TAR Campania (NA), Sez. VI, n. 5160, del 8 ottobre 2014
Urbanistica.Volumi interrati e tutela del paesaggio
Costituisce jus receptum quello per cui il divieto di incremento di volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume ovvero tra volume in superficie e volume interrato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).
N. 05160/2014 REG.PROV.COLL.
N. 05302/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5302 del 2007, proposto da:
D'Andrea Alberto, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Duello, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo difensore in Napoli, C. Direzionale Is. E/4 Pal. Fadim;
contro
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso i cui uffici – alla via A. Diaz n°11 – è ope legis domiciliato;
Comune di Capri, in persona del legale rappresentante pro – tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
A) quanto al ricorso principale,
- dei pareri contrari licenziati rispettivamente dal Comune di Capri nella seduta dell’11.9.2006 e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico di Napoli e Provincia (prot. n. 6690 del 29.5.2006) in merito all’istanza di compatibilità paesaggistica presentata dal ricorrente (prot.llo n. 21964/2003) ai sensi della legge 308/2004;
- della comunicazione del Comune di Capri prot.llo n. 8829 del 22.5.2007
B) quanto ai motivi aggiunti,
del provvedimento di diniego (prot. 15561/29255 del 4.9.2007) emesso dal Comune di Capri.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, cui mette capo, quale organo periferico, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico di Napoli e Provincia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2014 il dott. Umberto Maiello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso principale, in epigrafe sub a), il ricorrente impugna, unitamente alla relativa comunicazione, gli atti recanti gli avversi pareri licenziati rispettivamente dal Comune di Capri nella seduta dell’11.9.2006 e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico di Napoli e Provincia (prot. n. 6690 del 29.5.2006) in merito all’istanza di compatibilità paesaggistica presentata dal ricorrente, prot.llo n. 21964/2003, ai sensi della legge 308/2004 ed avente ad oggetto un intervento di cambio di destinazione d’uso, un ampliamento retrostante per una superficie di mq. 13, nonché la predisposizione di opere di ampliamento con travi, solaio etc.
Con successivo ricorso per motivi aggiunti, in epigrafe sub B), il ricorrente ha attratto nel fuoco della contestazione anche il provvedimento prot. 15561/29255 del 4.9.7, con cui il Comune di Capri ha espresso il proprio definitivo diniego in merito all’istanza di cui sopra, diniego che trae alimento dai pareri summenzionati, i quali riposano sulle seguenti circostanze:
- quanto al primo (parere Cei dell’11.9.2006) “..parere contrario ritenendo gli interventi nel loro complesso non compatibili”;
- quanto al secondo (prot. n. 6690 del 29.5.2006) “Visto che gli interventi abusivi sono stati realizzati in zona disciplinata dalle norme di tutela di protezione integrale con restauro paesistico ambientale (P.I.R.) del Piano Territoriale Paesistico approvato con D.M. 8.2.1999....parere contrario al mantenimento delle opere sopra descritte…configurano un incremento di volume in contrasto con l’articolo 181 comma 1 ter lettera a) del d.lgs. 42/04”.
Con il gravame principale il ricorrente ha articolato le seguenti censure:
1) il cambio di destinazione d’uso sarebbe avvenuto senza opere e nel pieno rispetto del volume e della superficie preesistente, mentre l’ampliamento sarebbe interrato, contenuto nelle sue dimensioni, qualificabile dunque come volume tecnico;
2) la valutazione operata sarebbe fuorviante in quanto effettuata alla stregua di una diversa cornice normativa di riferimento e senza tener conto delle previsioni coordinate del d.l. 269/2003 e del cd. minicondono ambientale che ammetterebbero la sanatoria anche di interventi costituenti nuove volumetrie e superfici previa verifica di conformità alla strumentazione urbanistica;
3) insufficienza del corredo motivazionale degli atti impugnati;
4) omessa indizione della conferenza di servizi di cui al combinato disposto ex artt. 32 del d.l. 269/2003 e 20 del d.p.r. 380/2001.
Con il ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha proposto le seguenti ulteriori doglianze:
1) illegittimità derivata;
2) omessa valutazione della compatibilità urbanistica e della compatibilità paesistica con violazione della disciplina di settore.
Resiste in giudizio l’intimata Amministrazione statale, mentre il Comune di Capri non si è costituito in giudizio.
All’udienza del 24.9.2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione
DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di quanto di seguito indicato.
Giusta quanto anticipato nella narrativa in fatto la res iudicanda, quale risultante dalla combinazione dell’azione principale con il ricorso per motivi aggiunti, verte sulla legittimità del provvedimento di diniego opposto dal Comune di Capri in merito all’istanza di compatibilità paesaggistica, prot.llo n. 21964/2003, presentata dal ricorrente ai sensi della legge 308/2004 ed avente ad oggetto interventi di cambio di destinazione d’uso, ampliamento retrostante per una superficie di mq. 13, predisposizione ampliamento con travi, solaio etc.
Siffatto diniego, in ragione del rinvio recettizio operato agli avversi pareri licenziati rispettivamente dal Comune di Capri nella seduta dell’11.9.2006 e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico di Napoli e Provincia (prot. n. 6690 del 29.5.2006) riposa sulle seguenti circostanze:
- quanto al primo (parere Cei dell’11.9.2006) “..parere contrario ritenendo gli interventi nel loro complesso non compatibili”;
- quanto al secondo (prot. n. 6690 del 29.5.2006) “Visto che gli interventi abusivi sono stati realizzati in zona disciplinata dalle norme di tutela di protezione integrale con restauro paesistico ambientale (P.I.R.) del Piano Territoriale Paesistico approvato con D.M. 8.2.1999..parere contrario al mantenimento delle opere sopra descritte…configurano un incremento di volume in contrasto con l’articolo 181 comma 1 ter lettera a) del d.lgs. 42/04”.
Orbene, ritiene il Collegio che le richiamate statuizioni, per le ragioni in cui impingono, siano inidonee a reggere l’opposto diniego quanto alle opere consistenti nel cambio di destinazione d’uso ovvero nella predisposizione ampliamento con travi, solaio etc.
Vale premettere che, rispetto a tali interventi, il ricorrente oppone che il cambio di destinazione d’uso è avvenuto senza opere e nel pieno rispetto del volume e della superficie preesistente. Tale asserzione – non smentita dall’Amministrazione intimata sebbene costituita in giudizio - trova implicito riscontro nel fatto che nel parere licenziato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico di Napoli e Provincia (prot. n. 6690 del 29.5.2006) l’ampliamento contestato viene espressamente qualificato come “retrostante”, di talchè deve ritenersi che tale volume sia, anche spazialmente, non coincidente con il mutamento di destinazione d’uso qui in rilievo.
Rispetto, poi, alla “predisposizione ampliamento con travi, solaio etc.”, il ricorrente assume che le opere denunciate consistono nella realizzazione di un cordolo perimetrale con interposti muretti e tavelloni, tutti impostati al livello di campagna, funzionali alla realizzazione di un terrazzino senza copertura.
Anche sul punto deve rilevarsi che le deduzioni attoree non risultano fatte oggetto di specifica contestazione da parte della costituita Amministrazione e trovano riscontro nella domanda di condono (cui fa rinvio l’istanza di compatibilità paesaggistica) che reca la seguente descrizione dell’illecito edilizio “cambio di destinazione d’uso e ampliamento fabbricato con realizzazione terrazzo”.
Orbene, avuto specifico riguardo alle sole opere sopra descritte (cambio destinazione d’uso e predisposizione ampliamento con travi, solaio etc.) l’opposto diniego non appare sorretto da valide ragioni ostative.
Ed, invero, dalla combinazione tra atto di diniego e pareri licenziati dagli organi consultivi, cui il primo fa rinvio, non è possibile evincere le ragioni sottese alle valutazioni negative ivi svolte.
Il Collegio non può, infatti, che prendere atto della manifesta insufficienza, anzitutto, delle proposizioni utilizzate nel licenziato dalla CEI del Comune di Capri nella seduta dell’11.9.2006, di cui giova riportare per intero il contenuto “..parere contrario ritenendo gli interventi nel loro complesso non compatibili”.
Ed, invero, ad una piana lettura dell’atto in rilievo, emerge, con particolare nitore, che le informazioni in esso veicolate sono manifestamente insufficienti, siccome tautologiche, a dar conto, in modo chiaro, della traiettoria argomentativa seguita dalla CEI.
