Cass. Sez. III n. 31165 del 24 luglio 2008 (Cc 12 giu 2008)
Pres. De Maio Est. Sarno Ric. PM in proc. Abdallah
Rifiuti. Accertamento della qualità di rifiuto

A prescindere da qualsiasi rilievo sull\'ampiezza del concetto di rifiuto quale elaborato in sede comunitaria ed in numerose decisioni (lo stesso legislatore italiano è dovuto intervenire più volte in subiecta materia per conformarla ai principi comunitari da ultimo rivedendo ad esempio con il Dlgs 4/2008 la nozione di sottoprodotto, la definizione di smaltimento, ecc.), occorre ribadire che l\'accertamento della qualità di rifiuto deve essere comunque operata in concreto e che nel caso in cui, come nella specie, l\'accusa evidenzi elementi che obiettivamente si pongono in contrasto con la documentazione attestante l\'asserita attività di bonifica del materiale sequestrato, non vale ad escludere la natura di rifiuto il richiamo all\'esistenza della documentazione stessa in quanto è proprio la veridicità di quest\'ultima ad essere contestata.

Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale di Taranto, sezione del riesame, accoglieva il ricorso di Abdallah Deyab Ashraf avverso il provvedimento di convalida del sequestro probatorio del container EISU4003775 della ditta Sheref & co. ordinando la restituzione di quanto in esso contenuto.
Il sequestro risultava operato dalla PG presso il terminal portuale, per i reati di cui agli artt. 256 - 259 D.L.vo 152/06 e 483 cod. pen., in conseguenza dell’accertamento a seguito di pesatura di un quantitativo di merce stivata maggiore di quella denunciata palesemente consistente, secondo l’assunto dell’accusa, non già in pezzi di ricambio ma di rifiuti speciali, trattandosi di pezzi provenienti dalla demolizione dei veicoli a motore.
Il giudice del riesame aveva proceduto all’annullamento del decreto di convalida escludendo il fumus (e di conseguenza anche le esigenze probatorie) in considerazione:
- dell’esame della documentazione fotografica in sequestro che, in particolare, mostrava propulsori integri;
- dell’esame della documentazione attestante il lavoro di bonifica cui sarebbero stati sottoposti i veicoli a motore da parte di una società specializzata nello smaltimento dei rifiuti speciali;
- dalla circostanza che l’accertato smembramento dei veicoli era avvenuto avendo cura di conservare le punzonature relative alle matricole impresse e corrispondenti alla documentazione accompagnatoria della motorizzazione civile in modo da consentirne, quindi, la piena identificabilità;
- dalla circostanza che lo stato di “Terraglia percolante” era connaturato alla tipologia delle cose sequestrate.
Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Taranto il quale eccepisce la violazione e/o erronea applicazione degli artt. 14 L. 178/02, 183 - 256 D.L.vo 152/06, 253 e 324 cpp.
Lamenta il ricorrente che il tribunale, escludendo la destinazione allo smaltimento di quanto sequestrato, non avrebbe operato la incidentale delibazione richiesta dalla legge ma sarebbe andato oltre anticipando il giudizio dibattimentale.
In ogni caso non ritiene condivisibile la nozione di “rifiuto” fatta propria dal tribunale
- connessa alla palese derelictio del materiale - in quanto quest’ultimo, alla luce di quanto previsto dall’art. 183 lett. g) ed h) D.L.vo 152/06, presentava tutte le caratteristiche del rifiuto siccome:
- conteneva sostanze pericolose ed inquinanti ex se (materiale ferroso, meccanico, olii esausti di percolamento) e, pertanto, nella condotta di trasferimento era individuabile sia l’atto del “doversi disfare”, sia quello del “disfarsi” o “volersi disfare”;
- il materiale sequestrato, proveniva da radiazione dai pubblici registri;
- il reimpiego e riutilizzo doveva prevedere una bonifica e gli assenti lavori di bonifica apparivano palesemente contraddetti dal rinvenimento di materiale percolante indifferenziato in alcune parti trinciato e stipato;
- per escludere il concetto di rifiuto, il riutilizzo deve essere certo e non eventuale non essendo sufficiente al riguardo la mera indicazione di un destinatario straniero;
- il complesso indiziario faceva ipotizzare una attività di rottamazione in “paesi lontani” senza sopportare i costi connessi all’applicazione delle normative nazionali e comunitarie.
Sottolineava infine il procuratore della Repubblica ricorrente l’irreversibile danno alle indagini che sarebbe derivato dalla restituzione di quanto in sequestro impedendo qualsiasi accertamento di carattere tecnico.
Il difensore di Abdallah Deyab Ashraf faceva pervenire memoria di replica nella quale, oltre ad evidenziare la correttezza dell’operato del tribunale nel sindacato del fumus, ribadiva che sulla base della nozione desumibile dall’art. 14 L. 178/02 e dall’evoluzione giurisprudenziale nazionale e comunitaria, correttamente era stata esclusa la natura di rifiuto per la merce in sequestro riutilizzabile in diversi cicli produttivi e comunque non necessitante di operazioni di recupero indicate dalla legge.

Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
Il provvedimento impugnato obiettivamente contraddice i limiti connessi alla funzione del riesame rispetto al provvedimento di convalida del sequestro e si fonda su una non condivisibile interpretazione della nozione di rifiuto.
In relazione al primo aspetto si ribadisce in questa sede che, come più volte affermato dalla Corte, in tema di sequestro probatorio, il sindacato del giudice del riesame non può essere esteso alla verifica della concreta fondatezza dell’accusa, ma deve essere limitato alla verifica dell’astratta possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato ed al controllo circa la qualificazione dell’oggetto in sequestro come “corpus delicti”, per riscontrare la sussistenza, o meno, della relazione di immediatezza tra quell’oggetto e l’illecito penale per il quale si procede. (da ultimo, Sez. 2, n. 16639 del 22/03/2007 Rv. 236659).
Quanto al concetto di rifiuto, non è possibile evidentemente prescindere da una verifica sostanziale del materiale sequestrato.
Al riguardo occorre sottolineare che nella specie, secondo l’ipotesi d’accusa, il materiale sequestrato manteneva tale qualifica essenzialmente in relazione alla riscontrata attività di percolazione di olii esausti ed allo stato di fatiscenza del materiale sequestrato.
Orbene, a prescindere da qualsiasi rilievo sull’ampiezza del concetto di rifiuto quale elaborato in sede comunitaria ed in numerose decisioni di questa Corte (lo stesso legislatore italiano è dovuto intervenire più volte in subiecta materia per conformarla ai principi comunitari da ultimo rivedendo ad esempio con il D.lgs. 4/2008 la nozione di sottoprodotto, la definizione di smaltimento, ecc.), occorre ribadire in questa sede che l’accertamento della qualità di rifiuto deve essere comunque operata in concreto e che nel caso in cui, come nella specie, l’accusa evidenzi elementi che obiettivamente si pongono in contrasto con la documentazione attestante l’assenta attività di bonifica del materiale sequestrato, non vale ad escludere la natura di rifiuto il richiamo all’esistenza della documentazione stessa in quanto è proprio la veridicità di quest’ultima ad essere contestata.
L’ordinanza del riesame va dunque annullata con rinvio al giudice di merito affinché riesamini la questione alla luce dei principi indicati.