Consiglio di Stato Sez. III n. 7366 del 3 novembre 2021
Caccia e animali.Cattura per la captivazione
E’ illegittimo il provvedimento di cattura per la captivazione dell’orso denominato M57, adottato senza la previa acquisizione del parere Ispra, che avrebbe consentito una valutazione in merito al regime più adeguato, e maggiormente conforme ai parametri normativi, in relazione alle esigenze di tutela sia dell’animale che della collettività
Pubblicato il 03/11/2021
N. 07366/2021REG.PROV.COLL.
N. 04014/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4014 del 2021, proposto dall’ Ente Nazionale Protezione Animali E.N.P.A Onlus, e dall’Organizzazione Internazionale Protezione Animali Oipa Italia Odv, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Valentina Stefutti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Provincia Autonoma Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Stella Richter, Lucia Bobbio e Marialuisa Cattoni, ed elettivamente domiciliato in Roma, Viale Mazzini n. 11, presso lo studio dell’avv. Stella Richter;
nei confronti
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Interno, Ministero della Salute, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Leal Lega Antivivisezionista Lombarda, Salviamo Gli Orsi della Luna Associazione di Promozione Sociale, Ministero della Transizione Ecologica, Istituto Superiore per la Protezione e La Ricerca Ambientale, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, n. 00055/2021, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Trento, ed il ricorso incidentale da questa proposto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2021 il Cons. Giovanni Tulumello e dato atto, quanto ai difensori e alla loro presenza, di quanto indicato a verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza n. 55/2021, pubblicata il 16 aprile 2021, il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento ha rigettato i ricorsi (nn. 152 e 153 del 2020) proposti, tra gli altri, dall’Ente Nazionale Protezione Animali E.N.P.A. Onlus ed dall’Organizzazione Internazionale Protezione Animali OIPA Italia Odv per l’annullamento del provvedimento, ovvero dell’ordine, comunque impartito dal Presidente della Provincia autonoma di Trento ai sensi e per gli effetti degli articoli 52 del d.P.R n. 670/1972 e 18 della legge regionale n. 1/1993, con cui è stata disposta la cattura per captivazione permanente dell’esemplare di orso denominato M57 presso la struttura denominata Casteller.
Con ricorso in appello notificato e depositato il 29 aprile 2021, le suindicate ricorrenti in primo grado hanno impugnato l’indicata sentenza.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la Provincia autonoma di Trento; quest’ultima ha altresì proposto appello incidentale.
Con ordinanza n. 3058/2021 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dalle appellanti ai sensi dell’art. 55, comma 10, cod. proc. amm., e nel contempo ha disposto incombenti istruttori a carico dell’ISPRA e dei Carabinieri forestali del Cites.
L’ordine istruttorio è stato adempiuto mediante depositi in data 22 luglio 2021 e 29 luglio 2021.
Il ricorso è stato definitivamente trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 14 ottobre 2021.
2. La sentenza gravata ha ritenuto esente dai vizi prospettati con il ricorso di primo grado proposto dalle odierne appellanti il provvedimento di cattura per la captivazione dell’orso denominato M57, meglio indicato al punto precedente.
I due motivi dell’appello principale deducono, sotto diversi profili, il difetto di motivazione e di istruttoria da cui sarebbe viziato detto provvedimento, ed attengono alla ritenuta insussistenza, nel caso di specie, dei presupposti per la cattura e la captivazione.
L’appello incidentale della Provincia lamenta invece l’erroneità della sentenza impugnata, laddove ha ritenuto che l’esercizio del potere in deroga attribuito dall’art. 52, comma 2, del d.P.R. n. 670/1972 suppone il duplice presupposto – nella fattispecie, ritenuto sussistente dal primo giudice – dell’aggressione da parte dell’orso senza essere provocato, e del suo non allontanamento successivo all’aggressione medesima.
3. L’appello incidentale è inammissibile.
La stessa appellante incidentale ammette di impugnare con tale mezzo una “statuizione, pur favorevole alle ragioni della Provincia nella parte in cui afferma il legittimo ricorso al potere di ordinanza nel caso de quo da parte del Presidente”.
