Rifiuti. Discariche
Ordinanza del TdR (misure reali) di Avellino relativa al sequestro preventivo della discarica c.d. Difesa Grande di Ariano Irpino
N. 681/02 P.M. Tribunale Ariano Irpino
_TRIBUNALE
DI AVELLINO_
_I^ SEZIONE
PENALE_
_in funzione di
Tribunale del riesame_
*Il
Tribunale di Avellino*,
nelle persone dei Magistrati:
Dott. Antonio Sicuranza *Presidente *est.
Dott. Stefania Amodeo *Giudice*
Dott. Daria Valletta *Giudice*
*****
-in merito alle istanze depositate il 10 ottobre (De Vizia Nicola e
Giannattasio Raffaele) ed il 12 ottobre 2006 (De Vizia Emilio,
Adiglietti Gerardo
e Lanzara Vittorio) con le quali sono state proposte richieste di
riesame
avverso il decreto del G.I.P. presso il Tribunale di Ariano Irpino del
7-8.10.06 che ha disposto il sequestro preventivo ‘/della
discarica di Difesa
Grande di Ariano Irpino, compresi i mezzi, attrezzature e
quant’altro di
pertinenze ivi esistenti/’ nell’ambito
dell’emarginato procedimento penale
instaurato nei confonti di Lanzara Vittorio + 24, in relazione ai
reati, in
concorso ex art. 110 c.p., di cui gli art. 20 lett. B) L. n. 47/85, 20
lett. C)
L. n. 47/85, 51, 3° co, D.L.vo n. 22/97, ecc. ecc. (per ben 17
capi d’imputazione);
-rilevata la tempestività delle richieste di riesame;
-letti gli atti afferenti le indagini preliminari compiute -trasmessi
al
Tribunale l’11 ottobre 2006- e riuniti gli autonomi fascicoli
formati a seguito
della presentazione delle diverse istanze di riesame in quanto
pertinenti al
medesimo procedimento penale
* *
*OSSERVA*
Devono, in via preliminare, esaminarsi le questioni inerenti la
legittimazione
degli istanti a proporre riesame avverso il menzionato provvedimento di
sequestro, la ricorrenza del divieto del /ne bis in idem/ e, quindi, la
richiesta di espunzione avanzata nel corso dell’odierna
udienza, dal difensore
di De Vizia Nicola e Giannattasio Raffaele, della memoria difensiva
-con l’allegata
documentazione- depositata il 16.10.06 dal Comune di Ariano Irpino
nella veste
di persona offesa nell’ambito del procedimento penale
instaurato, presso gli
Uffici Giudiziari di Ariano Irpino, nei confronti di Lanzara Vittorio +
24.
La verifica della legittimazione a proporre il gravame deve, in
verità, essere
vagliata d’ufficio, sicché nessun rilievo
può darsi alla circostanza che tale
problematica sia stata sollevata dal Comune di Ariano Irpino con la
citata
memoria difensiva.
In fatto si osserva che De Vizia Nicola ed Adiglietti Gerardo sono
componenti
del consiglio di amministrazione della ASI-DEV Ecologia s.r.l.,
Giannattasio
Raffaele è membro del consiglio direttivo del CO.DI.SO
s.p.a. (Consorzio
Disinquinamento Solofra), De Vizia Emilio è vicepresidente
del consiglio di
amministrazione della ASI-DEV Ecologia s.r.l., laddove Lanzara Vittorio
è
presidente del consiglio di amministrazione della stessa ASI-DEV
Ecologia
s.r.l., società che gestisce la discarica di Difesa Grande
in forza di
contratto di locazione del terreno di proprietà di tale
Petruzzelli Paolo.
In punto di diritto la Suprema Corte (vds. ad es. Cass. pen., sez. I,
n.
36038/05) ha avuto più volte modo di affermare che ai sensi
dell’art. 568
c.p.p. è legittimato a proporre atto di gravame avverso il
sequestro
preventivo, oltre che il titolare della /res /vincolata, anche
l’imputato o l’indagato
che abbia un concreto interesse alla revoca del vincolo se ed in quanto
il
provvedimento ablativo abbia prodotto una lesione della sua sfera
giuridica, sì
che l’eventuale revoca (o modifica) del sequestro possa
procurargli il
conseguimento di un risultato giuridicamente favorevole.
