Cass. Sez. III n. 42610 del 21 novembre 2024 (UP 22 ott 2024)
Pres. Ramacci Rel. Bucca Ric. Novelli
Rifiuti.Deposito temporaneo escluso in caso di collocazione di un cassone sulla pubblica via
La collocazione di un cassone sulla pubblica via esclude che possa configurarsi la figura del deposito temporaneo che, giova ricordarlo, presuppone, fra i vari requisiti, che i rifiuti siano depositi sull’ “intera area su cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti” (art. 185 bis d. lgs. 152/2006). Anche considerato che l’elaborazione giurisprudenziale ha ritenuto che per luogo di produzione del rifiuto va inteso non solo quello ove lo stesso è stato materialmente prodotto ma anche quello nella disponibilità del produttore che sia funzionalmente collegato al precedente, non si vede come il tratto della carreggiata di una strada provinciale su cui era collocato il cassone possa rientrare nel perimetro delimitato dalla previsione normativa. Va aggiunto, in ogni caso, che l'onere di dimostrare l'esistenza del collegamento fra il luogo di stoccaggio e quello di produzione dei rifiuti incombe sulla parte privata che deduce la liceità del deposito temporaneo.
RITENUTO IN FATTO
1. In data 12/5/2023 la Corte d'appello di Messina confermava, per quello che è d’interesse, la pronuncia, emessa in data 16/11/2022 dal Tribunale di Messina, con cui Novelli Danilo era stato condannato alla pena di mesi due arresto in quanto ritenuto colpevole del reato di cui agli artt. 192 e 256 d. lgs. 152/2006 “perché, in assenza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione ai sensi del citato decreto, effettuava attività di stoccaggio rifiuti non autorizzata, avente ad oggetto materiali inerti depositati in un cassone a bordo strada, qualificabili come rifiuti speciali non pericolosi. Accertato in Messina il 17/7/2020".
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, Novelli che, con il primo motivo, denuncia la mancanza di motivazione. Espone la difesa che, a fronte di una motivazione del Tribunale che non spiegava il ragionamento probatorio fondante la condanna, la Corte territoriale aveva disatteso il motivo di appello relativo alla responsabilità -che, richiamando le deposizioni e la documentazione prodotta, contestava che Novelli Danilo potesse essere configurato un concorrente nel reato rilevando che il medesimo si era limitato a “trasportare il cassone indicato in atti dal cantiere di Giampilieri al centro di raccolta”- sostenendo che, benché l’imputato non fosse né il proprietario dei rifiuti né il titolare della ditta incaricata dello smaltimento, doveva, comunque, rispondere della contravvenzione in quanto “utilizzatore del cassone dove erano stati riversati i rifiuti speciali non pericolosi”. Tale motivazione, ad avviso della difesa, era meramente apparente in quanto non spiegava “il significato da attribuire al sostantivo utilizzatore” e la ragione del ritenuto concorso in un’attività di stoccaggio i cui responsabili principali erano rimasti estranei al processo.
3. Con il secondo motivo, ha denunciato la manifesta illogicità della motivazione assumendo che l’imputato, autista della ditta di Novelli Angelo, che era stata incaricata dello smaltimento da Conforto Vincenzo, produttore dei rifiuti, “si era limitato a trasportare il cassone dal cantiere di Giampilieri al centro di raccolta” per cui non poteva rispondere del reato di stoccaggio, anche alla luce della documentazione prodotta dalla difesa, che rivelava che Novelli Angelo aveva: stipulato con Conforto un contratto di noleggio del cassone; rilasciato fattura per le prestazioni svolte; redatto il relativo formulario per ogni trasporto di rifiuti effettuato nell’interesse di Conforto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In premessa, e in via generale, va ricordato che quando le sentenze di primo e secondo grado concordano nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo (così, tra le altre, Sez. 3, n. 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv. 257595; Sez. 4, n. 15227 dell'11/4/2008, Baretti, Rv. 239735; Sez. 2, n. 5606 dell'8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181; Sez. 1, n. 24 8868 dell'8/8/2000, Sangiorgi, Rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997, Ambrosino, Rv. 209145).
2. Venendo alla vicenda in esame, due sono le circostanze di fatto che la sentenza del Tribunale pone a fondamento del verdetto di condanna:
“la presenza sul suolo pubblico, segnatamente la strada provinciale n. 33 Giampilieri superiore, di un cassone scarrabile colmo di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da scavi e da vari cumuli di rifiuti solidi urbani”;
il fatto che il cassone, di proprietà della ditta di Novelli Angelo, era stato collocato sul suolo pubblico dal figlio di questi, Danilo, “per conto della ditta Conforto Vincenzo, avente in corso lavori di riqualificazione nel villaggio Giampilieri per conto della Protezione Civile Regionale”.
2. Tali dati, che la sentenza di appello recepisce, attribuendo a Novelli Danilo il ruolo di “utilizzatore” del cassone, non risultano contestati dal ricorrente e giustificano il giudizio di responsabilità a titolo di concorso nel reato integrato dallo stoccaggio di rifiuti non autorizzato accertato: si è, infatti, in presenza di un raggruppamento di rifiuti, effettuato in un luogo diverso da quello di produzione dei medesimi e realizzato senza alcuna autorizzazione amministrativa, reso possibile dalla condotta dell’imputato, che aveva collocato il cassone sulla pubblica via per consentire che in esso la ditta committente conferisse i rifiuti prodotti dall’attività edilizia.
3. La tenuta logica della conclusione che sorregge la condanna, ancora, non è intaccata dalla documentazione allegata al ricorso, che anzi conferma che il cassone venne collocato sulla pubblica via dall’imputato proprio per consentire ai dipendenti di Conforto di collocarvi i rifiuti da loro prodotti.
4. Va, infine, precisato che la collocazione del cassone sulla pubblica via esclude che possa configurarsi la figura del deposito temporaneo che, giova ricordarlo, presuppone, fra i vari requisiti, che i rifiuti siano depositi sull’ “intera area su cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti” (art. 185 bis d. lgs. citato). Anche considerato che l’elaborazione giurisprudenziale ha ritenuto che “per luogo di produzione del rifiuto va inteso non solo quello ove lo stesso è stato materialmente prodotto ma anche quello nella disponibilità del produttore che sia funzionalmente collegato al precedente (Sez. 7, n. 17333 del 27 aprile 2016; Sez. 3, n. 8061 del 23/1/2013, Rv. 254754;)”(Sez. 3, n. 50129 del 28/6/2018, Donzelli, Rv. 273965 – 01), non si vede come il tratto della carreggiata della Strada provinciale n. 33 Giampilieri superiore su cui era collocato il cassone possa rientrare nel perimetro delimitato dalla previsione normativa. Va aggiunto, in ogni caso, che l'onere di dimostrare l'esistenza del collegamento fra il luogo di stoccaggio e quello di produzione dei rifiuti incombe sulla parte privata che deduce la liceità del deposito temporaneo, onere che il ricorrente non ha assolto non essendo stato allegato elemento alcuno sul punto (Sez. 3, n. 35494 del 26 agosto 2016, Di Stefano, Rv. 267636 – 01; Sez, 7, n. 16716 del 8/8/2019, Iervolino).
5. Il ricorso è, pertanto, inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22/10/2024