TAR Puglia (LE) Sez. III n. 759 del 2 maggio 2012
Urbanistica. Contributi di urbanizzazione e modificazione della destinazione d’uso
Il fondamento del contributo di urbanizzazione - da versare al momento del rilascio di una concessione edilizia - non consiste nell’atto amministrativo in sé bensì nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare sugli interessati che beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime, secondo modalità eque per la comunità. Pertanto, nel caso della modificazione della destinazione d’uso cui si correla un maggior carico urbanistico, è integrato il presupposto che giustifica l’imposizione al titolare del pagamento della differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova destinazione impressa
N. 00759/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01525/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1525 del 2011, proposto da:
Giuseppe Borrillo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Gianluca Prete e Piero G. Relleva, elettivamente domiciliato presso l’avv. Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli, 7;
contro
Comune di San Giorgio Ionico, rappresentato e difeso dall’avv. Maria Giuseppa Magarelli, elettivamente domiciliato presso la Segreteria del Tar in Lecce, via F. Rubichi, 23;
per l’annullamento
- della nota del Comune di San Giorgio Ionico prot. n. 13496 del 29 agosto 2011 e ricevuta in data 6 settembre 2011;
- della nota prot. n. 12662/2011 di preavviso di rigetto, nonché dei pareri istruttori nn. 2056/2004 e 6350/2005;
- di tutti gli atti a essi presupposti, consequenziali e comunque connessi;
nonché per l’accertamento del diritto del ricorrente a ottenere l’accoglimento della domanda di sanatoria edilizia per l’illecito “de quo” in quanto già correttamente oblato secondo quanto previsto per la tipologia 5) dell’all. 1 della l. n. 326/03;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Giorgio Ionico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 marzo 2012 la dott.ssa Gabriella Caprini e uditi, nelle preliminari, l’avv. Prete, anche in sostituzione dell’avv. Relleva, per il ricorrente e l’avv. Magarelli per la P.A.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Il ricorrente impugna il rigetto della domanda di condono volta a sanare il cambio di destinazione d’uso da garage unico a tre locali commerciali, chiedendo, altresì, il riconoscimento al rilascio del titolo abilitativo secondo la tipologia n. 5 (restauro e risanamento conservativo) dell’all. 1 al d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003, avendo già pagato le relative somme dovute a titolo di oblazione.
II. A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi di diritto:
a) eccesso di potere per difetto d’istruttoria e di motivazione, per contraddittorietà, illogicità manifesta e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
b) violazione di legge, del principio del giusto procedimento e del contraddittorio in ambito procedimentale.
III. Si è costituita l’Amministrazione intimata, concludendo per il rigetto del ricorso.
IV. All’udienza pubblica del 29 marzo 2012, fissata per la trattazione, la causa è stata trattenuta per la decisione.
V. Il ricorso è infondato.
VI. Si premette che la ragione del contendere verte sulla pretesa dell’Amministrazione comunale al versamento dei maggiori oneri per l’intervenuta modificazione d’uso dell’immobile oggetto dell’istanza di condono da garage a locali commerciali.
Il ricorrente ritiene che la richiesta sia illegittima, in quanto l’ente avrebbe erroneamente inquadrato l’illecito edilizio nella tipologia n. 1 della l. n. 326/2003 mentre il cambio di destinazione operato dovrebbe essere, più correttamente, riconducibile alla tipologia n. 5 della medesima legge.
VI.1. A sostegno dell’assunto la parte muove dei seguenti presupposti:
a) i locali interessati non sono mai stati asserviti a garage, in ragione dell’assenza di qualsiasi vincolo pertinenziale con tale destinazione sia nell’originario atto concessorio che nell’atto di trasferimento al “de cuius”, dante causa del ricorrente, del 3 settembre 1980;
b) la realizzazione delle opere interne non ha in alcun modo mutato il carico urbanistico né ha determinato una violazione delle norme urbanistiche vigenti o degli standards prefissati;
c) i lavori eseguiti rientrano nelle “opere di restauro e risanamento conservativo … realizzate in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio” (allegato n. 5), trattandosi di “interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili…” (art. 3, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 380/2001).
