Cass. Sez. III n. 6117 del 7 febraio 2008 (Cc.17 dic.2007)
Pres. Lupo Est. Sarno Ric. Uguccioni
Rifiuti. Decadenza iscrizione albo e ordinanza sospensiva Tar
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Attività di recupero di rifiuti - Decadenza dall\'Albo delle imprese disposta dalla P.A. - Ordinanza cautelare del T.A.R. che sospenda l\'esecuzione del provvedimento decadenziale - Reato - Sussistenza - Esclusione.
In tema di gestione dei rifiuti, ove il Tribunale amministrativo regionale abbia in sede cautelare sospeso gli effetti di un provvedimento amministrativo, deve ritenersi legittima la prosecuzione dell\'attività svolta dopo l\'emanazione dell\'atto impugnato, in quanto l\'ordinanza cautelare del G.A., comportando il mantenimento della validità dell\'iscrizione sino all\'esito del giudizio di merito, determina il venir meno del presupposto del reato. (Fattispecie nella quale la Corte, in applicazione di tale principio, ha annullato per difetto del "fumus delicti" l\'ordinanza con cui il tribunale del riesame aveva confermato un precedente decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto un impianto di messa in riserva e recupero di rifiuti speciali, sequestro disposto a seguito dell\'adozione da parte dell\'\'amministrazione provinciale di un provvedimento di decadenza della ditta dell\'indagato dall\'iscrizione all\'Albo delle imprese che effettuano l\'attività di recupero dei rifiuti non pericolosi, poi cautelarmente sospeso dal T.A.R.).
Pres. Lupo Est. Sarno Ric. Uguccioni
Rifiuti. Decadenza iscrizione albo e ordinanza sospensiva Tar
SANITÀ PUBBLICA - IN GENERE - Gestione dei rifiuti - Attività di recupero di rifiuti - Decadenza dall\'Albo delle imprese disposta dalla P.A. - Ordinanza cautelare del T.A.R. che sospenda l\'esecuzione del provvedimento decadenziale - Reato - Sussistenza - Esclusione.
In tema di gestione dei rifiuti, ove il Tribunale amministrativo regionale abbia in sede cautelare sospeso gli effetti di un provvedimento amministrativo, deve ritenersi legittima la prosecuzione dell\'attività svolta dopo l\'emanazione dell\'atto impugnato, in quanto l\'ordinanza cautelare del G.A., comportando il mantenimento della validità dell\'iscrizione sino all\'esito del giudizio di merito, determina il venir meno del presupposto del reato. (Fattispecie nella quale la Corte, in applicazione di tale principio, ha annullato per difetto del "fumus delicti" l\'ordinanza con cui il tribunale del riesame aveva confermato un precedente decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto un impianto di messa in riserva e recupero di rifiuti speciali, sequestro disposto a seguito dell\'adozione da parte dell\'\'amministrazione provinciale di un provvedimento di decadenza della ditta dell\'indagato dall\'iscrizione all\'Albo delle imprese che effettuano l\'attività di recupero dei rifiuti non pericolosi, poi cautelarmente sospeso dal T.A.R.).
Uguccioni Livio propone per il tramite del proprio difensore ricorso per cassazione per l’annullamento dell’ordinanza con la quale il tribunale di Pesaro, in sede di riesame, ha in data 17 settembre 2007, confermato il decreto di sequestro preventivo dell’impianto di messa in riserva e recupero di rifiuti speciali in uso alla Uguccioni Livio C. snc, disposto dal GIP del tribunale della medesima città per il reato di cui agli artt. 216 co. 1 e 256 D.L.vo 152/96.
Il sequestro disposto dal GIP scaturisce dal mancato ottenimento da parte della ditta interessata del certificato di compatibilità urbanistica dell’impianto cui è conseguito, in data 4 giugno 2007, il provvedimento dell’amministrazione provinciale di decadenza della ditta dall’iscrizione nel registro delle imprese che effettuano l’attività di recupero dei rifiuti non pericolosi ai sensi dell’art. 33 DLgs 22/97.