Né l’avversata statuizione di diniego – limitatamente alle opere su cui, per il momento, è concentrato lo scrutinio (id est cambio destinazione d’uso e predisposizione ampliamento con travi, solaio etc.) - può legittimamente fondarsi sul distinto parere licenziato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico di Napoli e Provincia (prot. n. 6690 del 29.5.2006).
Come già sopra evidenziato siffatto parere si incentra esclusivamente sulla non ammissibilità nella zona di riferimento di nuovi volumi.
Di contro, appare di tutta evidenza come, rispetto agli interventi edilizi in esame, non sia possibile predicare la sussistenza di “volumi”, allo stato recisamente smentita dalle risultanze processuali.
Si è già sopra evidenziato che, nelle allegazioni attoree, non fatte oggetto di contestazione, il cambio di destinazione d’uso è avvenuto senza opere e nel pieno rispetto del volume e della superficie preesistente e che, in coerenza con tale asserzione, nel parere licenziato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico e Etnoantropologico di Napoli e Provincia (prot. n. 6690 del 29.5.2006) l’ampliamento contestato viene espressamente qualificato come “retrostante” e, dunque, come non coincidente con il mutamento di destinazione d’uso qui in rilievo.
Del pari, rispetto, poi, alla “predisposizione ampliamento con travi, solaio etc.”, il ricorrente assume che le opere denunciate sono funzionali alla realizzazione di un terrazzino senza copertura e che la domanda di condono in atti si rivela coerente con tale asserzione, recando la seguente descrizione dell’illecito edilizio “cambio di destinazione d’uso e ampliamento fabbricato con realizzazione terrazzo”.
D’altro canto, la stessa terminologia all’uopo utilizzata dall’organo tutorio (“predisposizione ampliamento”), idonea ad evocare al più un processo di trasformazione dello stato dei luoghi ancora in itinere, lascia evidentemente intendere che, ad oggi, alcun volume risulta realizzato.
Ne discende che, in mancanza di perspicui elementi chiarificatori, non è possibile sostenere che le opere denunciate con l’istanza di compatibilità paesaggistica fossero funzionali alla realizzazione di un nuovo volume in luogo del previsto terrazzo.
In ragione di quanto fin qui evidenziato il Collegio non può che prendere atto dell’abnorme latitudine dell’avversato diniego, impropriamente esteso all’intero contenuto propositivo dell’istanza di compatibilità paesaggistica, nonostante che le ragioni ostative formalmente opposte risultino circoscritte in riferimento alla sola incompatibilità dei volumi realizzati, evenienza non predicabile – per le ragioni suesposte – rispetto alle opere fin qui in rilievo.
Va, infatti, ribadito che l’istanza presentata dal ricorrente aveva ad oggetto una pluralità di opere tra le quali – in assenza di indicazioni di segno contrario - non è ravvisabile un rapporto di inscindibilità strutturale e funzionale, di talchè la realizzazione e/o la conservazione di ciascuna di esse (nella specie cambio destinazione d’uso e predisposizione ampliamento con travi, solaio etc.) non è in rapporto di insanabile incompatibilità con una valutazione diversa relativa alle altre (id est ampliamento).
In ragione di quanto fin qui evidenziato deve rilevarsi che alla unicità formale del provvedimento di diniego si contrappone la sostanziale natura plurima del relativo contenuto precettivo, con conseguente frazionamento in autonome statuizioni suscettive di diverso apprezzamento.
Ne discende, pertanto, che, non essendo state sollevate valide obiezioni ostative rispetto alle opere consistenti nel cambio di destinazione d’uso e nella predisposizione di un ampliamento con travi, solaio etc., deve ritenersi che l’opposto diniego sia, in parte qua, illegittimo.
Nei limiti suddetti il ricorso va accolto con conseguente annullamento, in parte qua, degli atti impugnati.
A diverse conclusioni deve, invece, addivenirsi quanto alle residue opere, vale a dire quanto al contestato ampliamento retrostante per una superficie di mq. 13.
