TAR Lombardia (MI) Sez. IV , n. 2259 del 7 settembre 2012.
Urbanistica. Motivazione diniego di concessione.

E’ carente di motivazione il diniego di concessione, o autorizzazione edilizia fondato su un generico contrasto dell’opera con leggi o regolamenti in materia edilizia, dovendo invece il diniego stesso soffermarsi sulle disposizioni che si assumano ostative al rilascio del titolo e sulle previsioni di riferimento contenute negli strumenti urbanistici, in modo da consentire all’interessato da un lato di rendersi conto degli impedimenti che si frappongono alla realizzazione dell’opera, dall’altro di confutare in giudizio, in maniera pienamente consapevole ed esaustiva, la legittimità del provvedimento impugnato” (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

 

N. 02259/2012 REG.PROV.COLL.

N. 04881/1998 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4881 del 1998, proposto da:

- Nuova Betaplast S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Chierichetti, ed elettivamente domiciliata in Milano, Via Fogazzaro n. 1, presso lo studio dell’Avv. Aldo Bottini;

contro

- il Comune di Castelseprio, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio;

per l’annullamento

- del provvedimento negativo del 9 ottobre 1998, prot. n. 4903, con il quale il Sindaco di Castelseprio non ha autorizzato la posa di una struttura rimovibile aperta in ferro all’interno dello stabilimento industriale della ricorrente, respingendo in tal modo l’istanza di autorizzazione edilizia presentata in data 28 maggio 1998, prot. n. 2606.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Designato relatore il primo referendario Antonio De Vita;

Udito, all’udienza pubblica del 19 giugno 2012, il procuratore della parte ricorrente, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato in data 12 novembre 1998 e depositato il 5 dicembre successivo, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento negativo del 9 ottobre 1998, prot. n. 4903, con il quale il Sindaco di Castelseprio non ha autorizzato la posa di una struttura rimovibile aperta in ferro all’interno dello stabilimento industriale della medesima ricorrente, respingendo in tal modo l’istanza di autorizzazione edilizia presentata in data 28 maggio 1998, prot. n. 2606.

A sostegno del ricorso vengono dedotte le censure di eccesso di potere per difetto di congrua motivazione, travisamento, sviamento dalla causa tipica del provvedimento, insussistenza ed erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria in ordine alla valutazione degli elaborati progettuali, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 delle legge n. 241 del 1990 e delle ulteriori norme sui principi del giusto procedimento amministrativo e violazione e falsa applicazione della disciplina che regola gli atti abilitativi all’edificazione.

Il diniego impugnato si fonderebbe sull’asserito contrasto, da un punto di vista tipo-morfologico, del manufatto da realizzare con il contesto locale, considerato che il Comune avrebbe richiesto il rispetto di canoni estetici non fondati su alcuna disposizione normativa né supportati da una congrua motivazione. Come sostenuto dalla giurisprudenza, i canoni estetici non potrebbero fondare un diniego di concessione edilizia e tale diniego, in caso di specifici rilievi da parte del privato, dovrebbe essere supportato da una motivazione in grado di confutare i predetti rilievi.

Ulteriori censure attengono alla violazione e falsa applicazione della legislazione e dei principi sistematici del diritto urbanistico e degli strumenti di pianificazione del territorio ed eccesso di potere sotto il profilo del generico riferimento al contrasto con gli strumenti urbanistici e della carenza di puntuale motivazione in ordine alle ragioni ostative al rilascio dell’atto abilitativo.

Il diniego impugnato affermerebbe, in maniera vaga e generica, l’illegittimità dell’intervento costruttivo da realizzare; la mancata indicazione di norme di legge o delle parti degli strumenti urbanistici locali che impedirebbero un tale intervento renderebbe illegittimo il predetto diniego.

Inoltre, viene dedotto l’eccesso di potere per contraddittorietà e incoerenza interne allo stesso provvedimento, illogicità e perplessità manifeste.

Il Comune nell’atto impugnato, pur evidenziando l’estraneità dal contesto e la non temporaneità del manufatto, suggerisce di valutare una diversa tipologia di copertura per renderlo ammissibile, ponendo come parametro di riferimento le prescrizioni del P.R.G. per il centro storico, pur trattandosi di un intervento da effettuare in una zona industriale ed in aperta campagna.

Infine, vengono addotte le censure di incompetenza del Sindaco ad adottare il provvedimento impugnato, la violazione dell’art. 51 della legge n. 142 del 1990, come sostituito dall’art. 6 della legge n. 127 del 1997.

L’atto impugnato sarebbe stato adottato dal Sindaco, in violazione delle norme che avrebbero trasferito la competenza in materia di adozione degli atti di gestione ai dirigenti.

Il Comune intimato non si è costituito in giudizio.

In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, la parte ricorrente ha depositato una memoria in cui ha ribadito la propria posizione.

Alla pubblica udienza del 19 giugno 2012, su richiesta del procuratore della parte ricorrente, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Con le prime tre censure di ricorso, da trattare congiuntamente in quanto connesse, si assume l’illegittimità del diniego di autorizzazione a realizzare la posa di una struttura rimovibile aperta in ferro all’interno dello stabilimento industriale della ricorrente, giacché il predetto diniego non sarebbe fondato su specifiche e puntuali disposizioni di legge o riferibili a prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici locali, ma sarebbe fondato su apprezzamenti di carattere estetico e sarebbe contradditorio e immotivato in relazione al fatto che, dapprima, si contesterebbe la stessa realizzazione dell’intervento (estraneità al contesto e non temporaneità della struttura) e, poi, si suggerirebbero delle modifiche di tipo estetico morfologico per renderlo ammissibile (utilizzo di specifiche tipologie di copertura, già previste per il centro storico).

2.1. Le censure sono fondate.

Il provvedimento impugnato non richiama, a sostegno di quanto affermato nello stesso, alcuna normativa in materia edilizia, né indica in modo specifico una prescrizione contenuta negli strumenti urbanistici o edilizi che impedirebbe la realizzazione del manufatto, secondo quanto richiesto dalla ricorrente.

Ciò si pone in contrasto con quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale risulta “carente di motivazione il diniego di concessione [o autorizzazione edilizia] fondato su un generico contrasto dell’opera con leggi o regolamenti in materia edilizia, dovendo invece il diniego stesso soffermarsi sulle disposizioni che si assumano ostative al rilascio del titolo e sulle previsioni di riferimento contenute negli strumenti urbanistici, in modo da consentire all’interessato da un lato di rendersi conto degli impedimenti che si frappongono alla [realizzazione dell’opera], dall’altro di confutare in giudizio, in maniera pienamente consapevole ed esaustiva, la legittimità del provvedimento impugnato” (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 17 gennaio 2012, n. 153; T.A.R. Liguria, I, 11 luglio 2011, n. 1086).

2.2. Inoltre risultano del tutto apodittiche e immotivate le affermazioni in ordine alla temporaneità e rimovibilità dell’opera, visto che dal progetto emerge con evidenza che si tratta di una copertura mobile da utilizzare al fine di far fronte alle variabili condizioni meteorologiche ed è indicata con chiarezza la tipologia costruttiva dello stesso (si veda il progetto allegato alla domanda di autorizzazione, unitamente alla restante documentazione prodotta: all. 2, 3, 4 e 6 al ricorso).

2.3. Infine, appare contraddittoria e illogica la determinazione comunale che, in prima battuta, ritiene inammissibile la realizzazione del manufatto (l’incoerenza del progetto e l’estraneità al contesto locale della soluzione tipo-morfologico) e, poi, sembra adombrare una possibile positiva soluzione di riesame, attraverso la sola revisione della tipologia di copertura, da parametrare su quelle previste per il centro storico, pur dovendosi realizzare il manufatto in una zona industriale e in aperta campagna.

2.4. Alla luce delle suesposte considerazioni, le predette censure sono da ritenersi fondate.

3. La fondatezza delle doglianze esaminate in precedenza determina, previo assorbimento della restante censura, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto impugnato con lo stesso ricorso.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto con lo stesso ricorso impugnato.

Condanna il Comune di Castelseprio al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente nella misura di € 2.000,00 (duemila/00), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 19 giugno 2012 con l’intervento dei magistrati:

Adriano Leo, Presidente

Elena Quadri, Consigliere

Antonio De Vita, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/09/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)