Consiglio di Stato  Sez. IV n. 3459 del 3 giugno 2020
Urbanistica.Contributo di costruzione per l'imprenditore agricolo a titolo principale

L’art. 17, comma3, D.P.R. n. 380/2001 contempla l’esonero del contributo di costruzione per l'imprenditore agricolo a titolo principale, quanto alle opere funzionali alla conduzione del fondo, affermando un principio fondamentale che la L.R. Campania n. 14/1982 declina nel distinto, ma contiguo, ambito disciplinare del computo delle volumetrie utili a fini edificatori in presenza della medesima ratio (svolgimento di attività agricola da parte dell’imprenditore agricolo a titolo principale)


Pubblicato il 03/06/2020

N. 03459/2020REG.PROV.COLL.

N. 00644/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 644 del 2013, proposto da Annarita Camerlengo, Mara Camerlengo, Luisa Travaglione, in qualità di eredi del signor Antonio Camerlengo, rappresentate e difese dall'avvocato Silvio Bozzi, con domicilio eletto presso lo studio Recchia & Associati Studio Legale in Roma, corso Trieste, n. 88;

contro

Maria Teresa Camerlengo, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanna Abbate, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Claudia De Curtis in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 142;

nei confronti

Comune di San Nicola Manfredi non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 02400/2012, resa tra le parti, concernente permesso di costruire


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Maria Teresa Camerlengo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati Silvio Bozzi e Giovanna Abbate;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La sig.ra Camerlengo Maria Teresa ha impugnato dinanzi al T.a.r. per la Campania il permesso di costruire n. 173 del 26 marzo 2009 ed il successivo titolo in variante n. 189 del 7 gennaio 2010 rilasciati dal Comune di San Nicola Manfredi in favore del Sig. Camerlengo Antonio per la ristrutturazione ed ampliamento di un manufatto, denominato masseria “Taverna”, sito nella Contrada Palati.

La Sig.ra Camerlengo Maria Teresa è comproprietaria insieme con il fratello Francesco della metà dell’immobile in questione mentre il Sig. Camerlengo Antonio è titolare della residua porzione della predetta masseria.

In dettaglio, il contestato progetto edilizio prevede: a) la ricostruzione, previa demolizione, di un edificio preesistente con la medesima volumetria, sagoma ed altezza; b) realizzazione, a latere delle pertinenze agricole, di due livelli fuori terra da destinare a residenza ed un livello tecnico interrato (cfr. relazione illustrativa della variante).

Il T.a.r. per la Campania con sentenza 8 maggio 2012, n. 2400 ha ritenuto fondati i seguenti motivi di ricorso:

-la dedotta violazione della legge della Regione Campania 20 marzo 1982 n. 14 in materia di asservimento dei fondi – rilevante ai fini del calcolo della volumetria -, in ragione della mancanza in capo al signor Camerlengo Antonio della qualità di imprenditore agricolo a titolo principale;

-la violazione dell’art. 26 del d.P.R. 395 del 1992 in materia di rispetto della distanza minima di 20 metri dal confine stradale.

Il T.a.r. ha invece dichiarato infondati i restanti motivi proposti dalla ricorrente in primo grado.

La predetta sentenza è stata appellata dalle signore Annarita Camerlengo, Mara Camerlengo, Luisa Travaglione, eredi del signor Camerlengo Antonio, deceduto in corso di causa, per chiederne la riforma in quanto ingiusta ed errata in diritto.

La Signora Camerlengo Maria Teresa si è costituita in giudizio per resistere al gravame, notificando al contempo appello incidentale per la riforma della sentenza appellata nella parte in cui ha respinto i restanti motivi di ricorso che venivano contestualmente riproposti.

Alla udienza pubblica del 27 giugno 2019 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie con le quali le parti hanno nuovamente illustrato le rispettive tesi difensive.

Prima di esaminare l’appello nel merito, deve ribadirsi che l’istanza di rinvio contenuta nella memoria conclusiva depositata dalle appellanti in data 27 maggio 2019 – giustificata dalla intervenuta adozione da parte della Giunta del Comune di San Nicola Manfredi di un nuovo piano urbanistico regionale che priva di rilevanza il possesso della qualità di “imprenditore agricolo” per autorizzare l’intervento in contestazione – non può essere accolta atteso che per il principio del tempus regit actum la legittimità del permesso di costruire deve essere vagliata alla luce della normativa urbanistica vigente al momento del suo rilascio, non potendo una sopravvenienza normativa sanare eventuali vizi derivanti dal contrasto con disposizioni all’epoca vigenti.

Ne discende che poiché il nuovo piano urbanistico comunale non rileva ai fini del vaglio di legittimità del titolo edilizio oggetto di impugnazione, l’istanza di rinvio, in attesa che si perfezioni l’iter di approvazione del nuovo piano, va disattesa in quanto ininfluente ai fini del decidere.

Venendo al merito del gravame l’appello principale è infondato.