A tal riguardo, con una prima censura il ricorrente lamenta che l’Autorità procedente avrebbe utilizzato come paradigmi normativi di riferimento gli artt. 167 e 181 del d. lgs. 42/2004, applicabili “a regime”, omettendo, invece, di considerare che l’istanza di sanatoria risulta proposta ai sensi dell’articolo 1 commi 37 e 39 della legge 308/2004, che non individuerebbero coma causa incondizionatamente ostativa, e con la pretesa automaticità, la realizzazione di incrementi volumetrici o di superficie.
Vale, al riguardo, premettere che la legge n. 308/2004 ha introdotto due distinti procedimenti per l'accertamento di conformità delle opere realizzate in assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica:
- il primo procedimento (previsto dall'art. 1, comma 36, della legge n. 308/2004 che ha novellato gli artt. 167 e 181 del decreto legislativo n. 42/2004 e comunemente denominato "depenalizzazione degli abusi minori"), destinato ad operare a regime, è tuttora disciplinato (oltre che dall’articolo 167) dall'art. 181, commi 1-ter e 1-quater del decreto legislativo n. 42/2004, come modificato dall'art. 28, del D. Lgs. 24 marzo 2006, n. 157;
- il secondo procedimento, previsto dall'art. 1, commi 37-39 della legge n. 308/2004, (comunemente denominato "minicondono paesaggistico") non è invece destinato ad operare a regime, come si desume chiaramente dal comma 37, che si riferisce espressamente "ai lavori compiuti su beni paesaggistici entro e non oltre il 30 settembre 2004 senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa". In particolare il comma 37 dispone che per tali lavori "l'accertamento di compatibilità paesaggistica dei lavori effettivamente eseguiti, anche rispetto all'autorizzazione eventualmente rilasciata, comporta l'estinzione del reato di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e di ogni altro reato in materia paesaggistica alle seguenti condizioni:
a) che le tipologie edilizie realizzate e i materiali utilizzati, anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico;
b) che i trasgressori abbiano previamente pagato: 1) la sanzione pecuniaria di cui all'articolo 167 del decreto legislativo n. 42 del 2004, maggiorata da un terzo alla metà; 2) una sanzione pecuniaria aggiuntiva determinata, dall'autorità amministrativa competente all'applicazione della sanzione di cui al precedente numero 1), tra un minimo di tremila euro ed un massimo di cinquantamila euro"; mentre il successivo comma 39 dispone che "il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati all'intervento, presenta la domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica all'autorità preposta alla gestione del vincolo entro il termine perentorio del 31 gennaio 2005. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda, previo parere della soprintendenza".
Tanto premesso, mette conto evidenziare che la parte ricorrente ha presentato (in aggiunta alla domanda di condono ex lege 326/2003) un’istanza ai sensi e per gli effetti di cui ai commi 37 e 39 dell’articolo 1 della legge n. 308/2004, attivando dunque il procedimento cd. di minicondono ambientale.
Orbene, ritiene il Collegio che, contrariamente a quanto dedotto, il provvedimento finale, per come integrato dal parere licenziato dalla Soprintendenza ai BBAA, fornisca una risposta coerente con le coordinate evincibili dalla richiamata disciplina di settore.
Ed, invero, in disparte i contraddittori riferimenti normativi contenuti nel parere licenziato dalla Soprintendenza del 29.5.2006 (da un lato risulta richiamato il disposto di cui all’articolo 1 comma 39 della legge 308/2004, riferito giustappunto al minicondono ambientale, dall’altro il parere fa rinvio al disposto di cui all’articolo 181 ter lettera a) del d. lgs. 42/2004, che viceversa evoca il distinto procedimento della sanatoria cd. a regime) e la non sempre felice formulazione espositiva delle proposizioni di cui si compone, è possibile evincere dal complessivo contenuto dell’atto in argomento le ragioni ostative che, alla stregua della pertinente disciplina di settore, precludono il conseguimento dell’invocata sanatoria siccome rappresentate dal divieto di incremento dei volumi esistenti, previsto, in zona P.I.R., dal regime urbanistico introdotto con il PTP approvato con D.M. del 28.2.1999.
