Cass. Sez. III n. 38445 del 27 novembre 2025 (CC 29 ott 2025)
Pres. Ramacci Est. Gai Ric. Irace
Urbanistica.Prosecuzione di lavori edili su manufatto abusivo oggetto di istanza di condono
In tema di abuso edilizio, la prosecuzione di lavori edili su manufatti abusivamente realizzati concretizza una nuova condotta illecita, a prescindere dall'entità dei lavori eseguiti, e ciò anche quando le condotte relative alla iniziale edificazione sia maturato il termine di prescrizione, atteso che i nuovi interventi ripetono le stesse caratteristiche di illegittimità dall'opera principale alla quale strutturalmente ineriscono. Ne consegue che se si proseguono i lavori edilizi su un immobile abusivo dopo la scadenza del termine per il condono, senza che il permesso in sanatoria sia stato rilasciato, si producono due effetti giuridici: la commissione di un ulteriore reato, trattandosi di lavori edilizi su immobile abusivo, e la non concedibilità del condono richiesto, perché la data a cui fa riferimento la legge serve a fotografare la situazione di fatto esistente su cui valutare la possibilità di rilasciare il titolo in sanatoria, e l'ordine di demolizione si estende all'intero manufatto
RITENUTO IN FATTO
1. Irace Giovanni ricorre per l'annullamento dell'ordinanza, in data 29/04/2025, del Tribunale di Napoli, quale giudice dell'esecuzione, con la quale, previa sospensione dell'ordine di demolizione, era stata rigettata la richiesta di revoca dell'ordine di demolizione delle opere indicate nei provvedimenti di ingiunzione n. 251/2015 RESA e n. 106/2005 RESA.
2. A sostegno del ricorso deduce con un unico e articolato motivo la violazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla contraddittorietà della motivazione, travisamento del fatto, sotto tre profili: in relazione alla "violazione dei criteri di graduazione dell'esecuzione", in relazione alla consistenza delle opere oggetto del condono ex legge n. 724/94 e alla volumetria delle opere oggetto del condono ex legge n. 47/85 e alla ritenuta improcedibilità delle istanze di condono per effetto della realizzazione di nuovi interventi.
Sotto il primo profilo, l'ordinanza impugnata sarebbe contraddittoria e illogica laddove avrebbe fatto rientrare l'immobile de quo tra quelli che per le loro caratteristiche strutturali, costituiscono pericolo per la pubblica e privata incolumità, ricadendo nella zona R3 a rischio elevato di frana, sicchè ha ritenuto che l'immobile fosse tra quelli a demolizione prioritaria, e al contempo, contraddittoriamente, avrebbe ritenuto che il pericolo non esistesse in ragione della relazione geologica acquisita in atti.
Sotto il secondo profilo, avrebbe illogicamente ritenuto, travisando il fatto, che la volumetria delle opere oggetto dell'istanza di condono, ex legge n. 724/94, fossero nel complesso superiore a 750 mc., mentre dalle relazioni in atti risulterebbe una volumetria inferiore.
Quanto alla volumetria delle opere oggetto di istanza di condono ex legge n. 47 del 1985, l'ordinanza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto di sommare queste a quelle oggetto del condono ex legge n. 724/94, in contrasto con la disposizione normativa della legge n. 47/85 che non prevedeva alcun limite volumetrico e tenuto conto che ogni procedimento di condono non può che valutarsi rispetto alla disciplina cui afferisce la domanda, senza che sia evocabile alcuna automatica estensione, non prevista, di altre distinte e diverse successive discipline, ancorché riferibili in astratto al medesimo istituto del condono, anche in applicazione del principio di tipicità degli atti e dei procedimenti amministrativi, che impone la correlazione tra domanda, relativa disciplina e decisione finale.
Infine, non sarebbe fondata la tesi secondo cui l'avvenuta realizzazione di nuove opere abusive post domanda di condono renderebbe improcedibile la domanda di condono e illegittimo il successivo rilascio del titolo edilizio in sanatoria.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Il difensore ha depositato memoria di replica con cui ha insistito nell'accoglimento del ricorso, ribadendo, da un lato, il principio per cui ogni procedimento di condono non può che valutarsi rispetto alla disciplina cui afferisce la domanda, senza che sia evocabile alcuna automatica estensione, non prevista, di altre distinte e diverse successive discipline, e la legittimità dei due condoni in quanto il volume complessivo delle opere oggetto delle due domande di condono edilizio ex lege 724/94, presentate da Restituta Irace e Giovanna Irace, pari a metri cubi (295 + 291) 586, sarebbe di gran lunga inferiore al prescritto limite di metri cubi 750.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La censura in punto mancata osservanza dei criteri dettati per la gradualità dell'esecuzione dell'ordine di demolizione risulta infondata.
Va rammentato, in linea generale, che i criteri adottati dalla Procura generale di Napoli per uniformare i criteri di priorità da seguire nell'esecuzione dell'ordine di demolizione attengono al profilo organizzativo e costituiscono mere direttive interne prive di qualunque rilevanza esterna, non vincolanti per gli uffici destinatari e per il giudice penale (Sez. 3, n. 26523 del 24/06/2020, Barone, Rv. 279915 - 01).