Il tribunale del riesame, dopo avere ripercorso le ragioni che rendono necessario che le operazioni di recupero avvengano in aree territorialmente individuate dagli strumenti urbanistici e reputate idonee in relazione alla loro destinazione, ha osservato come la sussistenza di plurimi vincoli di tutela paesaggistica e la destinazione dell’area ricadente in zona agricola B2, hanno portato dapprima l’amministrazione all’annullamento parziale d’ufficio della autorizzazione paesistica e dell’autorizzazione edilizia originariamente concesse e, da ultimo, alla declaratoria di decadenza della ditta dall’iscrizione al registro delle imprese sopra menzionato.
All’obiezione della difesa secondo cui i citati provvedimenti erano stati tutti oggetto di sospensiva disposta dal TAR o dal Consiglio di Stato e che da ultimo il TAR Marche aveva con ordinanza del 10 luglio 2007 disposto anche la sospensione dell’atto di decadenza disposto dall’amministrazione provinciale in data 4 giugno 2007, il tribunale ha replicato rilevando che la ditta aveva comunque continuato ad operare nelle more della pronuncia del TAR; che il TAR medesimo non si era pronunciato nell’ordinanza del 4 giugno 2007 sul fumus del ricorso e che tale pronuncia né poteva ritenersi vincolante per il giudice penale né escludeva l’antigiuridicità della condotta stante l’incompatibilità palese delle caratteristiche di natura urbanistico - ambientale dell’area sulla quale insisteva con l’impianto con l’attività intrapresa.
In sede di ricorso l’Uguccioni eccepisce:
1) violazione dell’art. 321 c.p.p. perché il provvedimento di decadenza dell’iscrizione e il divieto di prosecuzione dell’attività insiti nel provvedimento 4 giugno 2007 della Provincia sono stati sospesi con ordinanza giurisdizionale del TAR Marche 10 luglio 2007 emessa ex art. 21 L. 7 dicembre 1971 n. 1034;
2) violazione dell’art. 316 e ss. c.p.p., erroneamente richiamato dal Tribunale di Pesaro in quanto concernente il sequestro conservativo e non preventivo;
3) violazione dell’art. 21 L. 1034/1971 essendosi ritenuta non autorizzata un’attività che operava in virtù di ordinanza cautelare del G.A.;
4) violazione dell’art. 42 c.p. non potendosi nella specie ravvisare alcun profilo di colpa nella condotta del ricorrente che ha agito in forza dell’ordinanza cautelare del TAR.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e merita accoglimento per le ragioni di seguito indicate.
L’ipotesi di reato sulla quale si fonda il provvedimento di sequestro è quella di cui agli artt. 216 co. 1 e 256 co. 1 lett. a) del D.L.vo n. 152/2006 e risulta, come detto in precedenza, originariamente formulata per effetto del provvedimento di decadenza dell’iscrizione della ditta del ricorrente dall’Albo delle imprese che effettuano l’attività di recupero dei rifiuti non pericolosi.
Nelle more della decisione del riesame è intervenuto un fatto nuovo rappresentato dalla decisione del TAR Marche di sospendere in via cautelare anche il provvedimento con cui il Dirigente del Servizio Ambiente, Agricoltura Tutela della fauna dell’amministrazione provinciale di Pesaro ed Urbino aveva disposto la decadenza dell’iscrizione dal registro degli esercenti attività di rifiuti non pericolosi e ordinato la rimozione di rifiuti eventualmente presenti nell’impianto.
Ciò posto non sembra al Collegio condivisibile l’assunto del tribunale che ritiene sostanzialmente ininfluente il provvedimento interinale del giudice amministrativo e che pertanto fonda le esigenze cautelari sulla considerazione che l’attività dell’impianto sia proseguita dopo il provvedimento di decadenza del 4 giugno 2007.
In questo modo il tribunale omette di considerare gli effetti oggettivi del provvedimento di sospensione adottato dal giudice amministrativo che, comportando il mantenimento della validità dell’iscrizione fino all’esito del giudizio di merito, fa venire meno, per effetto della pronuncia, il presupposto stesso del reato per l’attività posta in essere dopo il provvedimento di sospensione e, di conseguenza, anche le esigenze cautelari che giustificano il provvedimento di sequestro.
Né può sostenersi - come sostanzialmente fa il tribunale - che il giudice amministrativo, in sede cautelare, abbia omesso la verifica del fumus del ricorso.
Il TAR, seppure in maniera stringata, motiva, infatti, sul punto rimandando ovviamente alla fase di merito il necessario approfondimento circa la fondatezza del ricorso né, d’altra parte, potrebbe essere diversamente, in quanto l’art. 21 L. 1034/1971 richiede espressamente che il provvedimento cautelare sia adottato nella ragionevole previsione dell’ accoglimento del ricorso.
Il tribunale supera il dato fattuale, rilevando sul piano sostanziale che l’impianto non poteva comunque essere autorizzato a svolgere l’attività cui risulta preposto in quanto incompatibile con l’assetto urbanistico - ambientale evidenziando la circostanza che anche la concessione in sanatoria originariamente rilasciata al ricorrente era stata annullata in sede amministrativa.
Si tratta ancora una volta di una valutazione parziale che non tiene conto di quanto dedotto dal ricorrente in sede di riesame ed, in particolare, che anche per l’atto di annullamento della concessione in sanatoria era intervenuto un provvedimento di sospensione da parte del TAR.
Né vale richiamare il principio più volte affermato da questa Corte secondo il quale il giudice penale può conoscere dell’invalidità delle concessioni e/o delle autorizzazioni nei casi in cui l’assenza di tali atti amministrativi costituisca il presupposto della condotta incriminata.
Fermo restando, infatti, che al provvedimento di iscrizione nel registro dei gestori dei rifiuti l’art. 212 co. 5 DLgs 152/2006 (analogamente a quanto in precedenza previsto dall’art. 30 DLgs 22/97) attribuisce la natura di abilitazione all’esercizio dell’impianto di recupero dei rifiuti, va rilevato nella specie che la prosecuzione dell’attività dell’impianto direttamente discende non già da un atto dell’amministrazione ma da un provvedimento del giudice amministrativo il quale ha ritenuto di sospendere gli effetti dell’atto amministrativo con cui si disponeva la decadenza dell’iscrizione.
Va dunque disposto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato ed il dissequestro dell’impianto previa declaratoria di cessazione dell’efficacia del sequestro preventivo.
Il sequestro disposto dal GIP scaturisce dal mancato ottenimento da parte della ditta interessata del certificato di compatibilità urbanistica dell’impianto cui è conseguito, in data 4 giugno 2007, il provvedimento dell’amministrazione provinciale di decadenza della ditta dall’iscrizione nel registro delle imprese che effettuano l’attività di recupero dei rifiuti non pericolosi ai sensi dell’art. 33 DLgs 22/97.
Il tribunale del riesame, dopo avere ripercorso le ragioni che rendono necessario che le operazioni di recupero avvengano in aree territorialmente individuate dagli strumenti urbanistici e reputate idonee in relazione alla loro destinazione, ha osservato come la sussistenza di plurimi vincoli di tutela paesaggistica e la destinazione dell’area ricadente in zona agricola B2, hanno portato dapprima l’amministrazione all’annullamento parziale d’ufficio della autorizzazione paesistica e dell’autorizzazione edilizia originariamente concesse e, da ultimo, alla declaratoria di decadenza della ditta dall’iscrizione al registro delle imprese sopra menzionato.
All’obiezione della difesa secondo cui i citati provvedimenti erano stati tutti oggetto di sospensiva disposta dal TAR o dal Consiglio di Stato e che da ultimo il TAR Marche aveva con ordinanza del 10 luglio 2007 disposto anche la sospensione dell’atto di decadenza disposto dall’amministrazione provinciale in data 4 giugno 2007, il tribunale ha replicato rilevando che la ditta aveva comunque continuato ad operare nelle more della pronuncia del TAR; che il TAR medesimo non si era pronunciato nell’ordinanza del 4 giugno 2007 sul fumus del ricorso e che tale pronuncia né poteva ritenersi vincolante per il giudice penale né escludeva l’antigiuridicità della condotta stante l’incompatibilità palese delle caratteristiche di natura urbanistico - ambientale dell’area sulla quale insisteva con l’impianto con l’attività intrapresa.
In sede di ricorso l’Uguccioni eccepisce:
1) violazione dell’art. 321 c.p.p. perché il provvedimento di decadenza dell’iscrizione e il divieto di prosecuzione dell’attività insiti nel provvedimento 4 giugno 2007 della Provincia sono stati sospesi con ordinanza giurisdizionale del TAR Marche 10 luglio 2007 emessa ex art. 21 L. 7 dicembre 1971 n. 1034;
2) violazione dell’art. 316 e ss. c.p.p., erroneamente richiamato dal Tribunale di Pesaro in quanto concernente il sequestro conservativo e non preventivo;
3) violazione dell’art. 21 L. 1034/1971 essendosi ritenuta non autorizzata un’attività che operava in virtù di ordinanza cautelare del G.A.;
4) violazione dell’art. 42 c.p. non potendosi nella specie ravvisare alcun profilo di colpa nella condotta del ricorrente che ha agito in forza dell’ordinanza cautelare del TAR.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e merita accoglimento per le ragioni di seguito indicate.