Con il primo motivo le appellanti deducono: violazione e falsa applicazione della legge regionale 20 marzo 1982 n. 14, titolo II "Direttive - Parametri di pianificazione" punto 1.8; violazione e falsa applicazione dell'art. 2135 cod. civ.; violazione e falsa applicazione degli artt. 10, comma 1 e 17, del d.P.R. n. 380 del 2001. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 42 e 117 della Costituzione. In subordine: incostituzionalità della legge Regionale n. 14/1982, titolo II punto 1.8 per violazione dell'art. 117 Cost.; incostituzionalità della legge regionale 20 marzo 1982 n. 14, titolo II punto 1.8 per violazione degli artt. 3 e 42 della Costituzione.

Lamentano, in particolare, che il T.a.r. avrebbe errato nel non riconoscere la qualità di imprenditore agricolo a titolo principale in capo al dante causa Antonio Camerlengo a cui si ricollega la facoltà, a fini volumetrici, di asservire fondi non contigui. La volumetria assentita con l’intervento sarebbe pertanto legittima potendo l’istante avvalersi dell’istituto dell’asservimento anche di fondi non contigui, secondo quanto espressamente previsto dalla legislazione regionale.

Il motivo è infondato.

La legge regionale campana 20 marzo 1982 n. 14, al Titolo II “Direttive - Parametri di pianificazione” prevede che: “Per le necessità abitative dell'imprenditore agricolo a titolo principale è consentito l'accorpamento di lotti di terreni non contigui a condizione che sull'area asservita venga trascritto, presso la competente Conservatoria Immobiliare, vincolo di inedificabilità a favore del Comune da riportare successivamente su apposita mappa catastale depositata presso l'Ufficio tecnico comunale. In ogni caso l'asservimento non potrà consentirsi per volumi superiori a 500 mc.”.

Nella domanda di rilascio del permesso di costruire, il Sig. Camerlengo Antonio ha dichiarato di allegare “atto di asservimento, in conformità a quanto previsto dalla Legge Regionale n. 14 del 20.3.1982”, al fine di comprovare la sussistenza dei requisiti per realizzare la volumetria poi assentita.

Senonchè, come correttamente rilevato dal T.a.r., in atti non v’è prova che l’istante sia imprenditore agricolo a titolo principale, secondo la definizione contenuta all’art. 1 del D. Lgs. 29 marzo 2004 n. 99 (che ha abrogato l’art. 12 L. 153/1975), per cui “è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999, del Consiglio, dedichi alle attività agricole di cui all' articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro”.

Inoltre in data 1 dicembre 2009 il Sig. Camerlengo Antonio presentava domanda di rettifica ed integrazione della domanda di permesso di costruire rappresentando, quale titolo legittimante ai sensi della legge regionale campana n. 14/1982, di rivestire la qualifica di “proprietario concedente” del fondo ceduto ad un coltivatore diretto/concessionario (tale Sig. Trotta Michele).

Tuttavia la legge regionale in parola, con riferimento ai proprietari concedenti, non prevede che costoro possano giovarsi della facoltà di asservimento dei fondi a fini del calcolo volumetrico né contiene un rinvio alla precedente previsione sulla facoltà di asservimento dettata per l’imprenditore agricolo, limitandosi a prescrivere che “Nelle zone agricole la concessione ad edificare per le residenze può essere rilasciata per la conduzione del fondo esclusivamente ai proprietari coltivatori diretti, proprietari conduttori in economia, ovvero ai proprietari concedenti, nonché agli affittuari o mezzadri aventi diritto a sostituirsi al proprietario nell'esecuzione delle opere e considerati imprenditori agricoli titolo principale ai sensi dell'art. 12 della L. 9 maggio 1975, n. 153”.

Al proprietario concedente è dunque consentito edificare nelle zone agricole ma senza il beneficio dell’asservimento, riservato agli imprenditori agricoli a titolo principale ed agli affittuari e mezzadri in possesso della medesima qualità.

Contrariamente a quanto opinano le appellanti il disposto normativo è chiaro nel distinguere l’imprenditore agricolo a titolo principale dal proprietario concedente, riconoscendo solo al primo la facoltà di asservimento dei fondi non contigui per il calcolo della volumetria da utilizzare a fini edificatori.

Tale regime differenziato si giustifica proprio in ragione del diverso collegamento tra le due figure rispetto alle facoltà di godimento e quindi di sfruttamento della terra, insite nel diritto di proprietà poiché solo il primo, come si è visto, dedica “alle attività agricole di cui all' articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo” e ricava “dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro”: proprio lo stretto collegamento con lo svolgimento delle predette attività agricole giustifica la misura premiale dell’asservimento a fini volumetrici di terreni non contigui in favore del solo imprenditore agricolo a titolo principale.

Non basta a tale fine la mera qualità di proprietario poiché per il proprietario lo sfruttamento della terra è una mera facoltà di godimento che, ove non esercitata, non giustifica la misura premiale, in quanto finalizzata alla promozione delle attività agricole, a sostegno della piccola e media proprietà terriera secondo il precetto costituzionale di cui all’art. 44 Cost.