Orbene questo concreto interesse (oltre nell’intuitivo
tornaconto economico
che, tramite la società, si produrrebbe in favore degli
imputati a seguito del
conferimento, dietro corrispettivo, di enormi quantità di
r.s.u. provenienti
dalla Regione Campania) ben può essere identificato con
l’utilità che gli imputati
hanno di dimostrare (quando ancora il G.U.P. di Ariano Irpino non ha
disposto
il loro rinvio a giudizio, essendo stata fissata l’udienza
preliminare per il
prossimo 30.1.07) l’infondatezza della disposta misura
cautelare e, quindi,
dell’assunto accusatorio.
Quanto al divieto del /ne bis in idem /in materia cautelare, va detto
che tale
effetto preclusivo è ravvisabile solamente qualora il nuovo
provvedimento si
fondi sugli stessi elementi utilizzati per l’emissione della
precedente misura
cautelare poi revocata o comunque decaduta non per motivi formali
(vds., tra le
tante, Cass. pen., sez. III, 10/5/99, Burjak, CED Cassazione 2000). Nel
caso di
specie, invece, deve registrarsi che, /medio
temporis/,
non solo si è avuto l’esercizio
dell’azione penale da parte del P.M. nei confronti degli
istanti con la
richiesta di rinvio a giudizio del 18.11.05, ma la stessa richiesta di
rinvio a
giudizio si fonda su complessi accertamenti tecnici (come quelli del
geologo
Budetta del 4.3.04 e dei consulenti Iacucci e Sanna del 22.3.04) che
non erano
stati ancora eseguiti in occasione del pregresso sequestro preventivo.
La doglianza degli istanti circa l’esistenza del giudicato
cautelare, quindi,
va disattesa.
Analogamente deve essere elusa la richiesta di espunzione della memoria
e della
documentazione depositata il 16.10.06 dal Comune di Ariano Irpino.
Senza necessità di dilungarsi inutilmente sul punto,
è sufficiente osservare
che se è vero che la persona offesa, come tale, non
è legittimata a partecipare
al procedimento di riesame del sequestro (vds., ad es., Cass. pen.,
sez. un.,
n. 23271/04) è anche vero che la stessa ha la
facoltà, ex art. 90 c.p.p., di
depositare memorie scritte in ogni stato del procedimento penale e,
pertanto,
anche nelle fasi incidentali dello stesso.
Sgombrato il campo dalle questioni preliminari e prima di passare a
vagliare il
merito delle richieste, deve comunque essere dichiarata la sopravvenuta
inefficacia del sequestro disposto nei confronti
dell’imputato De Vizia Emilio,
così come richiesto dal suo difensore nel corso
dell’odierna udienza. De Vizia
Emilio, difatti, con atto depositato presso la cancelleria del G.U.P.
in data
7.9.06 (fl. 519 Vol. VII), dopo aver revocato la precedente elezione di
domicilio, eleggeva domiciliatario per le notificazioni
l’Avv. Francesco Maria
Filoni, dom.to in Prata P.U., loc. Z.I Pontesabato, presso DEVIM sas e
dove,
quindi, andava notificato l’avviso di fissazione
dell’odierna udienza camerale.
In data 13.10.06 i Carabinieri di Montefusco hanno sì
notificato l’avviso di
fissazione dell’odierna udienza camerale presso il domicilio
dell’imputato, in
via S.Antonio Abate di Montefusco, ma non a mani del De Vizia.
E’ noto che la notifica non a mani proprie in luogo diverso
da quello eletto o
dichiarato, anche se avvenuta presso il domicilio reale e di effettiva
abitazione dell’interessato, è affetta da
nullità a regime intermedio a norma
dell’art. 178 lett. c) c.p.p..
Nel caso in esame il Collegio è impossibilitato a fissare
una nuova udienza
utile per impedire la perdita di efficacia della misura cautelare nei
confronti
di De Vizia Emilio. Il Pubblico Ministero procedente, difatti, ha
trasmesso gli
atti al Giudice del riesame in data 11.10.06 sicché la
decisione va emessa, ex
art. 324, 5° co, c.p.p., perentoriamente entro il 21.10.06, e
per tale data non
è possibile effettuare una nuova notifica al De Vizia con il
rispetto del
termine libero di tre giorni. //
Quanto al merito delle rimanenti richieste di riesame, deve anzitutto
richiamarsi il consolidato orientamento della Suprema Corte (vds., ad
es.,
Cass. pen., sez. un., 23.2.00, Mariano) secondo cui deve escludersi
ogni potere
di valutazione del Tribunale, in sede di riesame, circa la sussistenza
e la
gravità degli indizi, la fondatezza dell’accusa e
la probabilità di condanna
del soggetto sottoposto alle indagini preliminari, dovendosi
riconoscere
solamente il potere di verifica dell’astratta
possibilità di sussumere il fatto
attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato.
Per quel che interessa in questa fase, quindi, deve allora evidenziarsi
come le
risultanze delle corpose e complesse indagini preliminari consentono di
affermare che la libera disponibilità da parte degli
imputati (il P.M. ha già
avanzato richiesta di rinvio a giudizio il 18.11.05) della discarica di
Difesa
Grande (e ciò a seguito di emissione in data 28.9.06, da
parte del Commissario
di Governo per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania,
dell’ordinanza n.
361 che ha disposto la riapertura della discarica stessa per il
conferimento
dei rifiuti non pericolosi provenienti dal sistema regionale di
smaltimento
r.s.u.) comporta il concreto pericolo di aggravamento e/o protrazione
delle
conseguenze dei reati soprattutto offensivi dell’ambiente e
della pubblica
incolumità (e di cui, in particolare, quelli contestati al
capo d’imputazione
sub lett. C): art. 51,
3° co.,
D.L.vo 22/97; E): art. 59 D.L.vo 152/99; F): artt. 439-452
c.p.; G):
artt. 635-625 n. 7 c.p.; I): artt. 40-434 c.p.; L): art. 51, 4°
co, D.L.vo
22/97; P): art. 51, 1° co., D.L.vo 22/97; R): art. 51,
3° co., D.L.vo 22/97;
S): art. 53 bis D.L.vo 22/97), se non la certezza della commissione di
ulteriori reati sempre in materia ambientale non potendo, per quanto
sarà
osservato più avanti, riconoscersi efficacia
‘autorizzatoria’ alla già citata
ordinanza del Commissario di Governo n. 361/06.
Lamentano in proposito le difese dei richiedenti che il G.I.P. abbia
ritenuto
di dover anticipare, rispetto alla fase propriamente processuale, la
fondatezza
dei rilievi tecnici espressi /unilateralmente/ dai consulenti
tecnici del P.M. senza, peraltro,
tener conto di quanto affermato dal Commissario di Governo con
l’ordinanza già
citata.
Invero pare assai arduo al Tribunale ipotizzare che il G.I.P., come ora
il
Collegio, potesse rifarsi a fonti probatorie di diversa natura, stante
la
complessità delle indagini demandate dal P.M. ai consulenti
tecnici che,
peraltro, non risultano al momento adeguatamente confutate da elaborati
tecnici
di diversa valenza.
Ciò posto, va sottolineato che dall’esame della
relazione di consulenza tecnica
del 2.8.02 a firma dei consulenti del P.M. Iacucci e Sanna emerge che:
a) la discarica in oggetto è suddivisa in due invasi
(principale e secondario)
che non sono stati progettati, realizzati e gestititi in modo da
limitare
quanto più possibile il contatto tra i rifiuti in via di
abbancamento e le
infiltrazioni di acque esterne e, quindi, di limitare la produzione di
percolato che si forma per effetto del contatto tra le acque esterne ed
i rifiuti,
tanto che il percolato presente nell’invaso secondario
è tracimato e si è
sversato dalle sponde meridionali della discarica in direzione del
torrente
Lavello [i consulenti tecnici, peraltro con facile previsione
‘la relazione
come visto è del 2.8.02- affermavano che, in ragione delle
deficienze
riscontrate, /le acque di origine esterna incidenti su tali superfici
in
coltivazione si trasformano in percolato con il duplice effetto che
l’abbancamento
sarà reso instabile e saranno prodotti ingenti quantitativi
di percolato/ (vds.
i successivi accertamenti del 25 febbraio 2003, 23 marzo 2004,
2,5,7,8,9,17,18
aprile 2004 che hanno permesso di appurare, per la fuoriuscita di
abbondante
percolato, la contaminazione delle acque di larghe zone a ridosso della
discarica
di Difesa Grande e, in particolare, del torrente Lavello -con condotta,
peraltro, perdurante, così come contestato dal P.M. sub
lett. E), F) e G) del
capo d’imputazione per i reati di cui agli artt. 59 D.L.vo n.