Quanto al caso concreto, l'immobile in questione è stato realizzato su un'area classificata, secondo il piano PSAI in vigore dal 2015, a rischio elevato frana R3, in cui vige il divieto assoluto di carico urbanistico e di ogni intervento di modifica dello stato dei luoghi, da cui la conclusione, secondo il provvedimento impugnata, che l'immobile in questione era soggetto a demolizione prioritaria in quanto sussistente il pericolo per la pubblica e privata incolumità.
Si tratta di motivazione ineccepibile e corretta sul piano del diritto.
2. Sul punto, osserva il Collegio, che, con riguardo alla sussistenza del vincolo introdotto dal piano PSAI e all'impossibilità di sanare la realizzazione di opere abusive, realizzate ante 2015, in zona a rischio frane, la Corte di cassazione si è espressa con la sentenza Sez. 3, n. 4222 del 19/01/2023, Espositore, non mass.).
La Corte di legittimità ha escluso, in ragione del rilievo ostativo del piano stralcio per l'assetto idrogeologico (p.s.a.i.) dell'Autorità di bacino regionale della Campania centrale (approvato con delibera della Giunta regionale n. 466 del 21 ottobre 2015), la legittimità della concessione in sanatoria eventualmente ottenuta.
In particolare, ha escluso la possibilità, prevista dalle medesime norme di attuazione del p.s.a.i., di proseguire, nell'area nella quale insiste il fabbricato abusivo, nonostante detta classificazione come area a rischio elevato, le attività antropiche preesistenti, residenziali o meno, con ciò escludendo la conservazione di fabbricati abusivi il cui mantenimento sia incompatibile con il suddetto rischio idrogeologico, consentendo solo di proseguire le attività umane svolte in precedenza in dette aree, purché compatibili con il relativo rischio idrogeologico, dunque, non certo il mantenimento di fabbricati abusivi realizzati in zone a rischio elevato. Da cui l'ulteriore affermazione secondo cui i vincoli conseguenti alla approvazione del p.s.a.i. sono applicabili alle opere abusive da demolire, in quanto realizzate prima della approvazione di tale piano, poiché a tale data, ossia nel 2015, secondo quanto espressamente stabilito dal citato art. 42 delle disposizioni di attuazione del p.s.a.i., i suddetti vincoli non erano nuovi ma frutto di una analisi aggiornata del rischio idrogeologico già esistente nella Campania centrale, e dunque, anche nell'Isola di Ischia, nella quale si trova il Comune di Forio, e dei quali quindi l'autorità amministrativa deputata al rilascio dei titoli edilizi avrebbe dovuto tenere conto (sempre Sez. n. 4222 del 2023).
Ricadendo l'immobile di cui ci si occupa nella zona R3 a rischio elevato di frana, correttamente il tribunale ha ritenuto la demolizione prioritaria.
3. Gli ulteriori profili di censura sono parimenti infondati.
Va premesso in punto di fatto che: 1) per il manufatto abusivo, oggetto delle due procedure RE.SA , in parte realizzato prima del 1°ottobre 1983, Irace Giovanni aveva presentato istanza di condono, ex legge n. 47 del 1985, 2) per gli interventi successivi eseguiti prima del 30/09/1993, erano state presentate due istanze di condono dall'Irace e dalle due figlie sul rilievo che le due figlie avessero la disponibilità del fabbricato, 3) in data 12/08/2022 venivano rilasciate due concessione edilizie in sanatoria ( n. 62 e 63) afferenti alle due unità abitative, una al piano terra e una al primo piano.
4. Ciò posto in fatto, l'ordinanza impugnata ha dapprima censurato la atomizzazione della valutazione delle tre istanze di condono, la prima presentata da Irace Giovanni, ai sensi della legge n. 47 del 1985, le altre due presentate anche dalla due figlie, ai sensi della legge n. 724 del 1994, in quanto afferenti al medesimo immobile progressivamente realizzato senza alcun titolo dagli anni '80 e successivamente ampliato tra '85 e il 1994 e poi ancora successivamente, per il quale erano state rilasciate due concessione edilizie in sanatoria n. 62 e 63 del 16/08/2022, e ne ha tratto la conclusione del superamento di limiti volumetrici previsti dal c.d. secondo condono.
La decisione è corretta sul piano del diritto avendo il giudice fatto corretta applicazione dei principi reiteratamente espressi dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui non è ammissibile il condono edilizio di una costruzione quando la richiesta di sanatoria sia presentata frazionando l'unità immobiliare in plurimi interventi edilizi, in quanto è illecito l'espediente di denunciare fittiziamente la realizzazione di plurime opere non collegate tra loro, quando invece le stesse risultano finalizzate alla realizzazione di un unico manufatto e sono a esso funzionali, sì da costituire una costruzione unica (Sez. 3, n. 2840 del 18/11/2021, Vicale, Rv. 282887 - 01; Sez. 3, n. 20420 del 08/04/2015, Esposito, Rv. 263639 - 01; Sez. 4, n. 10017 del 03/03/2021, Rv. 280700 - 01).
