LA PERMANENZA DEL REATO DI COSTRUZIONE IN VIOLAZIONE DELLE NORME TECNICHE ANTISISMICHE
di Massimo GRISANTI
LA PERMANENZA DEL REATO DI COSTRUZIONE IN VIOLAZIONE DELLE NORME TECNICHE ANTISISMICHE
(Riflessioni a margine della sentenza n. 29737/2013 della III^ Sez. della Suprema Corte di Cassazione penale)
di MASSIMO GRISANTI
Con la sentenza1 n. 29737/2013, la III^ Sezione della Suprema Corte di Cassazione penale (Pres. Teresi, Cons. rel. Ramacci) ha fatto il punto su talune violazioni formali e sostanziali alla disciplina per le costruzioni in zona sismica.
In particolare, la sentenza riafferma il principio che in zona sismica è sottoposta alla speciale disciplina qualunque costruzione che possa interessare la pubblica incolumità, indipendentemente dai materiali utilizzati e dal carattere di precarietà dell’opera.
Inoltre riafferma che:
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il reato consistente nell’omissione della denuncia delle opere ex art. 93 del D.P.R. n. 380/2001 è di natura permanente, la quale cessa solamente con il cessare della condotta omissiva della denuncia dell’opera al competente Ufficio tecnico regionale, seppur tardiva, in quanto diversamente la struttura competente non è posta nelle condizioni di controllare il rispetto delle speciali norme tecniche costruttive; oppure cessa con il terminare dell’opera;
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il reato consistente nell’esecuzione di costruzioni in difformità dalle norme tecniche ha natura di reato permanente, pur terminando tale permanenza con la cessazione dei lavori di costruzione del manufatto, a qualsiasi causa dovuta.
Viene, altresì, ricordato come la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 520/1987, abbia escluso che la definizione del carattere permanente o istantaneo del reato potesse dipendere da una espressa qualificazione del legislatore, affermando che essa deve dipendere dall’interpretazione del Giudice, il quale solo se accerta che la lesione dell’interesse protetto è collegata ad una condotta perdurante nel tempo nella sua tipicità può attribuire al reato tale natura.
Quel che è di difficile comprensione, nel comune sentire, è che la permanenza dei reati di omessa denuncia o di costruzione in violazione delle norme tecniche costruttive cessa sic et simpliciter con la cessazione dell’attività costruttiva.
Dal momento in cui la normativa antisismica ha il fine di assicurare “la tutela dell’interesse generale alla sicurezza delle persone” (cfr. Corte Costituzionale, n. 254/2010) e dei beni (ricchezza della Nazione) dai fattori di rischio derivanti dall’utilizzazione del territorio – a cui sono strettamente funzionali le norme tecniche costruttive – personalmente ritengo che la lesione del bene protetto perduri fintanto che la costruzione venga utilizzata e/o non venga ricondotta a conformità.
Solamente dall’avvenuto sgombero e/o riconduzione a norma è accettabile la prescrizione del reato, atteso che diversamente con il fatto che lo Stato si fa carico delle spese necessarie ad assicurare l’assistenza alle popolazioni colpite dal terremoto nella fase post-sisma arriveremmo al paradosso che siffatto onere di assistenza non dovrebbe avere luogo trascorso il termine prescrizionale del reato giacché viene meno l’interesse a perseguirlo.
Peraltro, l’art. 100 del D.P.R. n. 380/2001 prevede rimedi alla realizzazione di costruzioni in violazione delle norme tecniche costruttive unicamente a seguito dell’accertamento dell’estinzione del reato da parte dell’Autorità giudiziaria penale (unico soggetto competente a tale verifica).
Ciò postula, necessariamente, la permanenza tanto del reato di omessa denuncia ex art. 93, quanto di omesso controllo ex art. 94 del T.U.E., fintanto che non vengano effettuati gli adempimenti prescritti dalla legge speciale (senza che possa rilevare la cessazione dell’attività edificatoria), atteso che penso sia difficilmente accettabile che il reo possa confidare nella scarsità (per i più disparati motivi) di controlli sul territorio per avvantaggiarsi finanche nella circolazione di beni apparentemente sicuri in cambio di denari frutto di una vita di sacrifici.
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Scritto il 03/08/2013