TAR Trento, Sez. Unica, n.148, del 9 maggio 2013
Elettrosmog.Illegittimità del provvedimento comunale di sospensione dei lavori di riconfigurazione della stazione radiobase.

Il provvedimento inibitorio è stato motivato col rilievo che la d.i.a. presentata dalla ricorrente contrasta con l’art. 17 delle n.t.a. del p.r.g. che “ammette l’installazione degli impianti …soggetta a titolo edilizio abilitativo, solo sottoscrivendo con gli enti gestori apposito atto di convenzione ed a condizione che si perseguano rispettivamente obiettivi di qualità nell’impatto visivo e obiettivi di qualità nella minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici”. Secondo l’interpretazione logica, l’imposizione dell’obbligo della convenzione, all’esplicito fine di perseguire “obiettivi di qualità nell’impatto visivo e nella minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici” se appare ragionevole nel caso dell’installazione di nuovi impianti, non ha invece alcuna ragione giustificatrice allorquando si tratti di semplice riconfigurazione radioelettrica, ferma restando la consistenza fisica dell’impianto già esistente. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00148/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00325/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 325 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Vodafone Omnitel N.V., rappresentata e difesa dagli avv. Claudio Failoni, Marco Sica e Paolo Borghi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Claudio Failoni in Trento, via G. Grazioli 106;

contro

Comune di Riva del Garda, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Flavio Dalbosco, con domicilio eletto presso il suo studio in Trento, via Paradisi 15/1;
Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore della Giunta provinciale, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento del Responsabile dell'area della Gestione del Territorio, Ambiente e delle Attività produttive del Comune di Riva del Garda prot. n. 28014 del 10.10.2012 di sospensione dei lavori di riconfigurazione della stazione radiobase per l'espletamento del servizio pubblico radiomobile c/o immobile sito in piazza Garibaldi, 10 - p.ed. 221 C.C. Riva;

- della deliberazione del Commissario ad acta n. 2 del 13 agosto 2012, con la quale è stato introdotto l'art. 17 punto 3) lettera E delle NTA a norma del quale l'installazione di nuove s.r.b. sarebbe consentito solo previa sottoscrizione di apposito atto di convenzione;

- dell'art. 17 NTA sopra menzionato, se e nella parte in cui consenta l'emanazione dell'ordine di sospensione impugnato;

- della delibera di Giunta provinciale del 7 settembre 2012, n. 1902 di approvazione della variante al piano regolatore generale di Riva del Garda adottata in via definitiva con verbale di deliberazione del Commissario ad acta n. 2 di data 13 agosto 2012 negli atti allegati alla deliberazione commissariale predetta;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente;

e con motivi aggiunti:

- del provvedimento del Comune di Riva del Garda 13.12.2012, prot. n. 2012034278 - Rif. EDIDIA3120626 avente ad oggetto, "Progetto di riconfigurazione per stazione radio base per l'espletamento del servizio pubblico radiomobile di comunicazione con i sistemi in tecnica numerica e digitali denominati GSM e UMTS da installare presso Grand Hotel Riva di Riva del Garda: richiesta di documentazione", con il quale il Comune ha richiesto "di inoltrare copia del relativo contratto, come espressamente previsto nel modello di DIA presentato" e precisato "che il termine per l'inizio dei lavori rimarrà sospeso fino al ricevimento di tutta la documentazione richiesta".

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Riva del Garda;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 il cons. Lorenzo Stevanato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

La società ricorrente, titolare di licenza nazionale per il servizio pubblico di telefonia mobile, ha impugnato col ricorso introduttivo gli atti in epigrafe, e precisamente:

a) il provvedimento dirigenziale inibitorio in data 10.10.2012 con cui è stato ordinato di non eseguire la riconfigurazione di una stazione radio base di telefonia cellulare, di cui alla d.i.a. presentata dalla ricorrente il 17.9.2012, se non dopo la stipula con l’amministrazione comunale della convenzione di cui all’art. 17 delle n.t.a. del p.r.g.;

b) il presupposto art. 17 delle n.t.a. del p.r.g. che “ammette l’installazione degli impianti …soggetta a titolo edilizio abilitativo, solo sottoscrivendo con gli enti gestori apposito atto di convenzione ed a condizione che si perseguano rispettivamente obiettivi di qualità nell’impatto visivo e obiettivi di qualità nella minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici”.

A sostegno del ricorso sono state dedotte più censure di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.

In particolare, sono stati censurati: la consumazione del potere inibitorio, essendosi formato il silenzio - assenso sulla d.i.a. alla scadenza del termine di 30 giorni; la violazione dell’art. 10bis L. 241/1990; l’inesistenza dei presupposti di cui all’art. 17 delle n.t.a. per esercitare il potere inibitorio o l’autotutela, comunque non configurabile, trattandosi di mera riconfigurazione della SRB esistente ed il difetto di motivazione; l’inesistenza di contrasto urbanistico; in subordine, l’illegittimità dell’art. 17 delle n.t.a. per contrasto col D. lgs. 1.8.2003, n. 259 e con la L. 22.2.2001, n. 36 e l’incompetenza comunale.

Con motivi aggiunti, successivamente proposti, la ricorrente ha impugnato il provvedimento 13.12.2012 con il quale il Comune ha chiesto di presentare copia del contratto che costituirebbe titolo privatistico per l’installazione dell’impianto, deducendo illegittimità derivata nonché tardività ed atipicità della richiesta.

Il Comune di Riva del Garda si è costituito in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso per:

a) omessa indicazione della sede legale della società ricorrente;

b) difetto di legittimazione e di interesse per difetto di titolarità giuridica relativamente all’immobile presso cui vuole realizzare l’impianto;

c) violazione del principio di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c.;

d) difetto di legittimazione passiva del Comune di Riva del Garda non essendo stato attivato alcun legittimo procedimento (la d.i.a. non sarebbe venuta ad esistenza).

Nel merito, il difensore dell’Amministrazione ha controdedotto puntualmente concludendo per la reiezione del gravame.

Passando alle considerazioni del Collegio, vanno anzitutto disattese le eccezioni in rito sollevate ex adverso dall’Amministrazione.

Invero, la mancata indicazione nel ricorso della sede legale di Vodafone Omnitel non rappresenta una carenza sostanziale di elementi identificativi (ex art. 40 c.p.a) della società ricorrente, nota titolare di licenza nazionale per il servizio pubblico di telefonia mobile.

Inoltre, la ricorrente ha evidente legittimazione ed interesse ad opporsi ad ogni atto comunale che abbia vietato l’espletamento dei lavori in esecuzione della d.i.a. da essa presentata.

Circa il titolo privatistico, essa ha depositato in giudizio copia del contratto di locazione 22.9.2006, registrato, che le consente di usufruire di una porzione di edificio per l’installazione l’esercizio di impianti di comunicazioni elettroniche.

Passando alle valutazioni di merito, va premesso che l’impugnato provvedimento inibitorio è stato motivato col rilievo che la d.i.a. presentata dalla ricorrente contrasta con l’art. 17 delle n.t.a. del p.r.g. che “ammette l’installazione degli impianti …soggetta a titolo edilizio abilitativo, solo sottoscrivendo con gli enti gestori apposito atto di convenzione ed a condizione che si perseguano rispettivamente obiettivi di qualità nell’impatto visivo e obiettivi di qualità nella minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici”.

Con i primi tre motivi di ricorso si sostiene che, allorquando è stato comunicato alla ricorrente il provvedimento impugnato, era ormai esaurito il periodo di tempo entro il quale l'Amministrazione avrebbe potuto esercitare i poteri inibitori.

Si sostiene inoltre che sarebbe stato violato l’art. 10bis L. 241/1990.

Circa quest’ultimo punto, osserva il Collegio che l'adozione del provvedimento con il quale l'amministrazione comunale ordina al privato di non effettuare l'intervento da lui denunciato non deve essere preceduta dalla comunicazione di cui all'art. 10 bis della L. n. 241/1990 ostando in tal senso la dirimente circostanza che la denuncia di inizio di attività non può considerarsi in nessun caso un’"istanza di parte".

La d.i.a. (ora segnalazione certificata d'inizio attività - Scia, dopo che la L. 122/2010 ha sostituito, con l’art. 49, comma 4bis, l’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241), infatti, non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma è un atto privato volto a comunicare all’amministrazione l'intenzione di intraprendere un'attività direttamente ammessa dalla legge (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen., 29 luglio 2011, n. 15 che ha risolto in tal senso il conflitto ermeneutico sulla natura provvedimentale o meno della d.i.a.).

Il Comune, a fronte di tale atto, deve verificare l'eventuale mancanza di uno dei presupposti normativamente previsti per l'esecuzione dei lavori previsti entro il termine perentorio di 30 giorni (ex art. 19, comma 6bis della L. 241/1990 nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni è ridotto a trenta giorni) decorso il quale lo stesso Comune può ricorrere al potere discrezionale di autotutela ai sensi degli articoli 21quinquies e 21nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241. Restano inoltre salve, ai sensi dell'art. 21 della legge n. 241/1990, le misure sanzionatorie volte a reprimere le dichiarazioni false o mendaci, nonché le attività svolte in contrasto con la normativa vigente, così come sono impregiudicate le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo previste dalla disciplina di settore.

Invero, come ha chiarito l'Adunanza plenaria con la sentenza 29 luglio 2011, n. 15, sopra citata, dopo la scadenza del termine perentorio per l'esercizio del potere inibitorio l’amministrazione conserva l’anzidetto potere residuale di autotutela in quanto l’inutile decorso del termine di verifica dei requisiti enunciati nella d.i.a. equivale ad un atto tacito di diniego di esercizio del potere inibitorio.

Solo in quest’ultimo caso (che non è quello in controversia) dovrà essere avviato un apposito procedimento in contraddittorio, nel rispetto di un termine ragionevole e previa valutazione comparativa, di natura discrezionale, degli interessi in rilievo (cfr.: Consiglio di Stato, sez. VI, 14 novembre 2012, n. 5751).

Circa l’assunta decadenza dal potere inibitorio, per l’inutile decorso del termine di 30 giorni senza che sia stato comunicato il provvedimento inibitorio, rileva il Collegio che la d.i.a. è stata presentata all’Amministrazione il 17.9.2012 e che il provvedimento inibitorio è stato adottato il 10.10.2012 e che la relativa comunicazione con raccomandata a.r. è stata tempestivamente consegnata all’ufficio postale lo stesso giorno (vd. doc. n. 6 prodotto dall’Amministrazione) mentre è pervenuta alla destinataria Vodafone Omnitel il 19.10.2012.

Ora, è pur vero che l'atto inibitorio della d.i.a. ha natura di atto recettizio che, ex art. 21bis, L. n. 241 del 1990, acquista efficacia nei confronti del destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata. Peraltro, applicando i principi generali in materia di notifiche a mezzo posta (comma 3 dell'art. 149 c.p.c.; sent. C. Cost. 26.11.2002, n. 477), ne consegue che la decadenza dell'Amministrazione dal potere di inibizione dei lavori è impedita dall'adozione dell'atto e dalla sua tempestiva consegna all'agente postale. Si tratta di una soluzione che contempera adeguatamente anche i diritti del richiedente, la cui attività potrà assumere i connotati dell'abusività ex art. 21bis L. n. 241 del 1990 soltanto a seguito dell'eventuale notificazione del provvedimento negativo (cfr. T.A.R. Liguria, sez. I, 2 novembre 2011 n. 1511).

E’ invece fondata la censura, svolta col quarto motivo di ricorso, con cui si assume l’inesistenza dei presupposti di cui all’art. 17 delle n.t.a. per esercitare il potere inibitorio, trattandosi della mera riconfigurazione della SRB esistente (già assentita dal Comitato presso l’A.P.P.A. ex art. 2, co. 5, L.p. 9/1997 con determinazione 28.8.2012) e non dell’installazione di un nuovo impianto.

L’interpretazione letterale della norma urbanistica comunale è nel senso predicato dalla parte ricorrente, imponendo la sottoscrizione con gli enti gestori di un apposito atto di convenzione per “l’installazione degli impianti”, mentre nella fattispecie si tratta invece della riconfigurazione radioelettrica di un impianto già esistente.

Anche secondo l’interpretazione logica, l’imposizione dell’obbligo della convenzione, all’esplicito fine di perseguire “obiettivi di qualità nell’impatto visivo e nella minimizzazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici” se appare ragionevole nel caso dell’installazione di nuovi impianti, non ha invece alcuna ragione giustificatrice allorquando si tratti di semplice riconfigurazione radioelettrica, ferma restando la consistenza fisica dell’impianto già esistente.

Del resto, il potere regolamentare dei Comuni di fissare, ai sensi dell'art. 8, ultimo comma, della L. n. 36 del 2001, criteri localizzativi per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici deve tradursi in scelte ragionevoli sotto il profilo ambientale, ma non può dissimulare norme di radioprotezione aggiuntive o peggiorative dei già cautelativi e rigorosi limiti posti, in modo unitario per tutto il territorio della Repubblica, dalla normativa statale (cfr. Cons. St., III, 5.2.2013, n. 687).

Se invece si estendesse l’interpretazione della controversa norma urbanistica di Riva del Garda fino a ricomprendervi semplici modifiche d’irradiazione del segnale - ferma restando la consistenza fisica dell’impianto già installato - essa finirebbe per assumere una valenza radioprotezionistica che travalica i poteri comunali.

Sono pure fondati i motivi aggiunti.

Infatti, la ricorrente ha dimostrato di essere in possesso anche del contratto di locazione col proprietario dell’immobile dove è installato l’impianto: il titolo che autorizzava l’istante a proporre la denuncia d’inizio d’attività (rectius Scia) era dunque sussistente.

Per tali assorbenti ragioni, il ricorso va quindi accolto.

Le spese del giudizio vanno tuttavia compensate, attesa la novità della questione.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti inibitori 10.10.2012 e 13.12.2012, indicati in epigrafe.

Spese del giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:

Armando Pozzi, Presidente

Lorenzo Stevanato, Consigliere, Estensore

Fiorenzo Tomaselli, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)