Ed, invero, l’atto in questione, da un lato, reca un esplicito riferimento al fatto che gli interventi abusivi sono stati realizzati in zona disciplinata dalle norme di tutela di protezione integrale con restauro paesistico ambientale (P.I.R.) del Piano Territoriale Paesistico approvato con D.M. 8.2.1999 e, dall’altro, valorizza il dato dirimente dell’incremento volumetrico conseguito alla realizzazione del contestato ampliamento.
Com’è noto, il mentovato PTP (cfr. articolo 12) fa divieto assoluto di incrementi volumetrici in zona PIR.
Siffatto rilievo, lungi dall’esplicare una valenza neutra, impatta con la previsione di cui alla disposizione sopra richiamata (art. 1 comma 37 lett. A cit.) che evoca la necessaria compatibilità dell’opera con le tipologie edilizie consentite dal corrispondente regime urbanistico: ed, infatti, la realizzazione di volumi, cui si correla evidentemente un quid novi, non può di certo ritenersi ricompresa nelle categorie degli interventi consentiti dal suindicato P.T.P. che ammette solo interventi di tipo conservativo escludendo giustappunto – siccome in palese distonia con tale finalità – i nuovi volumi.
Deve soggiungersi che la declinazione applicativa della richiamata regula iuris (divieto di realizzazione di nuovi volumi), per come mutuabile da un consolidato orientamento giurisprudenziale, rende poi inconferenti tanto la natura eventualmente interrata quanto la valenza tecnica dei volumi.
Costituisce, invero, jus receptum, quello per cui il divieto di incremento di volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume ovvero tra volume in superficie e volume interrato (in termini cfr. Cons. Stato, sez. VI n. 4348 del 02 settembre 2013; Sez. VI, n. 4114 del 06/08/2013; sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1879; cfr., inoltre, Cons. Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 110; sez. IV, 11 maggio 2005, n. 2388; Tar Puglia, Lecce, T.A.R. Lecce Puglia sez. I n. 218 del 23 gennaio 2014; T.A.R. Napoli Campania sez. VII n. 1 del 07 gennaio 2014).
Infine, deve ancora rilevarsi che il ricorrente – il quale ha esaurito le proprie doglianze sul piano meramente formale e procedimentale – non ha affermato e comprovato la rivendicata compatibilità paesistica dell’opera qui in rilievo, omettendo qualsivoglia considerazione sostanziale sulla rilevata incompatibilità di incrementi volumetrici in zona PIR del PTP.
Sotto diverso profilo deve poi evidenziarsi che la chiara emersione della divisata ragione di contrasto dell’opera realizzata con la cornice giuridica di riferimento rende l’opposto diniego atto dovuto e, di conseguenza, recessive le residue questioni di ordine procedurale sollevate con l’atto di gravame.
Per le medesime ragioni, le suesposte cause preclusive assorbono – per il vincolo che ne consegue sul piano delle determinazioni che l’Amministrazione è chiamata ad assumere - anche le carenze contenutistiche dell’ulteriore parere (quello della CEI) acquisito nel corso della procedura, essendo ai fini in questione già dirimente il dato evincibile dal parere licenziato dalla Soprintendenza.
Vale poi aggiungere che, avuto riguardo al contenuto degli atti impugnati e dell’istanza attorea dagli stessi ricusata, manifestamente inconferenti si rivelano le ulteriori osservazioni censoree incentrate sui presupposti applicativi del condono di cui alla legge 326/2003, richiesto con distinta istanza del 26.11.2003.
Ed, infatti, la res iudicanda verte esclusivamente sulle determinazioni assunte in riferimento alla domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica ex articolo 1 della legge n. 308/2004, governata da una propria, distinta disciplina, alla cui stregua va condotto il relativo scrutinio di legittimità.
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va accolto parzialmente, nei limiti di quanto sopra evidenziato, e respinto per il resto.
In considerazione della reciproca soccombenza sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio, restando definitivamente a carico della parte ricorrente gli oneri connessi al contributo unificato.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, come integrato dai motivi aggiunti, lo accoglie parzialmente nei limiti indicati in parte motiva e, per l’effetto, nei limiti suddetti, annulla gli atti impugnati; respinge per il resto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 settembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Renzo Conti, Presidente
Umberto Maiello, Consigliere, Estensore
Paola Palmarini, Primo Referendario
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)