Cass. Sez. III n. 38046 del 17 settembre 2013 (ud.27 giu 2013)
Pres.Mannino Est.Amoresano Ric. Speranza
Rifiuti.Condizioni di operatività del deposito temporaneo

In tema di rifiuti, al fine di qualificare il deposito come temporaneo, il produttore può alternativamente e facoltativamente scegliere di adeguarsi al criterio quantitativo o a quello temporale, ovvero può conservare i rifiuti per tre mesi in qualsiasi quantità, oppure conservarli per un anno purché essi non raggiungano i limiti volumetrici previsti dall'art. 183, lett. bb), D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente - del 27/06/2013
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - SENTENZA
Dott. AMORESANO Silvio - rel. Consigliere - N. 1977
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro M. - Consigliere - N. 47602/2012
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Speranza Leo nato il 2.7.1978;
avverso la sentenza dell'11.6.2012 del Tribunale di Teramo, sez. dist. di Acri;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano;
sentite le conclusioni del P. G., dr. Aldo Policastro, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza dell'11.6.2012 il Tribunale di Teramo, sez. dist. di Acri, in composizione monocratica, condannava Speranza Leo, applicata la diminuente per la scelta del rito, alla pena di Euro 1.000,00 di ammenda per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2 per avere, in qualità di amministratore della ditta "R.C.S.L. di Speranza Leo" abbandonato e comunque depositato in modo incontrollato, sull'area adiacente l'ex mattatoio comunale in via Nazionale di Roseto degli Abruzzi (TE), rifiuti speciali non pericolosi costituiti da "rubinetteria, attrezzature alberghiere metalliche e plastiche in disuso nonché sdraio da mare, ecc..." tutti beni provenienti dall'Hotel Albatros di Roseto degli Abruzzi dove Speranza Leo stava eseguendo lavori di ristrutturazione e tinteggiatura.
Assumeva il Tribunale che in data 22.4.2010 il Nucleo di Polizia Ambientale aveva accertato che nell'area adiacente all'ex mattatoio erano stati depositati i rifiuti speciali non pericolosi indicati nell'imputazione; dalle successive indagini emergeva che tali rifiuti erano riferibili all'Hotel Albatros che aveva incaricato per lo smaltimento degli stessi la ditta RCSL di Speranza Leo. Tanto premesso, riteneva il Tribunale che fosse configurabile il reato contestato, trattandosi di deposito incontrollato e abbandono di rifiuti, non ricorrendo le condizioni normative di un deposito temporaneo.
2. Avverso la predetta sentenza proponeva appello Speranza Leo, a mezzo del difensore, assumendo che essa era viziata da errori motivazionali ed era illogica in ordine alla configurabilità del reato contestato sotto il profilo oggettivo e soggettivo. Il Tribunale non aveva tenuto conto che dagli atti non emergeva alcuna prova della riferibilità della condotta contestata all'imputato, il quale, con scrittura privata con l'Hotel Albatros, si era impegnato solo ad effettuare lavori di ristrutturazione ma non certo a smaltire i rifiuti, che, comunque, non potevano essere certo qualificati, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, come provenienti da demolizioni.
Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di discarica, smaltimento di rifiuti, stoccaggio, deposito temporaneo, assumeva che erroneamente il Tribunale aveva ritenuto che la condotta posta in essere non fosse riconducibile all'ipotesi di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 255. Nè il Tribunale aveva tenuto conto che, comunque, non sussisteva l'elemento soggettivo del reato. 3. Non essendo la sentenza appellabile, gli atti venivano trasmessi a questa Corte ex art. 568 c.p.p., comma 5.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché vengono proposte doglianze manifestamente infondate e attinenti al merito della decisione impugnata, come del resto emerge dal fatto che si intendeva proporre appello.
2. Il Tribunale, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, ha ritenuto che dalle risultanze processuali, emergesse che a depositare i rifiuti nell'area fosse stato lo Speranza. Ha fatto riferimento in proposito agli accertamenti svolti dagli Agenti del Nucleo Polizia ambientale ed alle dichiarazioni rese da Di Carlo Michele, titolare dell'Hotel Albatros, ed alla scrittura privata tra l'Hotel e RCSL in data 5.2.2010 che prevedeva, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, anche lo "smaltimento di detti rifiuti".
Del resto lo stesso ricorrente riconosce che, a mezzo di scrittura privata, si era impegnato a svolgere lavori di ristrutturazione per conto dell'Hotel Albatros.
Che poi si trattasse di rifiuti speciali non pericolosi non può essere minimamente revocato in dubbio. Irrilevante pertanto è che essi fossero stati depositati in un'area nelle vicinanze di cassonetti, non trattandosi certamente di rifiuti solidi urbani. 3. Le censure, peraltro generiche (in particolare in relazione all'elemento soggettivo), sollevate dal ricorrente non tengono conto che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la possibilità di verificare se i risultati dell'interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. È necessario cioè accertare se nell'interpretazione delle risultanze processuali siano state applicate le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 1 RV214567).
4. Quanto alla configurabilità del reato contestato, il Tribunale ha rilevato che si era in presenza, senza dubbio alcuno,di deposito incontrollato di rifiuti, non ricorrendo le condizioni previste dalla normativa vigente per poter parlarsi di deposito temporaneo. Questa Corte ha, invero, più volte affermato che in tema di deposito di rifiuti, si ha deposito temporaneo, come tale lecito, quando i rifiuti sono raggruppati, in via temporanea ed alle condizioni previste dalla legge, nel luogo della loro produzione; si ha stoccaggio, che richiede l'autorizzazione o la comunicazione in procedura semplificata, quando non sono rispettate le condizioni previste dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 6, lett. m) per il deposito temporaneo di rifiuti; si ha invece deposito incontrollato o abbandono di rifiuti, quando il raggruppamento di essi viene effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori dalla sfera di controllo del produttore: tale ultima condotta è sanzionata penalmente, se posta in essere da soggetti titolari di impresa o da responsabili di enti, mentre è sanzionata in via amministrativa, quando sia effettuata da persone fisiche diverse da quelle precedentemente indicate (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 21024 del 25.2.2004 - Eoli).
Anche, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, pur riconoscendosi che, al fine di qualificare il deposito quale temporaneo, il produttore dei rifiuti può alternativamente e facoltativamente scegliere di adeguarsi al criterio quantitativo o a quello temporale, ovvero può conservare i rifiuti per tre mesi in qualsiasi quantità, oppure conservarli per un anno purché la loro quantità non raggiunga i venti metri cubi" (cfr. Cass. pen. Sez. 3 30.11.2006 n. 39544; Cass. sez. 3 19.4.2007 n. 15997), si è ritenuto che deve, comunque, trattarsi di un raggruppamento temporaneo effettuato prima della raccolta nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti, nel rispetto delle condizioni fissate dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183 e nel rispetto dei principi di precauzione e di azione preventiva (cfr. Cass. pen. sez. 3 30.11.2006 n. 39544 cit.). 5. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in Euro 1.000,00, ai sensi dell'art. 616 c.p.p..

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.
Depositato in Cancelleria il 17 settembre 2013