5. L'ordinanza ha poi argomentato l'illegittimità dei due condoni rilasciati il 12 agosto 2022 a Irace Giovanni, sul rilievo secondo cui era superato il limite volumetrico del c.d. secondo condono, con riguardo alle opere realizzate anche tra il 1985 ed il 1995, come emerge con chiarezza dal calcolo effettuato da entrambi i consulenti tecnici (pag.7), limite volumetrico vieppiù superato se si tiene conto delle opere realizzate dopo la presentazione delle istanze nel 1995, ma, comunque, anche superato senza valutare lo opere oggetto del primo condono del 1985.
6. Ma ancora più chiaramente, l'avere realizzato volumi in ampliamento rispetto ad un immobile realizzato in assenza di titolo a costruire, per il quale era stata presentata istanza di condono ex legge n. 47 del 1985, tra il 1985 e 1994 e poi ancora dopo, costituiva una ripetizione dell'abuso: ripetizione dell'abuso edilizio già con le opere realizzate prima del 1995 e oggetto delle due istanze di condono ex legge n. 724 del 1994, e, poi, ancora successivamente alla presentazione delle istanze di condono, nel 1995, sicchè tale situazione di fatto rendeva i titoli edilizi rilasciati tutti illegittimi in quanto rilasciati come se l'ulteriore aumento volumetrico, realizzato successivamente al 1995, non fosse esistito, con la conseguenza di un condono rilasciato per un immobile avente caratteristiche volumetriche diverse e maggiori rispetto a quelle condonate con i titoli.
7. Quanto all'ulteriore profilo della illegittimità del condono con riguardo alle opere realizzate ante 1985, e oggetto della prima istanza di condono per il quale la legge non prevedeva alcun limite volumetrico, il giudice ha richiamato i principi reiteratamente espressi secondo cui in pendenza di istanza di condono possono essere realizzate solo quelle opere indispensabili al mantenimento del manufatto con l'evidente rischio a carico del proprietario nel non vedersi assentite tali opere (Sez. 3, n. 35006 del 12/06/2024, Di Massa, non mass.) da cui l'infondatezza dell'ulteriore censura che lamenta il mancato rispetto dell'autonomia dei singoli procedimenti di condono. Anche il condono riferito ai lavori ante 1985 è dunque illegittimo stante gli ampliamenti realizzati successivamente all'istanza di condono che hanno comportato aumento di volumetria.
8. In conclusione, l'ordinanza impugnata risulta congruamente e correttamente motivata in diritto, avendo ritenuto l'illegittimità dei due condoni rilasciati ai sensi della legge n. 724 del 1994, non solo in quanto vi era il superamento del limite volumetrico di 750 mc, calcolato sulle opere realizzate dopo la prima istanza del 1985, e anche perché successivamente alle due istanze, era stato realizzato un ampliamento del manufatto, situazione che rendeva le opere non condonabili.
Il condono era concesso, in definitiva, per un manufatto diverso da quello per il quale era stato richiesto. Il che non è possibile e il condono eventualmente rilasciato è illegittimo.
Anche sotto questo profilo, l'ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi reiteratamente espressi secondo cui, in tema di abuso edilizio, per cui la prosecuzione di lavori edili su manufatti abusivamente realizzati concretizza una nuova condotta illecita, a prescindere dall'entità dei lavori eseguiti, e ciò anche quando le condotte relative alla iniziale edificazione sia maturato il termine di prescrizione, atteso che i nuovi interventi ripetono le stesse caratteristiche di illegittimità dall'opera principale alla quale strutturalmente ineriscono.
Ne consegue che se si proseguono i lavori edilizi su un immobile abusivo dopo la scadenza del termine per il condono, senza che il permesso in sanatoria sia stato rilasciato, si producono due effetti giuridici: la commissione di un ulteriore reato, trattandosi di lavori edilizi su immobile abusivo, e la non concedibilità del condono richiesto, perché la data a cui fa riferimento la legge serve a fotografare la situazione di fatto esistente su cui valutare la possibilità di rilasciare il titolo in sanatoria, e l'ordine di demolizione si estende all'intero manufatto (Sez. 3, n. 10054 del 22/01/2025, Pulice, Rv. 287658 - 01; in tal senso Sez. 3, n. 26367 del 25/03/2014, Stewart, Rv. 259665; Sez. 3, n. 30673 del 24/06/2021, Saracino, Rv. 282162 - 01).
Ancora, l'ampiamento di una costruzione realizzata "sine titulo" e non sanzionata costituisce ripresa dell'attività criminosa originaria, integrante, in quanto tale, un nuovo reato, sicché l'ordine di demolizione seguito alla condanna del soggetto che se n'è reso autore afferisce all'intero manufatto abusivo e, nel caso in cui sia stata presentata istanza di condono in relazione alla parte dell'immobile inizialmente edificata, questa non sarà sanabile, al pari dell'ampliamento, e il rilascio del condono è illegittimo.
9. Conclusivamente, il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 29/10/2025