152/99, 51, 1°
co, D.L.vo n. 22/97, 439-452 c.p., 635 in relazione all’art.
625 n. 7, e 734
c.p.)];
b) in assenza di sistemi di aspirazione forzata, il /biogas/ (e
cioè l’effluente gassoso che si produce dalla
trasformazione dei rifiuti, costituito principalmente da metano ed
anidride
carbonica) tenderà ad espandersi all’interno della
discarica costituendo, oltre
che una fonte di inquinamento ambientale (vds. il reato di cui
all’art. 674
c.p., contestato con condotta perdurante sub lett. M) del capo
d’imputazione),
anche un pericolo per innesco di possibili incendi;
c) relativamente alla possibilità di cedimento strutturale
delle scarpate su
cui insiste la discarica in sequestro, gli accertamenti hanno
evidenziato che
non possono ritenersi soddisfacenti le condizioni di
stabilità e di sicurezza
delle pareti della discarica (vds. la contestazione, sub lett. I) del
capo d’imputazione,
del reato ex art. 434 c.p. e, cioè, di un tipico delitto
contro la pubblica
incolumità).
Dall’esame della relazione tecnica del 23.3.04, sempre a
firma dei consulenti
Iacucci e Sanna, emerge in modo chiaro che le acque riscontrate nei
pozzi
scavati nei pressi della discarica sono inquinate da contaminanti che
non sono
di origine naturale (invero, la landa deserta -dove insiste la
discarica- che
appare dalle foto allegate nelle varie relazioni di consulenza tecnica
ed
allegate ai vari sopralluoghi di accertamento, non può far
residuare alcun
dubbio che l’inquinamento delle acque sia da attribuire alla
discarica stessa).
Dall’esame della relazione tecnica del 23.3.04 a firma del
solo Iacucci,
ancora, emerge con certezza che le acque del torrente Lavello, pulite a
monte,
presentano elevati indici di contaminazione, anche di metalli pesanti,
una
volta che si trovano a scorrere nei pressi della discarica,
lì dove ricevono le
acque di ruscellamento della stessa.
Dalla relazione tecnica del 4.3.04 del Geologo Budetta (nominato
ausiliario di
P.G. dal NOE dei Carabinieri il 21.11.03), infine, si ricava che le
verifiche
di stabilità effettuate sulle sezioni a maggior pendenza
delle scarpate della
discarica (realizzata per di più in zona sismica di 1^
categoria) fornivano
valori di sicurezza maggiori del limite imposto dalla normativa vigente
ma solo
al termine delle operazioni di abbancamento previste per il mese di
febbraio
2004, giacché in caso di ulteriori conferimenti di rifiuti
si determinerebbe un
sovraccarico tale da non garantire più le condizioni di
stabilità delle pareti
della discarica come imposto dal D.M. 11/3/88.
Già in quel periodo (e cioè nel mese di marzo
2004) il geologo Budetta
affermava, quindi, che /ulteriori proroghe all’esercizio
della discarica
andranno subordinate all’esecuzione di studi più
approfonditi ed alla
realizzazione di interventi atti a garantire la piena
stabilità dei rilevati
nelle nuove condizioni che si verranno a creare /(p. 16 della relazione
di
consulenza).
Va a tal punto osservato come l’ordinanza del Commissario di
Governo n. 361/06
è espressione di un potere contingibile ed urgente
(formalmente previsto dall’art.
5 L. n. 225/92 istitutiva del Servizio nazionale della protezione
civile) del
cui /genus /partecipano sicuramente anche i poteri eccezionali
stabiliti, in
tema di smaltimento dei rifiuti, dall’art. 13 D.L.vo 22/97 in
favore del
Presidente della giunta regionale, del Presidente della provincia o del
sindaco.
Più precisamente l’art. 5 L. 225/92 riserva il
potere di emanare ordinanze
anche in deroga alla legislazione vigente, pur sempre /nel rispetto dei
principi generali dell’ordinamento giuridico/ (art. 5,
2° co.), relativamente
alle calamità naturali esclusivamente al Presidente del
Consiglio dei Ministri
(ovvero, per sua delega, al Ministro per il coordinamento della
protezione
civile; art. 5, 3° co., L. cit.) che per l’attuazione
degli interventi che si
rendono necessari può avvalersi di commissari delegati.
E’ stato già considerato che non è
certamente conforme a legge un’ordinanza con
la quale il predetto potere contingibile ed urgente, di esclusiva
spettanza del
Presidente del Consiglio, venga delegato al commissario straordinario
nominato
per fronteggiare l’emergenza derivante dalla
necessità di procedere allo
smaltimento dei rifiuti della Regione Campania (Corte Conti, sez.
contr., 19
novembre 1996, n. 151, in Foro amm. 1997, n. 1231).
Nel caso al vaglio, tuttavia, con l’ordinanza n. 361/06 il
Commissario di
Governo ha esercitato i poteri che in forza dell’OPCM n. 3345
del 30.5.04 gli
sono stati conferiti dal Presidente del Consiglio laddove, sub lett. f)
dell’OPCM,
ha autorizzato l’organo amministrativo straordinario /a
prorogare, se
necessario ed in via temporanea, l’esercizio delle discariche
attive,
eventualmente autorizzando l’apertura di quelle non
più in esercizio,
utilizzando ed ampliando le volumetrie residue, nei limiti necessari
per far
fronte al particolare contesto emergenziale in atto/.
Il corretto esercizio formale, da parte del Commissario di Governo, dei
poteri
delegatigli non vale, però, a rendere immune da censure
d’illegittimità/ /l’ordinanza
stessa, il cui contenuto deve pur sempre rispettare i principi generali
dell’ordinamento
giuridico.
Infatti proprio in relazione al potere contingibile ed urgente
disciplinato,
successivamente alla L. n. 225/92, dall’art. 13 D. L. vo n.
22/97 (norma che,
come nel caso al vaglio, è prevista per far fronte a
/situazioni di eccezionale
ed urgente necessità di tutela della salute pubblica e
dell’ambiente, e non si
possa altrimenti provvedere/) si è più volte
affermato in giurisprudenza il
potere-dovere del Giudice di accertare in termini di assoluta certezza
la
legittimità delle relative ordinanze (vds., in tema di
sequestro preventivo,
Cass. pen., sez. III, in Riv. giur. ambiente 2001, 800), riconoscendosi
espressamente in favore del Giudice penale (in conformità,
del resto, del
disposto di cui all’art. 5 L. n. 2248 del 1865, all. E
-circostanza che priva
di ogni rilievo la pur ventilata eccezione del difetto di giurisdizione
del
Tribunale) il dovere di applicarle solo in quanto siano conformi a
legge (vds.,
/ex
multis/,
Cass. pen., sez. III, n. 377/98, in Giust. pen. 1998, II, 703).
Inoltre non può tralasciarsi di evidenziare che le ordinanze
espressive di tale
potere possono discriminare solo i reati previsti dal D.L.vo n. 22/97,
ma non
possono certamente avere tale effetto per i reati sostanziali in
materia
ambientale (come quelli di cui agli artt. 434, 439-452, 635-625 n. 7, e
674
c.p., ascritti dal P.M. sub lett. F), G), I) e M) del capo
d’imputazione)
potendo, al più, rendere giustificate quelle condotte
necessitate poste in
violazione di vincoli formali (1/quinquies L. 431/85/, 734 c.p., come
affermato
da Cass. pen., sez. III, 19 novembre 1996, in Cass. pen. 1997, 3593,
laddove
per altra giurisprudenza non opererebbe comunque alcuna causa di
giustificazione anche per tali violazioni formali: vds. in proposito,
Cass.
pen., sez. III, n. 12692/98, in Cass. pen. 2000, 171).
A p. 2 dell’ordinanza n. 361/06 il Commissario di Governo
dà atto della nota
del 17.3.06 con la quale il Prof. Luciano Ferrara, il Dott. Pasquale
Cacace ed
il Centro Compartimentale di Metodologie Chimico-fisiche
dell’Università
Federico II di Napoli avrebbero accertato che /non risultano evidenze
di
contaminazione da parte della discarica nei confronti del suolo, del
sottosuolo, delle acque sotterranee, delle acque superficiali e
dell’aria
circostante/, circostanza che di per sé, secondo
l’assunto difensivo,
escluderebbe la ricorrenza delle esigenze cautelari.
Invero non vi è dubbio che, in questa fase, debbono essere
ancora privilegiate
le risultanze dei complessi accertamenti tecnici effettuati dal P.M.
che, come
visto, hanno fatto risaltare concreti rischi (se non danni tangibili ed
irreversibili, avendo il P.M. contestato anche il reato di
danneggiamento al
capo G) dell’imputazione), sia per le acque di una larga zona
a ridosso della
discarica di Difesa Grande, comprese quelle del torrente Lavello, che
per l’aria
circostante e per i luoghi soggetti a speciale protezione
dell’Autorità,
trattandosi di discarica realizzata in zona sottoposta a vincolo
archeologico.
Al riguardo, peraltro, va sottolineato come il Prof. Ferrara ed il
Dott. Cacace
non hanno affermato, /tout
court/,
la possibilità che venga riattivata la
discarica di Difesa Grande, avendo posto in risalto che il conferimento
ulteriore dei rifiuti è possibile /purché siano
rispettate tutte le norme
previste dal D.L. 36/03/, elencando una serie di lavori che devono
essere
eseguiti prima dell’ulteriore conferimento (vds. la relativa
relazione di
consulenza, depositata in copia nel corso dell’udienza
camerale), e quindi
sostanzialmente confermando che, allo stato, la discarica non
è idonea all’immediata
riapertura.
Notevoli perplessità, inoltre, nascono dal constatare che la
capacità di
smaltimento della discarica è valutata ancora in 144.000 mc.
(p. 4 dell’ordinanza
commissariale) laddove, come visto, il geologo Budetta ha espressamente
affermato che nuove proroghe nell’attività di
conferimento dei rifiuti devono
essere subordinate alla previa esecuzione di interventi atti a
garantire la
stabilità delle pareti della discarica, interventi, in
verità, di cui non vi è
traccia in atti.
Anche in relazione a tale problematica la ‘perizia’
tecnica giurata redatta
dall’Ing. Michele Barbieri per conto dell’ASI-DEV
Ecologia s.r.l., depositata
in data odierna, non apporta alcun dato rassicurante,
giacché il professionista
ha affermato (vds. p. 2 della ‘perizia’ giurata)
che dalle rilevazioni
effettuate, confrontate con i dati accertati in precedenza, si
è accertata una
fase di assestamento e le scarpate /stanno diminuendo in modo
abbastanza sensibile
le loro caratteristiche geometriche riportandosi verso valori
più bassi di
quelli consigliati/ (com’è normale che sia, non
ricevendo più la discarica
rifiuti), giacché nulla dice circa l’impatto
determinato dalla riapertura della
discarica, così come problematicamente evidenziato
dall’ausiliario del P.M.
Budetta.
Il conferimento, pertanto, di tale massa enorme di rifiuti renderebbe
ben
concreto il rischio del verificarsi dell’evento di cui
all’art. 434, 2° co,
c.p., dovendosi ricordare ancora che la zona è classificata
come sismica di 1^
categoria.
In altre parole deve affermarsi che il Commissario di Governo non ha
tenuto in
adeguato conto dei rilievi fattuali, integranti plurime ipotesi di
reato,
emersi nel corso delle indagini preliminari, verosimilmente
perché astretto
dalla constatazione che /non risultano soluzione alternative
‘ e considerata l’estrema
urgenza del provvedere /(p. 4 dell’ordinanza commissariale).
Ma se al Commissario di Governo -che pur deve conformare
necessariamente la sua
condotta al principio di legalità in quanto organo
amministrativo- è consentito
di poter scegliere operando un discrezionale contemperamento degli
interessi in
gioco (sacrificando i beni ambientali di una collettività
assai più ristretta
rispetto a quella, assolutamente preponderante, del resto della Regione
Campania), certamente ciò non è permesso al
Giudice che, soggetto soltanto alla
legge ex art. 101, 2° co., Cost, ha il dovere/ /di reprimere le
condotte
penalmente rilevanti, e quindi di impedire che le stesse vengano
reiterate o
portate a conseguenze ulteriori e più gravi.
E’ di intuitiva comprensione, difatti, che il conferimento
annunciato di
ulteriori 144.000 mc. di r.s.u. nella discarica di Difesa Grande (la
quale, già
in funzione da anni, era stata progettata e convenzionata
originariamente per
far fronte ad una necessità di 300.000 mc. di r.s.u., mentre
successivamente è
stata prevista a sanatoria una volumetria di 453.000 mc. reali; vds. la
relazione Iacucci-Sanna del 2.8.02) importerà
inevitabilmente, per quanto
accertato dai consulenti tecnici del P.M. in ragione delle condizioni
geofisiche del sito (che già necessitava, da almeno un
lustro, di un progetto
esecutivo relativo alla messa in sicurezza ed alla gestione della fase
/post
mortem /della discarica; vds. del resto l’imputazione di cui
al capo H)
pertinente al reato di cui all’art. 328 c.p.) conseguenze
allarmanti, oltre che
per la già evidenziata (in)stabilità delle
pareti, per la fuoriuscita del
percolato (che andrà ad attingere in modo più
pregnante, inquinandole
maggiormente, le acque circostanti) e, inoltre, per la dispersione
nell’atmosfera
del /biogas/,
la cui generazione sarà stimolata dall’inevitabile
aumento della compressione
dovuta alla enorme massa di rifiuti destinati
all’abbancamento.
Quanto osservato sinora rende del tutto giustificato, e
perciò legittimo, il
sequestro preventivo della discarica di Difesa Grande disposto dal
G.I.P. di
Ariano Irpino con provvedimento del 7-8.10.06 (sul quale non
può avere alcuna
conseguenza la sopravvenuta normativa di cui al D.L. n. 263/06,
pubblicato
sulla G.U. n. 235 del 9.10.06 ed entrata in vigore dopo
l’esecuzione del
sequestro penale dell’8.10.06).
Difatti le conseguenze antigiuridiche che il sequestro preventivo tende
ad
evitare non sono identificabili necessariamente con l’evento
del reato in senso
naturalistico e neppure con l’evento in senso giuridico
(cioè la lesione del
bene penalmente tutelato), sicché esse possono configurarsi
anche dopo la
consumazione del reato in relazione alla possibile realizzazione di
ulteriori
pregiudizi quali nuovi effetti offensivi del bene protetto.
Pertanto non vi è dubbio che in materia di reati concernenti
la difesa del
territorio e, più in generale, la tutela
dell’ambiente, l’aggravamento o la
protrazione delle conseguenze pregiudizievoli che il legislatore mira a
tutelare attraverso il provvedimento cautelare ben possono verificarsi
anche
dopo la consumazione del reato, laddove perduri, come nel caso di
specie, la
lesione dell’equilibrio ambientale e del territorio per il
mancato impedimento
della libera disponibilità della cosa pertinente al reato in
capo all’autore di
esso o di terzi (vds., da ultimo, Cass. pen., sez. II, 15
giugno’10 agosto
2006, n. 29160).
Infine deve evidenziarsi che dalla condanna (così come anche
dall’applicazione
di pena ex art. 444 c.p.p.) per il reato di cui all’art. 59,
3° co., D.L.vo n.
22/97 (contestato dal P.M. sub lett. C) del capo
d’imputazione) consegue l’obbligo
di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi (non la confisca,
poiché
dall’analisi degli atti non emerge che tra gli imputati vi
sia anche il
proprietario dell’area dove insiste la discarica)
sicché sarebbe certamente
illogico consentire, mediante il conferimento di una notevole massa di
rifiuti,
l’ulteriore degradazione dei luoghi che, invece, dovranno
essere riportati allo
/status
quo ante/.
Le compiute osservazioni circa le esigenze cautelari inerenti il
sequestro
preventivo della discarica esonerano il Collegio dal valutare la
fondatezza delle
(ultronee) esigenze probatorie pur poste dal G.I.P. a fondamento della
misura
di cautela reale.
* *
*P.Q.M.*
Rigetta le richieste di riesame avanzate da *De
Vizia Nicola*,
*Giannattasio
Raffaele*,
*Adiglietti
Gerardo*
e *Lanzara
Vittorio*
e, per l’effetto, conferma il
decreto di sequestro preventivo della discarica di Difesa Grande di
Ariano
Irpino emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Ariano Irpino il
7-8.10.06, e
condanna gli istanti, in solido, al pagamento delle spese della
presente procedura.
Dichiara la sopravvenuta inefficacia del sequestro preventivo nei
confronti di *De
Vizia Emilio*.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
*Così
deciso in Avellino*,
camera di consiglio del 18 ottobre 2006.
Il Presidente est.
Dott. Antonio Sicuranza