Tale interpretazione non si risolve in una indebita limitazione dello ius edificandi del proprietario, in violazione dell’art. 42 della costituzione, ma giustifica una diversità di trattamento fondata sul maggiore o minore grado di esercizio delle facoltà di godimento, in termini di sfruttamento della terra e di promozione delle attività agricole.

All’imprenditore agricolo a titolo non principale ed alle categorie assimilate - tra cui il proprietario concedente - non viene negato il diritto di costruire, come opinano le appellanti, ma il regime di conformazione del diritto di proprietà, in relazione alla destinazione di zona agricola, è disciplinato in termini meno favorevoli – in mancanza della possibilità di asservimento di fondi non contigui per il calcolo delle volumetrie – essendo meno intenso il legame del titolare del diritto con la finalità precipua garantita dalla zonizzazione urbanistica rappresentata dall’utilizzo dei terreni a fini agricoli.

Né una tale previsione di legge regionale può ritenersi sospetta di incostituzionalità per violazione dell’art. 117 Cost. in relazione ai principi fondamentali in materia di disciplina del territorio fissati con legge dello Stato, come assumono le appellanti, poiché analogo meccanismo premiale è previsto dalla legge statale all’art. 17 comma 3 del T.U. n. 380 del 2001 che contempla l’esonero del contributo di costruzione proprio nei confronti dell'imprenditore agricolo a titolo principale, ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, affermando un principio fondamentale che la legge regionale si è limitata a declinare, con norma di dettaglio, in un distinto ma contiguo ambito disciplinare – quello del computo delle volumetrie utili a fini edificatori – in presenza della medesima ratio rappresentata dallo stretto collegamento con la coltivazione della terra e, segnatamente, con lo svolgimento delle attività agricole di cui all' articolo 2135 del codice civile che solo l’imprenditore agricolo a titolo principale è in grado di assicurare in misura sufficientemente intensa da giustificare il riconoscimento di misure premiali ad hoc.

Con un secondo motivo di appello è dedotta la violazione dell’art. 26 del d.P.R. n. 495 del 16 dicembre 2012 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento.

Le appellanti lamentano che il T.a.r. avrebbe errato nel ritenere violata la distanza di 20 metri dal confine stradale rispetto alla parte interrata della costruzione che non è idonea a comportare alcun pericolo per la circolazione stradale. Analogo errore sarebbe stato commesso con riferimento alla parte da demolire e ricostruire per la quale, trattandosi di ristrutturazione e non di nuova costruzione, non potrebbe opporti la violazione della distanza dal ciglio stradale.

Il motivo è infondato.

Invero il T.a.r. per la Campania ha rilevato l’avvenuta violazione, con riferimento al primo segmento progettuale (demolizione – ricostruzione del fabbricato preesistente) dell’art. 26 del Regolamento di esecuzione al Codice della Strada, contemplante la distanza di mt. 20 anche per le “ricostruzioni conseguenti a demolizioni integrali o negli ampliamenti fronteggianti le strade”.

La statuizione merita di essere confermata alla luce del chiaro disposto del menzionato art. 26. Ai fini dell’applicazione delle norme del Codice della Strada la demolizione seguita dalla fedele ricostruzione è assimilata a tutti gli effetti ad una nuova costruzione (art. 26, commi 2 e 3, DPR n. 495/1992) al fine di rimuovere con il tempo situazioni di pericolo preesistenti rispetto all’introduzione delle fasce di rispetto.

Nel caso di specie non è contestato che il fabbricato preesistente da demolire e ricostruire fosse collocato a distanza inferiore di 20 metri dal confine stradale – e comunque le valutazioni in fatto espresse dal T.a.r. sul punto non sono state contestate - sicchè il relativo intervento non poteva essere assentito in quanto la prevista ricostruzione a distanza inferiore alla fascia di rispetto avrebbe perpetuato una situazione di pericolo che la norma intende invece prevenire.

Da quanto precede diventa irrilevante accertare se analoga violazione possa configurarsi in relazione alla parte interrata poiché dall’annullamento del permesso di costruire per i vizi accertati discende la necessità di una ridefinizione complessiva, a livello progettuale, dell’intervento che potrà essere riesaminato nel suo complesso presentando una nuova istanza che tenga conto dei rilievi critici accertati in sede giurisdizionale.

Dalla infondatezza dei motivi di appello discende la improcedibilità dell’appello incidentale per difetto di interesse, atteso che dal suo accoglimento la parte appellata non può trarre alcuna ulteriore utilità rispetto alla conferma della sentenza di primo grado che ha annullato il permesso di costruire ed il successivo titolo in variante.

In conclusione, l’appello principale deve essere respinto mentre quello incidentale va dichiarato improcedibile.

Le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così provvede:

- respinge l’appello principale;

- dichiara improcedibile quello incidentale;

- condanna le appellanti, in solido tra loro, alla rifusione in favore della signora Maria Teresa Camerlengo delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, che si liquidano complessivamente in euro 3000,00, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2019 con l'intervento dei magistrati:

Oberdan Forlenza, Presidente FF

Luca Lamberti, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Nicola D'Angelo, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore