Cass. Sez. III n. 11258 del 24 marzo 2010 (Ud. 11 feb. 2010)
Pres. Onorato Est. Lombardi Ric. Chirizzi
Rifiuti. Abbandono alla rinfusa.

L'abbandono di rifiuti "alla rinfusa" e non per categorie omogenee, come invece previsto dall'art. 183, comma primo, lett. m) D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (e, in precedenza, dall'abrogato art. 6, comma primo, lett. m) D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), esclude la configurabilità del cosiddetto deposito temporaneo o regolare e integra il fatto criminoso di gestione di discarica abusiva.

 

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce ha confermato la pronuncia di colpevolezza di Chirizzi Giuseppe in ordine al reato di cui agli artt. 28 e 51, comma terzo, del D.Lgs. n. 22/97, a lui ascritto per avere realizzato e gestito una discarica non autorizzata di rifiuti di varia natura, tra i quali rifiuti pericolosi, costituiti da autovetture fuori uso, carcasse di auto, batterie esauste, copertoni, cerchioni, altre parti di autoveicoli e materiale vario fuori uso.

I giudici di merito hanno accertato in punto di fatto che i rifiuti cui alla contestazione erano stati abbandonati alla rinfusa dall'imputato, nell'esercizio della sua attività di meccanico, su un'area recintata di circa quattrocento metri quadrati.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l'appellante aveva eccepito la nullità della sentenza di primo grado per violazione dei diritti di difesa, in quanto quel giudice, prima aveva ammesso le prove richieste dall'imputato e successivamente aveva revocato il provvedimento di ammissione dopo l'esame dei testi dell'accusa; aveva inoltre contestato che nella specie sussistessero i requisiti richiesti dalla legge per affermare l'esistenza di una discarica abusiva, trattandosi invece di deposito temporaneo di rifiuti.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

 

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 28 e 51 del D.Lgs. n. 22/97, 125, 190, 495, 546, 603 c,p.p., nonché carenza ed illogicità della motivazione della sentenza.

Con il motivo di gravame si ripropone la censura afferente alla violazione dei diritti di difesa dell'imputato per la disposta revoca della prova già ammessa nel giudizio di primo grado.

Si deduce, in sintesi, che la denuncia della nullità della sentenza di primo grado per le ragioni già esposte implicava la richiesta di rinnovazione del dibattimento, che la Corte territoriale avrebbe dovuto disporre; che l'eccezione e la contestuale richiesta sul punto è stata respinta con motivazione incongrua mediante il riferimento alle risultanze della documentazione prodotta dalla difesa dell'imputato, poiché la prova per testi era stata chiesta proprio al fine di integrare la predetta prova documentale in ordine alle cadenze temporali con le quali era stato effettuato lo smaltimento dei rifiuti da parte della ditta dell'imputato.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione degli artt. 28 e 51 del D.Lgs. n. 22/97, nonché mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza.

Si deduce, in sintesi, che nel caso in esame non sussistevano gli estremi per ritenere la fattispecie della gestione di discarica abusiva, trattandosi esclusivamente del deposito temporaneo di rifiuti da parte della ditta dell'imputato. Si osserva sul punto che il deposito temporaneo di rifiuti, anche se dovesse volgersi in modo irregolare per il superamento delle quantità consentite, non lo trasforma in abbandono dei rifiuti stessi, sicché la corte territoriale non poteva desumere dal dato quantitativo lo stato di abbandono; che la nozione di discarica abusiva implica necessariamente una stabile e definitiva destinazione d'uso dell'area a luogo di abbandono dei rifiuti, la cui gestione presuppone un'organizzazione di mezzi e di persone dirette al suo funzionamento, che nel caso in esame non sussisteva; che, in ogni caso, anche la realizzazione di una discarica richiede l'allestimento dell'area con l'effettuazione delle opere occorrenti, circostanze di cui la sentenza non ha dato sufficientemente conto.

Il ricorso non è fondato.

Osserva la Corte, in relazione al primo motivo di gravame, che la motivazione con la quale la sentenza ha ritenuto superflua l'ammissione della prova richiesta dall'imputato, condividendo quella dell'ordinanza emessa dal giudice di primo grado, si palesa assolutamente esaustiva ed immune da vizi logici.

Solo una parte della prova richiesta dall'imputato, invero, aveva ad oggetto l'accertamento delle cadenze temporali e delle modalità di ricezione dei rottami da parte di altri soggetti, elementi che risultavano già provati dalla documentazione prodotta in dibattimento. In ordine ai rilievi del ricorrente sul punto va, peraltro, osservato che la superfluità della prova diretta a dimostrare l'esistenza di un deposito temporaneo e regolare di rifiuti, in ragione del prelievo cadenzato degli stessi, emerge in modo inconfutabile dall'accertamento in punto di fatto in ordine all'abbandono alla rinfusa dei predetti rifiuti, e non per categorie omogenee, come prescritto dall'art. 6, primo comma lett. m), del D.Lgs. n. 22/97 ed attualmente dall'art. 183, primo comma letto m), del D.Lgs. n. 152/2006. Inoltre delle operazioni di trasporto dei rifiuti deve darsi conto obbligatoriamente mediante gli appositi registri di carico e scarico e la redazione dei formulari afferenti al trasporto, ai sensi degli art. 12 e 15 del D.Lgs. n. 22/97, vigenti all'epoca del fatto.

E' appena il caso, poi, di rilevare che proprio dal carattere assolutamente sporadico delle operazioni di trasporto di rifiuti documentate dall'imputato i giudici di merito hanno desunto elementi di prova dell'abbandono dei rifiuti rinvenuti dalla GG.FF. nell'area di cui alla contestazione.

Osserva, poi, la Corte, con riferimento al secondo motivo di gravame, che l'accertamento della esistenza di una discarica abusiva di rifiuti ha formato oggetto di adeguata motivazione, giuridicamente corretta.

Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, infatti, ai fini della configurabilità del reato di realizzazione o gestione di discarica non autorizzata, di cui all'art. 51, comma terzo, del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, è necessario l'accumulo, più o meno sistematico, ma comunque ripetuto e non occasionale, di rifiuti in un'area determinata, la eterogeneità dell'ammasso dei materiali, la definitività del loro abbandono ed il degrado, anche solo tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione, anche in difetto di una specifica organizzazione di persone e di mezzi (cfr. sez. III, 17.6.2004 n. 27296, Micheletti, RV 229062; sez. III, 200520499, Colli ed altri, RV 231529; sez. III, 6.11.2008 n. 41351, Fulgori ed altro, RV 241533).

Orbene, l'abbandono dei rifiuti e l'esclusione del loro deposito temporaneo è stato desunto dai giudici di merito non solo dalla loro quantità e dalla irregolarità del deposito alla rinfusa degli stessi, ma altresì dalla circostanza che i rifiuti risultavano corrosi dalla ruggine e spesso sovrastati dalla sterpaglia e dalle erbacce.

La sentenza, inoltre, pur avendo escluso l'esistenza di un'organizzazione di persone e mezzi utilizzati per la gestione della discarica, ha individuato nella recinzione dell'area l'allestimento di opere per la sua destinazione all'uso che ne è stato fatto. Infine, la sentenza ha altresì accertato l'indiscutibile degrado dell'area interessata dall'abbandono dei rifiuti.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell'art. 616 c.p.p. segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.