Lexambiente - Rivista Trimestrale di Diritto Penale dell'Ambiente
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Cass. Sez. III n. 47680 del 29 novembre 2023 (UP 2 nov. 2023)
Pres. Ramacci Est. Di Stasi Ric.Malvaso
Urbanistica.Manutenzione straordinaria
La “manutenzione straordinaria” non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, ne' modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso, in quanto il l’ art. 3, comma 1, - lett. b) del D.P.R. n. 380 del 2001- con definizione già fornita dall’ art. 31, comma 1, - lett. b) l. n.457 del 1978,- ricomprende in tale nozione "le opere e le modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare e integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso". La legge pone, dunque, un duplice limite: uno, di ordine funzionale, costituito dalla necessità che i lavori siano rivolti alla mera sostituzione o al puro rinnovo di parti dell'edificio, e l'altro, di ordine strutturale, consistente nel divieto di alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari o di mutare la loro destinazione.
Consiglio di Stato Sez. IV n. 9928 del 20 novembre 2023
Rifiuti.Obbligo di rimozione e fallimento
L’obbligo di rimozione dei rifiuti, ai sensi dell’art. 192, comma 3 del Codice dell’Ambiente, sussiste nei confronti del curatore fallimentare in quanto, dopo la dichiarazione di fallimento, esso diviene detentore dei beni oggetto del fallimento sin dal momento di predisposizione dell’inventario degli stessi, ai sensi degli artt. 87 e ss della Legge Fallimentare. Nello specifico la responsabilità alla rimozione è connessa alla qualifica di detentore acquisita dal curatore fallimentare non in riferimento ai rifiuti (che sotto il profilo economico a seconda dei casi talvolta si possono considerare “beni negativi”), ma in virtù della detenzione del bene immobile inquinato (normalmente un fondo già di proprietà dell’imprenditore) su cui i rifiuti insistono e che, per esigenze di tutela ambientale e di rispetto della normativa nazionale e comunitaria, devono essere smaltiti). Proprio in considerazione dei principi di prevenzione e di responsabilità, affermati dalla normativa eurounitaria nonché dall’art. 178, la disposizione codicistica deve essere interpretata nel senso di attribuire all’Amministrazione la facoltà di adottare provvedimenti affinchè i curatori fallimentari adottino adeguate misure per la rimozione dei rifiuti. Infatti, secondo il diritto eurounitario, i rifiuti devono essere in ogni caso rimossi, anche qualora l’attività dell’impresa cessi: il soggetto responsabile potrà essere individuato nello stesso imprenditore non fallito, oppure in colui che amministra il patrimonio fallimentare. In quest’ultima ipotesi non viene richiesta un’analisi del titolo sottostante al soggetto responsabile degli obblighi di rimozione, in quanto i costi della gestione dei rifiuti vanno imputati sia al loro produttore inziale, che ai detentori del momento ed ai detentori precedenti. L’esimente prevista all’art. 192, comma 3 del d. lgs. n. 152/2006 può essere riconosciuta unicamente a favore di chi non sia detentore dei rifiuti, pertanto ad esempio nei confronti del proprietario incolpevole del terreno.Dunque il costo della rimozione potrà ricadere sull’attivo fallimentare, quale conseguenza della funzione di garanzia che assume il detentore dei siti in cui sono abbandonati i rifiuti, in precedenza sede dell'impresa fallita, in conformità del principio di “chi inquina paga”.
Cass. Sez. III n. 47700 del 29 novembre 2023 (CC 15 nov. 2023)
Pres. Ramacci Est. Liberati Ric.PM in proc. Carboni
Rifiuti.Illecita gestione e sequestro
L’indagine prognostica in ordine alla sussistenza del pericolo della agevolazione della commissione di altri reati deve essere compiuta tenendo conto del quadro indiziario e valutando la possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto che le ha poste in essere e del contesto socio-ambientale, indipendentemente dall’accertamento di specifiche occasioni di ripetizione delle condotte. Il possibile utilizzo anche per fini leciti dei mezzi utilizzati per commettere un reato non ne esclude la sequestrabilità, in quanto tale eventuale utilizzo non esclude l’utilizzo anche per la ripetizione di condotte dello stesso genere di quelle contestate
Consiglio di Stato Sez. II n.9696 del 13 novembre 2023
Urbanistica.Richiesta di sanatoria e silenzio della PA
Il silenzio della p.a. sulla richiesta di concessione in sanatoria e sull’istanza di accertamento di conformità di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 ha un valore legale tipico di rigetto e costituisce pertanto un’ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego. La circostanza che l’Amministrazione abbia attivato un’istruttoria sull’istanza di sanatoria non impedisce la formazione del silenzio-rigetto, che si perfeziona anche qualora il relativo procedimento sia pendente, per essere stato aperto e mai concluso da un provvedimento espresso che superi tale intervenuto espresso diniego, non potendosi attribuire alla mera pendenza del procedimento alcun valore di atto tacito di revoca del silenzio diniego che si verifica solo con la pronuncia (non intervenuta) di accoglimento della sanatoria. Ne discende che, una volta formatosi per silentium il provvedimento di diniego, l’ordinanza di demolizione delle opere abusive precedentemente adottata riacquista efficacia e obbliga il destinatario all’esecuzione.
Cass. Sez. III n. 47909 del 1 dicembre 2023 (UP 10 nov. 2023)
Pres. Aceto Est. Scarcella Ric.Fontanive ed altri
Urbanistica.Ambito di applicazione della sanatoria di cui all'art. 37 TU edilizia
La sanatoria prevista dall'articolo 37 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 può essere richiesta unicamente per gli interventi edilizi, realizzati in assenza o in difformità della segnalazione certificata di inizio attività (S.C.I.A.), previsti dall'articolo 22, commi primo e secondo, del d.P.R. citato e quindi non è estensibile anche agli interventi edilizi, di cui al comma 01 dell'articolo 23 TUE, per i quali la S.C.I.A. si pone quale titolo abilitativo alternativo al permesso di costruire (c.d. Super Scia), applicandosi in tale ultima ipotesi la sanatoria mediante procedura di accertamento di conformità di cui all'articolo 36 del medesimo d.P.R., come espressamente previsto dal primo comma della predetta disposizione; ciò sia a regime e sia per i fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 222 del 2016 in ordine ai quali, per la realizzazione dell'intervento edilizio, era richiesto, come nel caso di specie, il permesso di costruire o la Super Dia, in alternativa a detto permesso, vuoi per la ricordata continuità normativa tra i predetti istituti e vuoi per la continuità normativa quanto alle procedure sananti di cui agli articoli 36 e 37 TUE.
Corte di Giustizia (Sesta Sezione) 14 dicembre 2023
«Ambiente – Direttiva 1999/31/CE – Discariche di rifiuti – Obbligo di chiudere le discariche che non hanno ottenuto la necessaria autorizzazione – Procedura di chiusura – Sentenza della Corte che accerta un inadempimento – Mancata esecuzione – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Sanzioni pecuniarie – Penalità – Somma forfettaria»
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