L’ipotesi di reato sulla quale si fonda il provvedimento di sequestro è quella di cui agli artt. 216 co. 1 e 256 co. 1 lett. a) del D.L.vo n. 152/2006 e risulta, come detto in precedenza, originariamente formulata per effetto del provvedimento di decadenza dell’iscrizione della ditta del ricorrente dall’Albo delle imprese che effettuano l’attività di recupero dei rifiuti non pericolosi.
Nelle more della decisione del riesame è intervenuto un fatto nuovo rappresentato dalla decisione del TAR Marche di sospendere in via cautelare anche il provvedimento con cui il Dirigente del Servizio Ambiente, Agricoltura Tutela della fauna dell’amministrazione provinciale di Pesaro ed Urbino aveva disposto la decadenza dell’iscrizione dal registro degli esercenti attività di rifiuti non pericolosi e ordinato la rimozione di rifiuti eventualmente presenti nell’impianto.
Ciò posto non sembra al Collegio condivisibile l’assunto del tribunale che ritiene sostanzialmente ininfluente il provvedimento interinale del giudice amministrativo e che pertanto fonda le esigenze cautelari sulla considerazione che l’attività dell’impianto sia proseguita dopo il provvedimento di decadenza del 4 giugno 2007.
In questo modo il tribunale omette di considerare gli effetti oggettivi del provvedimento di sospensione adottato dal giudice amministrativo che, comportando il mantenimento della validità dell’iscrizione fino all’esito del giudizio di merito, fa venire meno, per effetto della pronuncia, il presupposto stesso del reato per l’attività posta in essere dopo il provvedimento di sospensione e, di conseguenza, anche le esigenze cautelari che giustificano il provvedimento di sequestro.
Né può sostenersi - come sostanzialmente fa il tribunale - che il giudice amministrativo, in sede cautelare, abbia omesso la verifica del fumus del ricorso.
Il TAR, seppure in maniera stringata, motiva, infatti, sul punto rimandando ovviamente alla fase di merito il necessario approfondimento circa la fondatezza del ricorso né, d’altra parte, potrebbe essere diversamente, in quanto l’art. 21 L. 1034/1971 richiede espressamente che il provvedimento cautelare sia adottato nella ragionevole previsione dell’ accoglimento del ricorso.
Il tribunale supera il dato fattuale, rilevando sul piano sostanziale che l’impianto non poteva comunque essere autorizzato a svolgere l’attività cui risulta preposto in quanto incompatibile con l’assetto urbanistico - ambientale evidenziando la circostanza che anche la concessione in sanatoria originariamente rilasciata al ricorrente era stata annullata in sede amministrativa.
Si tratta ancora una volta di una valutazione parziale che non tiene conto di quanto dedotto dal ricorrente in sede di riesame ed, in particolare, che anche per l’atto di annullamento della concessione in sanatoria era intervenuto un provvedimento di sospensione da parte del TAR.
Né vale richiamare il principio più volte affermato da questa Corte secondo il quale il giudice penale può conoscere dell’invalidità delle concessioni e/o delle autorizzazioni nei casi in cui l’assenza di tali atti amministrativi costituisca il presupposto della condotta incriminata.
Fermo restando, infatti, che al provvedimento di iscrizione nel registro dei gestori dei rifiuti l’art. 212 co. 5 DLgs 152/2006 (analogamente a quanto in precedenza previsto dall’art. 30 DLgs 22/97) attribuisce la natura di abilitazione all’esercizio dell’impianto di recupero dei rifiuti, va rilevato nella specie che la prosecuzione dell’attività dell’impianto direttamente discende non già da un atto dell’amministrazione ma da un provvedimento del giudice amministrativo il quale ha ritenuto di sospendere gli effetti dell’atto amministrativo con cui si disponeva la decadenza dell’iscrizione.
Va dunque disposto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato ed il dissequestro dell’impianto previa declaratoria di cessazione dell’efficacia del sequestro preventivo.