LEGGE REGIONE LIGURIA 18 marzo 2013, n. 4. SPECULAZIONE EDILIZIA E TRUFFA AI DANNI DELLA COLLETTIVITA’?
(approfondimento del Ricorso per legittimità costituzionale 27 maggio 2013, n. 63)

di Massimo GRISANTI

Con il Ricorso 27 maggio 2013, n. 63 – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (serie speciale Corte Costituzionale) n. 24 del 12/6/2013 – il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge Regione Liguria 18 marzo 2013, n. 4 riguardante la disciplina urbanistica degli alberghi ed il loro mutamento di destinazione d’uso in insediamenti residenziali.

 

Premettendo di condividere in appieno gli pseudo dubbi di illegittimità costituzionale espressi dal Dott. Aiello dell’Avvocatura dello Stato – che a meno di clamorosissime sorprese, data l’aberranza di talune norme impugnate, verranno accolti dal Giudice delle Leggi – il presente approfondimento riguarda taluni aspetti collegati ai riflessi della normativa regionale sull’ordinamento penale, prontamente rilevati dallo Stato.

 

In particolare mi riferisco alla lesione della tutela penale apprestata dall’ordinamento in materia di governo del territorio al bene protetto dalla pianificazione ovverosia l’ordinato assetto del territorio prefigurato dal legislatore statale attraverso l’approntamento dei servizi di urbanizzazione primaria e secondaria in dipendenza del carico urbanistico presente e previsto sul territorio.

 

Il Presidente del Consiglio dei Ministri lamenta che attraverso la mancata previsione della variante agli strumenti urbanistici, a cui è connaturata la valutazione dell’esistenza o dell’adeguatezza delle opere di urbanizzazione, la trasformazione degli alberghi in insediamenti residenziali finisce per inverare una lottizzazione abusiva ex lege.

 

Ma vi è di più, dico io (visto che lo Stato, forse per rispetto istituzionale nei confronti della Regione, non ha detto altro nel ricorso).

 

A fronte di interventi non valutati nelle loro conseguenze in termini di incremento del carico urbanistico, l’assenza di qualsivoglia previsione legislativa che obblighi i proponenti la trasformazione degli alberghi in insediamenti residenziali al reperimento di aree e realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria finisce per inquadrarsi nella costituzione di un diritto soggettivo all’attuazione di un’iniziativa privata puramente speculativa da operarsi in danno della collettività.

Invero, dal momento che vengono ad esistenza decine e decine di appartamenti la Collettività verrebbe poi chiamata – in sede di attuazione dei revisionati strumenti urbanistici – a sostenere, attraverso la fiscalità locale, i costi necessari per la concreta esecuzione delle relative opere di urbanizzazione mitiganti il carico urbanistico riversato sul territorio con la trasformazione degli alberghi.

 

In sostanza, il privato proprietario dell’albergo lucra sulla trasformazione urbanistica e la Collettività – a cosa fatta – verrà chiamata a sborsare i denari per fornire i servizi agli abitanti del nuovo insediamento.

 

E’, oppure no, una truffa ai danni della collettività?

 

I termini della questione non cambiano neppure se gli standards urbanistici fossero già esistenti nella misura minimale prevista dal D.M. n. 1444/68.

Invero, dal momento della realizzazione del nuovo insediamento residenziale i Cittadini già residenti si vedranno costretti a dividere con i nuovi residenti quel livello prestazione di qualità urbana di cui godevano fino ad allora (scaturente – in via generale – dall’utilizzazione dei proventi degli oneri di urbanizzazione e dell’imposizione fiscale locale).

E ciò a decremento del valore della loro proprietà immobiliare (dato che, come ben sanno i tecnici estimatori, gli standards di servizio rientrano tra le caratteristiche estrinseche che vengono prese in considerazione nella determinazione del valore venale dei fabbricati).

 

Ma la questione potrebbe apparire ancor più grave qualora la Regione Liguria (per essa o per l’Ente dalla medesima delegato) – attraverso la mancata previsione della variante agli strumenti urbanistici – si fosse voluta disimpegnare dall’obbligo dell’approvazione dello strumento urbanistico comunale (atto complesso a competenza duale) prescritto dal combinato disposto dell’art. 10 della legge n. 1150/1942 e dell’art. 1 del D.P.R. n. 8/1972.

 

Analizzando sotto altra luce le disposizioni impugnate, potrebbe apparire che la Regione Liguria fosse stata conscia, fin da subito, non solo della palese incostituzionalità della legge che avrebbe promulgato, ma che addirittura le nuove disposizioni potessero essere viste come un concorso nell’inveramento di reati contro il corretto assetto del territorio.

Come potrebbero spiegarsi una così marchiana lesione del principio di pianificazione e l’assenza della previsione della variante a quegli strumenti urbanistici che è chiamata dalla legge statale ad approvare?

 

All’osservatore potrebbe apparire che la Regione abbia voluto assecondare – senza assumersene i rischi – le spinte “sviluppiste” dei politici locali (generalmente ormai privi di capacità programmatoria e desiderosi di immediata visibilità che ripaghi le loro aspettative di carrierismo), vigili sentinelle degli umori e dei desiderata dell’elettorato e, come riportano le cronache, finanche depositari di pacchetti di voti che finiscono per influenzare le elezioni anche a livelli più alti.

 

Concludo nell’esprimere l’opinione che troppo spesso, nella materia del governo del territorio, le Regioni legiferano in manifesta violazione della competenza esclusiva dello Stato.

 

E’ giunta l’ora, a mio avviso:

  • che l’Autorità penale inizi a valutare se il ripetuto distorto esercizio del potere legislativo possa configurarsi come reato, dal momento che la pronuncia di incostituzionalità comunque non travolge i rapporti giuridici esauriti (permettendone di far godere i frutti della violazione della Costituzione);

  • che la Corte Costituzionale inizi a considerare le c.d. materie a competenza concorrente come formate da due competenze esclusive: con la conseguenza che sono radicalmente invalide le leggi regionali violative della normativa statale di principio;

  • che le Regioni e lo Stato, nell’esercizio del potere legislativo, procedano il più possibile d’intesa al fine di non far negativamente ricadere i loro errori sempre sui soliti (i Cittadini).

 

 

Scritto il 16 giugno 2013