Ora, a prescindere dalle vicende circolatorie dell’immobile, dato oggettivo indiscutibile, quanto al primo aspetto, è che la destinazione stabilita già dal titolo abilitativo originariamente assentito con concessione edilizia n. 26/1979 -anteriore alla compravendita al dante causa dell’attuale ricorrente-, nonché risultante dal Catasto (sino alla denuncia di variazione, ai soli fini catastali, del 23 maggio 1994) fosse a uso garage.
In particolare, la concessione edilizia n. 26 del 28 aprile 1979 riguardava la realizzazione di un complesso edilizio per civile abitazione, composto da un piano terra destinato a garage e un piano superiore. Nell’atto di compravendita del 3 settembre 1980 del locale al piano terra, sopra citato, è dichiarato: “L’immobile compravenduto, unitamente alle altre porzioni del fabbricato di cui è parte, risulta costruito giusta la Concessione comunale n. 26 del 28 aprile 1979 …;” il venditore “dichiara, altresì, che la costruzione è stata realizzata conformemente al progetto approvato dal Comune di San Giorgio Jonico e così lo trasferisce …”.
L’eventuale destinazione della superficie a parcheggio (1/20) a servizio del volume dell’intero edificio, di cui alla successiva concessione edilizia n. 119/1981, ottenuta dall’originario proprietario dante causa per la sopraelevazione del secondo piano, non varia la categoria edilizia già impressa al locale garage.
Tale dato è comprovato e riconosciuto nella stessa domanda di definizione dell’illecito nonché nella relazione tecnica asseverata, laddove si richiede proprio il condono della modifica dell’uso del locale da garage a tre distinti locali commerciali, avvenuto attraverso la realizzazione di opere edilizie interne (tramezzi divisori, porte, redistribuzione della superficie, wc), funzionali a un utilizzo che necessariamente comporta un maggiore carico urbanistico e, dunque maggiori oneri.
Invero, va rilevato (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 10 marzo 2005, n. 145) che:
- il presupposto imponibile per il pagamento dei contributi di urbanizzazione va ravvisato nella domanda di una maggiore dotazione di servizi (rete viaria, fognature, ecc.) nell’area di riferimento, che sia indotta dalla destinazione d’uso concretamente impressa, in quanto una diversa utilizzazione rispetto a quella stabilita nell’originario titolo abilitativo può determinare una variazione quantitativa e qualitativa del carico urbanistico;
- il fondamento del contributo di urbanizzazione - da versare al momento del rilascio di una concessione edilizia - non consiste nell’atto amministrativo in sé bensì nella necessità di ridistribuire i costi sociali delle opere di urbanizzazione, facendoli gravare sugli interessati che beneficiano delle utilità derivanti dalla presenza delle medesime, secondo modalità eque per la comunità.
Pertanto, nel caso della modificazione della destinazione d’uso cui si correla un maggior carico urbanistico, è integrato il presupposto che giustifica l’imposizione al titolare del pagamento della differenza tra gli oneri di urbanizzazione dovuti per la destinazione originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova destinazione impressa (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 3 marzo 2011, n. 375);
- trattandosi di un prelievo paratributario, il corrispettivo in questione è dovuto in presenza di una “trasformazione edilizia” che, indipendentemente dall’esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici connessi all’utilizzazione.
Questa situazione si verifica allorché venga in rilievo un mutamento d’uso rilevante, intendendo per tale ogni variazione anche di semplice uso che comporti un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e che determini comunque un aumento del c.d. carico urbanistico. Deve trattarsi categorie qualificate sotto il profilo della differenza del regime contributivo in ragione di diversi carichi urbanistici (T.A.R. Trentino Alto Adige, Bolzano, sez. I, 22 febbraio 2012, n. 68; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 9 febbraio 2012, n. 695; Consiglio di Stato, sez. IV, 14 ottobre 2011, n. 5539);
- il versamento del contributo assume un carattere rigidamente vincolato al verificarsi delle condizioni normativamente previste, per cui l’accertata debenza dà sufficientemente conto di per sé delle conclusioni cui è pervenuta l’Amministrazione.
E invero, quello posto in essere dal ricorrente, da locale adibito a garage a locali commerciali è un cambio di categoria edilizia incompatibile con l’uso precedente, dacché implicante una variazione degli standards urbanistici di cui al d.m. n. 1444/1968 e un aggravio del carico urbanistico. Un’attività commerciale assume, infatti, la consistenza di un autonomo e distinto centro di attrazione che necessita di una maggiore dotazione di servizi non riconducibile, in quanto più onerosa, alle esigenze della categoria precedente, a mero servizio della migliore vivibilità degli insediamenti esistenti.
In tale contesto va rilevato che legittimamente, al fine dell’accoglimento della domanda di condono, l’abuso edilizio è stato inquadrato nella tipologia 1 ed è stato domandato il pagamento dell’importo risultante dalla differenza di quanto originariamente pagato per la destinazione a uso garage e quanto complessivamente dovuto per quella commerciale, senza che residuasse spazio per l’inquadramento, a parità di oblazione, nelle opere di restauro e risanamento conservativo che presuppongono, invece, un’identità funzionale tra categorie edilizie.
VI.2. Tanto premesso in ordine alla sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, con riferimento al “modus procedendi” dell’Amministrazione intimata, il Collegio rileva quanto segue:
a) la decisione assunta è sufficientemente motivata in ordine:
1) alla non sussumibilità delle trasformazioni edilizie realizzate nella categoria auspicata (all. 5), in considerazione dell’incompatibilità tra la nuova destinazione, commerciale, e quella originaria a garage a servizio delle esistenti unità immobiliari, atteso il conseguente mutato carico urbanistico della zona;
2) alla riconducibilità, per tali motivi, all’ipotesi “di nuova costruzione” di cui all’art. 3, comma 1, lett. e) del d.P.R. citato (trasformazione edilizia) e di cui all’all. 1 della l. n. 326/2003 (opere realizzate in assenza o difformità dalla licenza edilizia o concessione edilizia e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici), comportante un aumento di volumetria ovvero di carico urbanistico nei termini anzidetti;
3) al rigetto in difetto delle integrazioni economiche richieste a saldo delle oblazioni dovute, come quantificate nel preavviso di rigetto, prot. 12662 dell’1 agosto 2011, richiamato a integrazione della motivazione “per relationem”.
b) La rilevata carenza del parere igienico-sanitario necessario per l’attività da svolgersi, profilo non rappresentato nella comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento ma nel solo provvedimento conclusivo, non incidendo sul contenuto sostanziale dell’atto in quanto mera specificazione fattuale della rappresentata incompatibilità tra le destinazioni riconducibili a diverse categorie edilizie, non è idonea a viziare la determinazione finale né sotto l’aspetto della contraddittorietà né per il profilo della carente partecipazione.
VI.3. Per quanto concerne, infine, la lesione del contraddittorio procedimentale, dalla produzione documentale emerge, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, che l’Amministrazione intimata ha assolto l’onere partecipativo legislativamente previsto.
L’obbligo, ex art. 10, l. n. 241 del 1990, di esame delle memorie e dei documenti difensivi presentati dagli interessati, nel corso dell’iter procedimentale, non impone un’analitica confutazione in merito di ogni argomento utilizzato dagli stessi, essendo sufficiente uno svolgimento motivazionale che, come nel caso di specie, renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione della P.A. alle deduzioni difensive dei privati, tenendo, altresì, conto che ciò che rileva è la congruità della decisione e della motivazione in rapporto alle risultanze istruttorie complessivamente acquisite (T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 28 marzo 2011, n. 94; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 2 febbraio 2011, n. 970; Consiglio Stato, sez. VI, 7 gennaio 2008, n. 17).
VII. Sulla base delle sovraesposte considerazioni il ricorso va respinto.
VIII. Sussistono ragioni di equità per compensare tra le parti le spese e competenze di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese e competenze di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 29 marzo 2012 con l’intervento dei magistrati:
Rosaria Trizzino, Presidente
Ettore Manca, Consigliere
Gabriella Caprini, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/05/2012