esiti finali.
A ciò si aggiunga che, in base a giurisprudenza del tutto pacifica, la valutazione di incidenza ambientale, similmente alla valutazione di impatto ambientale, è espressione dell’esercizio di discrezionalità tecnica, oltre che amministrativa, ed è sindacabile da parte del giudice amministrativo soltanto nell’ipotesi in cui l’istruttoria sia mancata o sia stata svolta dall’Amministrazione in modo inadeguato.
Si tratta, invero, di una valutazione (già quella di V.I.A.) che è espressione di un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in una mera valutazione tecnica, come tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa ed istituzionale in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con la conseguenza che il sindacato del Giudice Amministrativo in materia è necessariamente limitato alla manifesta illogicità ed incongruità, al travisamento dei fatti o a macroscopici difetti di istruttoria (in materia, tra le altre, Consiglio di Stato sez. IV, 01/03/2024, n.2044; Cassazione civile sez. un., 27/12/2023, n.35943; TAR Toscana, sez. II, 08/02/2023, n.117).
Tale discrezionalità, peraltro, secondo la giurisprudenza, risulta “ancora più rilevante con riferimento alla fase di screening, connotata da una sostanziale sommarietà, e, conseguentemente, doverosamente ispirata a più rigorose esigenze di cautela: in pratica, la soglia di negatività ed incisività dell’impatto può paradossalmente essere ritenuta travalicabile con margini più ampi in sede di delibazione preliminare, proprio perché di per sé non preclusiva degli esiti della successiva V.I.A.” (in questi termini, Consiglio di Stato n. 5379/2020).
Considerato, dunque, che – alla luce dei puntuali rilievi già indicati – il Collegio non ravvisa, nella fattispecie, macroscopiche carenze o arbitrarietà di valutazione, sono da respingere, anche in quanto inammissibili (impingendo nel merito amministrativo, come correttamente evidenziato dal ministero resistente), tutte le argomentazioni finalizzate a dimostrare l’assenza di alcuna incidenza sull’ambiente, nonché a sostituire la valutazione della ricorrente a quella effettuata dal Ministero, nei termini dal medesimo indicati.
13. In vista di quanto sopra, la domanda di annullamento è infondata e deve essere respinta, con contestuale reiezione della domanda di risarcimento dei danni come sopra formulata, difettando, in primis, l’elemento costitutivo dell’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa, invece necessario per affermare la responsabilità civile della Pubblica Amministrativa.
14. Le spese di giudizio possono essere compensate, tenuto conto della parziale novità delle questioni.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Mezzacapo, Presidente
Achille Sinatra, Consigliere
Francesca Mariani, Referendario, Estensore