La Provincia contesta la sentenza nella parte in cui subordina l’esercizio del potere di ordinanza ad un “quid pluris”, rispetto all’atto di aggredire senza essere provocato, che tuttavia nella fattispecie in esame è stato ritenuto sussistente.
Difetta pertanto il requisito della soccombenza nei confronti della parte appellante incidentale in relazione al capo di sentenza gravato, rispetto al quale la Provincia autonoma di Trento si limita a contestare il percorso motivatorio.
Per giurisprudenza pacifica, infatti “l'appello incidentale può essere validamente rivolto avverso un capo di decisione rispetto al quale sia configurabile una soccombenza, mentre non può in alcun modo essere proposto nei confronti di una locuzione della motivazione che non si è, tuttavia, tradotta in una decisione sfavorevole per la parte che la contesta con l'impugnazione incidentale, non essendo configurabile, in tale ultima fattispecie, alcun interesse processualmente rilevante alla sua correzione nel giudizio di secondo grado” (in questo senso, ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 2827/2016).
4. Venendo all’esame dei motivi dell’appello principale, come accennato gli stessi concernono sia i presupposti per la cattura che le condizioni di captivazione (nonché la stessa scelta di disporre la misura della captivazione permanente).
Va preliminarmente osservato che questa Sezione ha recentemente operato una ricostruzione dei profili inerenti la disciplina del potere in questione, nella sentenza n. 571/2021, che il Collegio condivide ed alla quale si riporta (anche nell’ottica dell’esigenza di sinteticità ex art. 3, comma 2, cod. proc. amm.).
L’applicazione di tali princìpi al caso di specie conduce all’affermazione della fondatezza dei motivi dell’appello principale, per le ragioni di seguito indicate.
5. Il primo motivo dell’appello principale deduce “Error in iudicando. Violazione di legge. Violazione e/o falsa applicazione degli artt.1 e 2 comma 1 legge 11 febbraio 1992 n.157, 1 comma 4, 8, 12 e 16, All. B e D del DPR 8 settembre 1997 n.357, 6 e 9 e All. II della Convenzione di Berna, All. II della Convenzione CITES. Mancata acquisizione del parere ISPRA. Violazione del PACOBACE del 30 luglio 2015. Difetto assoluto di presupposto. Difetto assoluto di istruttoria e di motivazione sotto plurimi profili. Violazione del principio di legalità. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sotto plurimi profili”.
Lamenta l’appellante che “per le ragioni diffusamente illustrate in premessa, e non colte dal Giudice di prime cure, che si è toto corde appiattito sulle difese dell’Amministrazione, la Provincia Autonoma ha assunto la decisione di addivenire alla captivazione permanente dell’esemplare M57, in radicale difetto di presupposto, e senza in ogni caso aver preventivamente e positivamente dimostrato la non praticabilità di altre alternative, pur espressamente previste dal PACOBACE”.
Il riferimento è alle ragioni esposte alle pag. 4 e seguenti dell’appello principale, in merito alle circostanze di fatto che hanno condotto alla cattura dell’animale; in particolare, viene censurato il difetto di istruttoria che vizia il provvedimento impugnato in primo grado con riguardo al presupposto principale, vale a dire all’elemento dell’aggressione che l’orso M57 avrebbe posto in essere nei confronti del sig. Diego Balasso; nonché il conseguente difetto di motivazione sul punto.
Dalle risultanze procedimentali non risultava, prima dell’adozione del provvedimento impugnato in primo grado, una diretta escussione del soggetto aggredito: laddove l’unico elemento raccolto, vale a dire le dichiarazioni rese dalla signora Alexandra Punga (che si trovava insieme al predetto Balasso nella circostanza), conteneva una serie di elementi – puntualmente dedotti nell’appello principale - tali da far seriamente dubitare del fatto che l’animale avesse aggredito senza essere provocato:
a) sentiti i rumori provenienti dalle acque del lago, il Balasso si sarebbe addentrato in orario notturno nella zona limitrofa, nella direzione da cui provenivano tali rumori, contro gli inviti alla prudenza rivoltigli dalla stessa Punga;
b) l’animale, sorpreso, si sarebbe alzato in piedi: comportamento che, come si deduce nell’appello principale, viene “normalmente indicato dalla letteratura scientifica quale atteggiamento messo in atto per capire cosa sta succedendo, mai di attacco”;
c) i soggetti successivamente intervenuti, nei minuti immediatamente successivi hanno posto in essere delle condotte normalmente controindicate in presenza degli orsi (correndo contro l’animale e gridando);
d) il Balasso ha riportato ferite verosimilmente incompatibili con la volontà di aggredire (considerata l’età e le dimensioni dell’animale).
6. I richiamati deficit istruttori sono stati già segnalati nell’ordinanza cautelare n. 329/2021, resa su appello proposto avverso l’ordinanza cautelare emessa nel giudizio di primo grado, nella quale si era tra l’altro osservato che “il Balasso, diversamente dalla stessa Punga che ha assunto un atteggiamento prudente e privo di elementi di provocazione, potrebbe avere tenuto una condotta non perfettamente sovrapponibile alla ricostruzione fattuale, e alla relativa qualificazione giuridica, poste a fondamento del provvedimento gravato”.
La sentenza gravata ha ritenuto di prescindere dal superiore elemento, ritenendolo in più punti “non condivisibile”, ed osservando che “tale rilievo appare propedeutico ad affermare che il Presidente della Provincia avrebbe erroneamente ricondotto il comportamento dell’orso M57 alla fattispecie di cui al punto 18, “orso attacca (con contatto fisico) senza essere provocato”, piuttosto che a quella di cui al punto 15, “orso attacca (con contatto fisico) per difendere i propri cuccioli, la propria preda o perché provocato in altro modo”.
Tale ultima deduzione del primo giudice, peraltro non riportata nel provvedimento cautelare in questione (né dal contenuto dello stesso autorizzata), a tacer d’altro si espone, com’è evidente, all’agevole obiezione degli appellanti principali, per cui “Nella specie (….) non si è neppure valutato, in un contesto in cui, per le ragioni poc’anzi evidenziate, questa fosse ictu oculi quella più probabile e plausibile, se si versasse nella ipotesi n.11, espressamente prevista dal PACOBACE, in cui l’orso abbia sferrato un attacco perché colto di sorpresa, circostanza, lo si ripete, assai plausibile, stante che risulta agli atti, anche dalla documentazione fotografica versata in atti dalla Provincia Autonoma nel corso del giudizio di primo grado, che l’incidente si è verificato in un’area boscata, in prossimità di un lago e a tarda notte, vale a dire in situazioni in cui anche gli esemplari confidenti, ormai assuefatti alla presenza dell’uomo, non si aspettano di potersi ritrovare)”.
7. Il Tribunale amministrativo ha inoltre affermato che “il rilievo - mosso dal Consiglio di Stato nell’ordinanza cautelare n. 329 del 2021 - secondo il quale il provvedimento impugnato sarebbe stato adottato «senza aver raccolto le dichiarazioni del soggetto che risulterebbe aggredito ... perché all’epoca impedito», non trova riscontro negli atti di causa”.
Il giudice di primo grado ha, in particolare, inferito tale convincimento dalla circostanza che il sig. Balasso avrebbe reso dichiarazioni nell’immediatezza agli operanti intervenuti sul posto, e che tali dichiarazioni sarebbero “state poi formalizzate solo in data 4 settembre 2020”.
Orbene, sul punto è sufficiente osservare che la piattaforma istruttoria su cui poggia il provvedimento impugnato in primo grado è, alla stregua del principio tempus regit actum, quella che ha cristallizzato lo stato di fatto al momento della sua adozione (e che ha dunque giustificato l’esercizio del potere).
La successiva escussione del principale teste, in disparte la valutazione non acritica dei relativi contenuti (non coincidenti con quelli delle dichiarazioni rese nell’immediatezza del fatto dalla signora Punga), non vale a sorreggere ex post (tanto più se, come osservato, essa conferma i dubbi derivanti dal confronto con le dichiarazioni rese da altro soggetto nell’immediatezza, e dunque assistite per comune regola d’esperienza da un maggiore tasso di genuinità) una fase decisionale carente in punto di attenta ricognizione dei presupposti fattuali legittimanti il ridetto esercizio del potere.
8. Sotto questo punto di vista la sentenza gravata appare viziata, in argomento (punti da 12 a 17 della motivazione), da una preliminare e ripetuta affermazione circa l’esistenza dei limiti al sindacato giurisdizionale dei provvedimenti amministrativi in materia, argomentata anche mediante un richiamo ai – malintesi - contenuti della citata sentenza n. 571/2021 di questa Sezione, che disvela l’errore prospettico della sovrapposizione di due piani disomogenei: quello della sussistenza dei presupposti per l’adozione dei provvedimenti, e quello dell’ampiezza del potere discrezionale dell’amministrazione nell’adozione degli stessi, una volta accertata la sussistenza dei relativi presupposti.
I due profili, peraltro, oltre ad essere concettualmente diversi, sono oggetto di censure diverse, sia nel ricorso di primo grado che nell’appello principale.
Propedeutico e preliminare ad ogni successiva determinazione è l’accertamento del fatto consistente nell’aggressione ad opera dell’orso senza provocazione.
Tale accertamento concerne, appunto, un dato fattuale: con la conseguenza che la successiva qualificazione del fatto accertato, avente natura ed implicazioni (in relazione all’esercizio del potere) giuridiche, suppone una corretta ricostruzione delle emergenze probatorie acquisite al procedimento, la cui coerenza e completezza ben può costituire oggetto di sindacato giurisdizionale quanto meno sotto il profilo, rilevante nel caso di specie, dell’applicazione dei canoni dell’inferenza logica.
La conferma letterale di tale sovrapposizione che vizia la sentenza gravata si palesa nel passaggio (punto 14 della motivazione) in cui essa conclude nel senso che “anche a voler (in ipotesi) condividere il rilievo del Consiglio di Stato, resta comunque il fatto che nella Tabella 3.1 del PACOBACE anche per la fattispecie di cui al punto 15 (al pari quella di cui al punto 18) è prevista la possibilità di porre in essere azioni “energiche”, ivi comprese la cattura per captivazione permanente e l’abbattimento dell’esemplare pericoloso. Dunque, tenuto conto dei richiamati limiti al sindacato giurisdizionale di legittimità, il rilievo in esame comunque non potrebbe condurre all’annullamento del provvedimento impugnato”.
Al di là dei già segnalati – e dirimenti - limiti della premessa maggiore del riferito sillogismo giudiziario (che si fonda su una deduzione del giudicante che, oltretutto, non considera le ulteriori, possibili fattispecie indicate nell’appello principale), ciò che ne vizia le conclusioni è il rilievo che esso tralascia di considerare che l’accertamento del fatto precede e condiziona, con una infungibile relazione di propedeuticità, la qualificazione giuridica: nel caso di specie, mentre il provvedimento amministrativo contiene una giustificazione fattuale dei poteri esercitati in contrasto con la base istruttoria acquisita al relativo procedimento, il primo giudice ha ritenuto di supplire tale carenza proponendo una giustificazione diversa ma equipollente sul piano degli effetti, per affermare comunque la non annullabilità.
È fin troppo agevole rilevare che se il giudice può sempre diversamente qualificare sul piano giuridico il provvedimento rispetto al nomen iuris attribuito allo stesso dall’amministrazione, ciò che appare precluso al sindacato di legittimità è il rilievo della pretesa sufficienza di un compendio istruttorio (e motivatorio), raccolto in vista dell’adozione di un determinato provvedimento, rispetto ad un provvedimento avente diversi presupposti (e, dunque, sorretto da una diversa causa): specie in sede di scrutinio della censura di difetto di istruttoria e di motivazione.
Invero laddove il provvedimento amministrativo sia censurato in relazione alla discrasia fra l’istruttoria procedimentale e (non già la qualificazione, ma la stessa) decisione provvedimentale, nel senso che una cattiva esecuzione della prima ha viziato (determinandone l’adozione in assenza di presupposti) la seconda, ciò è condizione necessaria e sufficiente per disporne l’annullamento nella sede giurisdizionale in cui tale contrasto sia dedotto: potendo al più l’amministrazione, in sede di riedizione del potere, una volta assegnato – in virtù dell’effetto conformativo del giudicato – l’esatto significato al compendio istruttorio acquisito agli atti, valutare la sussistenza dei presupposti per l’adozione di eventuali, ulteriori tipologie provvedimentali.
In tale vicenda rimane comunque estraneo ai confini del sindacato giurisdizionale il potere del giudice (non già di qualificare diversamente il provvedimento, ma) di superare la censura di difetto di istruttoria ritenendo i presupposti fattuali comunque idonei a supportare un provvedimento amministrativo diverso (e diversamente motivato) da quello in concreto adottato.
La motivazione è infatti l’esplicitazione delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione, in presenza di un dato quadro fattuale (acquisito all’istruttoria procedimentale), ad adottare una determinata misura: il vizio motivazionale che ripeta la propria matrice genetica dal vizio istruttorio non si presta ad essere sanato in giudizio dai poteri qualificatori del giudice.
Si tratterebbe infatti, nel caso di specie, non già di una diversa qualificazione, ma di una diversa motivazione, data dal giudice al provvedimento: operazione inammissibile, come ben chiarito dalla sentenza di questa Sezione n. 1085/2019 (alla quale il Collegio rinvia per le affermazioni, pienamente condivise, della motivazione del provvedimento come “il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo”; come “presidio di legalità sostanziale insostituibile anche ad opera del giudice amministrativo”; e per l’inammissibilità dell’operazione consistente nel fatto che al “difetto di motivazione ha inteso sostituire il proprio apprezzamento, con una tipica integrazione postuma dei motivi, la sentenza impugnata”).
9. Nel caso di specie, i dati istruttori acquisiti prima dell’adozione del provvedimento impugnato in primo grado evidenziavano, sotto tale profilo, le significative carenze indicate nella citata ordinanza n. 329/2021.
Rispetto a tali rilievi non appare condivisibile il diverso avviso del primo giudice, laddove afferma che “non può ritenersi provocatoria la condotta del carabiniere, non apparendo all’uopo sufficiente la circostanza che, mentre la ragazza che era in sua compagnia, spaventata da un rumore improvviso, si è fermata immediatamente ed ha iniziato ad indietreggiare, invece egli, udito il medesimo rumore, ha iniziato a tranquillizzare la ragazza ed è andato poco più avanti. Difatti la condotta del carabiniere - lungi dall’essere volta a provocare l’orso, inizialmente neppure avvistato - è giustificata dal fatto egli si trovava su sentiero illuminato e ubicato in prossimità di un campeggio, ossia in un luogo che non avrebbe dovuto essere fonte di pericoli come l’incontro con un orso”; per concludere nel senso che “l’aggressione da parte dell’orso ha causato gravi lesioni al carabiniere ed è avvenuta, non già in un contesto naturalistico, bensì in prossimità del campeggio e, quindi, in un contesto antropizzato. Inoltre, come già evidenziato, dalle dichiarazioni rese dal carabiniere e dalla ragazza, emerge che l’orso ha aggredito senza essere provocato”.
Una simile conclusione non tiene conto:
a) del fatto che l’episodio è avvenuto poco prima delle ore 23.00, in prossimità di un lago, in zona boschiva e dunque – contrariamente a quanto affermato nella sentenza gravata – certamente in un contesto “naturalistico” (almeno dal punto di vista comportamentale dell’orso, che è quello che rileva ai fini della ricognizione fattuale dei presupposti per l’esercizio del potere);
b) della circostanza che – come già chiarito - non appare autorizzata dalle dichiarazioni della signora Punga l’affermazione per cui (anche) da esse emergerebbe che “l’orso ha aggredito senza essere provocato”;
c) del fatto che viene attribuito un peso decisivo alle dichiarazioni del signor Balasso le quali (almeno nelle parti riportate fra virgolette in sentenza) non erano sussistenti all’atto dell’adozione del provvedimento impugnato e che comunque, successivamente raccolte, non autorizzano la prospettazione ritenuta nel provvedimento impugnato in primo grado in ragione del contrasto logico con quanto riferito dalla signora Punga.
10. L’accoglimento di tale profilo di censura contenuto nel primo motivo dell’appello principale comporta, in riforma della sentenza gravata, l’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado perché carente sul piano istruttorio e motivazionale, e dunque per un vizio invalidante autosufficiente a determinare la caducazione dello stesso.
Nondimeno le emergenze istruttorie acquisite al presente giudizio hanno consentito di appurare come anche ulteriori profili di censura, rispetto ai quali la caducazione del provvedimento che dispone la cattura per la captivazione permanente ha una portata assorbente, presentano profili di fondatezza.
È il caso della mancanza del parere dell’ISPRA.
In argomento la sentenza gravata ha dapprima ritenuto non “condivisibile neppure l’ulteriore rilievo formulato dal Consiglio di Stato con l’ordinanza cautelare n. 329 del 2021, secondo il quale il provvedimento impugnato sarebbe comunque illegittimo in quanto adottato «in assenza della necessaria valutazione dell’ISPRA»”; quindi ha concluso nel senso “che - avendo il Presidente della Provincia agito nell’esercizio del potere in deroga attribuitogli dall’art. 52, comma 2, del d.P.R. n. 670/1972 - non possano essere accolte né la censura incentrata sulla mancata acquisizione del parere preventivo dell’ISPRA, né tantomeno la censura incentrata sul fatto che il Presidente della Provincia non abbia provveduto ad informare immediatamente l’ISPRA e il Ministero dell’Ambiente del provvedimento adottato”.
11. La nota ISPRA in data 16 luglio 2021 prot. 38631, resa nel presente giudizio in adempimento dell’ordinanza collegiale n. 3059/2021, ha chiarito che “la Provincia Autonoma di Trento non ha trasmesso ad ISPRA alcuna richiesta di valutazione tecnica in riferimento all’orso M57, e che pertanto lo scrivente Istituto non ha espresso alcun parere in merito”.
Ciò consente di acclarare documentalmente la fondatezza della censura contenuta in argomento nel ricorso di primo grado e nell’appello principale: a tacer d’altro - e dunque in disparte la complessa ricostruzione sui tratti del potere di ordinanza contingibile ed urgente di cui all’art. 52, comma 2, del d.P.R. n. 670/1972 – va considerato che nella fattispecie il provvedimento impugnato in primo grado, adottato verbalmente nell’immediatezza dei fatti (profilo anch’esso oggetto di censure, la cui rilevanza è tuttavia obliterata dall’assorbente rilievo del riscontrato vizio istruttorio) ha disposto non solo la cattura, ma anche la captivazione permanente dell’esemplare M57: il tutto sulla base di una sommaria e carente istruttoria, del tutto priva – non solo nell’immediatezza - del necessario ed infungibile giudizio dell’ISPRA in merito alla misura più adeguata da adottare a seguito della cattura, in relazione alla corretta valutazione delle caratteristiche dell’episodio e dell’animale.
Nella citata nota ISPRA 16 luglio 2021 prot. 38631 si legge che l’Istituto ha come piattaforma fattuale unicamente la relazione di servizio del Corpo Forestale provinciale, nonché le informazioni fornite per le vie brevi dalla medesima fonte: su tale base informativa è stato quindi affermato che l’episodio accertato rientrerebbe “nella casistica 18 di cui al Piano d’Azione per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali (PACOBACE)”.
In altre parole, l’unica fonte ISPRA è stata la Provincia appellata.
Tuttavia la stessa nota dell’ISPRA chiarisce che per tale – ipotetica – fattispecie le azioni suggerite possono essere di tre tipi: “i) cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radiomarcaggio; j) cattura per captivazione permanente; k) abbattimento”.
Orbene, poiché nel caso di specie la qualificazione in termini di “casistica 18” mutuata da fonte provinciale è risultata, come sopra chiarito, viziata dal difetto d’istruttoria che ha condizionato l’iter logico posto a fondamento del provvedimento impugnato in primo grado, nondimeno quand’anche tale qualificazione fosse stata corretta si sarebbe potuta stabilire una misura meno afflittiva per l’animale (come la cattura con rilascio, di cui alla lettera i).
Una simile scelta, certamente non ancorata ai presupposti della decisione contingibile ed urgente, ma anzi proiettata in una prospettiva diacronica, implicava dunque la richiesta preventiva del necessario parere dell’ISPRA: proprio allo scopo di consentire una valutazione in merito al regime più adeguato, e maggiormente conforme ai parametri normativi, in relazione alle esigenze di tutela sia dell’animale che della collettività, avuto riguardo a quanto realmente accaduto, nonché alle condizioni di permanenza dell’animale presso il centro Casteller.
Avendo il provvedimento impugnato un contenuto plurimo, la tesi della adozione in deroga può, al più, essere sostenuta, per la fase della cattura: ma non anche per la successiva scelta dell’azione più idonea.
La circostanza che la provincia non abbia trasmesso all’ISPRA alcuna richiesta di valutazione tecnica conferma, anche sotto questo profilo, il deficit istruttorio che affligge il provvedimento impugnato in primo grado.
12. La stessa difesa della Provincia, del resto, a pag. 7 della memoria di replica, nel difendere la parte della sentenza gravata che afferma la non necessarietà del parere ISPRA sul presupposto della natura extra ordinem del potere esercitato, sostiene che “l’ordinanza contingibile e urgente è destinata a disciplinare transitoriamente “situazioni non tipizzabili per le quali il legislatore non può configurare ‘a monte’ poteri di intervento tipici”.
Orbene, in disparte il possibile rischio di abuso degli strumenti del c.d. diritto amministrativo dell’emergenza, e di conseguente frizione con il principio di legalità, tutte le volte in cui sussista una disciplina normativa dei corrispondenti poteri tipici, ciò che appare dirimente è che la stessa parte appellata riconosce che al più la straordinarietà può predicarsi per provvedimenti ad effetto transitorio, laddove la captivazione permanente è una misura – nel caso di specie, disposta in deroga ai necessari adempimenti procedimentali – logicamente incompatibile con un orizzonte temporalmente limitato.
In argomento giova ricordare che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 127 del 1995, nel sottolineare come il potere straordinario, in quanto potere amministrativo, debba soggiacere ai limiti propri di questo (fra i quali il principio di proporzionalità), ha posto una relazione fra proporzionalità e tipicità, nel senso che l’assenza di tipicità deve essere compensata e bilanciata dal rapporto di proporzionalità esistente fra intensità dell’esigenza emergenziale e contenuto dispositivo della misura provvedimentale.
13. La Provincia appellata, sul presupposto della – asserita - “obiettiva pericolosità di M57 e alla conseguente inutilità dell’adozione di strumenti di dissuasione”, replica in argomento che la pericolosità dell’esemplare M57 si ricaverebbe dal “rapporto del mese di gennaio 2021 sugli orsi problematici in Trentino” redatto dall’ISPRA.
Tuttavia, come sopra precisato, i dati in possesso dell’ISPRA in relazione all’episodio in questione (“in seguito all’attacco avvenuto ….”), utilizzato ai fini della valutazione di pericolosità, sono unicamente quelli – viziati sul piano istruttorio – forniti dalla stessa Provincia: sicchè la valutazione stessa non appare pienamente utilizzabile, quanto meno come supporto di una decisione di captivazione permanente assunta sulla base di una ricostruzione carente su più piani (quello dell’accertamento del fatto, quello della sua conseguente valutazione, e quello della consequenziale scelta della misura da adottare anche sulla base di una valutazione dell’Istituto competente).
14. Si pone a questo punto il problema degli effetti, in conseguenza dell’accoglimento dell’appello principale, dell’annullamento del provvedimento impugnato in primo grado, oggetto di dialettica processuale fra le parti.
Proprio perché tale provvedimento ha un duplice contenuto, esso ha ormai irreversibilmente prodotto i suoi effetti quanto alla cattura (sicchè rispetto ad essa non è neppure ipotizzabile un effetto ripristinatorio), ma determina il venir meno di ogni titolo per il regime di captivazione nel quale si trova allo stato ristretto l’esemplare M57.
La Provincia appellata ha affermato, in memoria di replica, che “l’annullamento del provvedimento di captivazione impugnato non può che avere quale naturale conseguenza la reimmissione in natura dell’esemplare catturato, ipotesi, quest’ultima, non percorribile per le ragioni più volte illustrate a proposito della particolare pericolosità mostrata dallo stesso – si torna a dire, confermata dallo stesso ISPRA al punto 1.3. del Rapporto di gennaio 2021 - che non ne consentirebbe una efficace e utile sorveglianza a mezzo radiocollare”.
Tale affermazione è fondata solo nella parte in cui sostiene che dall’accoglimento del ricorso di primo grado, e dalla caducazione del provvedimento con esso impugnato, non possa conseguire sic et simpliciter, in ragione della peculiare natura del provvedimento in questione e degli interessi implicati, un effetto ripristinatorio incondizionato (rimanendo la richiamata affermazione per la restante parte smentita dalle più volte richiamate risultanze processuali).
Come già chiarito dalla Sezione nella citata sentenza n. 571/2021 (“la possibilità ex lege riconosciuta al Presidente della Provincia di catturare e tenere in captivazione permanente specie protette non esonera lo stesso dall’assicurare all’esemplare posto in captivazione un habitat il più vicino possibile a quello naturale, per non costringere tale esemplare a vivere in uno stato di abbrutimento che, oltre a sostanziarsi in forme di maltrattamento, finisce per rendere ancora più aggressivo il plantigrado”), non può infatti escludersi che l’esemplare M57, provato dalla prolungata captivazione, abbia accumulato, in tale contesto di lunga permanenza in un luogo non gradevole, un’aggressività aggiuntiva, determinata dalla captivazione disposta in presenza di presupposti carenti, e dalle particolari condizioni della stessa.
15. Sul punto molto le parti hanno dibattuto in merito alle condizioni del centro “Casteller”: che in numerosi documenti ufficiali (richiamati negli scritti difensivi delle stesse parti) è descritto come controindicato rispetto ad un regime di vita degli animali conforme alle disposizioni (anche di rango comunitario) che ne tutelano la condizione, e che solo nella relazione da ultimo depositata in giudizio, in adempimento dell’ordinanza collegiale n. 3058/2021 – resa peraltro all’esito di sopralluogo cui ha partecipato anche personale della Provincia appellata –, sembrerebbe aver ottenuto dei miglioramenti strutturali tali da superare i ridetti limiti.
La Provincia appellata ha in proposito reiteratamente affermato che le condizioni del centro rilevano al più sul piano dell’esecuzione del provvedimento, ma non già su quello della sua validità.
Tralasciando la seconda parte dell’affermazione, comunque assorbita dall’accoglimento del motivo di gravame inerente il difetto di istruttoria e di motivazione sui presupposti dell’esercizio del potere (e ferma restando comunque la piena ammissibilità sul piano teorico di un vizio di legittimità di un provvedimento di captivazione che destini già in partenza – e non per un accidente esecutivo - l’animale ad un regime tale da “sostanziarsi in forme di maltrattamento”: sentenza n. 571/2021), la prima parte coglie certamente nel segno: è infatti vero che l’esecuzione del provvedimento può avere provocato effetti che, pur a seguito della caducazione dello stesso, impediscano, proprio a tutela degli interessi tutelati dalle disposizioni regolanti l’esercizio del relativo potere, una retroazione incondizionata alla situazione di fatto precedente la sua adozione.
16. La Provincia di Trento, consultato preventivamente l’ISPRA, nell’esecuzione della presente sentenza dovrà pertanto valutare se le condizioni attuali dell’esemplare M57 abbiano inasprito l’aggressività dello stesso al punto da suggerire l’adozione di misure diverse dalla sua liberazione.
In particolare, nell’ottica della tutela dell’incolumità pubblica ispirata al principio di proporzionalità, e alla tutela delle condizioni dell’animale come garantita dalle fonti primarie (anche di rango comunitario), l’amministrazione, con il ridetto supporto istruttorio, in sede di esecuzione della presente sentenza dovrà valutare se – avuto riguardo alle accertate condizioni, e ove sussistente al reale livello di pericolosità dell’esemplare - sia praticabile la liberazione con radio collare, ovvero la soluzione analoga a quella in precedenza adottata per l’esemplare DJ3 (di cui dà conto la stessa Provincia appellata a pag. 12 della memoria di replica, dichiarando di non opporsi ad essa).
17. In ragione della complessità e della peculiarità della fattispecie dedotta, sussistono le condizioni di legge per disporre la compensazione fra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello principale, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla il provvedimento con esso impugnato, con le prescrizioni esecutive di cui in motivazione.
Dichiara inammissibile l’appello incidentale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2021 con l'intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore